Nasce il passaporto africano

Frammenti Africani

Frammenti Africani è un resoconto giornalistico di tematiche complesse del Continente Africano, futuro epicentro economico mondiale, dove coesistono potenze economiche e militari, crescita economica a due cifre, guerre, colpi di stato, masse di giovani disoccupati e una borghesia in piena crescita.
Un mosaico di situazioni contraddittorie documentate da testimonianze di prima mano e accuratamente analizzate per offrire un'informazione approfondita sulla politica, economia e scoperte scientifiche di un mondo in evoluzione pieno di paradossi.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Dic 26

Nasce il passaporto africano

Entro il 2020 l’Unione Africana introdurrà il passaporto unico per tutti i paesi del continente. Un progetto inserito nella Agenda 2063, che ha come obiettivo rendere l’Africa indipendente dall’Occidente creando il quarto polo economico politico mondiale realizzando così gli antichi sogni del Pan Africanismo

di Fulvio Beltrami

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L’Unione Africana si è impegnata a creare un unico passaporto per tutti i paesi africani entro il 2020. Il passaporto eliminerà la richiesta di visti e aumenterà gli scambi socio culturali ed economici tra i diversi Stati del Continente. Il progetto è stato annunciato sabato 12 dicembre dal Commissario per gli Affari Politici dell’Unione Europea, il Dr. Aisha Abdullahi. Il passaporto non annullerà la cittadinanza di origine (che sarà inserita nel documento) né darà diritto a votare in un paese dove non si risiede permanentemente per almeno dieci anni. Il passaporto africano garantirà oltre al libero movimento delle persone anche la libera scelta di studiare, lavorare e vivere nel paese preferito.

Varie perplessità sono state evidenziate. Il passaporto potrebbe creare dei problemi nella gestione dei flussi migratori creando il fenomeno di migrazioni non controllate di cittadini provenienti dai paesi africani poveri o in guerra civile verso paesi africani stabili e in crescita economica, creando tensioni sociali. I recenti attacchi xenofobici avvenuti in Sud Africa sono un campanello d’allarme che il progetto del passaporto unico deve prendere seriamente in considerazione. Un altro dubbio è se il passaporto unico verrà accettato dai paesi, occidentali, americani ed asiatici. Anche in questo caso vi potrebbero essere delle resistenze legate sempre al controllo dei flussi migratori.

Nonostante queste perplessità l’Unione Africana sembra determinata a portare avanti il progetto e a convincere tutti gli Stati Membri ad accettarlo. Al momento solo due paesi hanno dichiarato il pieno consenso al passaporto unico africano: il Rwanda e le Isole Mauritius. Il consenso dato dal Rwanda trova una spiegazione sul problema demografico interno. Il paese, di estensione eguale alla Lombardia, conta 11,3 milioni di abitanti con una densità di 445 persone per chilometro quadrato. La mancanza di spazi e di terre coltivabili è evidente e potrebbe portare nel futuro a seri problemi sia economici che sociali. Un lusso che il paese non può permettersi visto l’orribile passato del regime HutuPower culminato nel genocidio del 1994.

Fino ad ora il Rwanda ha tentato di risolvere il problema della sovrappopolazione con campagne di sensibilizzazione per ridurre il numero di figli e incoraggiando la nascita di nutrita diaspora all’estero che funge anche come lobby politica e finanziatore del Rwanda tramite le rimesse alle famiglie. Come agenda politica non dichiarata il Rwanda guarda alle terre vuote ed incolte all’est del Congo, considerandole come naturale espansione territoriale come era normale nel passato pre coloniale. Il passaporto unico africano renderebbe più facile per i ruandesi emigrare in altri paesi in cerca di lavoro e diminuire cosi la pressione demografica evitando future e pericolosi tensioni sociali.

Fino ad oggi gli spostamenti transfrontalieri nel Continente sono assicurati tra gli Stati confinanti tramite l’uso di un lascia passare normalmente valido per una settimana e utilizzato dai commercianti per gli scambi commerciali tra le città di frontiera come per esempio Goma (Congo) e Gyseni (Rwanda). Il primo passaporto transnazionale che nascerà nel Continente è il passaporto elettronico della East African Community (Comunità Economica dell’Africa Orientale). I cittadini degli Stati Membri: Burundi, Kenya, Rwanda, Tanzania e Uganda potranno visitare o risiedere nel paese della EAC che desiderano mostrando il loro documento d’identità. Il passaporto servirà come documento di viaggio nei paesi africani e a livello internazionale. Il passaporto avrà una validità di dieci anni e non darà diritto ad una cittadinanza EAC che è ancora in fase di studio giuridico. Per ora rimarrà valida la cittadinanza di origine che esclude il diritto di voto se non sono trascorsi dieci anni di permanenza continuativa in un paese della EAC che non sia quello di nascita. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno già chiarito che riconosceranno il passaporto unico EAC.

Il passaporto unico africano rientra nella strategia della Agenda 2063 che ha come obiettivo quello di trasformare il Continente Africano nel quarto polo politico ed economico mondiale. L’agenda prevede lo sviluppo industriale e agricolo, la creazione di un unico mercato comune formato dalla federazione degli attuali quattro blocchi economici esistenti nel continente, il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, la diminuzione della povertà e il rafforzamento di sanità ed educazione pubbliche e di qualità. A livello politico sociale l’Unione Africana si è fissata l’obiettivo di eliminare ogni guerra civile, dittatura e cultura del colpo di stato entro il 2063, rendendo i valori democratici irreversibili ed inviolabili. Un obiettivo che dovrà risolvere le attuali tensioni: il terrorismo di matrice islamica, i conflitti in corso a sfondo etnico come in Sud Sudan e in Repubblica Centrafricana. I movimenti indipendentistici quali quelli dei Tuareg in Mali, Oromo in Etiopia e Biafra in Nigeria. I regimi a rischio di politiche genocidarie come il Burundi e i regime dittatoriali dal Sudan alla Guinea Equatoriale.

Spesso tensioni, terrorismo, guerre civili o etniche e dittature sono artificialmente create da potenze occidentali con l’obiettivo di mantenere il controllo sulle materie prime e di ostacolare la crescita economica dei paesi africani. L’Occidente interpreta la Agenda 2063 come un attacco diretto alla sua sopravvivenza economica in quanto è ben consapevole che la nascita di un quarto blocco economico si tradurrà in un drastico ridimensionamento delle attuali possibilità di avere materie prime ed idrocarburi a basso prezzo per sostenere le economie Europea e Americana. Parallelamente al progresso della Agenda 2063 assisteremo a tentativi sovversivi dell’Occidente per impedire la nascita del quarto blocco mondiale.

Tentativi che non esiteranno ad utilizzare il terrorismo islamico e le divisioni etniche. La Nigeria è un classico esempio. Il gruppo terroristico Boko Haram è sospettato di ricevere armi e finanziamenti dalla Francia. Per impedire queste azioni sovversive occidentali non è sufficiente che l’Unione Africana si allei con le potenze emergenti quali Russia, Cina, India, Brasile. Occorre che aumenti la coesione politica tra gli Stati Africani, il concetto universale di democrazia, e scelte comuni sulla scena internazionale. A livello politico economico occorre rafforzare l’indipendenza e la sovranità rispetto alle potenze occidentali senza sostituire i vecchi padroni con nuovi alleati invadenti come la Cina. Un obiettivo più facilmente raggiungibile nei paesi africani di area anglofona rispetto a quelli di aria francofona.

La Francia (che sopravvive grazie all’inganno finanziario del FCFA e alla rapina delle risorse naturali) fino ad ora ha dimostrato di reagire violentemente a qualsiasi tentativo di indipendenza economica politica dei paesi africani che mentalmente ed economicamente Parigi considera ancora sue colonie. La Cellula Africana del Eliseo non esita a distruggere un paese facendolo sprofondare nella guerra civile e nel genocidio per impedire la conquista di una reale indipendenza. Gli esempi della Repubblica Centrafricana e del Mali sono eloquenti.

L’Unione Africana deve essere anche in grado di spezzare il legame con le Agenzie ONU sia militari (caschi blu) che civili (agenzie umanitarie). Le Nazioni Unite hanno già fallito il proprio mandato in Africa per quanto riguarda lo sviluppo socio economico e la pace nel Continente. Diventato autoreferenziale l’ONU trae la sua sopravvivenza economica dalle disgrazie dell’Africa, spesso contribuendo a renderle croniche come la storia della missione di pace ONU in Congo: MONUSCO insegna. Guerra, profughi e povertà sono le linfe vitali per il grande business delle Nazioni Unite che hanno assunto identico atteggiamento mentale dei missionari cattolici: la povertà e le disgrazie come garanzie per mantenere l’influenza e continuare a prosperare.

L’assistenza umanitaria occidentale deve essere sostituita da assistenza umanitaria continentale e da piani di sviluppo in grado di diminuire povertà e disoccupazione. Le crisi e le guerre africane devono trovare una energica, risoluta e rapida risposta da parte della Unione Africana applicando sanzioni, isolando regimi e, all’occorrenza, inviando proprie truppe militari di pronto intervento per riappacificare un paese o abbattere un regime dittatoriale o genocidario. Se l’esempio della Somalia rappresenta un fiore all’occhiello della politica comune africana, il ruolo secondario e subordinato adottato dall’Unione Africana nella crisi burundese rappresenta esattamente il suo contrario.

Nonostante le varie difficoltà l’Unione Africana è intenzionata a realizzare l’Agenda 2063 favorendo la nascita di un quarto blocco economico mondiale. Il passaporto unico africano è uno dei primi passi verso questa direzione assieme alla rete ferroviaria ad alta velocità che collegherà il Continente e la mercato unico africano della Aviazione. In ultima analisi l’Unione Africana si fa erede dei progetti e dei sogni dei primi Pan Africanisti: Henry Sylvester-Williams, Haile Selassie , Ahmed Sekou Toure , Kwame Nkrumah,  Léopold Sédar Senghor che influenzarono la diaspora afro europea e afro americana creando leader Pan Africanisti come Marcus Garvey, Malcolm X e W. E. B. Du Bois oltre a famosi movimenti politici come le Black Panther e il Black Power.

La stessa Unione Africana è una creatura del Pan Africanismo, essendo l’evoluzione della Organizzazione dell’Africa Unita chiamata a rendere realtà il sogno pan africanista di consolidare i legami culturali, sociali, economici e politici del Continente a beneficio delle popolazione e della cooperazione tra gli Stati africani, a scapito del imperialismo e del colonialismo, ahimè di matrice occidentale. L’Agenda 2063 riprende anche il sogno di Muammar Gaddafi degli USA (Stati Uniti d’Africa). Un progetto per cui il discusso ed emblematico leader africano ha pagato con la sua vita in quanto l’occidente, in primis la Francia, non hanno mai perdonato la sua ribellione pur accettando i suoi petrodollari e scambi di favori.

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