Congo. Onu sotto accusa per il massacro di Mutarule

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Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Lug 4

Congo. Onu sotto accusa per il massacro di Mutarule

La Ong americana Human Rights Watch accusa esercito congolese e Nazioni Unite di non essere intervenute nel massacro di Mutarule, Sud Kivu, avvenuto il 7 giugno scorso. Una testimonianza in loco parla di complotto per aumentare la conflittualità tra le etnie bantu e tusti dell'est Congo

di Fulvio Beltrami

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La Ong americana in difesa dei diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha pubblicamente accusato la missione di pace Onu in Congo Monusco e l'esercito congolese FARDC di non essere intervenuti per fermare il massacro di civili avvenuto il 7 giugno scorso presso il villaggio di Mutarule distretto di Luberizi, territorio di Uvira, Sud Kivu. La località è abitata da etnie bantu e tusti: Bafuliru, Barundi e Banyamulenge. Il massacro dove trenta persone sono state assassinate, alcune fucilate, altre barbaramente uccise a colpi di machete e la maggioranza delle case bruciate, ha attirato l’attenzione della comunità internazionale. HRW in un comunicato pubblicato il 2 luglio, afferma che i caschi blu e l’esercito congolese non sono intervenuti nonostante che fossero preventivamente informati del massacro e che la loro base dista 9 chilometri dal villaggio. Una compagnia mista è giunta a Mutarule due giorni dopo la tragedia.

La Monusco ha reagito a questa accusa, tramite il suo responsabile: Martin Kobler, costretto dall’evidenza a confermare il mancato intervento militare per proteggere la popolazione. “Rimpiango quello che è successo. Mi assumo la responsabilità in quanto capo della Monusco. Il nostro dovere è proteggere i civili. In questo caso non siamo stati in grado di farlo” ha dichiarato Kobler, assicurando di aver preso tutte le misure necessarie al fine di proteggere le popolazioni della piana della Ruzizi e dei distretti della città di Uvira. Di diversa opinione Jean Jack B. , abitante di Uvira originario del villaggio Mutarule. “Non ero presente al massacro. Da anni abito e lavoro a Uvira. Dalle informazioni ricevute da parenti e amici Monusco e FARDC erano state avvisate dalle autorità del villaggio 4 giorni prima del massacro ma non hanno dato importanza alla notizia. Non è la prima volta che succedono queste violenze nella zona, dovute da tensioni etniche tra bantu e tusti. Per esempio nel 2012 il Mwami dei Barundi fu assassinato aumentando le tensioni etniche”, spiega Jean Jack.

Il Mwami è il titolo di re presso le popolazione Banyarwanda del Rwanda, Burundi e congolesi (Banyarwanda). Anche l'etnia congolese Bashi di Bukavu hanno il loro Mwami. L’etnia è considerata bantu ma in realtà proviene dalla comunità hutu ruandese tramite migrazioni storiche. Le ragioni di questi periodici conflitti etnici sono spesso legati alle terre e ai diritti di pascolo. Le diverse etnie che vivono nella piana della Ruzizi hanno sempre diviso una conflittualità storica che a volte si manifesta anche all’interno della singola etnia tramite rivalità di clan. Oltre alle terre e diritti di pascolo, negli ultimi due decenni sono sorte altre fonti di tensioni tra le quali il problema della rappresentazione politica presso il governo centrale. I maggior conflitti sono tra i tutsi Banyamulenge e i bantu Bafuliru. Due pericolose etnie dell’est del Congo.

I Banyamulenge furono il nucleo principale della ribellione di Désiré Kabila che rovesciò il regime di Mobutu Sese Seko nel 1996 e i principali attori della ribellione del Kivu contro l'autoproclamatosi presidente Kabila nel 1998 che portò alla seconda guerra panafricana in Congo (1998 – 2004) combattuta da 7 diversi eserciti tra cui Angola, Burundi, Rwanda, Uganda, Zimbabwe. I Bafuliru sono la principale fonte di arruolamento per le milizie bantu di autodifesa denominate Mai Mai (acqua in Swahili) che controllano la zona, dedite al commercio illegale di oro e metalli preziosi. Gli scontri etnici nella piana della Ruzizi non sono una novità per il governo di Kinshasa e le Nazioni Unite. Dal 2012 diverse manifestazioni popolari sono state indette a Bukavu e Uvira per sensibilizzare le autorità e richiedere protezione, mai garantita.

Jean Jack rivela un aspetto inquietante del recente massacro. “A mio avviso il mancato intervento militare si può spiegare attraverso la volontà di Kinshasa e della Monusco di aumentare la conflittualità etnica tra bantu e tutsi. Una decisione che si inserisce nella guerra segreta contro le minoranze tutsi del Congo e il Rwanda”. Un’affermazione grave proveniente proprio da un Bafuleru, che trova parziale conferma proprio da Human Watch Rights, che informa dell’arresto di due ufficiali dell’esercito congolese e di un civile sospettati di aver aizzato le due etnie causando così l’orribile massacro. HWR non parla però di una complicità dei caschi blu.

La Monusco è sotto accusa per non debellare il gruppo terroristico ruandese FDLR autore del genocidio del 1994. Nonostante periodiche notizie diramate dalla Monusco e dalla radio Onu in Congo, Radio Okapi, di centinaia di terroristi arresisi ai caschi blu, le FDLR hanno installato campi militari nel Sud Kivu, noti da chiunque, in preparazione dell’invasione del Rwanda. La missione di pace Onu in Congo dura da 13 anni con un costo annuale di 1,4 miliardi di dollari. Il suo mandato è di proteggere la popolazione e aiutare il governo congolese a instaurare pace e stato di diritto nell’est del paese. Dal 2013 la Monusco è stata dotata di una brigata d’intervento formata da eserciti africani messi a disposizione da Malawi, Senegal, Sud Africa e Tanzania. Durante questa lunga missione (la più importante in Africa) nell’est del paese si sono susseguite due ribellioni Banyarwanda (popolazioni congolesi di origine tutsi) e il rafforzamento di 40 milizie diverse tra cui anche burundesi, ruandesi e ugandesi.

L’est del paese è un immenso territorio senza legge dove sono quotidianamente compiute gravissime violazioni dei diritti umani e massacri. All’epoca granaio regionale ora il Kivu è costretto a dipendere dalle importazioni alimentari di Rwanda e Uganda. Dal maggio 2014 le Nazioni Unite stanno subendo una grave crisi finanziaria che non permette di stanziare fondi necessari per le sue missioni di pace, ritardando il necessario intervento in Sud Sudan e Repubblica Centrafricana. La comunità di Mutarule, sul suo sito web, richiede al governo congolese di assumersi le responsabilità del mancato intervento, di condurre un'inchiesta imparziale e di assicurare l’assistenza umanitaria agli sfollati. Richiede inoltre che sia processato il Colonello della Decima Brigata della FARDC di stanza nella zona.

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