Uganda. Nasce il primo mensile gay

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Gen 7

Uganda. Nasce il primo mensile gay

Si chiama Bombastic la nuova testata che raccoglie le opinioni di omosessuali e lesbiche ugandesi

di Fulvio Beltrami

uganda, gay

La recente storia della comunità omosessuale ugandese è marcata da due date storiche: il 20 dicembre 2013 corrispondente all’approvazione della legge omofobica conosciuta anche come “Kill the gay bill” (La legge ammazza gay) e il 22 dicembre 2014 corrispondente all’uscita su territorio nazionale di Bombastic il primo mensile gay dell’Africa Orientale. Bombastic è un mensile ove sono pubblicate le storie quotidiane, le testimonianze e le opinioni di omosessuali e lesbiche ugandesi. “Attraverso il mensile Bombastic condividiamo storie della vita quotidiana di gay, lesbiche, eterosessuali e travestiti. Storie che toccano vari argomenti dal sesso alla vita religiosa, dalla cultura al diritto familiare delle copie omosessuali, dalla politica alla promozione della pace e della tolleranza delle varie scelte sessuali che ogni cittadino ugandese ha il diritto di compiere. Bombastic vuole far comprendere a tutti i nostri connazionali che essere gay non significa essere meno ugandesi.

Tramite Bombastic vogliamo condividere con il grande pubblico la realtà gay nella speranza di ispirare il comune cittadino, e fargli comprendere che fino ad ora è stato vittima di volgari strumentalizzazioni create da leader politici e religiosi senza scrupoli in cerca di potere e di facile popolarità”, spiega Kasha Jacqueline Nabagesera, nota leader lesbica ugandese, ideatrice della originale quanto coraggiosa iniziativa editoriale. Il primo numero del mensile è stato venduto utilizzando i normali canali di distribuzione: edicole, supermercati e distribuito gratuitamente nella capitale: Kampala e nelle principali città del paese. Vuoi per curiosità, vuoi per la necessità di sentire la voce del “nemico”, Bombastic è andato a ruba. Quasi ottomila copie tra vendute e distribuite gratuitamente.

Un successo editoriale e politico inimmaginabile un anno fa quando la contestata e controversa presidente del Parlamento: Rebecca Kadaga, fece votare la legge anti gay violando ogni regola di voto parlamentare e costituzionale. La legge fu votata in una riunione di routine pur non essendo all’ordine del giorno e non raggiunse il quorum minimo previsto dalla Costituzione ugandese, la Costituzione nata dalla lunga guerra di liberazione del guerrigliero ed ora presidente Yoweri Museveni con il chiaro obiettivo di donare libertà al popolo ugandese e rendere l’Uganda un paese civilizzato e degno del primo mondo. La stessa Costituzione che fu redatta dai padri fondatori, molti dei quali pagarono con la propria vita il sogno di libertà, barbaramente trucidati dalla spietata dittatura di Milton Obote. Lungi dal cadere su discorsi retorici e sostengo patriottico governativo lo spirito della costituzione ugandese è stata l’unica arma che riuscì a bloccare la legge omofobica. Nell'agosto 2014 la Corte Costituzionale abrogò la legge in quanto priva di basi legali e costituzionali.

Una vittoria non solo per la spaurita e perseguitata comunità omosessuale ugandese ma per l’intera popolazione e per il rispetto dello stato di diritto che, nonostante le mille contraddizioni, in Uganda ha un significato ben diverso che in altri paesi africani. La legge anti gay è stata veramente il frutto di avidi leader politici e religiosi ad iniziare da Rebecca Kadaga che all’epoca nutriva mire presidenziali. Lo stesso presidente Museveni, nettamente contrario alla legge, fu costretto a firmare il testo illegale per via di un volgare baratto politico. La firma dell’odiata legge gli assicurò il sostegno all’interno del partito al potere da 27 anni: il National Revolutionary Mouvement per la candidatura alla presidenziali del 2016. Una candidatura forzata ma necessaria per la famiglia Museveni al fine di poter mantenere il controllo del paese in previsione della gestione nazionale della manna petrolifera. L’incredibile quantità di greggio che inizierà ad essere estratta tra il 2017 e il 2018 servirà a rendere l’Uganda un paese industrializzato, secondo i progetti del “Vecchio” che afferma di essere guidato da ideali rivoluzionari. Ideali, purtroppo, macchiati dal vile baratto che il presidente accettò nel febbraio 2014, di cui vittime furono all’epoca tutti i cittadini ugandesi.

La candidatura di Museveni, attualmente contestata dall’ala all’interno del partito rimasta fedele all’ex primo ministro Amama Mbabazi licenziato senza mezzi termini lo scorso settembre, è necessaria in quanto il numero uno dell’esercito rivoluzionario UPDF e figlio del presidente il Brigadiere generale Kainerugaba Muhoozi (attualmente a capo della forza d'invasione ugandese nel vicino Sud Sudan in sostegno del presidente Salva Kiir) nel dicembre 2013 comunicò al padre di non essere ancora pronto a prendere le redini del paese e di preferire attendere fino al 2020. Per chi non è familiare con le dinamiche politiche di questo importante e strategico paese la repubblica presidenziale ereditaria (da padre in figlio) sembra essere un'aberrazione del concetto democratico.

Purtroppo, nonostante che con il tempo il sogno rivoluzionario si sia corrotto ed indebolito, solo l’attenta visione politica ed economica dell'ex guerrigliero Yoweri si è fino ad ora rivelata in grado di trasformare l’Uganda di Idi Amin Dada e Milton Obote nella attuale potenza regionale assicurando un crescita economica dal 8 al 6% ininterrotta da 27 anni nonostante i primi 12 anni di atroce guerra civile al nord combattuta contro l’etnia Acholi e il movimento guerrigliero Lord Resistence Army capeggiato dal pazzo visionario Joseph Kony. Il resto della classe politica ugandese, dall'ex primo ministro ai leader dell'opposizione, sono pronti, qualora ottenessero il potere, a svendere la sovranità economica e gli immensi giacimenti petroliferi alle multinazionali straniere per tornaconto personali impedendo così all’Uganda di trasformarsi in un paese industrializzato.

La Democrazia Imperfetta ugandese lo scorso dicembre ha dato prova di maturità. Il magazzino Bombastic ha ricevuto regolare autorizzazione per la pubblicazione nonostante le vive proteste e minacce di vari leader politici e della Chiesa cattolica in Uganda. Una chiesa che, contraddittoriamente ai messaggi di tolleranza ed amore del “Papa Buono”, dal 2010 si è alleata allo schieramento anti gay nazionale diventando il principale fautore della omofobia nel paese. Scandalosi furono i sermoni della Domenica di Pasqua del 2014 pronunciati da vari vescovi cattolici che incitarono i fedeli al genocidio di tutti i gay e lesbiche ugandesi. Genocidio non avvenuto in quanto la ragione e la civiltà della società ugandese hanno prevalso sull’odio istigato dal doppio volto della Chiesa in Uganda che promuove una visione estremistica della fede cattolica di identica natura e pericolosità della visione estremistica dell’Islam.

Bombastic (che può essere visionato anche online: www.kuchutimes.com) rappresenta un’ottima arma in risposta alla delirante campagna promossa da importanti media ugandesi, tra i quali NTV Uganda (la catena televisiva di proprietà del magnate Aga Khan) e il popolare quotidiano politico-scandalistico Red Pepper. Nel 2014 il quotidiano pubblicò nomi e volti di gay ugandesi incitando la popolazione ad ucciderli. “Dando libero sfogo alla omofobia, i media locali hanno largamente contribuito a istigare la violenza contro la comunità LGBTI ugandese. Questo ha costretto molti gay e lesbiche, che prima di tutto sono cittadini ugandesi con pieni diritti, alla discriminazione negli ospedali, nelle scuole, nei posti di lavoro. Li ha esposti al pubblico delirio rischiando di divenire vittime di linciaggi o di genocidio, costringendo molti di essi a fuggire dal paese.”, spiega Kasha Nabagesera. Khasa è un’attivista lesbica che ha scelto di lottare nel proprio paese per l’affermazione dei diritti civili e della dignità degli omosessuali, abiurando la facile via della richiesta di asilo politico presso l’ambasciata degli Stati Uniti ubicata nel quartiere Nsambia, a Kampala.

Bombastic, la contro risposta ai media dell’odio che tristemente hanno sinistre similitudini con Radio Mille Colline del Rwanda 1994 (denominata Radio Machete), è la punta di diamante e l’organo di propaganda di un vasto movimento pro gay che sta coinvolgendo vari politici e uomini comuni eterosessuali. Una silenziosa ma dirompente rivoluzione, estremamente necessaria affinché la democrazia ugandese si consolidi diventando matura ed irreversibile. Il movimento pro gay, sempre lo scorso dicembre, ha reso noto un chiaro manifesto politico denominato dall’uomo di strada: Gay Freedom. Le principali rivendicazioni sono: divieto assoluto ai media di promuovere odio ed istigare al genocidio contro la comunità gay ugandese. Obbligo per i media di promuovere, al contrario, messaggi di tolleranza, fraternità e rispetto per le diverse scelte sessuali di ogni cittadino ugandese. L’arresto immediato di ogni atto repressivo o tentativi di promuovere nuove leggi anti gay da parte del governo. Il divieto ai leader religiosi, cattolici e protestanti per primis, di diffondere odio sessuale e incitare al genocidio dei “diversi”.

Il movimento pro gay sta lavorando trasversalmente su tutti i partiti politici di governo ed opposizione per creare una cultura di tolleranza e un dialogo con le minoranze sessuali presenti nel paese. I primi risultati sono stati incoraggianti. L’avvertimento del presidente Museveni ai politici di non tentare di proporre al Parlamento nuove leggi anti gay e la incredibile dichiarazione fatta lo scorso ottobre dal ministro del Turismo, di non aver nulla in contrario se l’Uganda diventasse una meta del turismo omosessuale a condizione che non vengano promosse prostituzione e pedofilia.

La difficile e assai ardua lotta di liberazione sessuale sembra essere iniziata. Potrebbe essere il corollario della rivoluzione del 1987 dove migliaia di giovani ugandesi morirono sui campi di battaglia o nelle prigioni di Obote per rendere l’Uganda un paese degno. Un paese libero dove le minoranze, siano esse etniche o sessuali, possano trovare piena rappresentanza, dignità e stato di diritto. Promuovere l’odio omofobico, ahimè, significa tradire gli ideali rivoluzionari e il sangue versato dai martiri della liberazione. Argomenti retorici e di regime o necessario passaggio per una democrazia matura e il trionfo del sogno rivoluzionario? A voi la sentenza.

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