Le responsabilità della Francia nella Repubblica Centroafricana

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Gen 30

Le responsabilità della Francia nella Repubblica Centroafricana

La crisi della Repubblica Centroafricana viene dipinta dai media internazionali come l’ennesima incomprensibile violenza africana che la Francia, e ora la Nato, cercano di contenere fermando le violenze religiose tra musulmani e cristiani ormai prossime al genocidio. Alcuni giornalisti indipendenti affermano che la situazione è più complessa e l’intervento francese nasconde diverse ombre. A confermarlo è l’ex Generale Francese Jean-Bernard Pinatel, un luminare della Intelligence Francese

di Fulvio Beltrami

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Da alcuni mesi un’altra crisi africana occupa l’attenzione dei media internazionali, compresi quelli italiani, solitamente distratti su questo tipo di argomenti: la guerra civile che infuria nella Repubblica Centroafricana aggravata dalle violenze religiose tra le comunità mussulmana e cristiana che hanno spinto il paese verso una situazione pre-genocidio.

Per fermare l’ennesimo orrore africano la Francia nel dicembre 2013 ha inviato nella sua ex colonia 1000 soldati a rafforzare il contingente presente da anni composto da 600 soldati con il tentativo di ristabilire l’ordine e fermare le violenze religiose.

Il contingente francese, quello africano sotto comando delle Nazioni Unite non sono riusciti a fermare i massacri quotidiani nel paese costringendo l’Unione Europea ad approvare l’invio di 1.000 soldati Nato nel lontano paese africano.

I media internazionali hanno fornito una chiave di lettura stereotipata sulla complessa crisi della Repubblica Centroafricana le cui origini risalgono al folle regime degli anni Settanta di Jean-Bédel Bokassa, il sanguinario dittatore cannibale che si proclamò Imperatore.

Una ribellione mussulmana denominata Séléka ha spodestato nel marzo 2013 il governo corrotto del Presidente Francois Bozizé installando al potere un Presidente Ad Interim: Michel Am Nondroko Djotodia con il compito di condurre il paese a nuove elezioni.

Il governo di transizione e il Presidente non sono riusciti a controllare i miliziani mussulmani che hanno perpetuato violenze sulla popolazione cristiana obbligandola a formare a sua volta delle milizie di auto difesa denominate: Anti-Balakas.

La situazione è talmente degenerata che si assiste ad uno scontro tra musulmani e cristiani dove i crimini contro l'umanità sono commessi da entrambe le parti belligeranti.

Il contingente francese, i Caschi Blu e ora il contingente Nato, stanno disperatamente tentando di ristabilire l’ordine, ottenendo già alcuni successi come le dimissioni del Presidente mussulmano Michel Djododia, sostituito da una imprenditrice, Catherine Samba-Panza, eletta dal nuovo Governo di Transizione lunedì 20 gennaio scorso.

Mercoledì 28 gennaio le Nazioni Unite hanno autorizzato i contingenti militari stranieri all’uso della forza per fermare le violenze nel paese. Una volta risolto il problema il Centroafrica verrà accompagnato nella delicata fase di ricostruzione dell’economia e delle istituzioni per avviarlo ad un processo di rinascita democratica ed economica.

Alcuni giornalisti indipendenti hanno presentato una diversa realtà della crisi spiegando un contesto bellico, politico, storico e sociale ben più complesso, denunciando le responsabilità della ex potenza coloniale nel paese africano.

Si è parlato di interessi economici della Francia (le miniere di uranio centroafricane rappresenterebbero il 40% dell’energia prodotta dagli impianti nucleari francesi) e di strategie geo-politiche della France-Afrique abbinate alla crisi della Repubblica Democratica del Congo e alla conflittualità tra Eliseo e Governo Ruandese.

Alcuni reporter investigativi hanno spiegato che le attuali violenze religiose stanno prendendo una direzione unilaterale in quanto le milizie cristiane Anti-Balakas hanno rafforzato e perfezionato la coordinazione degli attacchi contro le comunità mussulmane nazionale e straniere superando in violenza e numero di attacchi quelli compiuti dai miliziani Séléka.

Hanno rivelato che queste milizie cristiane non sono supportate dalla Chiesa Cattolica (come dimostra la drammatica testimonianza di Padre Mirek Cucwa sulla situazione della seconda città del paese: Bouar) e denunciato il contingente francese di passività o di complicità con queste milizie cristiane.

Purtroppo i media internazionali hanno trasformato questi giornalisti in tante Cassandre inascoltate continuando ad offrire all’opinione pubblica la facile versione della violenza cieca africana e il tentativo di contenerla da parte dell’Occidente, in primis da parte della Francia.

La versione offerta oltre che essere semplicistica, quindi facile da proporre, sembra rispondere a determinate logiche politiche spesso intrinseche nelle crisi internazionali come l'esempio della guerra civile Siriana insegna.

I grandi network internazionali stanno progressivamente abbandonando il dovere di informare correttamente il pubblico per rispondere alle esigenze dei loro finanziatori trasformando l’informazione in propaganda, attuando una scelta tra le notizie da minimizzare o da occultare e quelle da evidenziare.

I principali network che hanno scelto questa nuova forma di fare informazione (Bbc, Cnn, Al-Jazeera, Afp e pochi altri) riescono ad influenzare la maggior parte dei media occidentali che si limitano a riprendere le notizie in quanto troppo costoso l’utilizzo di reporter ed inviati nei vari paesi o teatri di guerra. Anche prestigiose agenzie stampa come l’Ansa ormai si affidano a notizie preconfezionate.

Nel caso della crisi Centroafricana è stata occultata l’analisi del Generale Jeans-Bernard Pinatel, esperto di politica internazionale e responsabile del centro di studi geo-strategici Geopolitique-Geostrategie, il sito di analisi politiche riferimento dell’Unione Europea, Nazioni Uniti e dell’Amministrazione Obama.

Il 24 dicembre 2013 Pinatel spiega attentamente i rischi di questa crisi e le responsabilità della Francia offrendo un quadro chiaro e comprensibile degli avvenimenti contrapposto alla cacofonia di notizie incomprensibili dei media internazionali.

Pinatel spiega senza mezzi termini che l’intervento francese in Centroafrica difficilmente riuscirà a risolvere la situazione e a stabilizzare il paese a causa del limitato supporto logistico e finanziario offerto dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti e dalla contraddittoria politica del Presidente Francois Hollande nei confronti della sua ex colonia africana.

La missione militare francese non ha chiarito esattamente chi è il nemico da combattere compreso la ribellione Séléka che in realtà è una Coalizione di numerosi gruppi ribelli conosciuti solo da pochi specialisti politici e militari.

La sua incapacità a interporsi tra le comunità belligeranti e la mancata conoscenza del contesto etnico e sociale di un paese più grande della Francia sono altri fattori che contribuiscono ad un impatto negativo dell’intervento con alti rischi di trasformarsi in una trappola capace di far riaffiorare alla memoria le responsabilità francesi nel Rwanda del 1994 in cui l’aprile prossimo marcherà il Ventesimo anniversario del Genocidio.

Contraddicendo l’informazione fino ad ora riportata, Pinatel spiega come l’Eliseo non abbia avuto fin dall'inizio della crisi un atteggiamento neutro avendo supportato la presa del potere della Coalizione Ribelle Séléka.

Pinatel informa che la Francia nel marzo 2013 decise di non intervenire contro le milizie Séléka che stavano marciando sulla capitale: Bangui, poiché l’Eliseo aveva deciso di sbarazzarsi dello scomodo Presidente Francois Bozizé.

La Coalizione Séléka fu individuata come il miglior alleato all’epoca per garantire gli interessi francesi nel paese. Gli energici interventi militari attuati contro una altro movimento ribelle che tentava di spodestare il regime di Bozize rappresenterebbero un’evidente prova.

Nel novembre 2006 l’esercito francese era intervenuto contro il ribelli del UFDR (Union of Democratic Forces for Unity) fermandoli a Birao, una cittadina a 150 km dalla capitale.

Nel marzo 2007 il UFDR tentò una seconda offensiva contro il regime. Il 13 aprile 2007 le unità francesi di stanza nel Centroafrica, supportata da quelle provenienti da Ciad, Costa d’Avorio e Gabon fermarono nuovamente la ribellione sempre nella località di Birao.

Nel Dicembre 2012 il UFDR tentò la terza ed ultima offensiva alleandosi ad altri gruppi ribelli minori ed attaccando il paese su vari fronti ed arrivando a conquistare la città di Damora, a 80 km dalla capitale. La Francia intervenne utilizzando tre compagnie di fanteria e due elicotteri da combattimento Puma sbaragliando nuovamente le forze ribelli.

Tre mesi dopo, nel marzo 2013 le Séléka iniziano la loro offensiva dal nord e dal centro del paese. In quella occasione l’esercito francese non intervenne pur avendo a disposizione i mezzi necessari.

La ribellione Séléka sconfisse rapidamente l’esercito governativo, occupò l'aeroporto internazionale ed entrò nella capitale grazie alla passività dell'esercito francese.

Durante i combattimenti urbani la Séléka annientò il contingente Sud Africano rimasto in difesa della capitale, causando la più grande disfatta militare del Sud Africa post apartheid. Il Presidente Bozize fu costretto a fuggire in Camerun.

Il massacro dei soldati sudafricano fu causato anche dal mancato supporto logistico francese che causò la penuria delle munizioni e l’assenza di comunicazioni adeguate.

La spiegazione di questa scelta viene offerta dalla approfondita analisi dell’esperto politologo e risiede nelle considerazioni strategiche effettuate dall’Eliseo sul regime di Bozizé che stava compromettendo gli interessi delle multinazionali francesi aprendo alla Cina e al Sud Africa.

La ribellione Séléka, formata da varie milizie era considerata più facile da gestire rispetto al UFDR, movimento dotato di una chiara politica nazionalistica e supportato dal regime di Khartoum, Sudan.

Per ironia della sorte il UFDR si unì alla ribellione Séléka rapidamente imponendosi come il principale gruppo ribelle grazie al suo leader Djotodia, appartenente alla etnia Gula, presente in Centroafrica, Ciad, Sudan, Sierra Leone, Liberia.

La posizione di leadership ottenuta fu sufficiente per formare un governo transitorio nominandosi Presidente ad Interim. Come Primo Ministro fu nominato a sorpresa il Giudice Nicolas Tiangaye, un vecchio mastino della politica centroafricana.

La nomina era intesa a garantire un legame con la Francia in quanto la carriera politica di Tiangaye é strettamente legata ai servizi resi a Parigi.

Nel 1996 Tiangaye fu l’unico giudice africano che accettò di assumere le difese Jean-Paul Akayesy conosciuto con il nome di Macellaio di Taba, giudicato dal Tribunale Internazionale dei Crimini in Rwanda per crimini contro l'umanità commessi durante il genocidio del 1994.

Durante il regime alleato della Francia del Presidente Ange-Félix Patassé Tiangaye rifiutò il posto offerto di Primo Ministro per meglio operare dietro le quinte del potere.

Questi improvvisi avvenimenti costrinsero la Francia a cambiare radicalmente l’atteggiamento verso il UFDR e Djododia, offrendo un timido supporto iniziale con la speranza che il Governo di Transizione fosse in grado di stabilizzare il paese e mantenere inalterati gli interessi delle multinazionali francesi, prima tra tutte la AREVA, leader europea nell’energia nucleare e simbolo della più brutale politica coloniale della Francia in Africa. Nicolas Tiangaye divenne l’uomo di Parigi all’interno del Governo di Transizione.

Purtroppo la presenza delle milizie Séléka all’interno del Governo di Transizione e i continui dissidi che queste milizie creavano non permise a Djotodia di riorganizzare l'esercito e l’amministrazione facendo sprofondare il Paese nella attuale orrenda situazione.

Nuovamente la Francia fu costretta ad cambiare strategia, iniziando a supportare le milizie cristiane con il preciso obiettivo di costringere Djotodia e il suo governo alle dimissioni.

In un primo momento il Presidente Hollande individuò il Primo Ministro Nicolas Tiangaye come probabile successore. Idea scarta a causa della sua impopolarità presso la popolazione che lo avrebbe visto come una marionetta in mano alla Francia.

Scartato Tiangaye la scelta ricadde su Catherine Samba-Panza un imprenditrice e giudice. Una scelta altamente simbolica per spezzare il legame con la classe politica e sfruttare l’immagine di una donna al potere. Purtroppo Samba-Panza come la maggior parte degli imprenditori é stata strettamente legata alla classe politica Centroafricana.

In realtà la Camera di Commercio Francese ha messo un suo diretto rappresentante a gestire la difficile situazione nella Repubblica Centroafricana.

Come conseguenza dell’esclusione delle multinazionali Sudafricane e Cinesi dal Centroafrica, Pretoria , pur partecipando militarmente alla Brigata Africana d’Intervento sotto comando della missione di pace ONU nella Repubblica Democratica del Congo: MONUSCO (artefice della temporanea vittoria contro la ribellione tutsi del Movimento 23 Marzo all’est del Congo), nel novembre 2013 ha stretto un patto di collaborazione economica e militare con l’Uganda, il principale avversario regionale della Francia.

Il patto prevede l'accelerazione dell’integrazione economica tra i due principali blocchi economici anglofoni: East Africa Community e SADC e la creazione di una forza militare inter regionale di pronto intervento. Entrambe le iniziative sono volte a limitare l’espansione francese nella Regione dei Grandi Laghi.

Secondo il parere di Pinatel anche i fattori storici e geo-strategici hanno influito nelle decisioni della Cellula Africana dell’Eliseo conosciuta sotto il nome di France-Afrique.

La Repubblica Centroafricana ha sempre rappresentato l’ultimo baluardo dell’impero coloniale francese ai confini dell’impero britannico. Fu proprio in Sudan che la spedizione militare francese partita dal Centroafrica (1898 – 1899) subì la più grande disfatta militare inflitta dalle truppe coloniali britanniche nella battaglia di Fashoda che marcò la fine dell’espansionismo francese in Africa Sub Sahariana e in Egitto.

La disfatta militare ridimensionò la Francia in Africa e creò la “Sindrome di Fashoda” che tutt’ora impera nella politica estera francese. Questa sindrome porta l’Eliseo a destabilizzare ogni paese africano suscettibile di essere sotto l’influenza Britannica o Americana.

Ai giorni nostri la Repubblica Centroafricana rappresenta la chiave strategica per le manovre neo coloniali della Francia tese ad assicurarsi il controllo delle immense risorse naturali della regione.

Il Centroafrica è nuovamente il paese del Far West africano circondato da nazioni anglofone ostili quali Sud Sudan, Uganda e Rwanda, quest’ultima sfuggita dal controllo della France-Afrique dopo il genocidio del 1994.

Gli sforzi in atto per mantenere disperatamente in piedi i regimi agonizzanti di Joseph Kabila nella Repubblica Democratica del Congo e di Pierre Nkurunziza nel Burundi affiancati agli sforzi di riprendersi il Rwanda attraverso il supporto al gruppo terrorista ruandese Forze Democratiche dei Liberazione del Rwanda (FDLR) che opera in Congo; verrebbero seriamente compromessi dalla perdita della Repubblica Centroafricana.

Ora la Francia sembra riconoscere la necessità di neutralizzare le milizie cristiane prima che l’appoggio francese diventi palese con i collegati rischi per Parigi di essere accusata per la seconda volta di complicità in un genocidio.

Il compito di disarmare le milizie Anti-Balakas si presenta arduo e costoso. Questa la ragione che ha spinto la diplomazia francese a richiedere e ad ottenere la partecipazione di altri attori europei nel pantano Centroafricano. Senza la richiesta di Parigi non vi sarebbe stata nessuna forza congiunta europea per salvare la popolazione Centroafricana.

Concludendo Pinatel identifica l’intervento francese in Centroafrica come un tassello fondamentale nel mosaico della nuova guerra fredda franco – anglofona che si sta consumando nella regione, resa maggiormente complicata dall’emergere di potenze Continentali quali Angola, Rwanda, Uganda e Sud Africa.

Pinatel offre scarsa attenzione alle scuse ufficiali quali impedire che la Repubblica Centroafricana diventi un santuario dell’estremismo islamico come la Somalia o la necessità di intervento umanitario per impedire una guerra religiosa.

L’esperto di politica internazionale, rivolgendosi ad un pubblico mirato, non necessita del supporto propagandistico utilizzato per giustificare gli interventi militari.

La Francia nel dicembre 2013 aveva affermato che l'intervento era destinato a proteggere la popolazione civile Centroafricana. Affermazione del tutto falsa, visto gli avvenimenti, unicamente destinata a selezionati organi di informazione come strumento utile per adempiere al loro ruolo prestabilito.

L’analisi fornita da Jean-Bernard Pinatel é indubbiamente complessa per un pubblico poco familiare alle dinamiche storiche e politiche dell’Africa, eppure rappresenta una ottima base per comprendere l’attuale tragedia in atto nella Repubblica Centroafricana che permetterebbe di evitare il rischio della banalizzazione dell’informazione, della sua politicizzazione e, come ultima conseguenza estrema, il rischio di disinformazione.

I siti specializzati del settore come Geopolitique-Geostrategy, Africa Intelligence e Excecutive Intelligence, non sono siti criptati ad esclusivo appannaggio di Governi, Forze Armate e Multinazionali. Al contrario sono siti aperti al pubblico, alcuni di essi a pagamento.

Quindi le preziose informazioni contenute sono accessibili a tutti, compresi i giornalisti. Basta solo consultarle pazientemente, prima di scrivere lo scoop della settimana.

Chi è il Generale Jean-Bernard Pinatel

Jean-Beranrd Pinatel, 67 anni di nazionalità Francese, laureato in scienze politiche presso l'Università della Sorbonne, é il Presidente della Federazione Professionale Francese dell’Intelligence Economica

Negli anni Sessanta si arruola nel Primo Reggimento Paracadutista partecipando a varie missioni francesi nelle colonie africane, compresa quella dell’Algeria. Nel 1975 partecipa alla creazione del GPES (Gruppo Permanente di Valutazione delle Situazioni), sotto diretta richiesta della Presidenza al fine di dotare il Governo e l’Esercito francesi di una appropriata valutazione delle crisi mondiali ed individuare le opzioni strategiche politiche e militari.

Nel 1980 l’esercito lo promuove a Direttore dell’Ufficio Strategico e Servizi di Informazioni della Undicesima Divisione Paracadutisti di Toulouse.

Dal 1982 al 1984 gli viene affidato il comando del Quarantaduesimo Reggimento di Fanteria presso le forze francesi stazionale a Offemburg, Repubblica Federale Tedesca.

Nel 1985 prende la direzione del SIRPA (Servizio di Informazioni e Relazioni Pubbliche dell’Esercito Francese).

Nel 1989 viene promosso a Generale e abbandona l’esercito per proseguire il suo impegno per il Governo Francese e per varie strategiche multinazionali francesi come la STARTEM ditta di consulenze informatiche che lavora per l'esercito francese dove nasce l'iniziativa di Geopolitique-Geostrategy.

Autore di vari saggi tra i quali “L’economia delle Forze”, “La guerra civile mondiale” e “Le ombre giapponesi

Jean-Bernard Pinatel può essere seguito su Twitter: @jbpinatel

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