Cécile Kyenge. I retroscena di una donna di potere

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

TAGS

BLOGROLL

Newsletter
Frammenti Africani

Mag 29

Cécile Kyenge. I retroscena di una donna di potere

Cécile Kashetu Kyenge, ex ministro dell’Integrazione, cittadina italiana di origini congolesi, è approdata al Parlamento Europeo. La donna africana garantirà i diritti calpestati degli immigrati in Europa. C’è chi sostiene il contrario sottolineando i retroscena africani di una donna di potere. Dall'arrivo in Italia come clandestina in poi

di Fulvio Beltrami

cécile kashetu kyenge, repubblica democratica del congo, immigrazione, adozioni internazionali, partito democratico, matteo renzi, enrico letta, razzismo, carriera politica, parlamento europeo, elezioni europee

L’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kashetu Kyenge ce l’ha fatta a diventare parlamentare europeo. Parte del mondo dell’associazionismo, quello particolarmente vicino all’immigrazione, parte del mondo cattolico e della sinistra italiana si sono rallegrati. Non sono mancati i messaggi di congratulazione pubblicati su Facebook e Twitter da alcuni connazionali dell'ex ministro che come lei sono regolarmente in Italia ed affermano di essere impegnati socialmente sia a favore degli immigrati che del loro paese natio, ricevendo titoli di Ambasciatori di pace.

Kyenge Kashetu è stata veramente ritenuta la rappresentante dell’elettorato italiano al Parlamento Europeo? Quali sono le sue origini? Quali obiettivi in Europa? Quali risultati ha ottenuto durante il suo mandato come ministro dell’Integrazione? Quali rapporti ha con il suo paese e soprattutto con i milioni di congolesi che non hanno avuto la sua stessa fortuna, rimanendo nel paese dell’eterna guerra civile governato da presidenti cleptomani e corrotti?

Nata il 28 agosto 1964 a Kambove, una piccola cittadina della ricca provincia del Katanga che mantiene tuttora aspirazioni di indipendenza e un forte desiderio secessionista, Kashetu Kyenge fin dalla sua nascita è stata fortunata rispetto ai milioni di sue coetanee. Figlia di una famiglia benestante di etnia bakunda Kashetu è cresciuta all’ombra del padre, funzionario statale, capo villaggio, quattro mogli, 39 figli, con stretti ed importanti rapporti con il clero cattolico locale. Erano tempi duri per la giovane nazione africana che aveva ottenuto l’indipendenza dal Belgio nel 1960. Il Primo Ministro Patrice Lumumba, l’unico politico sincero e nazionalista che il paese abbia mai avuto, era stato assassinato il 17 gennaio 1961 da agenti segreti belgi con la collaborazione della Cia. Lumumba stesso fu artefice del suo destino. Uno tra i dieci intellettuali che quasi cento anni di dominio belga era riuscito a creare nella sua più importante colonia dopo aver compiuto il primo genocidio africano uccidendo 10 milioni di congolesi per poter controllare un paese 76 volte più grande del Belgio, Lumumba poteva diventare un fedele servitore degli interessi occidentali, un uomo potente e ricco.

Purtroppo fece le scelte sbagliate: puntando sul popolo congolese e proponendo un progetto di sviluppo veramente indipendente dall’Occidente. Non durò a lungo. Al suo posto nel 1965 giunse attraverso un colpo di stato uno sconosciuto sergente dell'ex esercito coloniale: Joseph Mobutu Sese Seko, considerato dall’occidente l’uomo giusto per il Congo. Mobutu regnò nel paese (da lui ribattezzato Zaire) per 45 anni, sopprimendo varie ribellioni, instaurando una feroce dittatura, trasformando, per la prima volta nella storia di un paese africano, la criminalità in normalità. Rubare, saccheggiare, imbrogliare e truffare divennero in breve tempo regole di stato, accettate dalla popolazione per sopravvivere a scapito della loro dignità. Facile immaginarsi da che parte potesse stare in quei difficili e drammatici anni, il padre di Kashetu. Nonostante la sua presumibile fedeltà al potere, come tanti altri funzionari di stato mai pagati, probabilmente anche suo padre dovette piegarsi dinnanzi alla realtà ed applicare il famoso “Article 15” l’arte di arrangiarsi utilizzando qualsiasi mezzo, corruzione compresa, a disposizione del popolo zairese per far fronte alla miseria e all’assenza di uno Stato intento solo a rubare le immense risorse naturali del paese.

Il progetto di Kashetu di immigrare in Europa, come ovvia soluzione personale, maturò all'età di 19 anni. Studentessa presso la facoltà di Farmacia dell'Università di Kinshasa, abilmente sfruttò le conoscenze che il padre aveva all’interno della chiesa cattolica per farsi sponsorizzare una borsa di studio presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma attraverso la mediazione di un vescovo congolese. L’immigrazione in Italia rappresentò per Kashetu una scorciatoia per sfuggire dalla disastrosa situazione del paese e dalle sue responsabilità di migliorarlo. Centinaia di migliaia di suoi coetanei scelsero di rimanere nella speranza di offrire democrazia, giustizia e progresso al loro paese. Molti furono cooptati nel sistema mobutista, altri eliminati, altri raggiunsero la ribellione di Laurent Désiré Kabila che nel 1997 pose fine alla dittatura di Mobutu con l’aiuto degli eserciti di Angola, Burundi, Rwanda e Uganda.

Ironia della sorte, Kashetu non poté usufruire della borsa di studio per ragioni non ancora chiarite. Forse i fondi furono rubati da qualche solerte funzionario ecclesiastico in perfetta sintonia con il costume imperante nello Zaire, forse la borsa di studio fu allocata ad un altro studente per convenienze tribali, oppure non era più disponibile. Dinnanzi all'impossibilità di andare a studiare a Roma, Kashetu Kyenge alias Cécile (il nome cattolico non poteva risultare sui documenti ufficiali in quanto Mobutu aveva proibito per legge i nomi occidentali) aveva tre scelte dinnanzi a lei. Restare nello Zaire, completando gli studi e tentando di costruirsi una vita nel difficile contesto socio-economico e politico; tentare di accedere ad un’altra borsa di studio o immigrare da clandestina. Scelse la terza opzione che chiaramente evidenzia l’ossessione della giovane diciannovenne zairese di sfuggire dal suo paese a tutti i costi.

Come sia giunta irregolare in Italia non è noto. Quello che è noto è che il destino le risparmiò le tragedie di migliaia di clandestini. Non perì nelle profonde acque del Mediterraneo. Non fu arrestata dalla polizia e rinchiusa in centri di accoglienza in attesa dell’estradizione, né finì sui marciapiedi. Cécile ebbe fortuna. Al suo arrivo venne ospitata da alcuni religiosi che avevano contatti politici con il suo paese natio. Kashetu, sotto protezione del clero cattolico che la ospitava presso il collegio di missionarie laiche a Modena, venne affidata ad alcuni laici impegnati in attività di assistenza. Il network cattolico, utilizzando i potenti canali del Vaticano, le fece ottenere la regolarizzazione in Italia. Lavorando come badante per mantenersi gli studi, si laureò presso la Cattolica di Roma specializzandosi in Oculistica presso l'Università di Modena e Reggio Emilia. Terminati gli studi, per la seconda volta nella sua vita, Kashetu dovette affrontare importanti scelte. Ritornare nel suo paese a condividere la vita con i suoi connazionali o rimanere sicura in Italia cercando un onesto lavoro.

Coerente coi suoi obiettivi di realizzazione personale scelse di rimanere, privando il suo paese di una professionista e di una intellettuale di cui all’epoca il popolo zairese aveva un disperato bisogno. Una scelta non del tutto negativa per lo Zaire. Almeno i suoi genitori e i suoi 38 fratelli e sorelle avrebbero ricevuto qualche centinaio di dollari al mese dalla figlia in Italia. Rimaneva un problema. Come assicurarsi la permanenza definitiva nel nuovo paese. Il problema fu risolto sposando un ingegnere modenese di origine calabrese. Una scelta comune anche tra una parte delle ragazze africane in costante ricerca del Musungu (Bianco in lingua shawili). Per loro il bianco rappresenta l’unica possibilità di cambiare in meglio la loro vita. Spesso non esiste amore ma calcoli ed inganno. Ma questo non fu il caso per Cécile. Fu un matrimonio d’amore.

Stabilitasi a pieno diritto in Italia, Kashetu si concentrò sulla sua carriera orientandosi non sul campo medico, coerentemente ai suoi studi, ma penetrando il mondo associazionista cattolico e di sinistra del modenese, facile preda per una persona determinata, in più africana e donna. Nel 2002 fondò l’associazione interculturale Dawa (magia, medicina, star bene in Swahili) con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca delle culture e sviluppare percorsi di sensibilizzazione, integrazione e cooperazione tra l’Italia e l’Africa e in particolare in Congo. L’associazione Dawa inaugurerà la lunga serie di “attivismo sociale” della Kashetu con l’obiettivo di raggiungere centri di potere su cui contare.

L’arma vincente di Kashetu, come di una minoranza tra gli immigrati africani, fu quella di sfruttare abilmente le disgrazie del suo paese e del Continente per accrescere il suo prestigio personale tra i “filantropi” e le “persone di buona volontà” che si impegnano a salvare l’Africa senza conoscerla. Con essi il ruolo della povera vittima africana funziona sempre. Qualcuno potrebbe obiettare che il miglior servizio reso alla propria patria è di tentare di cambiare le cose nel proprio paese, ma questa rimane opinione personale. Ben presto Kashetu arrivò alla conclusione che il mondo dell'associazionismo non poteva offrirle le occasioni sperate, quindi occorreva individuare una struttura più organizzata e potente. Visto che abitava a Modena, la scelta dei Democratici di Sinistra fu obbligatoria. Una scelta vincente in quanto tramite questo partito di sinistra, che da sempre ha fatto il bello e cattivo tempo nell’Emilia Romagna, Kashetu ha ottenuto una rapida carriera assicurandosi così una vita di benessere preclusa per la maggioranza degli immigrati africani in Italia, congolesi compresi.

Dall'elezione in una circoscrizione del Comune di Modena avvenuta nel 2004, Kashetu giunge finalmente ad occupare il posto di deputato alla Camera il 25 febbraio 2013. Ma il salto di qualità (e di tenore di vita) avviene mesi dopo, quando il barcollante governo Letta la nomina ministro dell’Integrazione il 28 aprile 2013. Carica che ricoprirà fino al 22 febbraio 2014. Non riconfermata dal governo Renzi, Kashetu sfrutta le possibilità convincendo il suo partito a candidarla per le elezioni parlamentari europee. Ottenendo la vittoria il sogno della diciannovenne zairese di cambiare vita in paesi esotici e lontani diventa realtà. Mettendo da parte le motivazioni personali che caratterizzano la vita di Kashetu, interessante risulta esaminare le sue tecniche di gestione del potere e i risultati ottenuti a favore degli immigrati e del suo paese natio: lo Zaire ora rinominato Repubblica Democratica del Congo, nome scelto dal gusto tutto particolare del paradossale della élite politica congolese.

Il tanto democratico Congo è il primo paese in Africa ad aver inaugurato il posto di Presidente per diritto ereditario. Quando Laurent Désiré Kabila venne assassinato nel gennaio 2001 la sua cerchia di potere per sopravvivere catapultò uno dei figli (avuto da amante tanzaniana): Joseph Kabila. Da 13 anni, questo perfetto sconosciuto sta approfittando del caos e della violenza nel paese per arricchirsi. L’ultima elezione (novembre 2011) è stata talmente soggetta a frodi elettorali che le schede votate a favore dell’opposizione venivano apertamente gettate nell’immondizia. Ora il presidente Kabila vuole presentarsi alle elezioni presidenziali del 2016 contrariamente a quanto stabilisce la Costituzione. Dinnanzi al malcontento popolare, il presidente sta trasformando la Guardia Presidenziale in un esercito privato con la collaborazione di Russia e Corea del Nord.

Kashetu, avendo probabilmente studiato con attenzione la mentalità italiana non si è mai scostata dall’universo cattolico per puntare solo su quello politico. Evidentemente ha compreso che in Italia spesso questi due universi hanno interessanti e proficui vasi comunicanti. Kashetu è immediatamente saltata sul carrozzone mediatico di Papa Francesco, aumentando a dismisura il ruolo del Papa e della Chiesa a favore degli immigrati. Un’operazione attuata attraverso un'orgia di elogi pubblici tesi a rafforzare i suoi legami con un potente apparato istituzionale in Italia. Una forma di ringraziamento al mondo cattolico per averle facilmente risolto la sua permanenza illegale in Italia.

Ovviamente in quest'operazione non poteva esserci posto per la doverosa denuncia dell’operato della chiesa cattolica nella Regione dei Grandi Laghi: dalla partecipazione attiva al genocidio del 1994 in Rwanda contro tutsi e hutu moderati (1 milioni di morti) al fanatico sostegno dato alle forze genocidarie ruandesi rifugiatesi nell’allora Zaire, giungendo all’attuale costante propaganda di odio etnico svolta in molte parrocchie dell’est del Congo contro le minoranze Banyarwanda e che fu oggetto di un'inchiesta delle Nazioni Unite del 2007 che coinvolse anche due missionari italiani: Franco Bordignon e Piergiorgio Lanaro. I due missionari furono accusati dall’Onu di finanziare il gruppo terroristico ruandese FDLR responsabile del genocidio in Rwanda del 1994. Padre Lanaro teneva i contatti politici con il capo delle FDLR Ignace Murwanashyaka, arrestato in Germania il 17 novembre 2009 per strupro, crimini di guerra e contro l’umanità. Il tesoriere regionale dei Saveriani per il Sud, Kivu Bordignon, collaborava sottraendo denaro raccolto in Europa per fini umanitari allo scopo di finanziare il FDRL per invadere il Rwanda. Al rapporto Onu non seguì nessun provvedimento giudiziario e i due missionari furono riabilitati dalla stampa cattolica italiana. Questa propaganda e finanziamenti hanno contribuito a cinque pulizie etniche contro le popolazioni congolesi di origine tutsi avvenute tra il 2004 e il 2014. La denuncia del discutibile operato della chiesa cattolica nella regione dei Grandi Laghi e in Congo non sarebbe stata proficua per i buoni rapporti tra Kashetu e Vaticano. Sul fronte laico ha fatto leva sulle sue origini africane e sul suo impegno sociale non per migliorare le condizioni di vita degli immigrati ma per creare la base elettorale necessaria per accedere all’ambito ed economicamente proficuo posto di parlamentare europeo: 6.200 euro mensili più benefici.

Se guardiamo ai risultati del suo “impegno” sociale e politico a favore degli immigrati e dell'integrazione il bilancio è amaro quanto vergognoso. L’operato politico di Kashetu rivolto al problema dell'immigrazione inizia nel giugno 2009 quando entra a far parte della commissione Welfare e politiche sociali del Pd e diventa responsabile regionale dell’Emilia Romagna alle politiche dell’immigrazione. Quindi cosa ha fatto la nostra cara Kashetu alias Cécile in questi cinque anni? Dopo l’elezione a deputato, assieme a Pier Luigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza, promuove una proposta di legge sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul suolo italiano secondo il principio del Ius Soli in vigore in vari paesi tra i quali Stati Uniti e Kenya.

La proposta, a livello internazionale, riconosciuta come uno strumento adeguato all’interno della politica di immigrazione, rimane tuttora lettera morta. Sorge il sospetto che la proposta di legge sia stata abilmente sfruttata per aggiungere un fiore all’occhiello alla carriera politica personale e aumentare il consenso che nel mondo politico si traduce in voti. Se il Parlamento blocca la proposta di legge si può sempre ricorrere al referendum. A data odierna nessuno ha ancora visto Madame Kashetu in una piazza italiana a raccogliere firme per il riconoscimento della cittadinanza alla nascita. Cosa ha fatto Kashetu durante la carica di ministro dell’Integrazione? Praticamente nulla di concreto causa prima di tutto della natura artificiale dei questo ministero di cui ruolo e poteri non sono stati mai definiti all’interno dell’esecutivo delle larghe intese. Il ministero dell’Integrazione non è mai esistito in Italia, ma nei paesi ex coloniali tipo la Francia. L'iniziativa poteva però essere utile e proficua se affidata a personalità di calibro, capaci di dare una fisionomia e un ruolo al nuovo ministero tutto da creare.

Purtroppo Enrico Letta ha utilizzato la decisione di creare questo ministero come puro atto di propaganda. Coerentemente alle sue esigenze politiche sul tema, Letta ha attuato un altro atto propagandistico mettendo a capo di questa nuova istituzione una donna, una nera, un'africana, un'ex clandestina, un’italiana acquisita. L’incarnazione del politicamente corretto, come fa notare il collega Giancarlo Perna in un suo recente articolo su Lettera43. L’ex zairese era il marchio di successo da utilizzare al momento giusto. Letta non avrà avuto molte difficoltà a convincere Kashetu, tra politici ci si intende.

Un anno di ministero e qualche milioncino di euro uscito dalla tasca dei contribuenti ha prodotto una valanga di convegni, tavole rotonde e forum sul tema dell’immigrazione tutti promossi da Kashetu. Oltre a questo niente. Le prostitute nigeriane e ora anche congolesi continuano a battere sui viali delle principali città compresa la località “Bruciata” di Modena. Le moderne schiave delle metropoli bianche europee. Gli immigrati appartenenti alla categoria più privilegiata continuano a vivere senza diritti in Italia, vittime di ogni sopruso della polizia. Gli altri muoiono in mare in prossimità delle coste di Lampedusa oppure languiscono per anni in campi di accoglienza che in realtà sono delle vere e proprie prigioni dove il clandestino attende per anni nella speranza di una sanatoria. Spesso la loro detenzione termina con l’estradizione.

Gli africani rimangono vittime degli imprenditori leghisti del nord che odiano il negro ma assumono il bravo negretto che gli costa la metà o dei cartelli mafiosi che li utilizzano per mano d’opera criminale. L’unica integrazione sociale avvenuta durante il mandato di Kashetu è stata quella tra la mafia nigeriana e la Camorra nella pacifica spartizione dei business di spaccio droga e prostituzione dopo quattro anni di violenti regolamenti di conti tra i due cartelli contrapposti. Veniamo al suo paese natio, appena uscito da una terribile guerra all’est creata da un movimento Banyarwanda (congolesi di origine tutsi) denominato Movimento 23 Marzo e noto per la sua sigla M23 che ha devastato metà del paese solo sei mesi fa.

Le uniche attività significative di aiuti umanitari italiani al Congo sono state intraprese dalla Cooperazione Italiana con ottimi risultati sia nell’est che nell’ovest del paese grazie al meticoloso e professionale impegno dell’Ambasciatore Pio Mariani e dei suoi stretti collaboratori dell’Unita Tecnica Locale. Un impegno attuato attraverso la realizzazione di opere concrete come parte della rete idrica nella capitale del Nord Kivu: Goma che hanno aumentato il prestigio italiano presso la Presidenza e presso i vari governatori di provincia favorendo così la penetrazione delle ditte italiane nel difficile mercato congolese. Kashetu in tutto questo non c’entra. L’unica possibilità che ha avuto di interagire con il suo paese natio si è presentata durante la vicenda delle adozioni in Congo.

Seppur di stretta competenza della Farnesina, ecco il ministro della Integrazione nel novembre 2013 che salta sul carro assicurando le povere famiglie italiane rispedite a casa dal governo congolese con la forza e senza i figli adottivi, di poter risolvere la complicata situazione essendo congolese. Della serie: “Non preoccupatevi. Ci penso io”. Dopo quattro giorni di lussuoso pernottamento in Congo, Kashetu ritorna in Italia con un nulla di fatto.

Degno di nota è il comportamento adottato dalla Kashetu per giustificare il suo palese fallimento, addossando la colpa alle autorità congolesi che avrebbero posto non specificate lungaggini burocratiche. Eppure il Governo di Kinshasa è sempre stato chiaro sull’argomento: la scelta di bloccare le adozioni (non solo delle copppie italiane ma anche canadesi, americane, francesi e belghe) è motivata da sospetti di gravi irregolarità. Alle critiche rivolte Kashetu ha offerto la sua classica risposta accusando gli italiani di xenofobia e di aver amplificato il suo insuccesso solo a causa della sua origine congolese. Che c’entra la sua nazionalità? Sembra incomprensibile. Al contrario è normale in quanto inspiegabilmente il popolo congolese ha sempre sofferto di un ingiustificato complesso di inferiorità rispetto anche ai suoi vicini, pur essendo un popolo estremamente brillante ed intelligente.

La visita a Kinshasa e il relativo fallimento è costata cara ai contribuenti italiani a causa di uno strano programma della missione redatto dalla Kasethu e svelato dalla stampa congolese. L’obiettivo da lei dichiarato era di contattare personalmente le autorità di Kinshasa per la vicenda dei bambini adottati. Contatti realmente avvenuti il primo dei quattro giorni della visita ufficiale in Congo. Dopo di che si è recata dall’altra parte del paese a Bukavu, capoluogo della provincia del Sud Kivu per un colloquio con le autorità locali. Perché andare nella lontana città di Bukavu, raggiungibile solo per via aerea quando le autorità competenti per il problema delle adozioni sono a Kinshasa? Ce lo spiega il quotidiano congolese Le Potentiel, in un suo articolo pubblicato il 4 novembre 2013: “Madame Cécile Kyenge ha visitato l’ospedale di Panzi per incontrare il Dottor Denis Mukwege, famoso medico che cura le donne vittime delle violenze sessuali”.

Notare che Kyenge e il Dr. Mukwege sono amici di vecchia data. Dopo Bukavu Kashetu si è recata dove? A Lumumbashi, capoluogo della sua provincia natale, il Katanga, come informa Le Potentiel. A fare cosa? Ce lo spiega il sito web congolese Mediacongo in un articolo del 3 novembre 2013. Secondo Mediacongo (una delle agenzie stampa ufficiali del paese) lo scopo principale del ministro dell’Integrazione nel paese africano era quello di rilanciare le relazioni bilaterali e la cooperazione economica tra Italia e Congo. Quindi, riassumendo, Kashetu parte da Roma per risolvere il problema delle adozioni, si reca a trovare un suo amico a Bukavu, fa una scappata a Lumumbashi nella sua provincia natia per non chiarite ragioni e ritorna a Roma annunciando che ci sono state delle complicazioni burocratiche. La stampa congolese ufficiale parla di cooperazione economica, un tema certamente non di competenza del ministro dell’Integrazione. Mi piacerebbe sapere quanto è costato questo tour turistico–professionale ai contribuenti italiani e quali relazioni abbia allacciato Kashetu con la controparte congolese, per quali scopi e per il profitto di chi. 

Nonostante i vergognosi e criminali attacchi razzisti ricevuti dalla Lega Nord di cui ogni persona con un briciolo di dignità deve condannarli duramente, Kashetu utilizza le sue origini africane come pretesto per scaricare le colpe a fattori esterni: gli italiani razzisti, la burocrazia congolese, etc. Questa è una tipica mentalità della intellighenzia e politici congolesi abituati a strumentalizzare le disumane condizioni della popolazione di cui essi stessi sono responsabili. La colpa in Congo non è mai del governatore, del governo, del parlamentare, del politico, della polizia corrotta o dell’esercito che costantemente attua inaudite violazioni dei diritti umani contro i civili inermi. La colpa è delle minoranze etniche che vivono in Congo, dei paesi africani vicini e ostili, del complotto internazionale Anglo Francese, del Fmi, etc. Insomma chiunque fa al caso per sbarazzarsi delle colpe e responsabilità personali a condizione che sia uno straniero o considerato tale. Troppo comodo. Troppo facile...

Eppure la Francia è riuscita a risolvere il caso dei bambini congolesi adottati da suoi connazionali. La risposta di Kasethu è stata immediata: “Non sono casi comparabili. Parigi ha procedure diverse”. Anche qui troppo facile... Kasethu non ha retto ad un solo confronto dopo il suo tour turistico in Congo: quello con i genitori dei bambini adottati, preferendo non rispondere alle loro molteplici richieste di spiegazioni. Nel caso specifico la non risposta equivale ad un aperto insulto. Proprio la tattica utilizzata dai politici e ministri congolesi per evitare imbarazzanti e nocive situazioni. Il caso dei bambini congolesi adottati dalle coppie italiane è stato risolto dal Premier Renzi. Mercoledì sera 29 maggio, i 31 bambini sono arrivati all’aeroporto di Ciampino. Non si conoscono i dettagli degli accordi presi tra i due governi per sbloccare la situazione.

Kashetu Kyenge non ha tramutato in realtà le sue promesse di migliorare la condizione degli immigrati regolari in Italia, figuriamoci quelli clandestini in quanto non è mai stata responsabile di nulla. Per le adozioni in Congo se ne è occupata la Bonino e successivamente Renzi. Gli aiuti al suo paese natio erano sotto la gestione dell’Ambasciatore e della Cooperazione Italiana. Lampedusa responsabilità del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Kashetu si è limitata a intervenire mediaticamente su queste crisi per curare la sua immagine di ministro senza potere, costruendo un network di ammiratori che rasenta la corte dei miracoli e proponendo idee e facendo promesse che lei stessa è conscia di non poter mantenere. Assurda, paradossale e vergognosa è stata la dichiarazione della Kashetu riguardo la proposta di legge sulla nazionalità automatica con la nascita in Italia. “Sono per lo ius soli degli immigrati. Lo faremo entro i primi giorni di gennaio 2014”. Pur vivendo in Uganda dal 2004 ed essendo interessato più agli avvenimenti africani che quelli italiani causa il mio lavoro, non mi risulta che ora, maggio 2014, un bambino di immigrati nato in Italia diventi automaticamente cittadino italiano. Mi sorge un dubbio. Questa proposta di legge è stata discussa almeno una volta in Parlamento? Vi prego, informatemi!

La carriera politica di Cécile Kashetu Kyenge non è frutto di sforzi concreti per migliorare le condizioni degli immigrati in Italia e per rafforzare i rapporti tra Italia e Congo, visto che nessun risultato è stato raggiunto. È frutto di un abile lavoro di amicizie, della creazione di un network clientelare all’interno del mondo cattolico e politico italiani. Centomila preferenze sono facilmente raggiungibili in questo contesto, visto la capacità del Partito democratico di garantire almeno la metà di questi voti grazie alle sue “truppe cammellate” di Ochetto memoria, che ha nell’Emilia Romagna. Una capacità constatata personalmente durante la metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta quando ero ancora in Italia. Il fedele iscritto al partito vota senza fiatare il nome del candidato ricevuto dai dirigenti. Sono loro a spartire tra i vari candidati le quote di “voti sicuri”. Non ho ragione di pensare che il Pd ora abbia perso la capacità di influenzare le scelte elettorali dei suoi iscritti, poiché in Italia i volti sono calcoli aritmetici e non esercizio democratico.

La giusta difesa a spada tratta di Mamá Cécile ad ogni attacco razzista rivolto contro la sua persona, non deve oscurare la doverosa condanna del suo operato. Una condanna provocata dalla strumentalizzazione delle sofferenze e condizioni degli immigrati e dei suoi compatrioti per fini personali e carrieristici. Questo potrebbe essere considerato un crimine ben peggiore di quello commesso dai colonialisti e dalle multinazionali occidentali, in quanto si tradisce e si utilizza il proprio popolo, la propria razza. L’unico merito da riconoscere a Kashetu è di aver perfettamente compreso le dinamiche politiche della nostra povera Italia e di essersi inserita a pieno titolo.

Chi vuole veramente salvare il Congo rimane e combatte quotidianamente per cambiare il governo ed assicurare al popolo libertà, democrazia, giustizia, progresso. L’immigrazione spesso rientra nella sfera delle scelte opportunistiche”, mi faceva notare due giorni fa un mio caro amico commerciante di Goma. Ma la sua opinione non conta. Non è parlamentare europeo. È solo un quarantenne che ha preferito non abbandonare la sua patria per nessuna ragione al fine di contribuire al cambiamento ed offrire ai propri nipoti un futuro migliore. Una scelta pagata cara. Il fratello maggiore trucidato dall’esercito regolare e quello minore dai ribelli M23 durante la guerra a Goma nel novembre-dicembre 2012.

© Riproduzione riservata

6338 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: