Israele. Le origini dell’odio

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Gen 9

Israele. Le origini dell’odio

Qual è stato il percorso che ha portato la nazione fondata dai profughi dell’Olocausto ad un'isteria razziale collettiva contro gli immigrati africani? Un tentativo di spiergalo tramite una retrospettiva dell’origine dell’odio degli ultimi tre anni

di Fulvio Beltrami

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Dal 2006 circa 60.000 immigrati africani sono arrivati in Israele attraversando il deserto del Sinai per fuggire da povertà, persecuzioni, pulizie etniche e genocidio. La maggioranza di essi è originaria del Sudan e della Eritrea, due tra i più brutali regimi ancora esistenti in Africa.

L’insopportabile vita vegetativa offerta dai campi profughi e i pericoli del viaggio per raggiungere le coste dell’Europa hanno reso Israele la migliore opzione. Un paese industrializzato e democratico facilmente raggiungibile per via terrestre.

Al posto di provvedere a questi rifugiati sicurezza e un futuro di assimilazione sociale ed economica, il governo israeliano fin dall’inizio si è rifiutato di garantire ogni beneficio, negando loro lo statuto di rifugiati, e negando il diritto di lavorare legalmente per sostenere le loro famiglie. Confrontati con la povertà, l’emarginazione e lo sfruttamento gli immigrati africani sono entrati in un nuovo incubo.

Nel 2010 sono iniziate le prime proteste di massa contro gli immigrati africani lenitivi “infiltrati”, organizzati dai gruppi dell’estrema destra israeliana.

“Non è troppo tardi. Possiamo agire domani cominciando a cacciare gli infiltrati. Non abbiamo bisogno di attendere la Corte Suprema. Non abbiamo bisogno di aspettare nessuno. Cacciamoli domani mattina!”.

“Davanti alla mia casa ogni mattina vedo merda, immondizia e psicopatici in attesa per assassinarmi. Glielo posso leggere negli occhi, ma nessuno mi crede. Dicono che siamo razzisti. Siamo razzisti solo perché vogliamo salvaguardare le nostre vite e la nostra salute. Io sono orgogliosa di essere razzista. È il nostro diritto essere razzisti. Se sono razzista perché voglio proteggere la mia vita, allora ne sono orgogliosa “

Questi sono alcuni esempi di interventi degli attivisti xenofobi raccolti nel documentario realizzato nel 2013 dai giornalisti David Sheen e Max Blumenthal grazie allo studio cinematografico VideoNation: “Israel’s New Racism: The Persecution of African Migrants in the Holy Land” (Il nuovo razzismo israeliano: la persecuzione degli immigrati africani nella Terra Santa)

Con l’aumentare delle proteste contro gli immigrati africani il vice primo ministro Ali Shai, al posto di controllare il nascente razzismo che stava creando seri problemi di ordine pubblico e garantire la dignità ai rifugiati, in un discorso pronunciato nel marzo 2010 in una seduta del Parlamento israeliano infiammò gli animi inculcando maggior odio e razzismo.

“Se mi danno tutti i mezzi necessari, e sto tentando di averli e non è facile, se mi garantiscono tutti i mezzi senza eccezioni, in meno di un anno non un solo infiltrato resterà nello Stato di Israele”

Il discorso del Vice Prime ministro fu interpretato dai gruppi di estrema destra come un incoraggiamento alle loro campagne xenofobe, raccogliendo nuovi adepti e attirando le simpatie popolari a causa della crisi economica e dell’aumento della disoccupazione di cui il paese era vittima. Il governo per contenere la protesta, promise ed attuò le prime espulsioni di massa degli immigrati africani.

Vi furono anche delle contro manifestazioni organizzate dalla sinistra israeliana e dalle associazioni dei diritti umani in difesa degli immigrati africani. Purtroppo la minoranza di israeliani che protestò contro questa irrazionale ondata di razzismo non trovarono appoggio tra la popolazione.

Il principale organizzatore del movimento xenofobo anti africani fu Michael Ben Ari, parlamentare dal 2004 al 2013 e fondatore nel novembre 2012, assieme ad Aryeh Eldad, del partito Otzma Le Yisrael (Israele Forte), un partito di ultra destra che ha ottenuto il 2% dei voti nelle elezioni del 2013 e quindi escluso dal Parlamento. In un'intervista dell’agosto 2010 Ber Ari spiega le sue ragioni per l’odio contro gli immigrati e il suo appoggio alle espulsioni ordinate dal governo.

“Hanno una casa nei loro paesi. Perché le definite espulsioni? Stanno ritornando a casa. Ogni paese civile al mondo farebbe la stessa cosa. Se non facciamo nulla ci trasformeremo in un paese di immigrati ostili allo Stato, che vorranno trasformare Israele in un paese per tutti. Ci ritroveremo con un milione di africani, mezzo milione di filippini, due o tre milioni di cinesi e sarà la fine di Israele. Non sarà più uno Stato Ebraico.

Il nostro paese è diverso dagli altri paesi. Il nostro paese è uno Stato Ebraico. Un Stato Ebraico e democratico. Questo comporta un delicato equilibrio poiché in qualche caso le due caratteristiche possono contraddirsi a vicenda. Se accettiamo un milione di africani non avremo più Ebrei. Noi siamo contro l’assimilazione. In qualche parte del mondo l’assimilazione è al 70, 80%. Questo significa che Israele cesserà di esistere. Io amo Israele”.

Ben Ari basa la sua ideologia razziale sull'integrità dello Stato Ebraico e sulla necessità di mantenere intatta la peculiarità degli ebrei in Israele, trasformando forzatamente la religione ebraica in un'identità razziale. Il suo ragionamento è originato dalla sua convinta affiliazione all’ideologia nazionalista del Kahanismo, creata da Meri Kahane, fondatore della Lega di Difesa degli Ebrei e del partito di ultra destra Kach. Il Khanismo afferma che Arabi e israeliani sono destinati ad essere eternamente nemici e rivendica uno Stato Teocratico dove ogni persona non ebrea non abbia diritti civili.

Il Partito Kach fu messo fuorilegge dal Parlamento israeliano nel 1988 e proclamato organizzazione terroristica nel 1994. Il partito si è trasformato in una corrente di pensiero e una potente lobby alleata all’estrema destra e ai settori più ortodossi del clero israeliano. I suoi membri si sono infiltrati nei maggiori partiti di centro e di destra.

Dal settembre 2010 i gruppi di estrema destra incoraggiati da Ben Ari e dalla complicità del governo israeliano iniziarono ad intimidire ed aggredire gli immigrati africani partendo da Jaffa coniando lo slogan “Jaffa è per gli Ebrei”. Nel dicembre 2010 Ben Ari guidò un importante rally xenofobo organizzato dall’estrema destra.

“Noi diciamo a tutti gli ipocriti israeliani: volete aiutare gli Africani? Allora andate in Africa. Volete dargli da mangiare? Dategli da mangiare in Africa. Questo è l’unico stato ebraico che abbiamo”, fu il sintetico discorso di Ben Ari durante il rally xenofobo.

Il primo ministro Netanyahu avvertì che se i cittadini israeliani di origine araba avessero raggiunto il 30% della popolazione totale Israele rischierebbe di diventare uno stato multirazziale perdendo la sua caratteristica di Stato Ebraico.

Identico paragone fu adottato per gli immigrati africani. Il 14 ottobre 2010 il primo ministro Netanyahu avvertì che gli immigrati africani rappresentavano un pericolo mortale per il carattere Ebraico di Israele

Dal 2011 i luoghi pubblici di vari quartieri di Jaffa e Tel-Aviv divennero estremamente pericolosi per gli “infiltrati”. Le aggressioni razziste divennero frequenti e qualche volte terminarono con gravi ferite o la morte delle vittime. Durante questo periodo di terrore la polizia non intervenne per smantellare le squadracce di estrema destra né per incolpare Ben Ari di incitamento alla violenza e all’odio etnico.

Un atteggiamento di passività inspiegabile, soprattutto in considerazione che a Ben Ari nel 2009 fu rifiutato il visto dagli Stati Uniti e nel 2012 inserito dal governo americano nella lista dei terroristi internazionali. Seppur non ricercato dal Fbi e dall'Interpol, tuttora gli è negato il visto per gli Stati Uniti.

Nel 2011 il primo ministro Benjamin Netanyahu autorizzò la costruzione del Shàon HaHol, una barriera difensiva nel Sinai lungo la frontiera con l’Egitto per impedire le infiltrazioni di immigrati africani. Il costo di questa colossale difesa (230 km) e dell’installazione di avanzate attrezzature di sorveglianza ammonta a 207 milioni di Euro. Per realizzarlo sono state impiegate 30 imprese edili. I lavori sono durati fino al gennaio 2013.

Nel gennaio 2012 il parlamento israeliano votò la proposta la legge Anti Infiltrazione con 37 voti a favore e 9 contro. La legge prevedeva che gli immigrati potevano essere arrestati e richiusi per tre anni in carcere senza tribunale prima prima di essere deportati. Per tutti gli immigrati arrestati il governo israeliano decise la reclusione in un centro di accoglienza nel deserto del Negev: Saharonim, in realtà la più grande prigione mai costruita in un paese industrializzato. Fino al trasferimento nel vicino campo di concentramento di Holot nel dicembre scorso, oltre mille africani languivano nel centro di detenzione di Saharonim in condizioni disumane come denunciarono le associazioni israeliane per i diritti umani. Nessun media nazionale o straniero è mai stato autorizzato ad entrare all’interno del campo di detenzione.

Nelle prime ore del mattino del 27 Aprile 2012 un’ondata di violenze razziste scoppiò nella capitale Tel-Aviv. Usando cocktail Molotov gli squadristi dell’estrema destra bruciarono quattro appartamenti occupati da immigrati. Nell’attacco, definito dai testimoni come un pogrom coordinato e cinicamente organizzato, una madre e i suoi quattro figli trovarono la morte. Fu attaccato anche un asilo nido nello stesso quartiere, frequentato da figli di immigrati africani.

Il 23 maggio 2012 fu organizzata a Tel-Aviv un’altra manifestazione contro gli immigrati africani dove parteciparono migliaia di persone compresi alti esponenti del partito Likud e del clero ebraico. La manifestazione del maggio 2012 rappresenta il saldo di qualità della campagna xenofoba di Ben Ari. Da una complicità discreta il governo, i principali partiti e autorità religiose si alleano apertamente al movimento per il timore di perdere voti e la fiducia della popolazione.

Gli interventi dei principali dirigenti e uomini politici israeliani durante questa manifestazione testimoniano quanto la criminale ideologia di Ben Ari era riuscita a penetrare nel cuore dell'establishement politico del paese.

“Israele non è l’Eritrea o il Sudan. Israele è la nostra casa! Il nostro paese!” Yariv Levin, membro della Coalizione Likud-Beytenu al potere.

“L’atto prioritario e più importante è espellere gli infiltrati dal paese e proteggere lo Stato Ebraico”, Danny Danon Vice ministro della Difesa.

“Amici, oggi al Knesset ho chiarito che i Sudanesi sono un cancro insinuatosi nel nostro corpo sano”, Miri Regev, Segretaria del ministero degli Interni.

Subito dopo la manifestazione, 1000 attivisti di estrema destra, incitati dagli interventi di ministri e politici, organizzarono violentissimi raid nei quartieri dove vivevano gli africani. Armati di bastoni e sassi la folla assunse dimensioni di delirio omicida. Al grido di “Fuori i negri” e “Infiltrati andate via dal nostro paese” aggredirono centinaia di immigrati ferendone gravemente qualche decina. L’intervento, seppur tardivo della polizia, impedì che fossero compiuti degli omicidi di massa.

Una settimana dopo questi gravi avvenimenti, Yulia Shmuelov-Berkowitz membro del partito d’opposizione Kadima chiese al Parlamento di imprigionare tutti gli israeliani simpatizzanti alla causa degli immigrati africani nei campi di concentramento. La richiesta di Yulia fu ovviamente ignorata ma all’interno del suo partito nessuno propose misure disciplinari nonostante che il Kadima fosse un partito centrista orientato generalmente a formare alleanze con i partiti di sinistra e di centrosinistra. Il Kadima fu fondato dal ex primo ministro Ariel Sharon dopo aver lasciato, nel novembre 2005 il partito conservatore del Likud.

Secondo l’associazione israeliana Coalizione Contro il Razzismo, il movimento politico contro gli immigrati africani nel secondo semestre del 2012 provocò il raddoppio degli incidenti razzisti contro gli africani. In molti casi le vittime, seriamente ferite erano donne e bambini. La Coalizione Contro il Razzismo fu fondata nel 2003 dal Centro Mossawa, un’associazione per i diritti degli arabi con sede ad Haifa. La Coalizione è formata da 19 organizzazioni rappresentanti di diversi settori della società israeliana uniti contro il razzismo.

Il 4 giugno 2012 le squadracce di estrema destra appiccarono il fuoco agli appartamenti dei rifugiati Eritrei a Gerusalemme. Dieci persone tra le quali quattro bambini furono gravemente ustionati e quasi asfissiati dal fumo dell’incendio. Sui muri del quartiere, con le rovine ancora fumanti, comparvero scritte di avvertimento: “Lasciate Israele o morirete come topi”.

Il giornalista Ilan Lior, presente sul luogo della scena, descrisse l’incendio in un articolo pubblicato sul prestigioso quotidiano Hareetz con queste parole: “Durante la mia carriera sono stato testimone di attacchi terroristici, funerali, incidenti autostradali e violente proteste. Sono stato testimone della furia omicida, della frustrazione, della disperazione e della rabbia in tutte le loro forme e manifestazioni. Ma non ho mai visto un odio talmente grande come quello di cui sono stato testimone mercoledì sera presso il quartiere di Hatikva. Se non fosse intervenuta la polizia avrei assistito anche a dei linciaggi e omicidi di massa. Non ho dubbi”.

Le aggressioni contro gli africani superarono in breve tempo quelle contro i palestinesi.

Nel luglio 2012 si assistette ad un'offensiva ideologica-religiosa contro gli immigrati africani promossa dal Rabbino Artel Baradi che coinvolse la maggioranza dei Rabbini del paese, tra cui importarti figure religiose ebraiche, nella pubblicazione di un editto religioso in cui si proibiva ai fedeli di affittare le case agli immigrati africani e a tutte le persone non ebraiche.

Nell'agosto 2012 il Rabbino Artel Baradi organizzò delle squadre di vigilanza di quartiere contro la criminalità africana, arruolando i peggiori elementi della estrema destra già organizzati nelle squadracce anti negri.

“Abbiamo creato questo movimento per convincere la popolazione a non affittare le case agli africani e ai non ebrei. Sensibilizziamo la gente delle nostre comunità, e organizziamo delle pattuglie di vigilanza per rendere difficile la vita agli africani”, spiegò il Rabbino Artel Baradi durante un’intervista rilasciata ai giornalisti David Sheen e Max Blumenthal.

Nel settembre 2012 il primo ministro Benjamin Netanyahu pronunciò un discorso presso il Parlamento in occasione del completamento della prima fase della barriera difensiva lungo la frontiera con l’Egitto.

“Siamo riusciti ad impedire che gli infiltrati dall’Africa entrino in Israele poiché eravamo sotto la minaccia che centinaia di migliaia di africani entrassero nel nostro paese. Questo mese non un solo infiltrato è entrato in Israele così come è stato per i mesi precedenti. A breve completeremo i lavori di costruzione del muro lungo i confini del Sinai e ci muoveremo nella seconda fase, quella del rimpatrio degli infiltrati che vivono in Israele.”

Il 31 dicembre 2012 le squadracce di estrema destra organizzarono una marcia contro gli immigrati africani nei quartieri sud di Tel-Aviv che durò tutto il giorno e la sera con vari incidenti. Gli immigrati africani furono umiliati, perseguitati e aggrediti in tutti i luoghi pubblici. Gruppi di giovani di estrema destra si radunarono fuori delle abitazioni degli africani lanciando sassi ed immondizia. Decine furono i feriti tra gli immigrati. La polizia intervenne ingaggiando dei veri e propri combattimenti urbani con gli Hooligans dell’estrema destra.

Dopo la marcia gli Holligans si recarono presso la sede del partito di Ben Ari: Otzma Le Yisrael per festeggiare l’ultimo dell’anno ricevendo le congratulazioni personali di Ben Ari per la loro marcia di terrore.

La “notte dei lunghi coltelli” del 31 dicembre 2012 fu organizzata da un avvocato simpatizzante dell’ultra destra: Miri Regev che aveva precedentemente paragonato gli immigrati africani ad un cancro divoratore della nazione, terminologia razzista generalmente riservata ai Palestinesi.

Dopo la notte di inaudite violenze Regev porse delle pubbliche scuse non alle vittime africane ma ai cittadini israeliani per non essere riuscito ad estirpare il cancro in una sola notte.

Nonostante l’ondata di xenofobia nel novembre 2013 le forze dell’ordine ammisero che gli immigrati africani non rappresentavano una minaccia per il paese, né erano coinvolti in atti di terrorismo contro Israele. Pochi di loro erano attivisti politici o simpatizzanti della causa Palestinese. La maggioranza contribuiva allo sviluppo economico del paese.

Gli immigrati africani rappresentano il 0,68 della popolazione israeliana e nella maggioranza hanno dimostrato un'evidente volontà di inserirsi nel tessuto sociale ed economico rispettando leggi e costumi del paese. Molti dei loro figli sono nati in Israele, frequentano le scuole, e parlano la lingua ebraica, assumendo come naturale la cultura, i costumi e la religione di Israele.

Difronte a queste evidenze i giornalisti David Sheen e Max Blumenthal si sono chiesti perché gli immigrati continuavano ad essere demonizzati. Perché il governo li considerava un problema prioritario per la sicurezza nazionale e si dimostrava così risoluto a deportarli.

L’isterismo razziale collettivo, ogni volta che emerge nel corso della storia, sembra scoppiare dal nulla, come una scintilla ma nasconde profonde ragioni e calcoli politici come fu per la Germania Nazista o per il regime razzial nazista ruandese nel 1994.

La spiegazione più plausibile è la determinazione di preservare l'identità Ebrea dello Stato di Israele a tutti costi. Identità sorta dall’Olocausto e rafforzata dai numerosi tentativi delle nazioni Arabe di annientare Israele compiuti negli anni Sessanta e Settanta. Ogni governo ha dovuto affrontare la pesante responsabilità di garantire la sopravvivenza del popolo ebraico, prima contro i Paesi Arabi, successivamente contro il OLP (l’organizzazione militare politica di Arafat), i terroristi di Hamas, Al Qaeda, la minaccia iraniana.

I Palestinesi sono da sempre stati considerati una potenziale minaccia di olocausto, quindi ogni violenza contro questa popolazione viene giustificata con la teoria della “difesa preventiva”.

In questo contesto di “Sindrome israeliana”, che in forme diverse ma simili colpisce anche il Rwanda del post Genocidio guidato dal presidente Paul Kagame che ha forti legami con lo Stato Ebraico, Israele si sente perennemente minacciato da ogni parte del mondo e attua una politica interna repressiva e una politica estera militare ed aggressiva per sopravvivere.

Le persecuzioni razziali contro gli immigrati africani hanno come obiettivo mantenere la bilancia demografica a favore degli Ebrei, basata sulla convinzione che una società multirazziale distruggerebbe la realizzazione del sogno millenario di fondare uno Stato Ebraico nella Terra Santa.

La follia razziale contro gli africani colpisce anche i cittadini Etiopi di religione ebraica che dovrebbero essere difesi per la loro appartenenza religiosa, secondo la logica del governo e del clero israeliani. Dal 2010 sono state praticate illegali ma forzate sterillizzazioni su migliaia di donne Etiopi al fine di non diluire la purezza della razza ebraica.

Il termini “infiltrati” rivolto agli africani, denota un'atavica fobia dello straniero considerato un corpo estraneo e la paura di scomparire come razza da parte della maggioranza degli ebrei.

Gli immigrati africani servono anche come capri espiatori per nascondere i fallimenti governativi, il deterioramento dell’assistenza sociale, del tenore di vita e la spaventosa crisi economica che attanaglia il paese.

Il giornalista David Sheen sottolinea: “Quando Israele reprime e deporta i rifugiati africani, si prende beffa dei milioni di ebrei che sono morti durante la Seconda Guerra Mondiale perché nessuno voleva offrirgli una protezione.”

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