Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
TAGS
BLOGROLL
Giu 10
di Fulvio Beltrami
Tweet | Condividi... |
“Il 9 dicembre 2016 il presidente Joseph Kabila arriverà alla fine del mandato costituzionale. Già notiamo le guerre interne al suo partito e al suo entourage per convincerlo ad una secessione consensuale o forzata. Le prese di posizione dell’opposizione, società civile e della maggioranza dell’opinione pubblica sono nettamente contrarie alle intenzioni di Kabila di modificare nuovamente la Costituzione per permettere l’ennesimo mandato: il terzo senza avere legittimità politica. Nonostante questi segni evidenti di enormi difficoltà, Joseph Kabila è convinto di regnare ad avitam aeternam, disponendo di tutto il tempo necessario per dirigere la Repubblica Democratica del Congo. Questo significa mal comprendere il meccanismo di autoregolamentazione dei regimi politici all’interno di un sistema internazionale in costante mutazione che esige periodicamente una rimessa in questione dei posizionamenti geopolitici in funzione degli interessi delle potenze mondiali”.
Questa l’analisi espressa dal politologo Jean-Jacques Wondo Omanyundu, esperto di politica, sicurezza e affari militari del Congo diplomato presso la scuola militare reale del Begio e autore del saggio: “Les armées au Congo-Kinshasa. Radioscopie de la Force publique aux FARDC” edizioni Monde Nouveau, Afrique Nouvelle 2013. L’analisi è stata pubblicata sul sito della associazione è DESC, specializzata in analisi militari, riforma dei servizi di difesa e risoluzione dei conflitti. Fondata da ex militari di vari paesi Desc è considerata una tra le fonti più autorevoli negli ambienti militari e politici internazionali. Secondo Wondo il presidente congolese starebbe perdendo il sostegno di principali attori internazionali scontenti per una ragione o l’altra della collaborazione offerta. Si parla di Cina, Stati Uniti, Francia, Nazioni Unite. Tutti convergono su una critica di base. Kabila non è stato in grado di mantenere la sua promessa di restaurare l’autorità dello Stato, assicurando pace e sicurezza su tutto il territorio nazionale.
Condizione primaria per lo sviluppo degli investimenti stranieri, mercato interno e stabilità regionale. Il contesto politico internazionale è totalmente cambiato rispetto al 2013 quando il Congo è stato supportato contro il movimento M23 all’est del paese. Washigton, New York, Parigi, Bruxell, Pechino avevano raccomandato il presidente congolese di rispettare gli accordi quadro di pace di Addis Abeba e le raccomandazioni della risoluzione Onu n. 2098. Raccomandazioni evidentemente cadute nel vuoto. “All’interno di certi ambienti diplomatici potenti la questione del dopo Kabila è ormai all’ordine del giorno e ora viene evocata apertamente senza mezzi termini in quanto 13 anni di regime hanno dato più problemi che profitti. Quello che prevale è un senso di stanchezza e un desiderio di cambiare volto al regime”, afferma Jean-Jacques Wondo. Parole dure e di parte ma inserite in un costesto estremamente particolare del giornalismo: le pubblicazioni specializzate, spesso in stretto contatto con i serivizi segreti che offrono informazione basata su informazioni e dati di fatto difficili da reperire per i normali giornalisti.
La tesi di Wondo relativa ad una progressiva diminuzione del supporto internazionale sembra rafforzata dagli avvenimenti. Fin dal 2007 la Cina ha tentato di penetrare il mercato congolese (minerali, petrolio e gas naturale) provocando come reazione occidentale la prima ribellione Banyarwanda all’est del paese: il CNDP guidato dal Generale Laurent Nkunda. Il 2007 è stato l’anno degli storici accordi tra Kinshasa e Pechino per il finanziamento delle infrastrutture del paese denominato “i cinque cantieri”. Il programma è stato sospeso dalla Cina nel 2013 in quanto il governo di Kinshasa è accusato di mettere a rischio gli investitori cinesi, abusare della loro fiducia e di non rispettare gli accordi commerciali. La mancata visita in Congo del presidente cinese XI Jinping durante la sua tournée africana dopo che aveva visitato anche il vicino Congo-Brazzaville è illuminante segnale della presa di posizione di Pechino da Kabila. L’attenzione politica ed economica cinese si è spostata dalla Congo a Uganda e Rwanda.
La burocrazia comunista cinese ha orrore dell’improvvisazione, delle sorprese, dell’instabilità, e del mancato rispetto degli accordi. Pechino non vuole abbandonare le immense richezze congolesi. Vuole più semplicemente un cambiamento di regime. Al congelamento dei finanziamenti cinesi si aggiunge quello del Fondo Monetario Interazionale, attuato il 30 novembre 2012. Sono stati sospesi 173,2 milioni di euro per la mancata trasparenza delle autorizzazioni date nell’industria estrattiva. Non diversa la situazione presso la Banca Mondiale “I controlli democratici sono insufficenti nella Repubblica Democratica del Congo, che rientra nella categoria delle zone grige assieme ad Afghanistan e Haiti. È per questo che occorre interrompere i finanziamenti”, dichiarò il presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick il 9 febbraio 2012. Gli Stati Uniti, pur difendendo l’integrità territoriale del Congo e frenando le mire imperialistiche di Uganda e Rwanda, sono dal 2013 manifestamente contrari al governo di Kinshasa e al presidente.
L’inviato speciale del presidente Barak Obama per la regione dei Grandi Laghi e il Congo: il Senatore Russ Feingold il 25 marzo scorso, parlando sul processo elettorale congolese del 2016 si è augurato il pieno rispetto dell’attuale Costituzione al fine di peremettere al paese libere e democratiche elezioni. Rincarando la dose un comunicato stampa di Feingold del 26 marzo recita: “Gli Stati Uniti sperano che la Repubblica Democratica del Congo e i suoi paesi vicini rispettino le loro Costituzioni incluse le disposizioni relative al limite dei mandati presidenziali”. Posizione ribadita durante la recente visita a Kinshasa del Segretario di Stato John Kerry. Tradotto in parole povere Washington vuole le elezioni senza la partecipazione di Joseph Kabila. L’indirizzo americano avrebbe creato il panico all’interno del governo e della presidenza secondo quanto affermato da DESC.
Ci si ricoda della diplomazia adottata dall’inviato speciale Bill Richardson durante gli ultimi anni del regime Mobutu. Come Feingord, Richardson spingeva per uno Zaire senza Mobutu. La resistenza del regime portò l’Amministrazione Clinton a rovesciarlo con le armi nel 1996. Anche l’Unione Europea evidenzia segnali di stanchezza verso il regime nonostante il supporto assicurato grazie alle pressioni di Francia, Belgio e Germania. Parigi, artefice principale del sostegno europeo al Congo, ha difeso per troppo tempo Kabila, assicurandogli un volto presentabile ai media internazionali, finanziando e assicurando di persona la difesa territoriale del est del paese. Compito assicurato attraverso il sostegno finanziario e l’influenza politica sulla missione di pace Monusco e dalla presenza di decine di consiglieri militari a Goma, Nord Kivu. Eppure il presidente Francois Holland sta diventando sempre più insofferente al regime di Kinshasa.
Parigi ora è impegnata in una fase di distenzione con Kigali che prevede necessariamente la distruzione del gruppo terroristico ruandese FDLR operante nel est del Congo. Se gli interessi economici nella regione prevarranno sui desiderio di riprendere il controllo perduto su ex colonie come il Rwanda, Parigi chiederà con urgenza l’impegno militare congolese contro le FDLR. Impegno reso assai difficile dagli interessi mafiosi che la Famiglia Kabila dal 1998 sta consolidando con i leader politici e militari delle FDLR. Interessi che convergono su un immenso traffico illegale delle risorse naturali del est vendute a tutti, Uganda e Rwanda comprese. La riposta di Kinshasa attuata per arginare questo progressivo isolamento internazionale risulta aggressiva e accusatoria. Il primo ministro Matata Ponyo ha affermato sulla emittente radiononica Onu Radio Okapi, che le relazioni tra Cina e Congo necessitano di un profondo esame.
Dal gennaio 2014 il presidente Kabila e il portavoce del Governo Mende non perdono una occasione per ribadire che il Congo non esegue gli ordini della Comunità Internazionale. Sul fronte interno aumenta la repressione contro le probabili alternative alla Presidenza quali Vital Kamerhe, contro ogni movimento di protesta, media nazionali e società civile. Il governo ha praticamente rinunciato alla difesa territoriale del est affidandola alla Monusco, alla brigata africana di pronto intervento e ad una decina di bande armate e signori della guerra che bazzicano da quelle parti intente nel lucroso mercato dei minerali. Un mercato illegale che sta prendendo dimensioni talmente incontrollabili da costringere il governo burundese (noto per il suo livello di corruzione) a dichiarare la lotta contro il traffico illegale delle risorse naturali provenienti dal Congo. Come ultima spiaggia il progetto di trasformare la Guardia Presidenziale in un esercito privato a scapito del esercito nazionale. Proprio quello che fece Mobutu Sese Seko nel 1991.
Fulvio Beltrami
Kampala Uganda.
© Riproduzione riservata
1610 visualizzazioni