Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Lug 18
di Fulvio Beltrami
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Fulvio Beltrami 18 luglio 2020.
Riproduzione dell'articolo di mia © pubblicato su: Il Faro di Roma.
http://www.farodiroma.it/covid-19-le-limitazioni-ai-trasporti-inaspriscono-le-relazioni-tra-africa-ed-europa-di-fulvio-beltrami/
“Riapertura dello spazio aereo del Senegal. A seguito della decisione dell’Unione Europea di estromettere il Senegal nella seconda lista dei Paesi autorizzati a entrare nel suo spazio aereo, lo Stato del Senegal prende la seguente decisione. Il principio di reciprocità sarà applicato a tutti gli Stati che hanno preso misure restrittive contro il Senegal” recita il comunicato stampa di giovedì 16 luglio a firma del Ministro del Turismo e Trasporti Aerei Alioune Sarr.
Questa decisione di limitare l’entrata dei cittadini europei è stata presa da uno tra i governi africani più all’avanguardia nelle politiche immigratorie, basate sul principio delle “porte aperte ”. I cittadini di vari governi dell’Unione Europea non pagano il visto di entrata e possono risiedere nel Paese per un anno senza alcun problema. Dopo di che devono richiedere una carta d’identità stranieri, specificando la ragione del prolungato soggiorno. Oltre ad un impiego subordinato o per ragioni di affari, il cittadino europeo è autorizzato a risiedere in Senegal anche per motivi “sentimentali” verso il Paese a condizioni che dimostri di avere una dimora fissa, un conto corrente in Senegal comprovante la sua capacità finanziaria a sostenersi.
Gli effetti della decisione presa dal governo di Dakar sono stati immediati. La nostra connazionale Beatrice Bianchi sulla pagina Facebook “Italiani a Dakar” descrive una situazione da inferno dantesco presso l’aereporto di Parigi. “Io e gli altri cittadini italiani ed europei oggi pomeriggio a Parigi ci siamo visti rifiutare l’imbarco da Air France perché sprovvisti di passaporto senegalese o autorizzazione speciale di imbarco rilasciata dalla polizia di frontiera senegalese. Siamo tutti bloccati qui compresi i senegalesi con passaporto non senegalese. Quasi scoppiata una rissa all’aeroporto ma non c’è stato nulla da fare”.
Il duro provvedimento che restringe l’entrata dei cittadini europei è la causa diretta della decisione presa dall’Unione Europea lo scorso 27 giugno di limitare l’ingresso nello spazio Shengen a soli 4 Paesi africani: Algeria, Marocco, Ruanda e Tunisia. I cittadini di altri 14 Paesi non africani sono autorizzati ad entrare in Europa: Andorra, Australia, Canada, Corea del Sud, Georgia, Giappone, Monaco, Montenegro, Nuova Zelanda, Serbia, San Marino, Talilandia, Vaticano e Uruguay. L’entrata dei cittadini cinesi è condizionata dal diritto internazionale di reciprocità. Qualsiasi Stato membro della UE che si vede escludere ai suoi cittadini l’ingresso in Cina può decidere liberamente di applicare tale diritto. Gli Stati Uniti al momento sono nella lista nera.
La decisione di limitare l’ingresso allo spazio Shengen sarebbe stata presa secondo criteri epidemiologici considerando il tasso di nuovi casi di contagio che deve avere una proporzione di 16 per ogni 100.000 abitanti. La lista è soggetta a revisione ogni due settimane.
Per quanto riguarda l’Africa esiste un mistero. Il 26 giugno, (un giorno prima della redazione della lista ufficiale) i Paesi africani privi di limitazione di ingresso in Europa era 11, come informa il giornalista Fabio Scala su Futherafrica. Com. La lista iniziale (considerata una bozza) prevedeva la possibilità di ingresso a Algeria, Angola, Egitto, Etiopia, Marocco, Namibia, Ruanda, Tunizia, Uganda e Zambia. 24 ore dopo la lista è stata ridotta da 11 a 4 Paesi africani Una decisione di certo non basata sulla percentuale dei contagi, come dichiara l’Unione Europea, visto che l’Algeria conta 17.348 contagi e il Marocco 14.771 mentre Angola, Namibia, Uganda e Zambia (inseriti nella bozza del giorno prima) contano rispettivamente: 396, 593, 977 e 1.895 casi di contagio.
La decisione ha creato forti critiche da parte di tutti i Paesi africani esclusi che ora minacciano di applicare la reciprocità impendendo agli europei di giungere nei loro paesi sulla base di un semplice calcolo: il numero dei contagi registrati in Europa è quasi 7 volte superiore a quello registrato in Africa.La maggioranza dei paesi africani esclusi dalla Unione Europea fanno inoltre notare che sono stati proprio i cittadini europei (e non quelli cinesi) a portare il virus nel continente lo scorso marzo. La decisione UE rischia di compromettere i rapporti con l’Africa già indeboliti, se si esamina il probabile “reset” economico che indurrà la crisi mondiale post pandemia, argomento fino ad ora poco trattato.
Il Senegal è stato il primo Paese ad applicare il diritto internazionale di reciprocità. Una decisione mirata in quanto il Paese è di vitale importanza per gli investitori europei della Francia, Italia e Spagna. Con questa limitazione il governo di Dakar intende far pressioni all’Unione Europea affinché il Senegal venga inserito negli aggiornamenti bisettimanali dei permessi di entrata nello spazio Shengen.
È doveroso segnalare che il governo senegalese è divenuto un esempio per tutta l’Africa Occidentale di buona gestione della pandemia Coronavirus. Evitando il lockdown totale per non danneggiare l’economia e le fasce più deboli della popolazione il governo di Dakar è riuscito a contenere la diffusione del virus. Grazie alle tempestive politiche di prevenzione e contenimento del Covid19 il Senegal dallo scorso marzo ha registrato 8.369 casi di contagio e 153 decessi. Se si calcola l’impatto dalle pandemia sulla popolazione totale (15.850.000 abitanti) la percentuale di contagio risulta del 0,053% mentre la mortalità sui casi di contagio si attesta al 1,82%.Qualunque siano i fattori esterni (climatici, età della popolazione, genetici, etc) che hanno risparmiato il continente i dati OMS parlano chiaro. Ad oggi (17 luglio 2020) il numero di contagiati in Africa è di 523.403 mentre i decessi 8.819. Percentuali nemmeno paragonabili agli altri continenti: Americhe (Nord Sud) 7.016.851 contagi 294.301 decessi; Mediterraneo 1.331.893 casi 32.776 decessi; Europa 2.987,256 casi 205.006 decessi, Sud Est Asia 1.268.923 casi 31.297 decessi
La guerra sui flussi migratori legati al rischio di pandemia che sta sorgendo, aggrava le già tesi relazioni tra Europa e Africa, come ha sottolineato Nich Westcott, direttore della Royal Africa Society di Londra, durante un web seminar organizzato dal London Oveseas Development Institute. “La pandemia da Covid19 sta aggravando le relazioni tra Africa e l’Europa. Relazioni inserite nel contesto di una lotta tra le potenze mondiali per l’influenza sull’Africa”.Il prossimo ottobre si dovrebbe tenere a Bruxelles un summit Unione Europea – Unione Africana al fine di definire le relazioni di partenariato tra Europa ed Africa. Un summit vitale visto che sono 6 anni che i trattati economici tra UE e Africa sono scaduti e non sono stati rinnovati dalla maggioranza dei paesi africani, costringendo i Paesi europei a creare accordi bilaterali. La decisione di non rinnovarli si basa sul concetto che l’Unione Europea intende continuare con la politica economica definita dagli economisti africani: “economia coloniale”.
Una economia basata sull’esportazione delle materie prime africane in Europa e la importazione di prodotti finiti europei in Africa.
La maggior parte dei Paesi Africani intende avviare la rivoluzione industriale, sfruttando la abbondanza delle risorse naturali presenti nel continente. Quindi si necessita di fabbriche capaci di lavorare il ferro e altri minerali per l’industria, di fabbriche agro alimentari, di raffinerie per produrre carburante il loco. Europa e Stati Uniti, fino ad ora, hanno rifiutato di partecipare al sogno di rivoluzione industriale africana preferendo giustappunto la cosiddetta “economia coloniale”.
Nel tentativo di convincere a firmare gli accordi di partenariato, lo scorso aprile la Commissione Europea ha stanziato 502 milioni di euro di aiuti sanitari di emergenza per la pandemia Covid19 in Africa e 2,8 miliardi di euro di aiuti a lungo termine per rafforzare la ricerca sanitaria, i sistemi sanitari pubblici e l’accesso all’acqua potabile.
Fondi accettati dai governi africani ma non apprezzati in quanto la richiesta di cancellazione del debito estero contratto (44 miliardi di dollari) non è stata ancora accolta dall’Unione Europea. In Aprile i G20 hanno offerto all’Africa un congelamento del pagamento debiti e interessi per il 2020.Anche gli accordi commerciali Africa Stati Uniti sono in standby da 6 anni per le stesse ragioni che bloccano la firma degli accordi con l’Unione Europea. Uno stallo che l’Amministrazione Trumb sembra non preoccuparsi in quanto prevale la politica di isolazionismo economico.
La Gran Bretagna (uscita dall’Unione Europea) sta guardando all’Africa con una diversa prospettiva. Agevolata dal fatto che vari Paesi africani fanno parte del Commonwealth, il Governo di Boris Johnson sembra disponibile ad indirizzare gli aiuti e gli scambi commerciali verso gli orientamenti economici africani tesi a realizzare la rivoluzione industriale.
L’escusione allo spazio Shengen di 50 sui 54 paesi che compongono l’Africa, se non sarà rivista al più presto, comprometterà un auspicabile accordo commerciale del summit UE – UA del prossimo ottobre. Se questa politica migratoria, associata a precauzioni sanitarie, dovesse continuare diventerebbe a rischio anche la presenza degli attori umanitari stranieri delle ONG europee che operano in Africa.
La necessità di rivedere le politiche migratorie collegate alla pandemia da parte dell’Unione Europea è resa ancora più urgente dalla data di entrata in vigore della ACFTA (African Continental Free Trade Area) previsa per il gennaio 2021. La prima data era stata prevista per questo mese (luglio) ma rinviata a causa della pandemia.
L’Unione Europea rischia di venir esclusa dal ACFTA, mentre il suo più temibile concorrente commerciale: la Cina ne fa già parte integrante attraverso il finanziamento delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aereoportuali (collegate al progetto mondiale della Nuova Via della Seta) e avendo iniziato da ricollocazione di parte del suo apparto industriale dalla Cina all’Africa per produrre del “Made in China” camuffato da “Made in Africa”. La perdita dell’Africa rappresenterebbe per l’Europa un colpo mortale che potrebbe accelerare il già evidente ed innegabile processo di declino economico, sociale e morale del Vecchio Continente.
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