Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Feb 12
di Fulvio Beltrami
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Belfast, Nord Irlanda, Marzo 2001. Rebecca (nome inventato per proteggere l'identità della vittima) giunge presso la sede di Alliance Party (un partito-associazione fondato nel 1970 con l’obiettivo di migliorare la situazione sociale ed economica delle comunità Irlandesi e immigrate) denunciando di essere vittima del traffico di esseri umani internazionale.
L’incubo risale al 2003, quando Rebecca riceve un'opportunità di lavoro in Portogallo come cameriera tramite un immigrato nigeriano, amico di famiglia che si offre di anticipare il biglietto aereo e il costo del visto turistico. Una volta giunta a Lisbona, viene rinchiusa in un bordello clandestino e costretta a prostituirsi.
Riuscita a fuggire si rifugia in Spagna nel 2006 chiedendo asilo in quanto vittima di sfruttamento sessuale. Dopo poche settimane di attesa di una risposta da parte della autorità spagnole, viene rintracciata dalla mafia nigeriana e costretta a ritornare in Portogallo sotto la minaccia di assassinare membri della sua famiglia in Nigeria. A seguito di altri tentativi di fuga nel 2008 viene venduta ad un'organizzazione malavitosa di Madrid, dove sarà costretta a prostituirsi in strada fino al 2010 quando viene rivenduta ad un'altra organizzazione, questa volta irlandese.
Alliance Party accoglie Rebecca offrendole protezione, informa polizia e autorità giudiziaria e sottopone domanda di asilo politico presso gli uffici di immigrazione Irlandesi.
Nel settembre 2012 il Governo Irlandese informa di non voler concedere l’asilo e ordina alla polizia di provvedere al rimpatrio forzato di Rebecca. Il caso attira l’attenzione dei media scatenando un acceso dibattito che divide l’Irlanda in due campi diametralmente contrapposti a favore e contro l’immigrazione nel Paese.
Alliance Party presenta ricorso presso l’Alta Corte di Belfast contro la decisione di espulsione. Il 6 febbraio scorso viene emesso un verdetto a favore di Rebecca. L’Alta Corte ordina alle autorità di annullare il provvedimento di espulsione e concedere l’asilo politico sulla evidenza che la donna immigrata è vittima di un traffico di esseri umani in tre diversi Paesi Europei.
Il Giudice della Corte lancia un pesante monito alla polizia e all’ufficio di immigrazione di Belfast, rei di non aver condotto serie indagini per verificare la veridicità della denuncia di traffico sessuale presentata da Rebecca al momento della richiesta di asilo politico.
La storica sentenza, salutata da vari partiti progressisti e associazioni in difesa delle libertà civili e dei diritti umani, apre un precedente legislativo. In Irlanda del Nord è la prima volta che viene concesso il diritto all’asilo politico sulla base di evidenti prove di traffico di esseri umani.
Il caso di Rebecca è stato particolarmente utile per sensibilizzare l’opinione pubblica Irlandese e Britannica su questa violento e disumano crimine che, negli ultimi anni ha trasformato l’Italia in uno dei centri di smistamento Europei delle schiave sessuali provenienti dall’Africa.
La giornalista nigeriana Maris Davis Jospeh (Chantal B. Dana), Direttrice di Fondation for Africa, è una collega impegnata in prima linea a denunciare questo vasto traffico di esseri umani che sembra non attirare la dovuta attenzione delle nostre autorità giudiziarie.
Secondo le indagini di Maris Davis la tratta delle donne africane è monopolio della Camorra che dagli anni Novanta ha subappaltato il traffico di droga e prostituzione alla mafia nigeriana.
Con gli anni la proficua collaborazione si è evoluta. La mafia nigeriana non costringe più le ragazze a prostituirsi per strada ma in alcune villette e appartamenti a ridosso della Domiziana, in modo da non perdere la clientela ed evitare problemi a causa dell’aumento dei controlli delle pattuglie della polizia stradale e dei carabinieri. Ville e appartamenti sono di proprietà della Camorra che le affitta tramite prestanome libanesi. Le tariffe sono 10 euro a prestazione.
“Si tratta di ville nuove e apparentemente abbandonate dove alle prostitute sono riservati i sottoscala. Al primo piano vive il magnaccia. Droga e prostituzione vanno di pari passo anche nelle connection house. Sono tuguri, stanzini di miseri appartamenti affittati per 5 euro all’ora dove oltre alla prostitute è possibile trovare ogni sorta di droga lontano da occhi indiscreti”, spiega Maris Davis.
Nel Nord Italia la situazione è simile. I primi flussi migratori dalla Nigeria legati alla prostituzione risalgono alla fine degli anni Ottanta, prima dell’arrivo delle prostitute albanesi e dieci anni prima rispetto alle moldave ed altre ragazze dell’Est Europa.
Torino si caratterizza per la forte prevalenza di prostitute nigeriane dovuta a una particolare organizzazione dell’immigrazione illegale concentrata tra Benin City (nello Stato di Edo – Nigeria) e Torino, attivata alla fine degli anni Ottanta.
Altro importante centro della prostituzione nigeriana si trova a Modena in una zona periferica in prossimità della autostrada denominata: “La Bruciata”, una vera e propria fiera del sesso dove, oltre alle nigeriane, di possono “gustare” altre bellezze esotiche provenienti da diversi Paesi Africani.
Il 5 febbraio scorso i Carabinieri del Ros hanno arrestato trentaquattro persone a Roma, Torino, Parma, Firenze e Imperia, accusate di traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, spaccio e riciclaggio. Gli arresti sono stati possibili grazie alla cooperazione con le autorità del Togo.
Non necessariamente la prostituzione dall’Africa è legata al traffico di esseri umani, come rivela la giornalista nigeriana Tobore Ovuorie, che collabora con il prestigioso quotidiano Premium Times.
Tobore ha condotto una inchiesta durata diversi mesi infiltrandosi nella mafia nigeriana sotto la falsa identità di una prostituta. La giornalista ha scoperto una evoluzione di questa particolare forma di crimine dove vengono reclutate prostitute locali consapevoli di andare a prostituirsi in Italia. Queste prostitute accettano nella speranza di potersi arricchire sul mercato italiano rispetto a quello locale. Secondo Tobore questo commercio del sesso sarebbe assicurato tramite la collaborazione tra la mafia nigeriana e la Camorra. Polizia e autorità di immigrazione di entrambi i paesi (Nigeria e Italia) sarebbero coinvolti. Un giro di qualche milione di euro al mese.
Anche in questa prostituzione “volontaria” sussistono violenze e crimini nei confronti delle ragazze nigeriane attirate da false promesse di essere pagate 100 euro a prestazione.
Una volta giunte in Italia riceveranno un compenso di 3 euro a prestazione sulla tariffa di 10 euro. Sui soldi ricevuti il magnaccia trattiene 2,5 euro per il rimborso del biglietto aereo, visto turistico, vitto ed alloggio. Le prostitute che si ribellano o tentano di sfuggire vengono severamente punite e le recidive assassinate.
“Mama Caro (l’intermediario) fa firmare a tutte le prostitute una dichiarazione in cui affermano che hanno intrapreso il viaggio di loro volontà e si impegnano a ripagare alla trafficante una certa somma come parcella. A nessuna donna viene data una copia del documento che ha firmato, mentre la cifra di denaro varia di caso in caso senza una ragione.
Isoken ha firmato per un debito di 100mila dollari statunitensi, il mio invece è solo di 70mila. Ci è stato detto che a Cotonou riceveremo nuovi passaporti con nomi falsi e anche false nazionalità. Diventerò keniana, Mairo sudafricana e così via.”, spiega Tobore in un brano ripreso dalla rivista “Internazionale” in un articolo del 6 febbraio 2014: Il traffico di esseri umani, dalla Nigeria all’Italia.
Le pesanti accuse della giornalista nigeriana rivolte alle nostre autorità sembrano aver avuto uno scarso eco in Italia, nonostante che dalla fine degli anni Novanta siano ben note le attività di visti venduti presso la nostra Ambasciata a Lagos Nigeria denunciati per la prima volta dal Corriere Della Sera il 28 gennaio 1996. Un traffico che si è espanso anche presso l’Ambasciata d’Italia a Dakar (Senegal) come rivela Il Messaggero il 12 ottobre 2009.
Al contrario le autorità Nigeriane e Italiane hanno sollevato dei dubbi sulla credibilità dell’inchiesta di Tobore. Critiche che hanno trovato una dura risposta di difesa da parte del quotidiano nigeriano Premium Times.
Tobore ha risposto affermando: “Ho rischiato la mia vita in questa inchiesta ma ne è valsa la pena. Non ho rimpianti”.
Più difficile da contestare è il rapporto del 23 giugno 2013 redatto dalla Missione Diplomatica degli Stati Uniti d’America in Italia: Rapporto sul traffico di persone 2013, pressoché ignorato dai media italiani per non disturbare i poteri forti che governano il nostro Paese.
“L’Italia è un Paese di destinazione, di transito e di origine per donne, bambini e uomini vittime del traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo. Le vittime della tratta di persone in Italia provengono da Nigeria, Romania, Marocco, Tunisia, Moldavia, Slovacchia, Ucraina, Cina, Brasile, Perù, Colombia, Pakistan, Bangladesh, Ecuador, Polonia, Bulgaria, Egitto e India.
Gli uomini vittime del traffico di esseri umani vengono sfruttati nel settore agricolo (nell’Italia meridionale) e nell’industria edilizia e dei servizi (nell’Italia settentrionale).
I minori vittime del traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale in Italia provengono dalla Romania, dalla Nigeria, dal Brasile, dal Marocco e dall’Italia stessa, in particolare bambini di sesso maschile e di etnia rom e sinti, in alcuni casi nati nel territorio nazionale; minori transgender brasiliani vengono fatti entrare in Italia a scopo di sfruttamento sessuale; minori nigeriani vengono fatti entrare in Italia a scopo di sfruttamento lavorativo, tramite schiavitù per debito e coercizione attraverso rituali vudù; minori italiani di etnia rom sono costretti a mendicare o a commettere piccoli furti.
Reti criminali transnazionali romene fanno entrare in Italia disabili per costringerli a mendicare. Uomini e donne dell’Asia centrale, che arrivano in Italia attraverso la Russia, la Turchia e la Grecia, vengono costretti al lavoro coatto. I minori non accompagnati, in prevalenza di sesso maschile e provenienti da Bangladesh, Egitto e Afghanistan, corrono il rischio di diventare vittime del traffico di esseri umani”, recita il rapporto dell’Ambasciata Americana a Roma.
Il rapporto accusa le autorità italiane di raccogliere e diffondere dati giudiziari disaggregati che compromettono il lavoro delle indagini, di una totale assenza di procedure standard per l’identificazione sistematica delle vittime da parte degli agenti delle forze dell’ordine, funzionari pubblici e servizi di assistenza e tutela.
Le autorità italiane compierebbero scarsi sforzi per verificare la presenza delle vittime del traffico di esseri umani in Italia tra gli immigrati irregolari e i richiedenti di asilo, che spesso hanno come conseguenza l’attivazione della procedura di espulsione che equivale a consegnare le vittime di nuovo nelle mani dei trafficanti.
Seppur gli esperti americani denotano una “forte determinazione delle autorità italiane nell’indagare, incriminare e condannare i trafficanti di persone”, sottolineano una deficienza non solo nell’individuazione delle vittime fra i migranti più vulnerabili ma una totale mancanza di assistenza specializzata delle vittime.
Secondo il rapporto un insensato irrigidimento delle politiche sull’immigrazione ha reso più difficile per le vittime della tratta di persone ottenere permessi di soggiorno temporanei. Ad aggravare la situazione: le procedure per i soggiorni temporanei variano a seconda delle Questure.
Dal 2012 il Governo Italiano ha ridotto il suo impegno nella prevenzione della tratta di persone, accusano gli esperti americani. “Sono stati tagliati i fondi destinati a programmi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, nel tentativo di concentrare le risorse sull’assistenza alle vittime attuata in modo disomogeneo e non coordinato”.
Per gli amanti della trasgressione e dei rapporti esotici si consiglia la lettura di: “Lettera al cliente di una prostituta vittima di tratta” di Maris Davis.
Esistono occasioni di avere relazioni sentimentali sane con ragazze africane emigrate in Italia, purtroppo per molti repressi sessuali, prodotti dalla decadenza socio culturale dell’Italia, è più eccitante pagare 10 euro per assaporare in macchina i fantastici servizi di queste “meravigliose puttane negre”.
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