L’Africa è il nostro avvenire. La sinistra evoluzione dell’imperialismo francese sul Continente

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Feb 10

L’Africa è il nostro avvenire. La sinistra evoluzione dell’imperialismo francese sul Continente

Il Governo Francese sta attuando una sinistra evoluzione delle geo strategie della “Cellula Africana France-Afrique”, preludio ad un periodo di destabilizzazioni e guerre per bloccare lo sviluppo indipendente dei paesi africani, e salvaguardare il futuro economico della Francia. Due principali nemici da combattere: Stati Uniti e Cina

di Fulvio Beltrami

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Mercoledì 30 ottobre 2013. Parigi. Sulla scrivania del Presidente Francois Hollande viene depositato un rapporto sulle relazioni tra Francia e Africa, a cura dei Senatori Janny Lorgeoux e Jean-Marie Bockel. Il rapporto porta il titolo: “L’Afrique est notre avenir” (L’Africa è il nostro futuro), sotto al quale vi è una nota Confidenziale da non divulgare.

Purtroppo questa nota non ha impedito la fuga di notizie trasmessa da qualcuno all’interno dell’Eliseo che ha raggiunto il mensile Jeuneafrique, che subito pubblicò la notizia di un rapporto riguardante l’evoluzione della strategia della Cellula Africana del Ministero degli Affari Esteri conosciuta sotto il nome di France-Afrique.

La notizia fu smentita dal Governo. Jeuneafrique avrebbe ricevuto informazioni distorte. Il rapporto di Lorgeoux e Bockel prende in esame la riforma della Cooperazione bilaterale, proponendo una nuova Agenzia di Cooperazione. Il Senato il 29 ottobre 2013 rende pubblico il rapporto.

Il comunicato ufficiale viene contraddetto dal peso politico dei due Senatori autori del rapporto che rende difficile accettare la tesi ufficiale di una semplice proposta tecnica per la creazione di una agenzia di cooperazione.

Jeanny Lorgeoux è uno specialista dell’Africa implicato in vari momenti chiave degli ultimi quindici anni della France-Afrique. Jean-Marie Bockel è l’ex Segretario di Stato per la Cooperazione che ha collaborato per anni con il Colonnello Charles Lacheroy ex responsabile della Scuola Militare di Parigi, Consigliere del Ministro della Difesa e creatore del Ufficio della Azione Psicologica, un dipartimento dell’esercito francese, creato nel 1956 e tenuto segreto agli alleati. Obiettivo: sedare ogni tentativo rivoluzionario nelle colonie francesi utilizzando i metodi appresi dalla Gestapo e dalle SS.

Il Colonnello Charles Lacheroy è entrato nella storia della Repubblica Francese per aver ideato nel 1956 ed applicato in Africa la dottrina militare della “Guerra Rivoluzionaria” su cui ci si basò per la creazione della Cellula Africana all’Eliseo.

La dottrina fu elaborata in un primo tempo per contenere la spinta indipendentistica nelle colonie africane, applicandola per la prima volta durante la guerra in Algeria, e successivamente per creare dittature fedeli nelle ex colonie africane dal regime cleptomane di Mobutu Sese Seko  nello Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) al regime razziale nazista di Juvénal Habyariamana nel Rwanda.

La dottrina della Guerra Rivoluzionaria è il frutto degli studi di Lacheroy sulla organizzazione della guerriglia comunista Viet Minh che negli anni Cinquanta inflisse la prima disfatta della Francia nelle sue colonie asiatiche.

Studi compensati da tre opere di geo strategia: il saggio militare “La Guerra Totale” scritto nel 1936 dalla punta di diamante della intellighenzia nazista: Maresciallo Erich Luderdorff; l’opera di Mao Tsê-Tung pubblicata sempre nel 1936: “Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” e dallo studio del 1939 scritto dal psicologo comunista russo Serge Tchakhotine: “Lo stupro delle masse della propaganda politica”.

Il comunicato ufficiale viene contraddetto anche dal capitolo fulcro del rapporto denominato “Dieci misure prioritarie”.

Dinnanzi alle difficoltà riscontrate a partire degli anni Novanta dalla Francia e alla trasformazione del Continente Africano sempre più difficile da controllare, occorrono nuove strategie di cooperazione economica, militare, culturale e di sviluppo che rappresentino l’evoluzione della teoria della Guerra Rivoluzionaria e delle attività della France-Afrique, per dotare il Governo Francese di una strategia a lungo termine efficace e modellata alle sfide degli anni Duemila: controbilanciare le influenze di Pechino e Washington e contenere il contagio nazionalistico africano delle ex colonie inglesi e portoghesi divenute potenze regionali (Angola, Etiopia, Nigeria, Sud Africa, Uganda) impedendo lo stesso percorso nelle ex colonie francofone.

A seguito di dieci mesi di ricerche e di colloqui con le realtà politiche ed economiche di vari paesi abbiamo la certezza che l’attuale politica africana della Francia evolve più lentamente rispetto all’Africa. Non é nostro compito risuscitare la Cellula Africana in Rue Monsieur. È nostro compito attuare un’evoluzione delle precedenti strategie.

Occorre abbandonare i pregiudizi coloniali e vedere l’Africa come un elemento chiave per la sopravvivenza politica ed economica della Francia. L’evoluzione della France-Afrique si deve inserire nella riorganizzazione della Cooperazione Francese e il rafforzamento dei compiti e degli obiettivi della Agenzia Francese per lo Sviluppo (AFD), scrivono nell’introduzione del rapporto i Senatori Lorgeoux e Bockel.

Il rapporto preconizza l’adozione di una strategia regionale sul settore diplomatico che attui una armonizzazione delle strategie fino ad ora messe in opera attraverso la creazione di Sede Diplomatiche Regionali e la creazione di Ambasciatori Regionali dotati di poteri decisivi in diretto contatto con la Presidenza della Repubblica. Questi nuove entità avranno il compito di concentrare le informazioni provenienti dalla varie Ambasciate e Consolati attualmente presenti in Africa, fungere da intermediario tra Parigi e le autorità locali della regione di competenza e individuare le strategie e le azioni più idonee direttamente con la Presidenza.

Da un punto di vista militare i due Senatori insistono sulla necessità di conservare tutte le basi militari in Africa: Costa d’Avorio, Senegal, Mali, Niger, Burkina Faso, Congo-Libreville, Ciad, Repubblica Centroafricana, Djibouti.

Occorre riservare al Ministero della Difesa fonti speciali dedicati alle crisi africane con la priorità ai Paesi francofoni attualmente a rischio di influenza americana o cinese come il Senegal, Ciad Congo-Libreville, quelli di importanza strategica (Niger, Burkina Faso, Djbouti) e quelli instabili (Mali, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo, Burundi).

Questi fondi dovranno anche coprire eventuali finanziamenti a “Forze non convenzionali amiche operanti nei loro paesi o in paesi vicini e per contenere politiche imperialiste di Paesi Africani nemici della Francia e della pace. ”, secondo quanto riportato da fonti affidabile al sito di analisi politica Americano: Africa Intelligence.

Sul piano economico la priorità maggiore è di contrastare la penetrazione della Cina, divenuta il principale partner commerciale dell’Africa. “I Cinesi conquistano nel più totale discrezione. Sta noi a riorganizzarci per meglio difendere i nostri interessi”, spiega Jeanny Lorgeoux a JeuneAfrique.

Sul settore appoggio agli imprenditori francesi Lorgeoux e Bockel confermano il ruolo fondamentale delle multinazionali come il gigante del nucleare: AREVA nel controllo delle risorse naturali e dei Paesi “strategici” come il Niger, ma insistono sulla necessità di associare le piccole e medie imprese francesi per assicurare un controllo economico più capillare dei mercati africani che possa rigenerare il tessuto industriale della “Madre Patria”.

I due strateghi toccano anche il punto della Emigrazione Africana definendo l’attuale politica della Immigrazione Francese “inaccettabile, irrispettosa e controproducente”.

La proposta sottomessa è una nuova politica immigratoria “selettiva” con l’introduzione di visti pluriennali per tutta la durata degli studi o delle esperienze professionali dei giovani universitari della media borghesia africana.

L’obiettivo è creare una futura élite politica riconoscente e fedele ai valori della Francofonia e ai valori Repubblicani.

Per rafforzare questi valori si ipotizza una grande università francofona regionale con sede a Dakar sul modello della Sorbonne a Parigi come esperimento pilota che sarà seguito da altre università francofone di alto livello in tutte le principali regioni del Continente Africano, angolofone comprese.

L’Afrique est notre avenir sembra essere destinato a divenire la nuova base teorica della France-Afrique per mantenere l’influenza politica e culturale sul Continente ma, soprattutto, continuare ad assicurarsi il controllo di parte delle materie prime impedendo a Cina e Stati Uniti di espandere la loro influenza.

Questo nuovo pensiero strategico non sostituisce ma affianca e trasforma il concetto della Guerra Rivoluzionaria, creando, consapevolmente, le basi di nuove instabilità e guerre nel Continente Africano.

Il nuovo corso della Francia sta spingendo varie esperti all’interno della Casa Bianca, del Pentagono e dei principali Paesi Africani emergenti alla convinzione che necessita un energica opera di “contenimento” del Grandeur Francais versione anni Duemila.

Una chiara risposta è stata fatta pervenire dal Presidente Africano Jacob Zuma nel ottobre 2013 a seguito dell’invito al Summit France Afrique, ribattezzato subdolamente dal Presidente Francois Hollande: “Summit Afrique – France

Il testo della lettera ufficiale inviata da Jacob Zuma al Presidente Francese è estremamente chiaro e chiude ogni speranza da parte di Parigi di avere il Sud Africa nei suoi intrighi nella Regione dei Grandi Laghi, in Congo, Burundi e Rwanda.

Non intravvedo alcuna utilità a partecipare al summit France-Afrique, quando la Francia non incoraggia la democrazia che i popoli delle sue colonie desiderano. In effetti la Francia rinforza e consolida soli i suoi interessi nelle sue colonie, appellando continuamente all’ordine e alla pace non esitando però a destabilizzare tutti i movimenti nazionalisti che si oppongono al suo unico progetto: le ricchezze delle colonie devono continuare a nutrire l’economia del Colonizzatore Francese anche dopo quella che Parigi osa definire “indipendenza”. Noi desideriamo una Africa forte incoraggiando una leadership autoctona e non l’Africa concepita dalla Francia per continuare a rafforzare il saccheggio delle risorse africane”.

La lettera del Presidente Jacob Zuma potrebbe risultare estremistica ma alla luce dei fatti è estremamente realistica quando definisce i paesi africani anglofoni ancora delle colonie francesi.

Il giornalista Mawuna Remarque KOUTONIN riporta sulla rivista AfricaNews.it che 14 paesi africani sono costretti dalla Francia, attraverso un patto coloniale, a depositare l’85% delle loro riserve di valute estere nella Banca centrale francese controllata dal ministero delle finanze di Parigi.

“Finora, 2014, il Togo e altri 13 paesi africani dovranno pagare un debito coloniale alla Francia. I leader africani che rifiutano vengono uccisi o restano vittime di colpi di stato. Coloro che obbediscono sono sostenuti e ricompensati dalla Francia con stili di vita faraonici mentre le loro popolazioni vivono in estrema povertà e disperazione. È un sistema malvagio denunciato dall’Unione Europea, ma la Francia non è pronta a spostarsi da quel sistema coloniale che muove 500 miliardi di dollari dall’Africa al suo ministero del tesoro ogni anno”, denuncia il collega Koutonin.

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