Arabia Saudita. Eid-Al-Adha di sangue, razzismo anti africano e Monarchia disumana

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Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Set 25

Arabia Saudita. Eid-Al-Adha di sangue, razzismo anti africano e Monarchia disumana

Il massacro avvenuto presso la città di Mina, vicino alla Mecca, dove hanno trovato la morte oltre 1.300 pellegrini proprio il giorno più sacro dell'Islam, ha rivelato il vero volto di una Monarchia blasfema. Per coprire le grosse responsabilità e le scarse misure di sicurezza la Famiglia Reale accusa i pellegrini Africani di aver provocato la tragedia. Il massacro di Eid-Al-Adha è un chiaro segnale di una Monarchia in decadenza che si basa sul sangue e sul terrore. Una Monarchia da abbattere

di Fulvio Beltrami

arabia saudita

Da ieri milioni di musulmani festeggiano l'Eid al-Ahda (la Festa del Sacrificio). La più importante festa dell'Islam che collega la religione musulmana a quelle Cristiana ed Ebraica. L'Eid al-Ahda celebra infatti Abraham glorificando il suo atto di sottomissione richiesto da Dio tramite il sacrificio del primogenito maschio: Ishmael. Dio misericordioso, vista la fede di Abraham, intervenne all'ultimo minuto per evitare la morte di Ishmael. Inviò Jbràil (il suo angelo più fidato) ad ordinare ad Abraham di sostituire il figlio con un capra e di dividere tre quarti di carne con la famiglia, i parenti, gli amici e i vicini. L’ultimo quarto doveva essere distribuito ai poveri e ai bisognosi. È proprio durante l'Eid al-Ahda che milioni di musulmani da tutto il mondo compiono il Haji.

Haji (dirigersi verso) è il pellegrinaggio islamico canonico alla Mecca e costituisce il quinto dei pilastri sacri dell’Islam. Ogni fedele che ne abbia le possibilità fisiche ed economiche deve compiere almeno un Haji nel corso della sua vita. Nella mattina del 24 settembre alle ore nove locali (06.00 GMT) presso la Strada 204 della città santa di Mina si è formata una calca incontrollata di pellegrini che, presi dal panico hanno cercato di salvarsi. I pellegrini erano intenti a compiere il rito Muzdalifah che consiste nel lanciare dei sassi simulando il gesto del Profeta Abraham che lanciò dei sassi contro il Diavolo che tentava di scoraggiarlo a sacrificare il suo primogenito come richiesto da Dio. Il lancio dei sassi è la fase finale del rito che prevede un giorno intero di preghiera presso la pianura e sul Monte Arafat a 10 km da Mina. Per incanalare la folla è stata costruita una struttura costata un miliardo di dollari capace di contenere fino a 300.000 pellegrini ogni ora.

Il bilancio ufficiale parla di 717 persone calpestate dalla folla presa dal panico. I feriti sarebbero 840. In realtà le vittime sono oltre 1.300 mentre i feriti quasi 2.000 secondo varie associazioni religiose. Cifra confermata dalle autorità iraniane. Tra esse 131 iraniani hanno perso la vita. Le autorità saudite avrebbero artificialmente diminuito il numero di vittime per mitigare la gravità della tragedia. Secondo varie fonti la tragedia è superiore a quella avvenuta sempre nella città di Mina e per le stesse cause il 2 luglio 1990 dove 1.426 pellegrini trovarono la morte. Il massacro di Mina si è verificato 13 giorni dopo la tragedia presso la Grande Moschea alla Mecca (11 settembre 2015) dove una gru è cascata uccidendo 111 fedeli e ferendone 394.

Oltre al numero delle vittime la tragedia di Mina durante l'Eid al-Ahda ha fatto scalpore a causa del tentativo razzista della Monarchia Saudita di addossare la colpa ai pellegrini musulmani provenienti dall’Africa. Un tentativo condannato da vari Imam e dall'Iran che accusano la famiglia reale di diffondere odio razziale tra i figli dell'Unico Dio. A pronunciare questa odiosa blasfemia è stato il Principe Khaled al-Faisal  presso la Tv di Stato Saudita al-Arabiya e presso il quotidiano inglese International Business Times. Al-Faisal ha affermato che il disastro è stato opera di qualche centinaia di pellegrini africani che non hanno rispettato le misure di sicurezza ed hanno iniziato a spingere creando un panico incontrollabile. L’accusa rivolta ai fedeli africani è stata ripresa dal ministro della Sanità Khaled al-Falih in un'intervista alla televisione El-Ekbbariya. “Molti pellegrini africani si sono mossi senza rispettare i tempi previsti dalle autorità creando una calca impossibile da gestire e il conseguente panico e l’immensa tragedia. Se questi africani avessero seguito le istruzioni questa tragedia non sarebbe mai avvenuta”, dichiara il ministro.

Di opposto parere le autorità iraniane. Senza mezzi termini il vice ministro degli Esteri: Hossein Amir Abdollahian accusa l’Arabia Saudita di comportamento irresponsabile affermando che l’unica responsabilità è da imputare al governo saudita per non aver trascurato le misure di sicurezza. Il responsabile per l'organizzazione iraniana del Haji alla Mecca: Said Ohadi, afferma che l’incidente è stato causato dall'insensata decisione delle autorità saudite di chiudere uno dei due passaggi che portano sul luogo dove si gettano le pietre.

Ad aggravare la situazione dopo la chiusura di uno dei due passaggi la polizia saudita ha costretto con la forza i pellegrini ad incanalarsi lungo l’unico passaggio rimasto aperto creando un eccessivo numero di pellegrini che si sono prima imbottigliati nel passaggio e poi hanno cercato vie di fuga. È li che è iniziata la mattanza”, spiega un esperto di sicurezza iraniano. A supportare la sua tesi c'è un video amatoriale pubblicato su YouTube che mostra la dinamica dell’incidente.

Lo spregevole tentativo di offrire una spiegazione all’incidente dando la colpa agli africani è stato attuato dalla Monarchia per nascondere le proprie criminali responsabilità tentando di dirottare la tragedia sui binari dell'odio razziale. Una lunga lista di incidenti di massa con centinaia di morti è negli annuali della storia del Haji in Terra Santa. 2 luglio 1990 piana di Arafat a Mina: 1426 morti. 23 maggio 1994 sempre a Mina 270 morti. 9 aprile 1998 Jamarat Bidge: 118 morti. 5 marzo 2001 Mina: 35 morti. 11 febbraio 2003 Mina: 14 morti. 1 febbraio 2004 Mina: 251 morti. 12 gennaio 2005, Mina: 346 morti.

Quasi ogni anno si ripete un macabro teatrino. Le autorità saudite assicurano che hanno perfezionato le misure di sicurezza e subito dopo avvengono le tragedie. Ormai andare in pellegrinaggio alla Mecca si rischia la vita. Il tentativo di dirottare le responsabilità sui binari di razzismo è coerente con la storia e la cultura Saudita verso gli africani. Il paese per secoli ha inviato spedizioni in Africa per comprare gli schiavi dalle varie tribù africane. La schiavitù in Arabia Saudita è stata ufficialmente abolita solo nel 1962 sotto pressioni del presidente americano Kennedy.

Secondo gli studi fatti dal giornalista Daniel Greenfield del Freedom Center a New York l’Arabia Saudita è di fatto un paese schiavista dove si applica l’Apartheid. Il 10% delle popolazione saudita è nera, discendenti degli schiavi portati nel paese. A questa minoranza sono di fatto negati i diritti civili. Un saudita di origini africane non può accedere a posizioni nel governo o diventare ufficiale nella polizia e nell’esercito. Diverse donne nere saudite sono state imprigionate, torturate o uccise con l’accusa di aver praticato la “Magia Africana”. Secondo le indagini di Greenfield la monarchia e la casta religiosa saudita detengono ancora centinaia di schiavi africani nei loro domini nonostante che la schiavitù sia abolita da 53 anni. Le indagini sono state confermate anche da Ali Al-Ahmed, direttore dell’Istituto degli Affari del Golfo. Sheik Saleh Al-Fawzan una delle più alte autorità religiose dell'Arabia Saudita ha recentemente affermato che la schiavitù fa parte dell'Islam: “La schiavitù di esseri inferiori è naturale. Fa parte delle proprietà degli esseri umani. Un diritto regolato e normale”, afferma Al-Fawzan.

In Arabia Saudita ci sono circa 9 milioni di lavoratori stranieri tra i quali 4 milioni di africani. La totalità di essi lavora senza diritti sindacali. Periodicamente si effettuano delle espulsioni di massa come quella compiuta nel dicembre 2014 dove 115.465 etiopi sono stati espulsi dopo essere stati arrestati e bastonati selvaggiamente. Prima delle espulsioni le autorità informano i datori di lavoro dando loro l’occasione di inserire nelle liste dei “clandestini” dei loro lavoratori africani a cui devono un anno o più di salario, risolvendo così il problema. Le violenze domestiche sulle donne africane sono arrivate ad un punto di allarme che vari paesi africani hanno aperto inchieste ufficiali contro il regime saudita.

Ad ogni inchiesta aperta la monarchia invia suoi emissari per offrire cospicue somme di denaro ai paesi africani al fine di archiviare i casi giuridici. Anche i pellegrini musulmani africani (Ciadiani, Senegalesi, Nigeriani, Nigerini, Sudanesi, Ghanesi, ecc.) ricevono un trattamento da bestie durante il pellegrinaggio santo alla Mecca. Gli avvertimenti di vari Imam sulla blasfemia del razzismo sono ignorati dalla Monarchia che si fonda (a suo parere) sul vero insegnamento dell'Islam. Secondo vari Imam il Corano vieta il razzismo in generale e in assoluto tra i fedeli musulmani.

Il razzismo e la schiavitù riservata agli africani rientra nella gestione del potere dalla famiglia reale retta dall’attuale re Salman bin Abdulaziz Al Saud. La famiglia reale ha il potere assoluto nel paese che si regge sul petrolio e sull’abile piano di aver creato dei luoghi sacri come la Mecca proclamandosi il paese del vero Islam (quello di tradizione sunnita). La famiglia reale non è altro che un insieme di sette famiglie beduine imparentate tra di loro su cui ruotano dodici clan di beduini che giurano lealtà ed obbedienza in cambio di potere e favori. Oltre le sette famiglie e i dodici clan non esiste altro. Il resto della popolazione e gli stranieri sono considerati degli esseri inferiori, compresi gli alleati europei e americani.

L'Arabia Saudita detiene il record assoluto di condanne a morte. Nel 2014 sono state decapitate 88 persone. Nel primo semestre del 2015 siamo arrivati a 102 persone decapitate. Pochi giorni fa Ali Mohammed Al-Nimr, 21enne, figlio di un oppositore sciita, arrestato nel 2012 quando aveva appena 17 anni è stato condannato alla morte per crocifissione per aver manifestato contro la Monarchia. 

Leone Grotti, giornalista, in un suo recente articolo: “Capolavoro all’Onu. Da oggi a vigilare sui diritti umani ci sarà l’Arabia Saudita” (http://ninofezzacinereporter.blogspot.it/2015/09/capolavoro-allonu-da-oggi-vigilare-sui.html) descrive la situazione nel paese come “Zero Diritti”. “L’elenco delle violazioni dei diritti umani che avvengono in Arabia Saudita è lungo: dal trattamento delle donne a quello delle persone non islamiche, dalla violazione della libertà religiosa alla negazione della libertà di espressione, dallo sfruttamento disumano dei migranti per lavoro al trattamento riservato agli omosessuali, che possono incorrere anche nella pena di morte, per non parlare della rigidissima applicazione della sharia”, spiega Grotti.

Nella politica estera la Monarchia Saudita è ingaggiata in una guerra santa contro gli sciiti e l’Iran. Ha creato e finanziato i peggiori gruppi terroristici da Al-Qaeda all'ISIL e recentemente ha invaso e distrutto lo Yemen per impedire che cadesse sotto influenza iraniana. L'aggressione saudita dello Yemen è stata catastrofica per questo paese tra i più poveri al mondo. Fino ad ora l’esercito saudita ha ucciso 4.300 civili utilizzando ogni tipo di arma proibita: dalle bombe cluster al fosforo. I soldati sauditi hanno saccheggiato diversi siti archeologici e privato di cibo e acqua interi villaggi accusati di appoggiare l’opposizione armata sciita. Sul piano militare le forze della coalizione saudita stanno fallendo l’obiettivo di stabilizzare il paese. La guerriglia Houthi (data per distrutta) pochi giorni fa ha nuovamente attaccato in forze la capitale.

La Monarchia è odiata dalla maggioranza della popolazione saudita ma si tiene al potere grazie ai petrodollari e alle alleanze occidentali. Alleanze che arrivano a livelli scandalosi e inammissibili. Il Consiglio Onu per i diritti umani (che ha come scopo quello di rafforzare, promuovere e proteggere i diritti umani nel mondo) ha dato la presidenza di quest’anno alla Arabia Saudita che non ha mai firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La presidenza è stata data sotto pressione degli Stati Uniti e della Francia. Per offrire la presidenza alla Arabia Saudita le Nazioni Unite hanno bloccato la candidatura di paesi meritevoli quali Giappone, Vietnam, Maldive e Corea del Sud.

L’annuncio, comprensibilmente, ha destato molta perplessità. Hillel Neuer, direttore di UN Watch, un'associazione di Ginevra che monitora il lavoro in difesa dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha commentato così la notizia: «È scandaloso che l’Onu abbia scelto un paese che ha giustiziato più persone dello Stato islamico quest’anno per presiedere il Consiglio dei diritti umani. Petrolio, dollari e politica nuocciono a questi diritti».

Durante la Festa del Sacrificio la Monarchia Saudita ha compiuto due crimini blasfemi ed esecrabili. Il primo sottovalutando le norme di sicurezza nella città santa di Mina e il secondo conducendo raid aerei contro i civili nello Yemen uccidendo decine di persone. Affiancato ai bombardamenti aerei un gruppo terroristico affiliato all'ISIL nello Yemen e finanziato dall'Arabia Saudita ha fatto esplodere una moschea sciita nella capitale, Sanaa, causando dodici morti e circa 40 feriti. Eid al-Ahda è la festa più sacra dell'Islam dove le famiglie si riuniscono nella gioia e nell’amore. La Monarchia saudita dimostra di avere un particolare concetto di questa festa sacra da Mina a Saana. Il ricongiungimento familiare per molti è avvenuto nel “aldilà” grazie alla Arabia Saudita.

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