Onu: i campi rifugiati ruandesi in Zaire: una vergogna internazionale. Parte Prima

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Giu 24

Onu: i campi rifugiati ruandesi in Zaire: una vergogna internazionale. Parte Prima

Grazie ad un'operazione umanitaria dell’esercito francese avvallata dalle Nazioni Unite, l’esercito genocidario ruandese nel luglio 1994 riuscì a rifugiarsi nel vicino Congo obbligando 3 milioni di persone a divenire profughi. I genocidari presero il controllo dei campi profughi con la complicità delle Agenzie Onu e Ong internazionali

di Fulvio Beltrami

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Di fronte all’avanzata del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), quello che rimaneva del governo genocidario, delle forze armate e delle milizie Interahamwe costrinse circa quattro milioni di civili hutu a rifugiarsi nei paesi confinanti: Tanzania, Burundi e Zaire sotto copertura della missione “umanitaria” internazionale coordinata dall'esercito francese: Operazione Turchese. L’esercito ruandese entrò nello Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) virtualmente intatto. Il presidente zairese, Mobutu Sese Seko, storico alleato di Habyrimana assicurò un santuario sicuro per l’esercito sconfitto e i rappresentanti del governo hutu che avevano scatenato l’Olocausto. Accettando di accogliere le forze genocidarie, Mobutu cercò di riavvicinarsi alla Francia che, nonostante le prese di distanza dal dittatore zairese, aveva un disperato bisogno di riorganizzare le forze ancora disponibili per tentare un’offensiva contro il FPR per riprendersi il controllo del Ruanda e per fermare l’offensiva anglofona che avrebbe seriamente indebolito la sfera d’influenza francese sull’Africa e la possibilità di controllare le risorse naturali.

Fin dall’inizio fu chiaro che non si trattava di un esodo umanitario ma di un ripiegamento tattico militare. Il generale hutu Augustin Bizimungu lanciò alle forze armate e alle milizie genocidarie la parola d’ordine: “Raggrupparsi e riorganizzarsi come priorità numero uno”. Le truppe hutu furono organizzate in due campi profughi a Panzi (quartiere della città di Bukavu) e presso l’isola di Idjwi. L’esercito ruandese in esilio si riorganizzò fondendosi con la Gendarmeria Nazionale e creando il Comando delle Forze Armate Ruandesi sotto la guida del ministro della difesa colonnello Athanase Gasake. Le forze armate genocidarie formarono due divisioni. La prima di 7.680 effettivi e la seconda di 10.240. Unità paramilitari di supporto furono organizzate in una divisione irregolare di 4.000 uomini. In totale il governo hutu sconfitto dal FPR poteva ancora contare di una forza di quasi 22.000 soldati.

A questi si aggiungevano gli elementi delle milizie Interahamwe e Impuzamugambi stimate attorno ai 25.000 uomini. Il punto debole di queste milizie era la mancanza di disciplina e di preparazione militare. Un conto era massacrare civili disarmati, un altro era contrastare un esercito di liberazione, motivato, disciplinato e ben equipaggiato dagli alleati ugandesi, americani, inglese e israeliani. L’auto proclamato governo in esilio si ristrutturò nello Zaire durante un meeting svoltosi a Bukavu il 2 e il 3 settembre 1994. Théodore Sindikubwabo e Jean Kambanda rimasero presidente e primo ministro, Callixte Kalimanzira, ex ministro degli Interni, divenne ministro degli Affari sociali e dei Rifugiati. Il governo in esilio poteva contare attorno ai 30-40 milioni di franchi ruandesi rubati dalla banca centrale del Ruanda durante la fuga e di altri 30 milioni di dollari. L’ex Forze Armate Ruandesi (FAR) riuscì a far entrare nello Zaire un considerevole arsenale militare tra cui sei elicotteri da combattimento, 1000 pezzi d’artiglieria e diversi blindati.

I genocidari prendono il controllo dei campi profughi.

In pochi mesi il governo genocidario in esilio prende il controllo dei campi profughi nello Zaire, ricreando la struttura amministrativa del Ruanda che aveva permesso al defunto presidente Habyarimana di controllare il paese per un ventennio. I campi profughi erano strutturati secondo l’appartenenza dei civili alle originarie prefetture e comuni dell’amministrazione Habyarimana. Furono creati dei consigli di rappresentanza dei rifugiati che avevano il compito di amministrare i campi e di essere gli interlocutori con Unhcr e le Ong internazionali che, da parte loro, li riconobbero come legali rappresentanti della popolazione ruandese rifugiata nello Zaire. Questi consigli erano saldamente sotto il controllo del governo in esilio e dei militari della FAR. Fu creata una Commissione Sociale con il preciso mandato di gestire gli aiuti umanitari. A capo di questa Commissione vi erano noti estremisti e genocidari come Francois Kakera. famoso per la sua teoria genocidaria molto semplicistica: occorre sterminare tutti i Tutsi perché sono cattivi di natura.

L’economia di guerra.

Il governo genocidario in esilio organizzò diverse iniziative per generare entrate con il fine di finanziare gli sforzi di guerra per la riconquista del Ruanda. Furono istituite tasse governative per le licenze di cinema, pub, ristoranti e bordelli che sorsero nei campi profughi. Una tassa (leggi estorsione) fu applicata a tutte le Ong internazionali e Agenzie Onu che volevano portare avanti attività umanitarie a favore dei profughi. La tassa assicurava la protezione degli attori umanitari. Furono gonfiate le cifre dei rifugiati per ottenere maggior aiuti (derrate alimentari, tende, coperte, ecc.) da destinare alle forze armate. A Bukavu, per esempio, il governo in esilio certificava una popolazione di rifugiati pari a 350.000 persone mentre Unhcr ne aveva censiti solamente 300.000. A Goma l’originario numero di rifugiati dichiarato dal governo in esilio (1.200.000 persone) fu rivisto dopo estenuanti trattative con Unhcr a 850.000. Il censimento fatto da Unhcr nel gennaio 1995 riscontrò solo 722.000 profughi ruandesi a Goma.

In totale il governo in esilio dichiarò la presenza nei campi profughi nell’est dello Zaire di 4.050.000 persone, quando in realtà non superavano i 3 milioni. Come diretto effetto di questa guerra di numeri 10.000 tonnellate di cibo al mese destinate alla distribuzione a favore dei profughi venivano dirottate all’esercito o rivendute per profitto personale dei generali della FAR e membri del governo in esilio. Il dirottamento avveniva tramite l’aumento del numero di rifugiati e false carte Unhcr. Un’altra fonte di entrate era la tassazione di migliaia di rifugiati ruandesi che lavoravano presso le 100 Ong Internazionali presenti all’est dello Zaire. Le tasse sui salari assicuravano 11.000 dollari di entrate al mese.

I mass media genocidari continuano la loro opera nei campi profughi.

I mass media HutuPower (il cui ruolo nel genocidio era noto alla Comunità Internazionale) continuarono a operare indisturbati nei campi profughi. Radio Mille Colline, attraverso la stazione mobile, continuò a trasmettere dallo Zaire per vari mesi dopo l’installazione del governo in esilio. Trasmissioni HutuPower e di propaganda etnica venivano periodicamente trasmesse attraverso altre radio clandestine che avevano l’obiettivo di spargere l’odio etnico contro i Tutsi presso la popolazione hutu rifugiata e di impedire il ritorno in Ruanda. Il quotidiano HutuPower “Kangura”, responsabile della propaganda di odio etnico che preparò il terreno per il genocidio, continuò a essere pubblicato e distribuito nei campi profughi. Il criminale di guerra Hassan Ngeze fu nominato direttore capo. Nella direzione del giornale comparivano anche due giornalisti di Radio Mille Colline. Un altro giornale genocidario fu fondato nel novembre 1994: “Amizero“ il suo direttore era un altro giornalista di Radio Mille Colline: Gaspard Gahigi.

Alcuni gruppi religiosi cattolici ruandesi-congolesi come il Gruppo Jeremie stamparono e distribuirono della letteratura genocidaria inclusi opuscoli che usavano passaggi presi dalla Bibbia per giustificare il genocidio. È doveroso dare particolare attenzione al Gruppo Jeremie, controllato da un religioso congolese ora presente nel governo di Kabila: Padre Rigobet Minani. Il Gruppo Jeremie, noto per le sue attività di propaganda etnica contro i Tutsi svolte nei campi profughi di Bukavu dal 1994 al 1996, rimase attivo anche dopo l’entrata delle forze armate ruandesi e la caduta di Mobutu. Le attività di propaganda all’odio razziale del Gruppo Jeremie furono ampiamente denunciate dalla giornalista belga Collette Bergmann. Nel periodo dell’occupazione ruandese all’est dello Zaire, il Gruppo Jeremie si trasformò in un’associazione della società civile congolese legata alla chiesa cattolica e si concentrò sulla denuncia sociale contro il regime di Kigali e in opere umanitarie a favore della popolazione congolese, mantenendo occulta la sua natura di odio etnico contro i tutsi.

Il Gruppo Jeremie ricevette molti fondi provenienti dagli aiuti internazionali tra cui il Comune di Palermo che, attraverso una Ong italiana e simpatizzanti della società civile palermitana, finanziò tra il 1998 e il 2003 vari progetti umanitari gestiti da Rigobert Minani e addirittura creò un gemellaggio tra la città di Palermo e la città di Bukavu che fu firmato non dalle autorità civili congolese di Kinshasa ma dai rappresentanti dell’arcidiocesi cattolica di Bukavu legati al gruppo estremista HutuPower Jeremie. Inutile dire quale fu l’utilizzo della maggioranza dei fondi destinati agli aiuti umanitari provenienti dalle tasche dei contribuenti italiani…

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