Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Giu 7
di Fulvio Beltrami
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Il parco nazionale Selous Game Reserve, è una riserva faunistica tra le più grandi al mondo, collocata nel sud della Tanzania. Il parco nazionale è in onore del inglese Frederick Selous che muori in questa zona nel 1917 durante i combattimenti contro i tedeschi sul fronte africano. La riserva ricopre 54.600 km2 ed è priva di insediamenti umani o strutture turistiche permanente per non alterare il delicato equilibrio naturale degli animali di savana come elefanti, ippopotami, cani selvaggi africani, buffali e coccodrilli.
Dal 1982 rientra nella lista dei beni mondiali da proteggere della Unesco World Heritage Site per la sua diversità faunistica e l’ambiente naturale incontaminato. Il governo tanzaniano entro questo mese firmerà un accordo di sfruttamento dei giacimenti di uranio recentemente scoperti nel parco Selous con la Mantra Tanzania Ltd, creando la prima industria di estrazione del uranio nella Tanzania. La Mantra Tanzania Ltd è una impresa nazionale di copertura per due multinazionali che detengono la maggioranza delle azioni: la canadese Uranium One Inc e la JSC Atomredmetzoloto ARMZ, un multinazionale statale russa. Si parla di un valore annuo di estrazioni pari a 600 milioni di dollari. Le risorse stimate a 139 milioni di tonnellate di uranio ossidato.
L’uranio verrà esportato in Russia e venduto sul mercato internazionale ai principali paesi consumatori di energia atomica. Quello all’interno del parco nazionale Selous si posizionerà come il secondo giacimento in Africa per importanza dopo quelli presenti in Niger e controllati dalla multinazionale francese Areva. In realtà il secondo giacimento del continente è collocato nella Repubblica Democratica del Congo. Le bombe di Hiroshima e Nagasaki furono costruite con l’uranio congolese venduto dal governo belga in esilio agli Stati Uniti. L’operazione fu possibile in quanto, pur avendo la madre patria occupata dai nazisti il governo belga era riuscito a mantenere le sue colonie africane: Congo, Burundi e Rwanda. Purtroppo l’attuale situazione di guerra civile e caos istituzionale della Repubblica Democratica del Congo impedisce lo sfruttamento commerciale di queste importanti riserve di uranio.
Il giacimento tanzaniano ricopre 350 km quadrati ubicati all’interno del parco nazionale di Selous, uno dei principali circuiti turistici nazionali. Un studio sull’impatto ambientale della futura miniera è stato condotto nel 2012 dal governo. Gli esiti dello studio, all’epoca contestati da varie associazioni ambientali nazionale ed estere, dimostrerebbero un impatto minimo sul delicato ecosistema del parco. Risultati incomprensibili e contraddittori in quanto lo stesso studio prevede che le attività creeranno 60 milioni di tonnellate di scorie radioattive. Il ministro tanzaniano delle risorse naturali e turismo Lazaro Nyalandu, il 18 maggio scorso ha dichiarato che non esiste alcuna contraddizione in quanto la Mantra Tanzania Ltd ha sottoposto moderne e sicure metodologie di trattamento delle scorie radioattive che minimizzano l’impatto ambientale. Queste moderne metodologie di trattamento non sono al momento disponibili all’opinione pubblica.
Quello che è più sorprendente è l’approvazione dello studio di impatto ambientale ricevuta nel 2012 dal Comitato dei patrimoni mondiali dell'umanità del Unesco. Nel maggio 2014 l'Unesco ha annunciato che attuerà una ridefinizione dei confini del parco protetto da questa agenzia delle Nazioni Unite. La nuova configurazione ridurrà l'estensione del parco di 350 km quadrati escludendo così i giacimenti di uranio. Nessun dettaglio al momento è stato reso pubblico sulla sorte che subirà fauna e flora presente nei territori della futura miniera di uranio. Le estrazioni sono previste per il 2018.
Non è la prima volta che la Tanzania penalizza il suo patrimonio turistico per progetti minerari o infrastrutture. Nel 2012 il governo tanzaniano approvò la realizzazione di una superstrada che divide in due il famoso parco del Sirengeti. L’autostrada passerà tra le millenarie rotte di immigrazione dalla Tanzania al Kenya e viceversa di bufali, gazzelle, zebre, gnu. Una petizione internazionale per bloccare i lavoro è stata lanciata dal sito www. thepetitionsite. com. A livello regionale il governo ugandese ha permesso attività di estrazione petrolifere all’interno del parco nazionale di Murchison Falls in collaborazione con la multinazionale francese Total. Rispetto al caso ugandese quello tanzaniano sembra essere ancora più assurdo in quanto il governo ha deciso di distruggere una considerevole percentuale del suo patrimonio naturale danneggiando anche l’industria del turismo (4,8% del PIL nazionale) a favore di un minerale che verrà destinato esclusivamente all’esportazione in Occidente in quanto non esistono centrali nucleari in Africa. Il 60% del petrolio estratto all’interno del parco nazionale verrà raffinato ad Hoima e utilizzato per i mercati nazionale e regionale.
Per far fronte alla sempre più agguerrita opposizione delle associazioni ambientalistiche nazionali e internazionali i governi africani tendono a non rendere pubblici gli studi di impatto ambientale svolti, preferendo la semplice informazione dei loro risultati ovviamente positivi e tranquillizzanti. Qualunque associazione ambientale che intenda seriamente e credibilmente contraddire le affermazioni fatte dal governo con dati alla mano deve a sua volta compiere studi di impatto ambientale, notamene complicati e costosissimi. In pratica i governi africani coinvolti hanno trovato il metodo per bloccare l’opposizione ambientalistica privandola delle necessarie informazioni tecniche e contando sulla incapacità finanziaria di queste associazione di attuare studi indipendenti. In una simile situazione gli ambientalisti sono costretti a basare i loro argomenti su considerazioni generiche e di principio senza avere precisi dati in mano. Il tutto è facilitato dalla ancora scarsa sensibilizzazione dell’opinione pubblica africana sui temi ambientali.
Al contrario gli esperti del Unesco hanno avuto pieno accesso agli studi di impatto ambientali redatti per le attività di estrazione di uranio confermando l’impatto minimo garantito dal governo tanzaniano ed iniziando a ridefinire i confini del parco. Come 60 milioni di tonnellate di scorie radioattive in un parco possano rappresentare un “impatto minimo” rimane un mistero. L’autorizzazione data rappresenta un pericoloso precedente che apre una grossa falla nella protezione del patrimonio mondiale dell'umanità a cui questa Agenzia Onu (con un budget annuale di 4,06 miliardi di dollari) è chiamata a garantire. Visto che la lista dei beni registrati come patrimonio mondiale non prevede una graduatoria di importanza, autorizzare una miniera di uranio e relative scorie radioattive all'interno del parco di Selous equivale ad autorizzare pozzi petroliferi davanti alla Sfinge in Egitto.
La decisione presa dall’Unesco di piegarsi alle esigenze delle multinazionali canadese e russa a scapito di un patrimonio mondiale dell'umanità si aggiunge al ormai sempre più criticato operato delle Nazioni Unite: dalla gestione dei profughi alle missioni di pace. Le critiche, fino ad ora relegate nell’universo dell’attivismo politico e ambientale e oggetto di denunce giornalistiche, stanno ora uscendo da questo ristretto confine per influenzare importanti istituzioni capitalistiche mondiali come la African Devolopment Bank (Banca Africana per lo Sviluppo). Il 17 maggio scorso il suo segretario Donald Kaberuka in una intervista rilasciata alle settimanale The East African, a dichiarato: “Abbiamo bisogno di moderne istituzioni internazionali che siano rappresentative dei nuovi equilibri mondiali che non corrispondono più a quelli createsi dopo la seconda guerra mondiale. Abbiamo bisogno di avere istituzioni internazionali più efficaci e coerenti. Per raggiungere l’obiettivo occorre una radicale riforma delle Nazioni Unite, Banca Mondiale e FMI”.
Fulvio Beltrami
Kampala Uganda.
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