Il blog intende mettere in evidenza i risvolti filosofici delle tecnologie attuali più rivoluzionarie e mostrare come molte di queste tecnologie siano state anticipate dal pensiero dei filosofi antichi, in modo da riavvicinare il “classico” allo “scientifico”, il “tecnico” all’“umanistico”, termini che la cultura contemporanea considera radicalmente opposti, ma che parecchi secoli fa costituivano le due metà di una stessa mela.
Mario Abbati
Mario Abbati è nato a Roma nel 1966. Laureato in Ingegneria Elettronica e poi in Filosofia, ha trovato nella scrittura una dimensione parallela a quella di professionista nelle tecnologie dell’informazione.
Ha pubblicato i saggi “Ipercosmo, la rivoluzione interattiva, dai multimedia alla realtà virtuale” e “Manifesto del movimento reticolare”; la raccolta di racconti “La donna che ballava il tango in senso orario”; il romanzo, “Il paradiso delle bambole”.
TAGS
Lug 10
di Mario Abbati
Platone è stato il primo filosofo dell’antichità che ha composto le sue opere a uso e consumo di un pubblico di lettori, il corpus che ci ha tramandato comprende 35 dialoghi (includendo l’Apologia di Socrate che è un monologo) e le Lettere, per non parlare dei dialoghi apocrifi che ancora oggi non sono stati attribuiti. Eppure non tutti sanno che, accanto alla produzione scritta, esisteva una linea segreta, esoterica, ma soprattutto orale, del pensiero platonico che il genio ateniese riservava solo ai suoi adepti: tale linea, tecnicamente, prende il nome di dottrine non scritte.
Giu 30
di Mario Abbati
Per rete o network s’intende una struttura costituita da nodi che possono essere uniti fra loro attraverso connessioni o link; ne risulta un modello teorico che viene attualmente impiegato per spiegare un’infinità di situazioni, ma che ha raggiunto la sua espressione più cristallina nel fenomeno Internet, la rete delle reti.
Giu 18
di Mario Abbati
Alla fine del diciannovesimo secolo, sulla spinta dell’Illuminismo prima e del Positivismo poi, la fiducia sui risultati della scienza raggiunge apici mai toccati in precedenza. È in questo periodo che un logico-matematico tedesco, Gottlob Frege, inventa il concetto di sistema formale. Un sistema formale è la miscela di più ingredienti: prima di tutto un alfabeto, ossia un insieme di simboli su cui agisce una grammatica che specifica come i simboli si possono combinare fra loro e dar luogo a formule; quindi gli assiomi, cioè formule speciali ritenute assolutamente vere che costituiscono i punti di partenza dei procedimenti dimostrativi; infine i teoremi, ossia le formule conclusive delle dimostrazioni che si ottengono dagli assiomi applicando una o più volte le cosiddette regole d’inferenza.
Giu 6
di Mario Abbati
Uno degli effetti sciagurati del processo di unificazione dell’Italia, nella seconda metà dell’Ottocento, fu l’azzeramento economico e culturale di una regione che da sempre si era segnalata come una delle più sviluppate del Mediterraneo. Mi riferisco alla fascia di territorio peninsulare compresa fra la Campania e la Sicilia che, saltando con la macchina del tempo dalla Magna Grecia alla dominazione araba e poi al Regno delle Due Sicilie, fece da culla a una delle civiltà più fiorenti d’Europa; fino alla brutale invasione dei piemontesi che in pochi anni cancellò il paziente lavoro dei secoli, dando inizio a una fase di decadenza che ancora oggi non si è arrestata.
Giu 2
di Mario Abbati
Uno dei filosofi presocratici che viene più spesso sottovalutato per i contenuti del suo pensiero è Zenone, vissuto nel V secolo a.C.ad Elea, in Magna Grecia, nella zona che corrisponde all’attuale Cilento. I suoi paradossi, tramandati fino a noi soprattutto grazie agli scritti di Aristotele, risultano talmente indigesti al senso comune che, sia i filosofi che nacquero dopo di lui, sia professori e studenti dell’epoca contemporanea, dopo letture più o meno superficiali tendono a bollarli come esercizi di pura astrazione. Eppure, dietro le immagini surrealiste che i paradossi di Zenone evocano in chi è abituato a ragionare secondo il linguaggio della scienza moderna, emerge uno spirito critico che mette in discussione le categorie irrinunciabili su cui si fonda qualsiasi discorso scientifico – lo spazio e il tempo – preannunciando con oltre due millenni di anticipo i risultati scandalosi della teoria della relatività di Albert Einstein.
Mag 27
di Mario Abbati
In quanto cittadini legalmente iscritti all’era digitale, ognuno di noi possiede un computer, un telefono cellulare più altri accessori che le impietose leggi di mercato da una parte e i bombardamenti pubblicitari dall’altra rendono sempre più irrinunciabili se non vogliamo essere esclusi dal sistema. Nonostante la varietà di hardware e software disponibili in commercio, il funzionamento di questi dispositivi, a livello più basso, si basa su segnali elettrici i cui valori rimbalzano fra due stati esclusivi, indicati con le cifre 0 e 1, e che per tale motivo si chiamano segnali binari o bit: che sia un messaggio che ci scambiamo attraverso il cellulare, un filmato che scarichiamo da internet o un videogioco che visualizziamo sullo schermo del televisore, nei circuiti elettrici di questi apparecchi viaggeranno inevitabilmente segnali elettrici che possono essere schematizzati con sequenze di 0 e 1.
Mag 4
di Mario Abbati
Le scoperte della scienza moderna hanno permesso di stabilire un interessante parallelo fra la composizione della Terra e la materia di cui sono costituiti i suoi abitanti, il che rafforza le quotazioni di chi sostiene che il nostro pianeta sia un organismo e che ciascuno di noi ne imiti la struttura su scala ridotta.
Apr 22
di Mario Abbati
Ho un amico – di cui non posso rivelare il nome per motivi di privacy – che compone poesie. Fin qui nulla di scandaloso. Questo amico ha deciso di partecipare a un premio letterario – di cui non posso rivelare il nome perché il mio amico passerebbe dei guai – ha impacchettato le poesie in una silloge e si è iscritto. Fatti di ordinaria normalità. Dopo un paio di mesi, al termine della fase di valutazione, la giuria ha comunicato al mio amico che il vincitore del premio era lui. Capita, non tanto spesso, ma nemmeno così raramente da suscitare una reazione di sorpresa smodata.
Apr 20
di Mario Abbati
Negli anni ’90 del ventesimo secolo sembrava il rimedio per cancellare i mali più terribili dell’umanità, qualunque argomento si tirasse in ballo – dall’arte alla medicina, dal marketing alla sociologia – la realtà virtuale si candidava come tecnologia rivoluzionaria in grado di arricchire il bagaglio delle nostre esperienze superando i limiti palesi dei cinque sensi.
Ah, dimenticavo: per realtà virtuale s’intende una tecnologia che permette a un essere umano di trovarsi in un ambiente simulato, cioè costruito al computer, tale che la sua impressione soggettiva di presenza sia, tendenzialmente, indistinguibile da quella che si prova in un ambiente reale. Detto in soldoni: si equipaggia un utente con un kit di sensori – cuffie, ottiche, protesi tattili e rilevatori di movimento – e lo si spara dentro un ambiente artificiale creato al computer, in modo che ad ogni azione del primo corrisponda una reazione del secondo. Le applicazioni sono le più svariate, basta indossare uno di quei caschi sensoriali dal profilo aerodinamico e si può volare dentro la copia in 3D della Basilica di San Pietro, scendere lungo il corso dell’arteria femorale remando nella marea dei globuli rossi, visitare il progetto simulato del mio futuro appartamento prima ancora che venga costruito.
Ma di che materia sono costituiti i mattoni che compongono gli ambienti virtuali? Sostanzialmente si tratta di triangoli, unendo i quali si compongono tutte le superfici del modello: è un po’ come avere a disposizione un numero enorme, praticamente infinito, di triangoli di tutte le forme e dimensioni e usarli come le tessere di un mosaico per costruire volumi nello spazio; se i triangoli sono sufficientemente piccoli e se ne possono usare quanti se ne vuole, si potrà modellare con essi qualunque superficie anche quelle più curve e irregolari.
Ora leggiamo con attenzione questo corsivo: “E prima di tutto, che fuoco e terra e acqua e aria siano corpi, è chiaro ad ognuno. Ma ogni specie di corpo ha anche profondità; e la profondità è assolutamente necessario che contenga in sé la natura del piano, e una base di superficie piana si compone di triangoli… E tutti questi elementi bisogna concepirli così piccoli che nessuna delle singole parti di ciascuna specie possa essere veduta da noi per la sua piccolezza, ma, riunendosene molte insieme, si vedano le loro masse”.
A parlare è Platone, nel Timeo, uno degli ultimi dialoghi che ci ha tramandato duemilatrecento e rotti anni fa. Al netto della prosa dal sapore accademico, la materia che il filosofo ateniese pone alla radice dei quattro elementi fondamentali – fuoco, terra, acqua e aria – è la stessa materia di cui fa uso la realtà virtuale: un’infinità di minuscoli triangoli che cuciti insieme possono riprodurre qualsiasi mondo possibile.
Una coincidenza? Un’interpretazione anacronistica? O piuttosto l’effetto di una cultura arcaica a tutto tondo, senza compartimenti stagni, che permetteva al libero pensatore di postulare invenzioni avveniristiche pur non disponendo di computer e protesi sensoriali?
Apr 12
di Mario Abbati
Ognuno di noi vive immerso in uno spazio-tempo. Se – come sosteneva uno dei fuoriclasse della filosofia moderna, Immanuel Kant – il nostro cervello non avesse la capacità di percepire gli oggetti all’interno di una scatola che chiamiamo “spazio” e disporli secondo un prima e un dopo che chiamiamo “tempo”, tutta la nostra esperienza sensibile cadrebbe giù come un castello di sabbia durante una mareggiata.
Apr 6
di Mario Abbati
Ci sono due aspetti di me che quando li cito in pubblico suscitano immancabili la stessa reazione di sorpresa mista a sdegno: il segno zodiacale, di fronte al quale soprattutto il pubblico femminile grida allo scandalo additandomi come il più abietto e inaffidabile degli esseri umani; e la carriera universitaria, il fatto cioè che un tizio legittimamente registrato all’anagrafe abbia frequentato nella stessa vita la facoltà d’ingegneria e quella di filosofia, come se stessimo parlando del diavolo e l’acquasanta.