Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Mar 21
di Fulvio Beltrami
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Il regime FDLR-CNDD non si attendeva che l’Unione Europea mettesse in pratica le minacce rivolte lo scorso anno riguardanti i rapporti bilaterali con un governo che palesemente viola i diritti umani e sospettato di attuare un genocidio occultato. I primi mesi del 2016 il regime burundese aveva ottenuto importanti vittorie diplomatiche. Era riuscito ad addolcire la posizione delle Nazioni Unite e bloccato l’invio del contingente militare della Unione Africana in difesa della popolazione. Le grottesche missioni della delegazione del Consiglio di Sicurezza e del Segretario Generale ONU Ban Ki Moon avevano rafforzato il regime non riconoscendo due realtà chiave della tragedia burundese che sta entrando nel suo primo anno: il genocidio in atto e il controllo esercitato sul Paese dal gruppo terroristico ruandese Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda – FDLR autore del genocidio ruandese del 1994. Anche sul fronte europeo l’ex presidente Nkurunziza poteva contare sull’appoggio della Francia e dei settori più conservatori della Chiesa Cattolica al fine di arginare misure tese a restaurare lo stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e la democrazia.
Il catastrofico esito della riunione a Bruxelles del 8 dicembre 2015 sembrava non aver provocato conseguenze. All’epoca gli emissari del regime di Nkurunziza non riuscirono a convincere il Parlamento Europeo sul rispetto dell’articolo 96 degli accordi di Cotonou riguardante i diritti civili e democratici. Per riparare alla mancanza le autorità burundesi avevano promesso un rapido ripristino della normalità nel paese e di intraprendere seri negoziati con l’opposizione. Queste promesse sono state spudoratamente disattese. A distanza di una settimana dall’incontro a Bruxelles il regime intensificò le azioni genocidarie prendendo come scusa l’attacco della ribellione a delle caserme nella capitale avvenuto il 11 dicembre 2015. Da quella data la stima è di 100 civili uccisi al giorno. Interi quartieri di Bujumbura, come Mutakura sono diventati quartieri fantasmi. I residenti uccisi o fuggiti e le loro proprietà distribuite come bottino di guerra alle milizie genocidarie Imbonerakure e ai fedeli del partito al potere. Foto satellitari rivelano fosse comune sparse per tutto il paese e piene di cadaveri di oppositori.
In un comunicato a firma del Alto Rappresentante della Unione Europea: Federica Mogherini si rende noto la decisione presa di sospendere tutti gli aiuti bilaterali verso il Burundi. Verranno mantenuti gli aiuti umanitari per i programmi di urgenza gestiti da ONG e Agenzie ONU relativi alla sanità di base (40 milioni di euro) e ai programmi di nutrizione infantile (15 milioni di euro). Una manciata di soldi rispetto agli aiuti bilaterali per il quinquennio 2015-2020 pari a 420 milioni. Un pacchetto che posiziona l’Unione Europea come primo ente donatore del Burundi. La moratoria degli aiuti sarà esaminata regolarmente su base semestrale e abrogata solo dinnanzi al rispetto delle richieste europee rivolte al regime burundese.
L’Unione Europea richiede la ripresa dei colloqui di pace includendo tutti gli attori della crisi, opposizione, società civile e i tre movimenti armati ribelli inclusi. Ristabilire la libertà di stampa e disarmare le milizie genocidarie. Esige in ultima analisi il ripristino dello stato di diritto, rispetto degli accordi di pace di Arusha del 2000 e della Costituzione. Tradotto in parole povere l’Unione Europea ha chiesto al presidente illegittimo e al suo partito di abdicare.
La perdita finanziaria derivante dalla decisione della UE non può essere facilmente compensata da altre fonti di finanziamento. I sostenitori del regime: Francia, Angola, Congo Kinshasa, Congo Brazzaville, Sud Africa, Russia e Cina non sono affidabili. Pechino ha abbandonato il Burundi verso ottobre novembre 2015 come diretta risposta agli appelli al genocidio fatti dal presidente e dal regime. La Russia sta sostenendo un sforzo non indifferente su teatri di guerra, Ucraina e Siria ben più importanti del Burundi a cui sono destinate le briciole oltre alla vendita di armi finanziata da Francia, e i paesi africani alleati al regime.
Il crollo del greggio ha ridotto le possibilità di Congo Brazzaville e Angola di finanziare guerre regionali. Il regime si è rivolto ai Paesi della Penisola Araba come ultima speranza ottenendo qualche finanziamento ma non nella misura sperata. L’Arabia Saudita e le altre monarchie stanno per votare politiche di austerità economica che certamente escludono gli aiuti ad un paese africano dove i mussulmani non arrivano al 1% della popolazione. Rimangono Sud Africa e Francia. Il loro impegno comunque non può sostituire la perdita degli aiuti della Unione Europea.
I soldi sono il motore delle guerre. Se mancano il regime non può sopravvivere a lungo. È su questo binomio che l’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno impostando la loro guerra economica contro il regime FDLR-CNDD iniziata nel novembre 2015. Il Franco Burundese è sotto attacco subendo una svalutazione ormai incontrollabile che lo rende carta straccia. L’economia è inesistente. Il regime ha tentato di aumentare le tasse ma i commercianti non possono sostenere la pressione fiscale in quanto sul lastrico. Rimangono gli ultimi investitori stranieri presenti nel Paese non si sa per quale ragione, tra cui una manciata di nostri connazionali. Il pizzo normalmente pagato al governo e alla Famiglia Nkurunziza dagli imprenditori stranieri è destinato ad aumentare coinvolgendoli volenti o dolenti allo sforzo di guerra per vincere il conflitto intrapreso unilateralmente contro la propria popolazione. Una situazione che costringerà questi imprenditori a scegliere se abbandonare il Paese o accettare di divenire complici del genocidio con relative conseguenze giudiziarie in caso di vittoria delle forze democratiche.
L’ultima risorsa rimasta al regime sono i finanziamenti ONU per le missioni di pace a cui l’esercito burundese partecipa: AMISOM in Somalia e MINUSCA in Repubblica Centrafricana. Una manna di diversi milioni di euro che rischia di interrompersi. Secondo informazioni riservate ricevute dall’interno della Unione Africana si sta seriamente pensando di rimpiazzare le truppe burundesi in quanto la loro presenza è diventata fonte di forte imbarazzo per le missioni di pace africane e per le Nazioni Unite. Questo sarebbe l’ultimo colpo mortale alle finanze del regime genocidario. Secondo le stesse fonti la sostituzione delle truppe burundesi impegnate nelle missioni di pace sarebbe concordata con l’opposizione con l’intento di spingere l’esercito a ribellarsi al regime e ai terroristi ruandesi delle FDLR suoi alleati-padroni.
Altre fonti regionali informano che l’opposizione armata si sta rafforzando tramite il sostengo di potenze regionali ed internazionali che stanno supportando il ritorno della democrazia nel Paese africano. Stanno attendendo l’imminente collasso economico per lanciare l’offensiva finale. L’unico dilemma da risolvere è come impedire l’escalation del genocidio durante la guerra di liberazione. Ma l’incubo imminente per il regime proviene da rumori di forti dissidi tra Francia e Sud Africa relativi al controllo delle miniere di Nichel. Sembra che Parigi, esclusa da questo Eldorado, stia pensando di cambiare strategie sul paese, abbandonare gli scomodi ed ingrati alleati e individuarne di nuovi. Nei prossimi mesi vedremo se le mosse della Francia confermeranno o smentiranno questi rumori...
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