Il blog intende mettere in evidenza i risvolti filosofici delle tecnologie attuali più rivoluzionarie e mostrare come molte di queste tecnologie siano state anticipate dal pensiero dei filosofi antichi, in modo da riavvicinare il “classico” allo “scientifico”, il “tecnico” all’“umanistico”, termini che la cultura contemporanea considera radicalmente opposti, ma che parecchi secoli fa costituivano le due metà di una stessa mela.
Mario Abbati
Mario Abbati è nato a Roma nel 1966. Laureato in Ingegneria Elettronica e poi in Filosofia, ha trovato nella scrittura una dimensione parallela a quella di professionista nelle tecnologie dell’informazione.
Ha pubblicato i saggi “Ipercosmo, la rivoluzione interattiva, dai multimedia alla realtà virtuale” e “Manifesto del movimento reticolare”; la raccolta di racconti “La donna che ballava il tango in senso orario”; il romanzo, “Il paradiso delle bambole”.
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Giu 6
di Mario Abbati
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Uno degli effetti sciagurati del processo di unificazione dell’Italia, nella seconda metà dell’Ottocento, fu l’azzeramento economico e culturale di una regione che da sempre si era segnalata come una delle più sviluppate del Mediterraneo. Mi riferisco alla fascia di territorio peninsulare compresa fra la Campania e la Sicilia che, saltando con la macchina del tempo dalla Magna Grecia alla dominazione araba e poi al Regno delle Due Sicilie, fece da culla a una delle civiltà più fiorenti d’Europa; fino alla brutale invasione dei piemontesi che in pochi anni cancellò il paziente lavoro dei secoli, dando inizio a una fase di decadenza che ancora oggi non si è arrestata.
Fra gli scienziati e i filosofi antichi che nacquero nella Magna Grecia, come Parmenide, Zenone, Gorgia, Filolao, Archimede, è importante soffermarsi su una figura di particolare rilievo perché gli effetti delle sue idee si sono propagati nel tempo fino all’epoca moderna: parlo di Empedocle di Agrigento.
Il contributo più decisivo del pensiero di Empedocle è quello che potremmo chiamare “dinamica del quattro” secondo cui in natura esistono quattro elementi o radici – aria, acqua, terra, fuoco – sempre uguali a se stessi, che mescolandosi grazie al principio attivo dell’Amicizia e separandosi grazie a quello della Contesa, danno origine a tutte le cose, sia nella dimensione cosmica che in quella umana:
“Ma un’altra cosa ti dirò: non vi è nascita di nessuna delle cose mortali, né fine alcuna di morte funesta, ma c’è solo mescolanza e separazione di cose mescolate… Talvolta l'uno si accrebbe ad un unico essere da molte cose, talvolta di nuovo molte cose si disgiungono da un unico essere, fuoco e acqua e terra e l'infinita altezza dell'aria, e la Contesa funesta da essi disgiunta, egualmente tutt'intorno librata, e l'Amicizia fra essi, eguale in lunghezza e larghezza....”
Tutte le elaborazioni successive fondate sulla combinazione di quattro elementi, dai punti cardinali della bussola ai semi delle carte da gioco, dalle stagioni ai 4+4 di Nora Orlandi (per chi se li ricorda), è lecito ricondurle all’intuizione geniale di Empedocle; fino agli anni ’20 del Novecento, quando uno dei padri della psicanalisi moderna, Carl Gustav Jung, inventa, se così si può dire, la teoria dei tipi psicologici. Secondo Jung nella psiche umana operano quattro funzioni principali – Sentimento, Pensiero, Sensazione e Intuizione – assimilabili agli elementi di Empedocle (il pensiero all’aria, il sentimento all’acqua, la sensazione alla terra, l’intuizione al fuoco); a seconda che una persona sia Estroversa, cioè mossa dalla forza dell’Amicizia, o Introversa, cioè mossa dalla forza della Contesa, le quattro funzioni della psiche possono essere combinate fra loro generando tutti i tipi possibili di personalità.
Non è forse lo stesso discorso di Empedocle, traslato dallo spazio-tempo della Magna Grecia a quello dell’Europa novecentesca?
Peccato che la cultura del sud sia stata polverizzata con la nascita della nazione italiana: se Vittorio Emanuele II si fosse ricordato di Empedocle invece di considerare Napoli e Palermo terre di conquista e i suoi abitanti selvaggi da colonizzare, probabilmente l’emigrazione si sarebbe mossa al contrario, da Milano all’ingiù, e parole come “mafia”, “camorra” e “ndrangheta” oggi non esisterebbero in nessun vocabolario.
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