Il blog intende mettere in evidenza i risvolti filosofici delle tecnologie attuali più rivoluzionarie e mostrare come molte di queste tecnologie siano state anticipate dal pensiero dei filosofi antichi, in modo da riavvicinare il “classico” allo “scientifico”, il “tecnico” all’“umanistico”, termini che la cultura contemporanea considera radicalmente opposti, ma che parecchi secoli fa costituivano le due metà di una stessa mela.
Mario Abbati
Mario Abbati è nato a Roma nel 1966. Laureato in Ingegneria Elettronica e poi in Filosofia, ha trovato nella scrittura una dimensione parallela a quella di professionista nelle tecnologie dell’informazione.
Ha pubblicato i saggi “Ipercosmo, la rivoluzione interattiva, dai multimedia alla realtà virtuale” e “Manifesto del movimento reticolare”; la raccolta di racconti “La donna che ballava il tango in senso orario”; il romanzo, “Il paradiso delle bambole”.
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Mag 4
di Mario Abbati
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Le scoperte della scienza moderna hanno permesso di stabilire un interessante parallelo fra la composizione della Terra e la materia di cui sono costituiti i suoi abitanti, il che rafforza le quotazioni di chi sostiene che il nostro pianeta sia un organismo e che ciascuno di noi ne imiti la struttura su scala ridotta.
L’elemento fondamentale su cui si gioca questo parallelismo è l’acqua: si stima che il 70% della superficie planetaria sia ricoperto d’acqua; se si analizza la composizione chimica del corpo umano si perviene a un risultato analogo, ossia che il 70% del nostro corpo è composto d’acqua, con valori massimi intorno al 75% nei bambini e del 50% nella terza età. Entrambi i risultati oramai fanno parte del nostro bagaglio di verità irremovibili, sono nozioni che ci vengono impartite da quando frequentiamo la scuola elementare e che abbiamo trasferito nella collezione dei luoghi comuni.
Eppure si tratta di scoperte relativamente attuali: la nascita ufficiale dell’oceanografia moderna viene fatta risalire al 1872; guarda caso lo stesso periodo in cui si segnalano i primi esperimenti di essicazione di cadaveri per determinare la composizione chimica del corpo umano, tecniche che verranno affinate nei decenni successivi con l’utilizzo di isotopi radioattivi solventi che permettevano di ottenere risultati più precisi su corpi umani ancora in vita. Benché la storia dimostri che nella stragrande maggioranza dei casi è impossibile decidere chi sia stato il capostipite ufficiale di una scoperta scientifica, è innegabile che la scienza moderna consideri i due casi in questione – la composizione della superficie terrestre e quella del corpo umano – come sue conquiste esclusive.
Ma purtroppo non è così.
Di lui non esistono notizie precise, non ha lasciato frammenti scritti, si dubita perfino che abbia prodotto qualche opera per tramandare ai posteri il suo pensiero, insomma un mistero quasi assoluto, però tutti quelli che hanno filosofeggiato dopo di lui, a partire da Platone, che lo annovera fra i sette sapienti, e Aristotele, sono concordi su un caposaldo fondamentale del suo pensiero, cioè che secondo lui – chiedo scusa, sto parlando di Talete di Mileto – il principio di tutte le cose è l’acqua. Non solo l’acqua è il costituente fondamentale del mondo ma al suo interno contiene anche un principio dinamico in grado di modellare le cose, insomma, l’acqua secondo lui è vita.
Pur non avendo a disposizione una tecnologia avanzata, pur non essendo iscritto ad Harvard o al MIT, basandosi esclusivamente sulla forza dell’immaginazione, Talete di Mileto, duemilaseicento anni fa, aveva già capito tutto del mondo. O perlomeno l’aveva capito al 70%.
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