Europa. La fobia del negro e il tramonto di una civiltà

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Lug 17

Europa. La fobia del negro e il tramonto di una civiltà

Un manifesto razzista della Lega che gira in rete esprime involontariamente l’incapacità occidentale di adattarsi alle nuove sfide della globalizzazione. Mentre l’Europa viene trasformata in una fortezza il sud del mondo, libero da pregiudizi razziali, sta emergendo sulla scena mondiale come principale attore economico e politico. Il razzismo occidentale diventa sempre più un'illogica difesa di prestigi e privilegi ormai tramontati

di Fulvio Beltrami

italia, africa, immigrazione, razzismo

Preso dall’attualità del Continente, ogni tanto getto l’occhio sulle notizie italiane, patria che mi diede i natali e quindi amata. Guardando in giro ho visto questo manifesto propagandistico di “Stopclandestini” dove si informava che un poliziotto aveva contratto la tubercolosi da un immigrato e si accusava il governo di non pagargli le cure. Sono in Africa dal 1993 e non mi è ancora capitato di venir accusato di essere portatore di malattie. Eppure sono anche io un immigrato. Il problema non risiede nel manifesto, evidentemente grottesco e demodé, ma in tutti i nostri connazionali che approveranno il messaggio, anzi lo condivideranno. Un mio amico ugandese ha commentato: “Sono ancora li a difendere la loro razza quando l’Europa sprofonda nei debiti e nel caos. Quando si sveglieranno e cercheranno di immigrare qui in Africa per cercar lavoro (come già in tanti fanno) saremo noi ad accusarli di averci trasmesso la tubercolosi e di riservagli identico trattamento ospitandoli in case d’accoglienza speciali”.

Il fenomeno di immigrazione dall’Occidente all’Africa è già una realtà. Si stima che il 18% della forza lavoro qualificata e non del Portogallo sia immigrata nelle ex colonie di Angola e Mozambico. Nell’Africa Orientale si sta assistendo all’aumento progressivo di immigrati da Gran Bretagna, Germania e Italia. Eppure nonostante questa realtà di contro immigrazione che dovrebbe favorire gli scambi inter razziali e inter culturali, si notano netti atteggiamenti diversi adottati da Europa e Africa sul tema dell'immigrazione. Mentre la maggioranza dei paesi africani ha modellato le politiche di immigrazione al villaggio globale rendendo più facili i permessi di soggiorno per studio o lavoro, l’Europa affronta il fenomeno con politiche protezioniste, emergere del razzismo, e gestione militare dell’immigrazione che sempre più sta infrangendo i diritti umani di base. Questo approccio protezionistico, che sta creando la “Fortezza Europa”, è parallelo alla crisi economica politica e sociale che sta vivendo il vecchio continente.

Più la crisi si aggrava, più le misure di contenimento dei flussi immigratori vengono rafforzate e sentimenti di odio razzista diffusi tra la popolazione. All’interno dell'immigrazione occidentale in Africa si nota un'incapacità di adattamento ai nuovi valori sociali ed economici che impediscono l’integrazione nel paese ospite. Gli europei soffrono di evidente sindrome di decadenza. Ancorati in un prestigioso passato coloniale, ma costretti a trasferirsi in Africa per cause economiche, questi “rifugiati politici” (come vengono qui definiti) interagiscono con la società ospite assumendo un ruolo di padrone, di civilizzatore e di razza superiore. Un atteggiamento che ha offerto vantaggi e privilegi dagli anni Sessanta agli anni Novanta quando nei villaggi e nelle città africane si udiva: Arriva il Bianco! Negli anni Duemila l’immigrato bianco è costretto a confrontarsi con società complesse e in continuo sviluppo. Il suo atavico complesso di superiorità non gli permette di ottenere la necessaria integrazione per sviluppare armoniosamente e con successo la sua nuova vita nel Continente.

Al contrario scatena un'atteggiamento di ostilità e rifiuto da parte della società africana che non si manifesta nella repressione, in misure di ordine pubblico o di difesa della razza. Si manifesta con un pacifico ma distruttivo isolamento di questi “corpi estranei” che porta al fallimento economico e sociale dell’immigrato occidentale in Africa che non abbia dimostrato la sua capacità di adattamento alle nuove situazioni che la società africana non impone ma consiglia. Il risultato è la creazione di ghetti per occidentali e l’aumento del rischio di fallimento economico. Nell'ottobre 2013 conobbi un italiano della Sicilia che aveva aperto un ristorante a Kampala con l’intenzione di attirare la clientela occidentale, detestando gli ugandesi e gli africani in generale. Il ristorante chiuse in pochi mesi per una semplice ragione economica.

Gli immigrati occidentali a Kampala rappresentano il 2% della popolazione mentre chi ha le possibilità economiche e statuto sociale per frequentare ristoranti di lusso è la piccola e media borghesia ugandese, che rappresenta il nocciolo duro della clientela. Se si nutrono atavici sentimenti razzisti la chiusura della attività è pressoché garantita in quanto la clientela che rappresenta la base delle entrare boicotta l’attività del “bianco” a causa dei suoi pregiudizi razziali. La società europea soffre di senilità avanzata ed è ancorata a vecchi fasti di dominio mondiale che non possiede più. La protezione del “feudo” e l’incapacità di interagire con le culture diverse sembra ormai una caratteristica razziale degli occidentali, totalmente assente presso le popolazioni africane, asiatiche e latino americane. Questa è la differenza che diminuisce sempre di più le possibilità occidentali di riconquistare il ruolo egemonico a livello planetario e favorisce i paesi emergenti ad imporsi sulla scena mondiale come principali attori. Ma questa is just my opinion.

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