Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Nov 4
di Fulvio Beltrami
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Il 21 luglio 2016, Getu Ayana, 26 anni, si suicida davanti alla sede del Cairo di UNHCR (Alto Commissariato ONU per i Rifugiati). Ayana, appartenente alla etnia Oromo, era fuggito dai primi massacri compiuti contro la sua etnia per ragioni economiche. Massacri che al momento attuale hanno provocato oltre 600 vittime tra i civili. Ayana si è dato fuoco per protestare sulla mancata assistenza di UNHCR ai rifugiati politici etiopi di origine Oromo. A seguito dell’incidente la sede UNHCR del Cairo è stata chiusa al pubblico per tre giorni.
Ayana faceva parte di un nutrito gruppo di Oromo (40 persone) che da due settimane erano accampati in protesta difronte alla sede UNHCR del Cairo per ottenere assistenza umanitaria e lo statuto di rifugiati politici. L’auto immolazione è avvenuta a seguito della decisione presa della Agenzia Umanitaria e del Governo egiziano di sospendere l’esame delle richieste di asilo. Una decisione che faceva presagire future espulsioni forzate dei rifugiati Oromo.
La sera precedente al suicido politico si era tenuta una riunione tra i rifugiati Oromo determinati a non ritornare in Patria per timore di arresti, torture ed esecuzioni extra giudiziarie. Ayana si era offerto volontario per una azione tesa a sconvolgere l’opinione pubblica mondiale qualora UNHCR continuasse a rifiutare l’assistenza. Un rifiuto che persisteva dal 27 marzo 2016 quando erano iniziate le proteste disperse violentemente dalla polizia egiziana il 11 aprile 2016.
Un mese prima di questa riunione, sotto pressione delle proteste dei rifugiati e gli articoli sul tema comparsi sui quotidiani egiziani, il rappresentante regionale UNHCR in Egitto: Elizabeth Tan aveva tentato di raggiungere un accordo con i leader dei rifugiati Oromo per il loro rimpatrio “volontario” in Etiopia. L’accordo non fu gradito dai rifugiati etiopi. “I leader della comunità Oromo ci hanno consigliato di ritornare a casa. Ma dove possiamo andare? Non abbiamo più terre e abitazioni. Siamo stati considerati fuorilegge dal nostro governo per favorire gli interessi di multinazionali straniere. Qui in Egitto intendiamo ricostruire le nostre vite e quelle delle nostre famiglie con lavori onesti.” aveva dichiarato Ayana ai media egiziani due giorni prima del suicidio. Nel Cairo esiste una forte comunità di immigrati Oromo, per la maggior parte concentrati nel quartiere periferico di Arab al-Maadi dove dal 2015 si registra una escalation di incidenti causati da giovani gang criminali egiziane protette dalla polizia egiziana.
UNHCR rifiuta ogni responsabilità nel suicidio di Ayana affermando di collaborare attivamente con il governo egiziano per l’esame delle richieste di asilo al fine di concedere autorizzazioni individuali e non di gruppo. UNHCR ricorda inoltre che dal novembre 2015 è impegnata a denunciare le repressioni eseguite dal governo di Addis Ababa contro la maggioranza etnica degli Oromo. La collaborazione tra UNHCR e governo egiziano sul esame delle richiese di asilo non ha certamente favorito i rifugiati in pericolo di morte qualora ritornassero nel loro Paese. In agosto 2016 la maggioranza delle richieste d’asilo erano state rifiutate da una commissione egiziana a cui avrebbero partecipato rappresentanti del UNHCR. Anche il periodo di attesa per l’esisto della richiesta è considerato disumano. Inizialmente fissato a 28 mesi è stato recentemente diminuito a 16 grazie l’intervento di UNHCR presso il Ministero degli Interni egiziano. Attivisti Oromo fanno però notare che le richieste di asilo in esame in questi giorni risalgono a dossier presentati tra il 2013 e il 2014.
La maggioranza dei rifugiati Oromo si concentra in Egitto. Dal giugno 2015 al luglio 2016 i rifugiati Oromo registrati presso UNHCR sono raddoppiati da 5518 a 10288. Secondo le denunce della comunità Oromo in Egitto, solo il 35% dei 10288 rifugiati ricevono qualche forma di assistenza umanitaria da parte di UNHCR. L’assistenza offerta è spesso considerata inadeguata a garantire una vita degna a queste persone in estremo bisogno fuggite dal loro Paese per evitare lunghi anni di prigionia o brutali assassini commessi dalla polizia o dalle squadre paramilitari mai dichiarate dal governo etiope. Secondo la comunità Oromo in Egitto, UNHCR contribuirebbe a forzare gli immigrati etiopi a vivere una situazione di insicurezza personale e finanziaria permanente causata dalla impossibilità di trovare una occupazione e da una assistenza umanitaria pressoché inesistente, nonostante i fondi stanziati e ricevuti da UNHCR. Ai rifugiati Oromo sarebbero negati anche i diritti di un alloggio decente e l’assistenza sanitaria gratuita.
Purtroppo il suicidio di Ayana non ha sfondato il muro di omertà che protegge la famosa agenzia umanitaria ONU che si occupa di rifugiati. La notizia del suo suicidio e le motivazioni del gesto sono state diffuse da alcuni media egiziani, trovando purtroppo, scarsa attenzione tra i media occidentali. Nelle indagini condotte dai media egiziani si nota una evidente reticenza da parte della direzione UNHCR del Cairo e del governo egiziano a rilasciare commenti e approfondire le reali condizioni di vita dei rifugiati Oromo a seguito del suicidio di Ayana.
Per approfondimenti
Sud Sudan: ONU accusato di crimini di guerra L’Indro – Scribd.
https://www.scribd.com/document/329963762/Sud-Sudan-ONU-Accusato-Di-Crimini-Di-Guerra
Repubblica Centraficana si rivolta contro l’ONU. L’Indro
http://www.lindro.it/repubblica-centrafricana-si-rivolta-contro-lonu/
ONU. I campi rifugiati ruandesi in Zaire. Una vergogna internazionale. Parte Prima Frammenti Africani Rete Luna.
ONU. I campi rifugiati ruandesi in Zaire. Una vergogna internazionale. Parte Seconda Frammenti Africani Rete Luna.
UNHCR INTERSOS. Mission in terra africana. In anteprima il video. Giudicate voi. Africa Voices
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