Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Feb 9
di Fulvio Beltrami
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RFI - Radio France International. Il dibattito del giorno a cura di Francois Bernard.
Buona sera siete all’ascolto del dibattito del giorno su RFI. La diplomazia internazionale si attiva per tentare di trovare una soluzione alla crisi politica in Burundi. La volontà del presidente Pierre Nkurunziza di prolungare la sua presenza al potere ha creato un conflitto che fa temere al ritorno della guerra tra hutu e tutsi di sinistra memoria. Mentre l’Unione Africana è convocata in summit a partire da domani per decidere l’invio di una forza africana di pace, la ripresa del dialogo tra governo e opposizione è diventata di cruciale importanza, per evitare al Burundi di discendere nel caos, gli emissari del ONU si sono dimostrati incapaci di trovare una soluzione. L’Unione Africana sarà in grado di imporre una soluzione pacifica in Burundi? Andiamo ad intervistare Jean Francois Paquet e Cedikaba corrispondente a Parigi per African Press.
Prima di affrontare l’argomento della Unione Africana potreste spiegarci perché una semplice crisi politica sta per avviarsi al genocidio?
Jean Francois Paquet Occorre sottolineare che il Burundi non è il paese dei hutu e dei tutsi. È un vecchio Stato-Nazione dove dei gruppi socio-politici sono stati strumentalizzati per delle élite predatrici ancora prima della indipendenza. L'élite al potere, cioè il presidente Pierre Nkurunziza e il suo gruppo, sono dei predatori che saccheggiano tutte le risorse del paese e allo stesso tempo sono un gruppo di Illuminati. Il presidente Nkurunziza si crede investito da Dio per guidare il paese. È un caso assai raro in Africa dove abbiamo nello stesso tempo un presidente predatore che si crede illuminato da Dio. Questo lo rende completamente incontrollabile e i diplomatici che hanno tentato di dialogare con questo uomo sono impotenti perché non trovano la chiave adatta per aprire le negoziazioni.
Cedikaba. Per venire all'attualità il Burundi è uscito da una lunga guerra civile grazie agli accordi di Arusha del 2000 promossi da Nelson Mandela che hanno condotto ad un governo di transizione e alla spartizione del potere. Sulla base di questi accordi Pierre Nkurunziza è salito al potere. Ha fatto due mandati presidenziali alla fine dei quali ha deciso di ottenere con la forza un terzo mandato creando la situazione attuale perché gli accordi di Arusha non prevedono in nessun caso un terzo mandato alla presidenza. Le negoziazioni iniziali non hanno permesso di trovare un compromesso politico e il paese è entrato in una crisi che rischia di sfociare nella guerra civile.
Possiamo dire che la posizione di Nkurunziza è legata ad un gruppo etnico?
Jean Francois Paquet Qualche mese fa il regime ha qualificato tutti gli oppositori come dei ribelli cioè dei combattenti che devono essere distrutti. Questi ribelli sono dei hutu e dei tutsi. I quartieri della capitale che sono considerati “ostili” sono composti da hutu con una forte minoranza tutsi. Tutti i giorni un centinaio di giovani viene ucciso in Burundi secondo fonti credibili e il numero di vittime aumenta ogni settimana. Vengono uccisi sopratutto dei tutsi. Questa veritá va sottolineata. I poliziotti e i miliziani Imbonerakure attaccano un quartiere, stuprano le donne, arrestano i giovani e massacrano sistematicamente tutti i tutsi che trovano, anche se si registrano pure delle vittime hutu.
Cedikaba. La volontà del presidente Nkurunziza di imporre il terzo mandato non è una volontà etnica ma opportunistica e legata ad affari mafiosi. Questo ha creato una opposizione politica. Ci sono degli attori della società civile, ci sono dei partiti politici, anche dei religiosi, dunque è una opposizione politica ma il regime vuole satanizzare l’opposizione presentandola come dei terroristi tutsi legati ad un complotto di destabilizzazione del Burundi attuato dal Rwanda.
Il timore del genocidio è giustificato?
Jean Francois Paquet. Il timore è giustificato perché c’è un progetto politico di genocidio da parte del regime che è sempre più chiaro. Un genocidio non è un avvenimento fatale. È un vero e proprio progetto politico da parte di Nkurunziza e della sua mafia. Uso i termini che corrispondono alla realtà. Visto che vogliono mantenersi al potere a tutti i costi ma sono molto deboli e che la società si è ribella stanno cercando di instillare tra la popolazione hutu un odio contro i tutsi per giungere al genocidio su larga scala. In Burundi il genocidio è già iniziato. Si comincia ad uccidere massivamente dei tutsi. Nei campi dove 200.000 burundesi sono fuggiti dal loro paese, come per esempio in Tanzania, la maggioranza delle donne sono state violentate. La maggioranza di esse sono tutsi.
La volontà genocidaria del potere cresce di giorno in giorno e il genocidio si sta progressivamente rivelando per delle testimonianze oculari, fotografie, video, come quello girato in un campo di addestramento dove i miliziani Imbonerakure sono addestrati per prepararsi a commettere crimini di massa contro i tutsi. Il genocidio è già iniziato. Non bisogna dire che occorre prevenirlo ma che occorre fermarlo. Ci attendevamo una genocidio spettacolare, di massa. Quello commesso in Burundi è progressivo, astuto. Si uccide con il conta gocce terrorizzando la popolazione e obbligando i tutsi a fuggire. Il tutto governato da una logica politica di ritorno alla guerra etnica allora che la società burundese era appena riuscita a superare questo stadio. Tutti pensavano che la guerra etnica e i genocidi fossero terminati con la pace di Arusha ma dobbiamo costatare che una minoranza al potere impone al paese e al popolo un presente fatto di saccheggio, violenza e genocidio.
Cedikaba. Le passate violenze commesse sia da hutu che da tutsi, potrebbero facilitare il ritorno odi atavici e vendette. Il presidente del Senato lo scorso novembre ha incitato apertamente al genocidio. Il regime che sta perdendo militarmente ha fatto appello alle FDLR i terroristi ruandesi che commisero il genocidio in Rwanda nel 1994. Questo è un errore in quanto le FDLR hanno la loro agenda politica. Amnesty International ha rivelato le foto satellitare che provano l’esistenza di fosse comune. In Burundi si assiste ad una fuga in avanti genocidaria che obbliga la Comunità Internazionale ad agire con urgenza.
La diplomazia internazionale si scontra con il netto rifiuto del presidente Nkurunziza a dialogare ed accettare delle truppe di pace nel suo paese. Nkurunziza potrà modificare in un qualche modo la sua posizione?
Jean Francois Paquet C’è una fuga in avanti criminale da parte del regime burundese. Il presidente ha escluso ogni spazio di dialogo e di saggezza. Abbiamo tentato di tutto. Di fargli prendere coscienza di quello che sta facendo, abbiamo tentato il dialogo e i compromessi. Nulla da fare. Il regime e' diventato irrazionale e pazzo. Occorre una forza militare che destituisca questi criminali.
L’Unione Africana ha maggiori possibilità rispetto al ONU di convincere il regime della necessità di una forza di intermediazione in Burundi?
Jean Francois Paquet In questo momento si sta tenendo ad Addis Abeba una riunione di urgenza dei Capi di Stato africani per decidere sull’invio di una forza militare di pace in Burundi. È la quarta di otto mesi. I Presidenti africani pensano che la situazione in Burundi non possa andare oltre e che misure adeguate siano urgenti. Ogni offerta di dialogo ha radicalizzato il regime ed accelerato il genocidio. In Burundi gli strumenti classici di gestione dei conflitti non hanno funzionato. Il presidente è diventato completamente pazzo. Ultimamente ha detto ai suoi uomini fidati: “Il mio avvenire è il potere o la morte o la prigione”. Nkurunziza è un drogato che continua ad alimentarsi del sangue del suo popolo pur sapendo che questo lo condurrà ad un terribile fallimento.
L'intervista in lingua francese e in versione integrale è disponibile sul sito di Radio France International (http://www.rfi.fr/tag/burundi/)
Purtroppo si apprende che la riunione straordinaria del Consiglio di Pace e Sicurezza della Unione Africana non ha dato gli esiti sperati. Dodici Capi di Stato africani si sono opposti all’invio di una forza di pace per fermare il genocidio dopo cinque ore di discussione. Il Commissario del Consiglio di Pace e Sicurezza della UA, l’algerino Smail Chergui, è stato costretto ad annunciare ai media internazionali che non si è arrivato ad un accordo. La discussione sarà rinviata al 26esimo summit della Unione Africana dedicata ai diritti umani e alla democrazia che si apre oggi sabato 30 gennaio. Il ministro burundese degli affari esteri Alain Aimè Nyamitwe ha ribadito il rifiuto del governo illegittimo ad accettare qualsiasi forza di pace straniera rivendicando la sovranità del Burundi. La maggioranza dei Capi di Stato africani che hanno difeso il regime genocidario lo hanno fatto per autodifesa essendo alla guida di regime dittotoriali e irrespettosi dei diritti umani in Angola, Congo-Kinshasa, Congo-Brazzaville, Egitto, Gambia, Guinea Equatoriale, Zimbabwe.
Ora la soluzione della crisi diventa esclusivamente militare. Vi sono alte possibilitá che l’opposizione armata, il regime e i loro rispettivi alleati regionali ed internazionali che li finanziano e gli forniscono le armi si stiano preparando per lo scontro finale mentre il genocidio si accelera dinanzi agli occhi di una comunità internazionale impotente ed esterrefatta.
Un altro scenario più sinistro si profila però all’orrizonte. Dopo l’appoggio indiretto delle Nazioni Unite e il fallimento dell’Unione Africana nel inviare le truppe di pace, Nkurunziza e i terroristi ruandesi FDLR potrebbero aver riportato l’attesa vittoria diplomatica e preparsi allo scontro in una posizione di forza costrigendo l’opposizione armata ad una lunga guerra civile mentre la pulizia etnica continua e il potere del regime si rafforza grazie alla legittimitá indiretta ricevuta da Nazioni Unite e Unione Africana. Tutto dipenderá da quale appoggio dará il Rwanda alla ribellione. Se il presidente Paul Kagame deciderá di scegliere la difesa del suo paese lasciando il Burundi alla sua sorte, gli orrori che i burundesi stanno vivendo ora potrebbero essere vissuti in un futuro assai prossimo in Rwanda. Avere terroristi genocidari che possono contare sulle risorse di un paese e su 30.000 invasati HutuPower (le Imbonerakure) non risulterá di certo salutare. Se le FDLR riusciranno a consolidare il potere in Burundi potranno nel futuro mettere in campo una forza di invasione di circa 45.000 uomini. Un serio problema anche per un esercito moderno e motivato nella difesa della sua popolazione per evitare un secondo genocidio.
Negazionisti italiani del genocidio in Burundi.
Per approfondiementi:
I media, la retorica del genocidio ed I profeti dello scontro etnico in Burundi. Valeria Alfieri. Frontiere News Novembre 2015
Les medias, la rhetorique du genocide et le prophetes du conflit ethnique au Burundi. Valeria Alfieri. African Voices. Dicembre 2015
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