Burundi. La guerra segreta contro i giornalisti

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Nov 28

Burundi. La guerra segreta contro i giornalisti

In memoria a tutti i colleghi giornalisti burundesi barbaramente trucidati o costretti all’esilio per aver trovato il coraggio di denunciare i crimini contro l’umanità e i piani di genocidio del dittatore Pierre Nkurunziza

di Fulvio Beltrami

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Dall’inizio della crisi burundese il regime razial nazista del CNDD-FDD controllato dal dittatore Pierre Nkurunziza ha compreso immediatamente l’importanza del controllo della informazione scatenando una lotta senza quartiere contro tutti i giornalisti e blogger non aderenti all’ideologia HutuPower. L’obiettivo è di impedire una informazione indipendente capace di far conoscere alla comunità internazionale i crimini contro l’umanità commessi e la preparazione del genocidio. La guerra lanciata nelle prime ore della contestazione popolare è stata combattuta dalle forze genocidarie senza pietà. Decine di giornalisti e blogger sono stati arrestati, torturati, trucidati. Spesso anche le loro famiglie hanno pagato con la morte. Grazie alla assistenza tecnica offerte da una ditta cinese il regime controlla ogni email e acconto Facebook, Twitter, WatsUp. La libera espressione delle proprie idee sui social networks diventa una auto condanna a morte.

Oggi la maggioranza dei giornalisti e blogger indipendenti burundesi è stata eliminata o costretta all’esilio. Il controllo della informazione nel Paese è totale. Gli abitanti di un quartiere rimangono ignari delle atrocità commesse nel quartiere vicino. La lotta di liberazione attuata all’interno del Burundi dai gruppi armati democratici censurata. L’Unione Europea e le Nazioni Unite accusate di appoggiare il piano di dominio Hima Tutsi. All'aeroporto internazionale i servizi segreti hanno distribuito liste di giornalisti stranieri non desiderati. L’ordine è di farli entrare per permettere di regolare le differenze una volta all’interno del Burundi. Oggi l’unica fonte di informazione che predomina in Burundi è quella del regime monitorata meticolosamente dal Consigliere Presidenziale Willy Nyamitwe. Frammenti Africani propone la traduzione integrale del paragrafo “Situazione dei giornalisti e guerra di comunicazione” del rapporto: Burundi: dalla repressione alle dinamiche genocidarie, pubblicato dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani – FIDH in collaborazione con prestigiosa associazione burundese per i diritti civili Ligue Iteka.

Situazione dei giornalisti e guerra di comunicazione. Novembre 2016

Dall’inizio della crisi, le condizioni di lavoro dei giornalisti e la libertà di stampa si sono deteriorate. I giornalisti hanno pagato un pesante tributo alla guerra di comunicazione messa in atto dal regine: arresti, esecuzioni sommare, scomparse forzate. I giornalisti che rimangono ancora in Burundi sono sorvegliati e impediti di svolgere la loro professione in modo libero e indipendente. Subiscono intimidazioni, minacce e attacchi violenti. Un solo media indipendente è ancora autorizzato ad operare in Burundi: IWACU di cui direttore Antoine Kaburahe è stato costretto all’esilio in Belgio nel novembre 2015, mentre 15 giornalisti di IWACU sono fuggiti dal Paese, altri sono scomparsi.

Il giornalista Jean Birigimana del gruppo editoriale indipendente IWACU è scomparso il 22 luglio 2016 nel pomeriggio presso la località di Bugarama, comune e provincia di Muramvya. È stato costretto con la forza a salire su un veicolo della polizia segreta SNR, secondo quanto riportano diverse testimonianze. IWACU ha affermato di aver esaminato gli appelli telefonici di Bigirimana e scoperto che il giornalista aveva ricevuto una telefonata da un informatore della SNR il giorno prima di scomparire. Il porta parola della polizia ha dichiarato in un comunicato stampa del 25 luglio che il giornalista non è stato arrestato dalle forze di sicurezza o dai servizi segreti, invitando la famiglia a collaborare con la polizia affinché l’inchiesta avanzi non su false piste. La Commissione Nazionale Indipendente dei Diritti Umani (CNIDH) ha reso pubblica la sua inquietudine sul caso richiedendo l’esito delle indagini ordinate dalle autorità. Fino ad ora la polizia e il governo burundesi non hanno fornito alcuna informazione sulla sorte di Jean Birigimana che è ancora sotto lo statuto di “persona scomparsa”.

La situazione dei media si è gravemente deteriorata dopo il fallito colpo di stato del 13 maggio 2015. Le forze leali al presidente Nkurunziza hanno attaccato e saccheggiato tutte le emittenti radiofoniche considerate vicine all’opposizione come la Radio Pubblica Africana (RPA). I suoi locali sono stati attaccati da razzi RPG nella notte tra il 13 e il 14 maggio provocando un incendio. RPA era stata riaperta dai soldati golpisti dopo essere stata chiusa dal regime nell’aprile 2016. Per rivincita della distruzione dei locali della RPA i soldati golpisti attaccano i media governativi: Radio REMA FM e la Radio Televisione Nazionale di cui edifici furono bombardati il 14 maggio. Dopo il fallimento di destituire con la forza il presidente Pierre Nkurunziza il regime chiude quattro radio private molto popolari: Isangiro FM, RPA, Bonesha FM e RadioTV Renaissance. Ufficialmente la chiusura è stata ordinata per non contaminare le prove delle violenze subite da “ignoti” e perpetuate nei locali di queste radio.

Da allora la guerra di informazione e comunicazione lanciata dal potere e controbilanciata dai media indipendenti si è spostata sui social network in Internet ma non raggiunge il Burundi, dove esiste ormai il blackout dei social media e il controllo in rete. L’informazione non giunge alla popolazione sopratutto alla maggioranza della popolazione rurale. Un grosso vantaggio per il regime che può proporre la sua versione dei fatti senza essere contraddetto. Dalla chiusura di RPA e delle altre radio indipendenti la popolazione riceve informazioni preconfezionate dalla RTNB (Radio Televisione Nazionale del Burundi) e dalla stampa di regime.

Malgrado le richieste ufficiali sottoposte dalla radio private sospese solo Rema FM (sospettata di simpatie con il potere) e Radio Insanganiro hanno ottenuto il permesso di riprendere le attività dopo la firma di un accordo avvenuta il 20 febbraio 2016. Un accordo che le impegna a fornire una informazione “equilibrata e obiettiva” che non metta in pericolo sa sicurezza del Paese. Un accordo che si traduce in una messa su tutela delle redazioni di queste due radio per poter dare l’impressione di una pluralità di informazione in Burundi controllata però dal regime.

Il FIDH si è intrattenuto con diversi giornalisti burundesi in esilio che hanno raccontato le minacce e gli attacchi subiti. Queste informazioni sono coerenti con quelle fornite da organizzazioni internazionali specializzate nella difesa dei diritto di libera espressione come Reporters sans Frontieres. Jean-Marie Hezimana soprannominato “Mashoke” è stato costretto a fuggire il Burundi dopo il fallito golpe del 13 maggio. Hesimana racconta: “La RPA è stata una emittente radiofonica molto attiva a fornire una adeguata informazione delle manifestazioni contro il terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. La linea editoriale era: dare la voce ai senza voce. Ricevevamo molte segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle forze dell’ordine e le abbiamo divulgate al pubblico. Siamo stati accusati di complicità con la ribellione.

Quando abbiamo creato un servizio di allarme e denuncia online il regime ha reagito contro la nostra popolarità e il nostro servizio informativo. Il giorno del golpe (13 maggio 2016) ero in sala di registrazione. La RPA aveva ricevuto settimane prime il divieto di diffondere le sue trasmissioni radiofoniche. L’edificio guardato dalla polizia. È stata la popolazione che ha infranto il cordone di sicurezza e riaperto gli uffici della RPA. Abbiamo ripreso le attività mettendo in onda le testimonianze raccolte direttamente nelle strade durante i due giorni del golpe. La nostra condanna a morte. Personalmente sono stato accusato di aver sostenuto il Colpo di Stato. Un amico dei servizi segreti mi ha consigliato di lasciare il Paese. Il mio nome era già sulla lista delle persone da eliminare. ‘Ti arresteranno per portarti in un luogo sicuro e assassinarti’ mi ha avvertito. È stato allora che ho deciso di fuggire dal mio Paese.

Una giornalista della RPA che ha deposto presso FDIH una testimonianza sotto protezione di anonimato descrive nei dettagli la repressione subita. “Ho lasciato il Burundi nel novembre 2015. Ero appena rientrata da un viaggio di lavoro all'estero che il mio primogenito mi dice: ti cercavo ovunque. Mio cugino mi ha detto di informarti che la polizia segreta ti sta cercando. Ti vuole uccidere. Gli ho domandato perché volevano uccidermi e ha risposto a causa del mio lavoro presso la RPA e di recenti contatti con giornalisti ruandesi. Ho verificato la veridicità della informazione. Mio fratello minore ha contattato un membro della nostra famiglia che lavora presso un giornale burundese. Ha confermato che la SNR mi stava cercando per uccidermi. La mia famiglia mi ha consigliato di lasciare il Paese. Prima di questo episodio io e mio marito abbiamo ricevuto varie minacce e intimidazioni. Durante il periodo elettorale, mentre mio marito recuperava le nostre carte di elettori, ha incontrato un gruppo di miliziani Imbonerakure a Kamenge. Gli hanno fatto vedere un mio video giornale sui loro Iphone. – Senti cosa sta dicendo tua moglie? Prima o poi la pagherete cara” Mio marito era sconvolto. Tra il gruppo di Imbonerakure ha riconosciuto dei suoi amici e dei nostri vicini di casa

Il giornalista e cameraman della Radio TV nazionale RTNB, Cristophe Nkezabahizi, è stato assassinato con tutta la sua famiglia da dei poliziotti presso il quartiere di Ngagara il 13 ottobre 2015. Secondo le testimonianze raccolte i poliziotti della Agenzia di Protezione delle Istituzioni sono entrate nel giardino della residenza privata di Nkezabahisi verso le 3 del pomeriggio. Hanno discusso per qualche minuto con il giornalista che si trovava fuori dalla porta d’ingresso, prima di sparargli addosso. Sua moglie, Alice Niyonzima che lavorava per una Ong Internazionale: FHI360 partner di USAID è stata assassinata subito dopo assieme alle due figlie minori e suo cugino Evariste Mbonihankuye che abitava con loro. Questa ultima vittima era un famoso psicologo di 32 anni che lavorava nella equipe umanitaria della Organizzazione Internazionale per la Migrazione in Burundi.

Il porta parole del Ministero della Sicurezza pubblica affermò che l’assenza di un massacro premeditato. Le vittime sarebbero stati dei semplici “danni collaterali” di un combattimento tra criminali armati e polizia avvenuto quel giorno presso il quartiere di Ngagara. Secondo la versione ufficiale tre poliziotti erano stati rapiti nella mattinata e altri due uccisi da delle granate nel pomeriggio. Durante i combattimenti la famiglia di Cristophe Nkezabahisi sarebbe stata vittima di “balles perdues” pallottole vaganti. Dinnanzi alla indignazione internazionale a questo massacro simbolo di tutte le esecuzioni extra giudiziarie di giornalisti il porta parole della polizia annunciò dopo qualche giorno che la commissioni di inchiesta era stata creata per far luce sugli avvenimenti.

Il 24 ottobre 2015 il porta parola del Tribunale di Bujumbura Angès Bangiricenge dichiarò che la famiglia di Cristophe Nkezabahizi era stata assassinata da un gruppo di delinquenti guidati da un misterioso pregiudicato nominato “Joris” che un’ora prima aveva attaccato a suon di bombe a mano i poliziotti che pattugliavano il quartiere Ngagara. Secondo la ricostruzione della magistratura questi banditi si erano recati presso il giornalista per recuperare un video che aveva girato durante gli scontri con la polizia per impedire il loro riconoscimento. Dinnanzi alla mancata collaborazione la banda di criminali aveva ucciso Nkezabahizi e la sua famiglia.

Eppure secondo diverse testimonianze Cristophe Nkezabahizi il giorno della sua morte non stava lavorando e si trovava presso il suo domicilio privo di apparecchiature video. Secondo membri della famiglia e alcuni colleghi della RTNB contattati da FIDH, Nkezabahizi era in possesso di un video delle violenze commesse dalla polizia qualche giorno prima. Era stato contattato dal presidente della RTNB in persona affinché consegnasse le immagini che potevano mettere in seria difficoltà il regime. Dinnanzi ad un suo rifiuto i poliziotti entrarono in azione sterminandolo assieme a tutta la sua famiglia. – Fine del capitolo.

Questa la situazione sulla libertà di stampa in Burundi. Al momento resiste ancora una brace di informazione indipendente formata da giovani blogger e giornalisti che hanno scelto di restare nel loro Paese per informare su cosa realmente accade, rischiando la loro vita ogni giorno. SOS Burundi si chiama il network informativo clandestino. Un implacabile bolettino aggiornato ogni ora sui crimini del regime. Lo potete travare sulle pagine di Facebook e Twitter. Il dittatore Nkurunziza ha ordinato di scovare anche questi ultimi giornalisti liberi e di sterminarli. Uno di questi eroi della libera informazione è già caduto: Jean Bigirimana.

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