Burundi. Un omicidio di stato che continua ad essere ignorato?

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

TAGS

BLOGROLL

Newsletter
Frammenti Africani

Ott 17

Burundi. Un omicidio di stato che continua ad essere ignorato?

Un omicidio di Stato, quello di tre suore italiane, avvenuto nel settembre 2014, il cui assassinio trova il silenzio del Vaticano e del governo italiano

di Fulvio Beltrami

burundi, italia, vaticano

Domenica 7 settembre 2014 presso la parrocchia di Kamenge, Bujumbura vengono trucidate tre suore italiane: Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernadetta Boggian. Opera di un pazzo afferma la versione ufficiale del governo burundese che mostra una sospetta efficienza della polizia lodata nell'avere immediatamente arrestato uno squilibrato mentale trovato in possesso di un telefonino appartenente ad una delle tre suore trucidate. La versione verrà accettata dall’ambasciata Italiana a Kampala, Uganda (responsabile del Burundi e del Rwanda) e dal Console Onorario italiano in Burundi: Guido Ghirini. Mentre il Vaticano chiede che sia fatta piena luce sull'omicidio e trovati i veri colpevoli, facendo indirettamente intendere che non crede alla versione ufficiale, viene aperta un'indagine presso la Procura di Parma. Le indagini compiute da giornalisti burundesi di alto spessore professionale e noti per la loro serietà indicano moventi e mandanti che sconfessano la versione ufficiale e conducono dritti verso la pista dell’omicidio di Stato.

L’assassinio delle tre suore sarebbe inserito negli avvenimenti preparatori della guerra dichiarata da Pierre Nkurunziza al suo popolo per mantenere a tutti i costi il potere e a piani eversivi di genocidio della minoranza tutsi nel paese. Lucia, Olga e Bernadetta si occupavano anche di opere caritatevoli sanitarie presso alcune strutture sanitarie del distretto di Uvira (Sud Kivu, Congo). I loro frequenti viaggi in Congo e la conoscenza approfondita della regione, delle sue problematiche e degli attori principali, portarono le tre suore a scoprire l’addestramento delle milizie paramilitari burundesi Imbonerakure (quelli che vedono lontano) da parte dei terroristi ruandesi FDLR (Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda) in pieno territorio congolese senza che l’esercito regolare (FARDC) o i caschi blu Onu della Monusco intervenissero per intercettare e distruggere le forze negative che da vent'anni sono responsabili di centinaia di migliaia di omicidi nell'est del Congo e di aver reso schiavi migliaia di congolesi che lavorano presso le miniere da loro controllate per estrarre oro e minerali preziosi. Migliaia di esseri umani, tra cui molti minorenni, pagati pane e acqua e uccisi se tentano la fuga.

Un affare da un milione di dollari al mese, spartiti tra i leader delle FLDR che risiedono tutti in Francia, Generali dell’esercito congolese FARDC, la famiglia presidenziale Kabila, contrabbandieri occidentali e i paesi confinanti: Burundi, Uganda e Rwanda. Un commercio illegale che rende fortune inaspettate. Nel giugno – luglio 2014 aveva attratto anche la mafia italiana. Inviando loro emissari sotto mentite spoglie di onesti investitori, la mafia aveva tentato di assumere il ruolo di ricettatore dell’oro proveniente da queste miniere controllate dai terroristi ruandesi per ripulirlo a Dubai. Tentativo bloccato dalla potente lobby militare ugandese che controlla il traffico. Gli emissari furono truffati di alcuni milioni di euro con false commesse di oro e rispediti nel loro paese d’origine con un messaggio alla mafia: “L’Uganda non è il Kenya. Non c’è posto per voi”.

Le tre suore italiane avevano scoperto parte del traffico di minerali e oro, quello che passa dal Burundi. I minerali assieme ad altra merce di contrabbando oltrepassavano la frontiera caricati a bordo di vettura delle congregazioni cattoliche in quanto sono veicoli che non vengono perquisiti alla dogana, secondo le rivelazioni fatte da giornalisti burundesi a Il Fatto Quotidiano. Accuse che nessuno a mai voluto verificare. Avevano anche scoperto che i terroristi ruandesi e le milizie genocidarie burundesi ricevano cure mediche gratuite presso gli ospedali della chiesa cattolica ad Uvira (Congo) e Kamenge (Burundi). Scoprirono anche i piani di genocidio preparati dall’allora presidente legalmente in carica nel Burundi (Pierre Nkurunziza) qualora l’opposizione popolare al terzo mandato diventasse un serio ostacolo per la conservazione del potere. Genocidio fino ad ora mai attuato in quanto l’opposizione a Nkurunziza e all’odiato regime razzial-nazista è principalmente attuata dai giovani hutu, stanchi di essere etnicamente strumentalizzati e desiderosi di vera riconciliazione nazionale, democrazia, benessere.

Le drammatiche e orrende scoperte delle tre suore italiane coincidono con un particolare periodo storico nella regione. Le FDLR stavano preparando il secondo tentativo di invadere il Rwanda con l’intento di riprendere il potere perduto nel 1994 attuando un secondo genocidio (Operazione Abacunguzi attuata e fallita tra il 14 e il 18 settembre 2014). Il governo congolese, sotto pressione internazionale, aveva dichiarato la sua intenzione di combattere le FDLR presenti nel suo territorio, inventandosi una serie di finte offensive militari che non danneggiassero i loro soci d’affari nell'est del Congo ma che dessero l’impressione all’Occidente che il gruppo terroristico fosse smantellato. L’ex presidente Nkurunziza strinse dei patti con i dirigenti FLDR presenti in Francia con lo statuto di rifugiati politici (nonostante siano da anni ricercati dalla giustizia internazionale con l’accusa di genocidio) e il presidente congolese Joseph Kabila per la migrazione del 80% delle forze FDLR dal Congo al Burundi. Una proposta accettata subito dalle parti. Il presidente Kabila poteva dimostrare che le FDLR erano state debellate non essendo quasi più presenti nell'est del Congo e i dirigenti FLDR a Parigi potevano collocare le loro truppe genocidarie a qualche metro dalla frontiera ruandese, nel nord del Burundi.

Al momento della scoperta di questi loschi affari e piani di genocidio fatta dalle tre suore italiane, camion militari burundesi e congolesi pieni di terroristi FDLR armati di tutto punto passavano quotidianamente la frontiera Uvira – Gatumba sotto l’occhio indifferente dei Caschi Blu dell'Onu. Il tutto era protetto da occhi indiscreti assicurando che non vi fossero giornalisti e fotoreporter “incontrollabili” nella zona. L’unico mezzo di informazione presente: la radio delle Nazioni Unite in Congo, Radio Okapi semplicemente ignorava quello che stava accadendo. Le tre suore italiane forse fecero l’errore di confidare a qualcuno la loro intenzione di denunciare pubblicamente quello che avevano visto consegnando prove inoppugnabili, firmando così la loro condanna a morte. Questo è quanto i giornalisti burundesi ipotizzano. Anche l’accusa dei preparativi di genocidio in Burundi sollevata dalle tre missionarie confermava quella fatta nel giugno 2014 dagli esperti Onu in Burundi creando una crisi diplomatica tra il Palazzo di Vetro e Bujumbura. Questa presunta intenzione di denunciare quello che avevano visto, come più fonti burundesi affermano, non è mai stata confermata dalla chiesa cattolica in Burundi.

I giornalisti burundesi non si limitarono a ricostruire le tragiche ore dell’omicidio e a spiegare cosa avevano scoperto le tre suore italiane. Fecero nomi e cognomi dei mandanti: Adolphe Nshimirimana allora capo dei servizi segreti e braccio destro di Nkurunziza e Mathias-Joseph Niyonzima detto Kazungu leader indiscusso delle milizie genocidarie Imbonerakure. Un psicopatico assassino che fino a poco tempo fa sulla sua pagina pubblica di Facebook dichiarava di essere un ammiratore di Adolf Hitler e di Augustin Bizimungu il leader delle milizie genocidarie Interahamwe (quelli che colpiscono uniti), responsabili del genocidio del 1994 assieme alle milizie Impuzamugambi (Quelli che condividono lo stesso obiettivo). Le Interahamwe e gli Impuzamugambi dopo la sconfitta e la ritirata nel vicino Zaire (attuale Congo) protetta dai soldati francesi formarono le Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR).

Le rivelazioni erano state fatte da agenti speciali burundesi che avevano partecipato alla preparazione e all’esecuzione dell’omicidio delle tre suore italiane sotto l’attenta regia dell’allora presidente Nkurunziza che attualmente occupa illegalmente la posizione di Capo di Stato. Rivelazioni supportate da prove, parzialmente distrutte durante la devastazione che la Radio Publique Africaine subì a Bujumbura lo scorso maggio.

A distanza di un anno dall’orribile omicidio molti attori diretti o indiretti di questo giallo internazionale sono scomparsi. Il generale Adolphe è stato ucciso dai guerriglieri burundesi lo scorso 3 agosto. L’ambasciatore Italiana a Kampala, Antonio Dejak è rientrato a Roma dopo aver terminato il suo mandato in Uganda. Dopo una breve perentesi rispunta a Nairobi, come Capo della Delegazione Europea in Kenya, carica conferitagli dal Alto Rappresentante degli Affari esteri della Unione Europea, Federica Mogherini lo scorso luglio.

Il Console Onorario Guido Ghirini destituito sotto esplicita richiesta del governo burundese inviata al ministero degli Affari esteri Italiano per ragioni mai divulgate. Una richiesta immediatamente accettata. Forse prevedendo cosa sarebbe successo a breve l’Italia decise di non sostituire il Console Onorario in Burundi chiudendo di fatto la rappresentanza nel paese anche se mai ufficializzando l’atto. Ora in Burundi vi è un “Corrispondente Consolare” il Dr. Antonio Zivieri, come specifica il sito dell’ambasciata d’Italia a Kampala senza fornire l’indirizzo del Consolato in quanto fisicamente chiuso secondo le informazioni giunte da Bujumbura. Chi assassinato per motivi politici, chi promosso nell’ambiente diplomatico, chi ritornato agli affari privati, tutti questi attori diretti o indiretti sono usciti dal caso.

Altri attori rimangono. L’ex presidente Pierre Nkurunziza (ora al potere con la forza), il Signore della Guerra Kazungu, impegnato a collaborare con i terroristi ruandesi FDLR per terrorizzare e decimare la popolazione. Il giornalista e direttore di RPA Bob Rugurika è ora rifugiato in Belgio. Per aver denunciato ragioni e mandanti dell’omicidio delle tre suore italiane è stato arrestato. Ha rischiato di essere ucciso in prigione. La sede delle sua radio distrutta e lui costretto a fuggire dal suo paese per avere la vita salva. Rugurika dovrebbe aver portato con se le registrazioni delle confessioni fatte dagli autori materiali dell’omicidio e altre prove da loro fornite.

Eppure le autorità italiane non lo ha contattato ora che è vicino, in Belgio, per verificare se queste prove siano o meno credibili. Il Parlamento Belga ha interpellato il giornalista burundese chiedendo di fornire le prove dei crimini contro la Società Civile e la popolazione in generale da lui denunciati. Prove esibite che hanno convinto il governo belga (dopo attenta perizia del materiale) a prendere serie misure contro il Burundi provocando ire e proteste del regime. Il Parlamento italiano o la Prefettura di Parma non hanno fatto altrettanto nonostante che il vicino paese europeo consideri Bob Rugurika una giornalista credibile degno di essere ascoltato.

Dalle notizie ricevute in Burundi nessuna commissione di inchiesta italiana è giunta nel paese dal settembre 2014 al maggio 2015 per raccogliere le testimonianze ed eventuali prove per far progredire l’indagine giudiziaria aperta. Dopo il tentativo di colpo di stato dello scorso maggio nessuna missione di inchiesta è più possibile. Il paese è in piena guerra di liberazione. Ma vi è un'alternativa. Chiedere il supporto alla missione di pace delle Nazioni Unite presente in Burundi e dotata di agenti segreti e investigatori che conoscono bene dinamiche di potere e i sospettati dell’omicidio. Dal Burundi non risulta che la Procura di Parma abbia mai chiesto tale collaborazione. Su queste basi l’inchiesta rischia di essere archiviata. “Ora le indagini si sono arenate” informa la chiesa cattolica in Burundi. Padre Mario Pulcini e i confratelli di Kamenge si sono chiusi nel silenzio per paura di ritorsioni da parte del governo o dei suoi alleati terroristi ruandesi. Loro sono presenti da decenni nel paese quindi un'idea su motivazioni e mandanti dovrebbero averla.

Un silenzio che progressivamente si trasforma in un'involontaria difesa del regime. In una intervista pubblicata su Radio Vaticana lo scorso 7 settembre, suor Teresina Caffi, missionaria Severiana, alla domanda se il motivo del triplice omicidio fosse stato la conoscenza di traffici illeciti risponde: “Anche noi abbiamo letto queste notizie. Ci hanno sorpreso, perché queste nostre sorelle erano anziane, tra i 75 e gli 83 anni. Le sorelle nostre responsabili che le visitavano frequentemente non hanno mai sentito parlare di questo. Sembra veramente inverosimile. Per noi resta ancora una domanda: perché e chi?” Nonostante la loro età le tre missionarie italiane erano molto attive e viaggiavano in tutta la regime che conoscevano molto bene. Il loro ultimo viaggio (a Uvira, Congo) era stato effettuato dieci giorni prima della loro morte. Anziane si ma in piena facoltà mentale e profonde conoscitrici dei misteri della regione. La risposta fornita da suor Caffi sembra ignorare le prove fornite da Bob Rugurika e da altri giornalisti burundesi che godono di credibilità presso vari governi europei. Eppure la Caffi dovrebbe conoscere il famoso giornalista burundese. Se non di persone almeno di fama.

Prove di Rugurika vengono trasformate in ipotesi dal giornalista autore dell’intervista che, sicuramente non ha mai chiesto al suo collega burundese di visionarle per comprendere se siano degne di attenzione o meno. Queste dichiarazioni, che escludono la responsabilità del regime, sembrano trasformare la richiesta del Vaticano fatta al governo burundese di appurare la verità in un mero atto di diplomazia. Nessun'inchiesta privata sarà richiesta dalla chiesa cattolica come precisa suora Caffi. Ci si affida alla giustizia di un governo sospettato di essere il mandante dell'omicidio e che ora sta allegramente massacrando la sua popolazione. Sorge il dubbio che il dovere di appurare la verità si sia arenato all’interno dello scontro della chiesa cattolica tra i sostenitori del regime burundese e i fautori della democrazia. Uno scontro evidente in Burundi strettamente collegato allo scontro in atto nel Vaticano tra progressisti e conservatori.

Dinnanzi a questa inspiegabile inerzia qualcuno sarebbe legittimato a pensare che vi sia una volontà non dichiarata ma condivisa da molti di non indagare su un caso imbarazzante che si inserisce in una drammatica crisi politica militare. Gli esiti delle indagini potrebbero rivelare errori, leggerezze, se non peggio anche da parte italiana e dell’ambiente religioso. Potrebbe anche creare forte imbarazzo all’attuale governo italiano che ha appena accolto la rappresentanza di un regime razzial-nazista autore di crimini contro l’umanità e di un lento massacro del suo popolo al Expo di Milano. Un'accoglienza che di fatto legittima politicamente un regime basato sulle ideologie di sterminio naziste (HutuPower) e retto da un criminale di guerra: Pierre Nkurunziza, ora illegalmente al potere grazie all’uso della forza, ai servizi di mercenariato dei terroristi FDLR e al supporto della Cina che ha inviato 300 soldati di elite in sostegno del regime, in modo ridicolo e maldestro camuffati da Caschi Blu nepalesi che si dovrebbero dirigere in Congo...

Il sospetto di inerzia da parte del governo italiano è stato rafforzato durante la decisione della Unione Europea di applicare sanzioni mirate a quattro rappresentanti del regime razzial-nazista burundese. Tra essi vi sono due dei mandanti dell’omicidio di Olga, Lucia e Bernadetta. Il primo è Mathias-Joseph Niyonzima detto Kazungu criminale di guerra a capo delle milizie genocidarie HutuPower, le Imbonerakure. “Il Consiglio dell’Unione Europea accusa l’agente dei servizi segreti e altre tre persone tra cui Mathias-Joseph Niyonzima detto Kazungu, per la violenta repressione del dissenso politico. Ma nella decisione non si fa cenno al caso delle missionarie brutalmente massacrate. Il documento ufficiale della UE non dice che fra i tanti crimini di cui Kazungu è accusato andrebbe annoverato anche l’assassinio delle tre anziane missionarie italiane, massacrate nella loro abitazione poco più di un anno fa.” fa notare la collega Giusy Baioni su Il Fatto Quotidiano in un articolo pubblicato il 7 ottobre scorso.

Giusy Baioni, uno dei rari giornalisti italiani che si ostinano ad occuparsi del caso (la maggioranza ha preferito dimenticarlo) fa notare anche un altro interessante particolare. Tra i quattro criminali sottoposti alle sanzioni europee vi è anche Godefroid Bisimana, all’epoca dei fatti il vicecomandante della polizia che convalidò la ridicola ed irrealistica versione governativa davanti ai media di tutto il mondo. Bisimana, secondo le rivelazioni dei rei confessi, è un atro dei mandanti della morte delle tre sorelle. Avrebbe partecipato alla riunione preparatoria dell’omicidio... Era compito del governo italiano di sollevare il problema presso il Consiglio dell’Unione Europea e di assicurarsi che tra i capi di accusa venisse inserito anche quello dell’omicidio delle missionarie italiane.

L’omicidio di Stato delle tre suore italiane sembra essere destinato a rimanere impunito a causa di una serie di atti non compiuti. Ogni articolo che ricordi questo omicidio dove si pongano doverosi interrogativi sulla assenza di giustizia corre il rischio di venir guardato come “inopportuno”. Dinnanzi ai dubbi espressi una plausibile risposta potrebbe essere: “Le indagini sono ancora in corso.”. Temo che al contrario si scelga il silenzio, tanto di moda in questa epoca di decadenza democratica.

Risulta beffardo ma molto significativo che la richiesta di giustiziare i mandanti dell’omicidio delle tre suore italiane sia rientrata nella lista dei crimini contro l’umanità che la Società Civile e l’opposizione burundese stanno redigendo in previsione di portare davanti al tribunale Nkurunziza e i suoi complici se e quando il regime HutuPower cadrà. L’inserimento dell’odioso omicidio nella lista dei crimini contro l’umanità è dovuto dalla pressione di migliaia di giovani burundesi. “Noi non ci dimentichiamo di chi ci ha fatto solo del bene ed è morto per il nostro paese. I criminali che hanno ordinato l’omicidio di Olga, Lucia e Bernadette devono pagare. Vi posso garantire che pagheranno per questo e per tutti gli altri crimini commessi” afferma un giovane blogger burundese che da sei mesi testimonia l’orrore quotidiano attutato dal regime in condizione di clandestinità e rischiando la sua vita.

È triste ma consolante la speranza che se i mandanti dell’omicidio delle nostre connazionali verranno un giorno processati sia per opera della nuova generazione dei Burundesi che, rotte le catene della divisione etnica, sono ora ancorati ai valori di giustizia e democrazia per cui combattono e muoiono ogni santo giorno. Valori che nell’Occidente sembrano aver perso di significato anche dinnanzi alle sorti dei connazionali all’estero, in balia degli eventi come dimostra il triste caso dell’imprenditore italiano Roberto Berardi, ingiustamente detenuto per due anni e sei mesi in Guinea Equatoriale e liberato lo scorso luglio.

L’imprenditore italiano fu accusato di frode fiscale dopo aver scoperto malversazioni nell’impresa (la Eloba Construccion) che aveva aperto in collaborazione Teodorìn Nguema Obiang Mangue, il figlio del presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, al potere dal 1979. Berardi è stato vittima di cleptocrazia, il reato per cui un governo si impossessa del patrimonio di un privato per investirlo all’estero per fini personali.

Il 18 gennaio 2013 fu arrestato e dopo 22 giorni condannato a 2 anni e 4 mesi per frode fiscale o al pagamento di 1,2 milioni di euro che non possedeva in quanto gli furono sottratti tutti i beni in Africa e bloccati tutti i conti correnti bancari. Nonostante una campagna internazionale a suo favore supportata da Amnesty International il governo italiano non è riuscito a far liberare il suo cittadino vittima di un sopruso orchestrato da un crudele dittatore africano. Berardi è stato liberato a condanna terminata, due anni e 4 mesi dove è stato bastonato, torturato contraendo più volte la malaria e diminuendo spaventosamente di peso. “Nella legislazione italiana le vittime di quest’ingiustizia non sono tutelate, per questo non sono stato aiutato dal governo italiano e nuovamente sono stati presi di mira altri italiani”, denuncia Berardi in una intervista rilasciata al quotidiano Leggo.it

Durante la lunga detenzione del Berardi il dittatore guineano Teodoro Obiang fu ricevuto il 27 aprile 2014 dal “Riformatore”della chiesa: Papa Francesco. Obiang era stato inviato a partecipare alla canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII e fu trattato con i quanti di velluto ricevendo tutti gli onori che si devono a un Capo di Stato come denunciò il collega Massimo A. Alberizzi in un suo articolo sull’argomento.

In Guinea Equatoriale sono rimasti in carcere altri italiani: Fabio e Filippo Galassi, Daniel e Fausto Candio imprenditori nel settore edile vittime dello stesso raggiro orchestrato contro il Berardi. Il 15 luglio 2015 si è tenuta la prima udienza del processo che risulta fin dall’inizio pretestuoso. L’ultimo articolo sulle loro sorti fu pubblicato da La Stampa il 16 luglio scorso dal collega Lorenzo Simoncelli. Dopo di chè è calato il silenzio.

© Riproduzione riservata

2459 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: