Il blog intende mettere in evidenza i risvolti filosofici delle tecnologie attuali più rivoluzionarie e mostrare come molte di queste tecnologie siano state anticipate dal pensiero dei filosofi antichi, in modo da riavvicinare il “classico” allo “scientifico”, il “tecnico” all’“umanistico”, termini che la cultura contemporanea considera radicalmente opposti, ma che parecchi secoli fa costituivano le due metà di una stessa mela.
Mario Abbati
Mario Abbati è nato a Roma nel 1966. Laureato in Ingegneria Elettronica e poi in Filosofia, ha trovato nella scrittura una dimensione parallela a quella di professionista nelle tecnologie dell’informazione.
Ha pubblicato i saggi “Ipercosmo, la rivoluzione interattiva, dai multimedia alla realtà virtuale” e “Manifesto del movimento reticolare”; la raccolta di racconti “La donna che ballava il tango in senso orario”; il romanzo, “Il paradiso delle bambole”.
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Giu 2
di Mario Abbati
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Uno dei filosofi presocratici che viene più spesso sottovalutato per i contenuti del suo pensiero è Zenone, vissuto nel V secolo a.C.ad Elea, in Magna Grecia, nella zona che corrisponde all’attuale Cilento. I suoi paradossi, tramandati fino a noi soprattutto grazie agli scritti di Aristotele, risultano talmente indigesti al senso comune che, sia i filosofi che nacquero dopo di lui, sia professori e studenti dell’epoca contemporanea, dopo letture più o meno superficiali tendono a bollarli come esercizi di pura astrazione. Eppure, dietro le immagini surrealiste che i paradossi di Zenone evocano in chi è abituato a ragionare secondo il linguaggio della scienza moderna, emerge uno spirito critico che mette in discussione le categorie irrinunciabili su cui si fonda qualsiasi discorso scientifico – lo spazio e il tempo – preannunciando con oltre due millenni di anticipo i risultati scandalosi della teoria della relatività di Albert Einstein.
Per la cronaca, Zenone elaborò in tutto sei paradossi: due per confutare il pluralismo delle cose, quattro contro il movimento. L’enunciato senza dubbio più suggestivo e che considero esemplare per rivalutare lo spessore filosofico di Zenone è il paradosso di Achille e la tartaruga che Aristotele racconta nella Fisica:
“Secondo è l’argomento detto Achille. Questo sostiene che il più lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là di dove si mosse chi fugge, di modo che necessariamente il più lento avrà sempre un qualche vantaggio”.
Gli strumenti matematici di cui si avvaleva Zenone erano elementari, un fiammifero in confronto alla potenza di fuoco del calcolo infinitesimale che venne inventato e messo a punto fra il XVII e il XVIII secolo da giganti del pensiero razionalistico come Leibniz ed Eulero, eppure i risultati che si possono ottenere riscrivendo il paradosso di Achille con la notazione della matematica moderna sono gli stessi di Zenone: ipotizzando che le velocità di Achille e della tartaruga siano rispettivamente Va e Vt, che la tartaruga inizi a muoversi con un vantaggio spaziale L rispetto ad Achille, sfruttando i concetti matematici di serie numerica e di limite, si ricava che Achille raggiungerà la tartaruga in un tempo T = L / (Va – Vt).
Con un piccolo problema: che questa formula, in base al calcolo infinitesimale, è valida solo dopo che sono trascorsi infiniti istanti di tempo, il che conferma che Achille la tartaruga non la raggiungerà mai.
Ma allora qual era il senso intimo dei paradossi di Zenone? Preso atto che ognuno di noi, che sia iscritto o no in palestra, è in grado di vincere una corsa a due con la tartaruga, cos’è che il filosofo di Elea intendeva mostrare dietro l’apparente nonsenso?
Le conclusioni degli enunciati di Zenone si fondano sull’assunto che lo spazio e il tempo siano divisibili all’infinito, cioè che restringendo a piacere un intervallo spaziale o temporale, sia sempre possibile trovare un valore che stia in mezzo agli estremi dell’intervallo. L’unico modo perché Achille superi la tartaruga, quindi, è rivedere da capo questi concetti: piuttosto che grandezze indipendenti che possiamo tagliare e cucire come ci pare, spazio e tempo vanno considerati parti costituenti di un tutt’uno di ordine superiore. È questa l’intuizione geniale che Zenone ci trasmette con i paradossi, peccato che bisognerà aspettare duemilacinquecento anni perché un tedesco coi baffoni bianchi trasformi quel messaggio criptato in uno dei capisaldi della fisica contemporanea.
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