Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Set 24
di Fulvio Beltrami
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Dal gennaio 2015 il Burundi, di recente uscito da una guerra civile durata dieci anni (1993 – 2003) è sconvolto da forti tensioni sociali che ruotano sulla decisione anti costituzionale del presidente Pierre Nkurunziza di accedere ad un terzo mandato presidenziale contro la volontà popolare. Dall'aprile 2014, quando il presidente annuncia la sua volontà a candidarsi alle elezioni previste in maggio, nel paese si assiste ad un'escalation della violenza dove il partito CNDD-FDD che si basa su un'ideologia razziale nazista denominata HutuPower, usa ogni mezzo per mantenere il potere e contrastare la popolazione che da mesi scende nelle piazze per rivendicare la restaurazione della democrazia.
La polizia, aiutata da dei mercenari ruandesi reclutati dal presidente nel vicino Congo, il gruppo terroristico FLDR (responsabile del genocidio del 1994 in Rwanda), e da delle milizie dell’ala giovanile del partito al potere CNDD-FDD, le Imbonerakure (quelli che vedono lontano), attuano una repressione sulla popolazione che ormai sta sconfinando nel massacro generalizzato. Il tentativo di parte dell’esercito di ribellarsi e di destituire il presidente prima delle elezioni (tentativo avvenuto il 13 maggio scorso) fallisce. Il generale Godefroid Niyombareh dichiara un colpo di stato mentre il presidente Nkurunziza si trova in Tanzania per un summit di leader africani. Nonostante l’appoggio della popolazione il colpo di stato fallisce aumentando la repressione del regime. Le elezioni presidenziali (previste per maggio ma tenutesi il 21 luglio 2015) donano la vittoria a Pierre Nkurunziza. Elezioni a cui la maggioranza della popolazione non partecipa. La carica di presidente, assunta da Nkurunziza il 20 agosto 2015, non viene riconosciuta tale dalla maggioranza dei paesi africani e della Comunità Internazionale.
Per consolidare il potere, acquisito illegalmente, Nkurunziza attiva la polizia, la milizia giovanile e i mercenari ruandesi per sterminare l’opposizione. Centinaia di giovani spariscono nel nulla. Molti di essi vengono ritrovati trucidati barbaramente. Interi quartieri della capitale, Bujumbura, vengono accerchiati militarmente e la popolazione affamata al loro interno. Compaiono anche misteriosi campi di concentramento. Mentre il governo triplica l’orgia di violenza e repressione l’opposizione popolare tenta di organizzarsi per resistere al regime e i primi gruppi armati compaiono all’interno del paese, aiutati da potenze regionali confinanti con il Burundi. In una guerra civile a bassa intensità le parti in conflitto innescano una catena di omicidi di alti ufficiali che corrispondono a violente rappresaglie contro la popolazione sospettata in massa di aiutare l’opposizione.
Gli esponenti della Società Civile e i difensori dei diritti umani sono costretti a nascondersi o fuggire all’estero per non essere abbattuti. Stesso destino per i leader politici dell'opposizione che non accettano di riconoscere il terzo mandato presidenziale di Nkurunziza e di entrare nella maggioranza di governo. Oltre 120.000 burundesi si rifugiano nei paesi vicini: Congo, Tanzania, Rwanda, Uganda per scappare alle violenze del regime. Stati Uniti e Belgio condannano apertamente il presidente facilitando il supporto all’opposizione mentre la Comunità Internazionale e l’Unione africana adottano politiche titubanti e contraddittorie che rafforzano il regime, appeso ad un filo e sorretto solo dalla violenza e dalla repressione attuata sulla propria popolazione.
In questo contesto la diaspora burundese in Europa, Canada e Stati Uniti si attiva, schierandosi dalla parte del presidente illegittimo o dalla parte della popolazione che reclama il rispetto della Costituzione e il ritorno alla democrazia. Centinaia di giovani burundesi che vivono in Occidente si attivano sulla rete per diffondere le notizie nel paese, molto scarse in quanto il regime ha provveduto a chiudere tutti i media dell'opposizione o sospettati di essere suoi simpatizzanti: giornali, Tv, radio. I giornalisti non riconosciuti dal regime (anche stranieri) rischiano l’arresto se non la morte se scoperti a svolgere la loro professione nel paese. Il regime reagisce rabbiosamente alle immagini delle vittime civili e alle gravi violazioni dei diritti umani quotidianamente compiute nel tentativo di reprimere l’opposizione e consolidare il potere. Documentazione video e fotografica originale comincia a diffondersi in rete aumentando il disappunto dell’opinione pubblica internazionale e, soprattutto, costituendo una fitta serie di prove inconfutabili che potranno essere usate in futuri processi per crimini contro l’umanità.
I militanti del regime che si trovano all’estero e i dipendenti di ambasciate e Consolati vengono incoraggiati a smentire le informazioni e la documentazione che colpevolizza il regime. Le smentite risultano deboli dinnanzi alle testimonianze di centinaia di vittime e alle prove video fotografiche prodotte e diffuse. È dinnanzi a questa difficoltà di negare l'evidenza dei crimini contro l’umanità commessi che il governo escogita una forma efficace quanto inedita di propaganda: la guerra mediatica delle foto false. Membri della Società Civile burundese sono stati i primi a lanciare l’allarme di questa forma sottile ma subdola di contro informazione ideata dal governo. Purtroppo gli allarmi e gli inviti alla prudenza, lanciati anche da giornalisti burundesi che operano nel paese in stato di clandestinità per vari Media occidentali, sembrano non avere un impatto appropriato sulla guerra delle immagini ideata dal regime.
Il principio è semplice quanto efficace. Inondare il web e le reti sociali di centinaia di foto di persone trucidate, torturate, cadaveri mutilati. Tutti rigorosamente dei falsi riscontrabili come tali da un'accurata ricerca utilizzando per esempio il motore di ricerca Google Immage per le foto di repertorio. Alcuni di questi falsi (tra i più famosi) che stanno girando in rete riguardano presunte violenze sui minori e sulle donne. Dieci giorni fa circolava in rete la foto di un bambino gravemente ferito alle gambe. Vittima della repressione della polizia burundese. In realtà una foto di repertorio di un bambino ferito in Liberia durante le manifestazioni popolari di un anno fa. Foto pubblicata sul quotidiano liberiano Front Page il 26 agosto 2014 (http://www.frontpageafricaonline.com/… /2765-lethal-weapon-k… ).
Durante questa settimana stanno circolando agghiaccianti foto di donne seviziate con le parti intime distrutte dagli acidi e cadaveri di donne nude e sventrate. In realtà le prime foto riguardano un caso di cronaca nera avvenuto il 23 agosto 2013 in Costa d’Avorio dove una moglie gelosa gettò dell’acido sulle parti intime della domestica sospettata di avere una relazione sessuale con il marito (http://www.edujandon.com/2014/08/heartless-woman-forces-14-yr-old-girl.html). La seconda foto (quella del cadavere nudo sventrato) riguarda una giovane vittima sud africana seviziata e poi uccisa da una gang criminale il 1 settembre 2013 a Western Cape, Sud Africa (http://unicalamebo.blogspot.it/2013/09/viewers-discretion-is-advised-girl.html).
Le foto false hanno come intento quello di screditare l’informazione sulle reali violenze e crimini contro l’umanità compiuti dal regime in Burundi. Vengono immesse in rete o inviate a dei blogger o giornalisti che non possono essere nel paese per ovvie ragioni di sicurezza spacciandole per vere. L’emotività che provocano queste immagini e la base di verità su cui si fondano (la violenta repressione in atto nel paese) sono più che sufficienti per eludere i dovuti controlli di autenticità. Le foto vengono riprodotte e condivise innescando una reazione a catena in rete fino a quando i falsi non vengono identificati come tali. Al momento dell'identificazione del falso, i blogger, giornalisti, attivisti democratici burundesi e simpatizzanti stranieri che le hanno diffuse in buona fede perdono automaticamente di credibilità. Anche le foto originarie delle vittime del regime perdono di credibilità a tutto vantaggio del regime che facilmente può dimostrare che vi sia in atto un congiura contro di esso basata su diffusioni di notizie e prove video fotografiche non veritiere. Questo serve a rafforzare la versione ufficiale del regime razzial-nazista che trasforma le migliaia di vittime e le centinaia di migliaia di profughi da esso creati in normali operazioni di pulizia e ordine pubblico diminuendo al ribasso violenze e vittime.
La guerra delle immagini ideata da esperti della comunicazione, forse stranieri, sta assicurando al governo un enorme e terribile vantaggio. Replicate in buona fede da giovani internauti burundesi che vogliono testimoniare il dramma che il loro popolo sta vivendo, le immagine false rendono quelle veritiere non credibili o sospette di essere a loro volta dei falsi. L’obiettivo è quello di screditare l’opposizione, i membri della Società Civile, gli attivisti burundesi in difesa dei diritti umani, i giornalisti e i Media occidentali che tentano offrire un'informazione costante e veritiera di quello che sta accadendo in Burundi. Anche il sottoscritto è stato per due volte consecutive vittima di questi falsi nonostante le verifiche attuate. Alcuni membri della Società Civile burundese temono che la quantità di foto false relative a vittime emesse in rete dal governo superino largamente quelle originali e vere con una proporzione che sarebbe arrivata 10 a 1 (dieci foto false per ogni foto originale e vera).
L’unica difesa da questa invasione di false immagini è quella di non pubblicare alcune immagine o video proveniente dal Burundi, favorendo indirettamente l’obiettivo del governo Nkurunziza di diminuire se non azzerare le testimonianze e le prove della repressione di massa contro inermi civili. Se sul piano politico e militare il regime sembra ancora in difficoltà seppur concentrato sul rafforzamento del potere e nel neutralizzare i focolai di resistenza armata che stanno sorgendo in varie parti del paese, sul piano della comunicazione sembra aver già aver vinto la guerra, trasformando la verità in una grande e dubbiosa menzogna utilizzando diabolicamente i moderni mezzi di comunicazione che dovrebbero contribuire ad impedire che un regime nasconda facilmente i suoi crimini.
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