Burundi. I piani di un genocidio machiavellico

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Ott 25

Burundi. I piani di un genocidio machiavellico

Fin dall’inizio della crisi politica in Burundi, aprile 2015, ci si è posti il dubbio se la politica di egenomia razziale intrappresa dal dittatore Pierre Nkurunziza e la sua alleanza con i terroristi ruandesi delle FDLR contenesse al suo interno la possibilità di scatenare il genocidio contro la minoranza tutsi. Shannon Ebrahim, giornalista e consulente politica sudafricana ha recentemente pubblicato un’analisi dove non solo ritiene questo rischio possibile ma afferma che il genocidio sarebbe già in atto da diverso tempo

di Fulvio Beltrami

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Fulvio Beltrami 25 ottobre 2019 "La verita' e' rivoluzionaria"

Il CNDD-FDD e il suo leader Pierre Nkurunziza hanno sempre promosso l’ideologia razziale HutuPower piú per opportunismo politico che per convinzione ideologica. Come successe nel 1994 in Rwanda con l’ala estremista hutu del regime di Juvenal Habyarimana (il Clan Ikazu), anche il CNDD-FDD utilizza la supremazia razziale, intesa come rivincita delle masse hutu su presunte dittature tutsi, come uno specchietto per le allodole da offrire alle masse contadine hutu semi analfabete.

Il HutuPower viene sfruttato per nascondere interessi economici della classe dominante che vanno a scapito della popolazione. Gli hutu non devono comprendere che i loro rappresentanti al governo stanno letteralmente saccheggiando quello che resta delle risorse economiche e naturali del Burundi. Di conseguenza si offre loro un capro espiatorio (i tutsi) e una alternativa di rivincita storica (la supremazia politico economica e culturale Hutu).

Il rischio di genocidio è sempre stata una costante fin dall’inizio della crisi politica, aprile 2015. Nel novembre 2015 il partito tentò di lanciare l’appello Kora Kora (segnale per le pulizie etniche contro i tutsi). All’epoca non fu possibile comprendere se Nkurunziza e i dirigenti politici militari del CNDD-FDD avessero maturato la reale intenzione di avviare il genocidio o se l’appello Kora Kora fosse solo un test per saggiare le reazioni popolari. In tutti i modi furono proprio le reazioni popolari a rendere vano il progetto, qualunque obiettivo avesse avuto. L’appello Kora Kora non fu raccolto dalla popolazione. I vari massacri contro gli oppositori e i cittadini di etnia tutsi sono stati compiuti dalla polizia, milizie Imbonerakure e terroristi ruandesi FDLR. La maggioranza degli hutu ha sempre disapprovato le pulizie entiche, non partecipandovi.

Il mancato entusiasmo degli hutu burundesi a far scattare un genocidio trova origini sulla disillusione popolare verso la retorica HutuPower nonostante che il regime si sforza tutt’ora di proporre questa lettura ideologica della attuale situazione politica nel Paese. Basta pensare che la maggioranza dei partecipanti alle proteste popolari del 2015 era composta da hutu. Il fallito tentativo di golpe del maggio 2015 era stato ideato da Generale hutu: Godefroid Niyombare

 Il distacco tra le masse hutu e il regime di Nkurunziza ha raggiunto il punto di non ritorno quando questa crisi politica, si è trasformata in crisi economica. Il regime, isolato a livello internazionale nonostante alleanze con Russia, Cina, Egitto, Tanzania, Uganda, ha appena i fondi necessari per soppravivere. Ha letteralmente sacrificato quelle masse popolari che il CNDD-FDD affermava rappresentare e per le quali aveva combattuto oltre 10 contro i regime “dittatoriali” tutsi al fine di garantire democrazia e progresso.

Per le masse rurali hutu questi ultimi 4 anni sono un incubo. La gente nelle campagne si è ridotta a mangiare radici. Il distacco e la dissilluzione verso il CNDD-FDD e Pierre Nkurunziza è rimarcabile anche tra le masse hutu degli ambienti rurali. Cittadini poveri e semianalfabeti, quindi facili prede di manipolazioni ideologiche. Fin dal novembre 2015 e grazie all’opera di qualche intellettuale revisionista europeo, il rischio di genocidio è stato minimizzato o negato, così come la presenza dei terroristi FDLR che rappresentano ormai un fattore chiave della situazione nel Burundi. 

Al posto di genocidio si parlava di violenze politiche. Una versione che per anni ha fatto comodo anche alle diplomazie Occidentali, Nazioni Unite e Unione Africana per ovvie ragioni. Confermare il rischio di genocidio significa l’obbligo di prendere decisioni forti atte a impedirlo. Solo dal gennaio 2019 le Nazioni Unite parlano apertamente di questo rischio nel Paese mentre Unione Europea, Stati Uniti e Unione Africana preferiscono ancora non parlare apertamente della funesta eventualità, nonostante le loro analisi interne.

Shannon Ebrahim, una giornalista sudafricana specializzata in politica per Al Jazeera e altri media di rilievo, ex direttrice delle relazioni internazionali della Presidenza del Sudafrica e coordinatrice delle politiche del Governo di Pretoria, ha esposto pochi giorni fa una interessante analisi sul rischio di genocidio in Burundi. Shannon sostiene che il genocidio sia in atto da almeno dal 2016 se non dal 2015 ma in una forma sottile e discreta. Un genocidio attuato grazie alla comunità internazionale che ha voluto fermare gli occhi su quello che veramente sta succedendo nel piccolo paese africano e sull’assenza di media indipendenti nel Burundi, sistematicamente soppressi dal dittatore Nkurunziza.

Tre anni fa ho intervistato un ministro burundese. Mi ha confidato che gli hutu al potere avrebbero liquidato la popolazione tutsi non come avvenne in Ruanda nel 1994 tramite massacri di massa ma lentamente e silenziosamente per un periodo prolungato.” Rivela la giornalista sudafricana.

I dirigenti burundesi vogliono evitare che i piani genocidari diventino di pubblico dominio e oggetto di interesse dei media internazionali. Questo obbligherebbe l’Unione Africana ad un intervento militare per fermare le atrocità in corso. Il regime di Pierre Nkurunziza sta guadagnando tempo per attuare in pieno questo gioco machiavellico mentre i dirigenti africani rimangono a braccia conserte nonostante che parlino continuamente di soluzioni africane ai problemi africani.”.

 La giornalista è molto critica verso il suo governo. “Il Sudafrica sembra aver adottato un approccio non intervenzionista in Burundi, affidando alla East African Community (EAC) la risoluzione del conflitto. Putroppo la EAC si è rivelata incapace di fare pressioni su Nkurunziza. Sei summit EAC sulla crisi politica burundese non hanno prodotto alcun risultato. Nemmeno i mediatori: Il presidente ugandese Yoweri Museveni e l’ex presidente tanzaniano Benjamin Mkapa hanno cercato di persuadere Nkurunziza ma lui ha rifiutato di partecipare ad un vero dialogo politico con l’opposizione.

Nkurunziza si è mancato del processo di pace trattando i mediatori come degli imbecilli. Mkapa era talmente esasperato per la mancanza di collaborazione di Nkurunziza e l’inazione dei dirigenti regionali, che ha dimissionato dal suo posto lo scorso febbraio.

Shannon sottolinea che le tensioni tra Uganda e Ruanda influiscono sulle negoziasioni di pace del Burundi, rendendo la soluzione regionale piú difficile da raggiungere. “L’unico ben piazzato era Mkapa che ha giocato un ruolo determinante nella redazione degli accordi di pace di Arusha nel 2000 assieme a Nelson Mandela e Julius Nyerere. Mkapa disponeva della memoria istituzionale e dell’impegno politico necessari per ben concludere a termine il processo. Ma la resoluzione dei conflitti è possibile solo se i principali protagonisti sono disposti a sedersi al tavolo dei negoziati. Nkurunziza a rifiutato di incontrare i suoi avversari. Lui pensa di detenere tutte le carte del pericoloso gioco che sta conducendo che non è motivato a scendere a compromessi. Sta tentando di consolidare il potere degli hutu”.

 L’esperta sudafricana inquadra bene la milizia paramilitare Imbonerakure accusandola di aver commesso delle atrocità di massa con la polizia e i servizi segreti. “Nkurunziza, il suo entourage e le Imbonerakure sono responsabili dei crimini più gravi: esecuzioni sommarie, arresta zioni e detenzioni arbitrarie, atti di tortura, violenza sessuale e sparizione forzata. Il rapporto della Commissione ONU del 2018 conferma l’esistenza di fosse comune in certe regioni del Paese, così come le liste di civili e dei membri delle forze armate destinati ad essere uccisi.

Shannon riprende il dubbio di un “genocidio strisciante”. Dubbio già esposto da qualche altro osservatore prima di lei. “Le violenze commesse nel 2015 sono divenute più discrete alla fine del 2016. Da allora delle gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse in segreto in quelli che vengono chiamati “sites noirs” Il rapporto dell’ONU conferma l’esistenza di numerosi luoghi segreti di detenzione, tortura, assassinio. Notizia conferma da osservatori dei diritti umani, reportage di media (BBC) e testimonianze di ex membri delle Imbonerakure.

Per meglio attuare il suo piano, Nkurunziza sta progressivamente sostituendo i Generali tutsi che stanno andando in pensione con suoi fedelissimi. Una tattica obbligatoria in quanto l’assassinio di uno di questi Generali anziani scatenerebbe un putiferio in quanto amati da tutta la popolazione e l’esercito.

Shannon analizza l’incapacità della East African Community di offrire una soluzione e abilità di Nkurunziza nel fermare la minaccia della Unione Africana di inviare una forza di protezione africana di 5000 uomini. Questo successo ha permesso di rafforzare il regno del terrore in tutta impunità. In conclusione l’autrice della analisi sostiene che è già in atto un genocidio, discreto ma efficace. Un genocidio di cui sapremo la portata solo a liberazione avvenuta.

Letture consigliate

Un jeu machiavélique gagné: Le régime de Pierre Nkurunziza continue de perfectionner son plan de génocide loin du regard du monde - Shannon Ebrahim – 22 ottobre 2019 - Burundi Daily Net. https://www.burundidaily.net/single-post/2019/10/22/Un-jeu-machiav%C3%A9lique-gagn%C3%A9-Le-r%C3%A9gime-de-Pierre-Nkurunziza-continue-de-perfectionner-son-plan-de-g%C3%A9nocide-loin-du-regard-du-monde

Burundi: Kora Kora. Prove generali del genocidio – L’Indro – 5 novembre 2015 –

https://www.lindro.it/burundi-kora-kora-prove-generali-del-genocidio/

I media, la retorica del genocidio ed i profeti dello scontro etnico in Burundi – Frontiere – 22 novembre 2015

https://frontierenews.it/2015/11/i-media-la-retorica-del-genocidio-ed-i-profeti-dello-scontro-etnico-in-burundi/

Burundi: la calma del terrore prima del genocidio – L’Indro – settembre 2019

https://www.lindro.it/burundi-la-calma-del-terrore-prima-del-genocidio/

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