Venezuela. Ombre e dubbi di una protesta genuina

Behind The News

Dagli anni Novanta i media italiani hanno subito un'involuzione sulla qualità delle notizie estere a causa delle esigenze finanziarie di tagliare i costi per i corrispondenti ed inviati nel principali Paesi e nei principali teatri di guerra.
La mancanza delle grandi firme dei Reporter Italiani ha costretto i media italiani ad affidarsi a notizie delle principali agenzie stampa internazionali che monopolizzano l'informazione standardizzandola.
Questo sistema riduce i costi ma priva il lettore di un'informazione pluralista e di analisi approfondite sui principali temi di politica ed economia mondiale.
Behind the News (dietro la notizia) intende ripristinare questo essenziale servizio destinato al lettore proponendo informazioni ed analisi inedite sui principali avvenimenti mondiali andando oltre la semplice notizia per capire le ragioni celate dietro il sipario.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

TAGS

Newsletter
Behind The News

Mar 1

Venezuela. Ombre e dubbi di una protesta genuina

Manifestazioni studentesche, violenza della polizia, Governo e presidente sotto assedio dalla popolazione che rifiuta la dittatura comunista. Questi sono stati i messaggi diffusi dai media occidentali sulla crisi in Venezuela. Troppo semplici e lineari per essere veri. Tre esponenti del mondo accademico Venezuelano, stimati in tutta l’America Latina, ci offrono un’altra versione dei fatti

di Fulvio Beltrami

venezuela, proteste studentesche, stati uniti, hugo chaves, socialismo, nicolas maduro, leopoldo lopez, propaganda, disinformazione

Le manifestazioni studentesche iniziate il 12 febbraio scorso e guidate dall’opposizione contro le politica del governo di Nicolas Maduro hanno fatto già dieci morti. Le manifestazioni si dichiarano di massa e pacifiche.

Il leader dell’opposizione Leopoldo Lopez è agli arresti accusato di incitare i disordini e le violenze. Diplomatici americani espulsi dal Paese per presunte attività eversive. Barricate e scontri nelle maggiori città del Paese. Morti e violenze perpetrate da polizia, esercito e gruppi paramilitari vicini al Chavismo. La protesta sta coinvolgendo anche le fasce di popolazione più moderate. Fallimento economico del Socialismo in chiave Latinoamericana e aumento della criminalità.

In sintesi: una dittatura comunista che tenta di sopravvivere nonostante il malcontento popolare, la grave crisi economica e la violenza della criminalità comune ormai incontrollabile. Questo è quanto l’informazione occidentale ha veicolato alla propria opinione pubblica.

Le recenti proteste del Venezuela non rappresentano certo una novità. L’opposizione di destra che capeggia il capitalismo selvaggio, ha tentato di spodestare Hugo Chavez da quando divenne presidente nel 1999 regolarmente perdendo ogni elezione per mancanza del necessario supporto popolare per vincerle e tentando persino un colpo di Stato (2002) in collaborazione con la Cia.

La novità consiste nella metodologia che vari media internazionali hanno adottato nel presentare questo movimento studentesco. La stessa adottata per la crisi in Ucraina. Da una parte si hanno gli studenti, portavoce delle speranze di libertà della popolazione e dall’altra un feroce regime comunista, quello Venezuelano, succube a Cuba. Incredibile constatare come la maggioranza degli articoli comparsi sui media italiani abbiano come uniche fonti i siti di opposizione venezuelana, noti per la loro parzialità.

La realtà, come spesso accade, è più complessa di quella presentata.

Come è nata questa protesta? È veramente pacifica? Quali sono gli obiettivi politici? Esistono le interferenze degli Stati Uniti?

Il professore di Scienze Politiche dell'Università Centrale del Venezuela: Carlos Romero, la sociologa Venezuelana Marìa Pàez Victor e il professore di Scienze politiche presso l'Università Boliviana del Venezuela: Crhis Gilbert, offrono delle risposte.

Per le loro testimonianze credibili ed indipendenti sono stati ignorati dalla maggioranza dei media occidentali mentre i loro articoli ed interventi sono stati ripresi dai più importanti media latinoamericani.

La protesta è iniziata durante la celebrazione del “Giorno della Gioventù” che avviene ogni anno presso la città di La Victoria, nello Stato di Aragua in memoria a José Félix Ribas, l’eroe nazionale che 200 anni fa guidò una ribellione di giovani contro la dittatura.

Mentre il presidente Nicolas Maduro, da 10 mesi alla guida del Paese, stava celebrando presso La Victoria, nella capitale: Caracas l'opposizione ha organizzato una contro manifestazione composta prevalentemente da studenti bianchi della media borghesia che frequentano le Università private.

Verso la fine della contro manifestazione bande di estrema destra hanno attaccato gli uffici del Procuratore generale nel centro della capitale lanciando sassi, mattoni e cocktail Molotov.

Il governo ha mobilitato i nuovi reparti della polizia addestrati nel rispetto dei diritti umani ma la violenza dei manifestanti è stata talmente incontrollabile che lo scontro è stato inevitabile, lasciando alla fine della giornata tre morti e varie decine di feriti tra gli studenti e i poliziotti, quest’ultimi che tentavano di separare gli elementi di estrema destra dalla maggioranza dei manifestanti.

Dagli episodi del 12 febbraio tutte le manifestazioni sono state caratterizzate da una premeditata violenza da parte dei giovani dimostranti che continuano ad affermare ai media occidentali il carattere non violento delle loro manifestazioni. La polizia tenta di contenere il più possibile queste violenze evitando l’intervento dell'esercito.” Spiega il Professore di Scienze Politiche Crhis Gilbert.

Dopo che il leader storico della destra Venezuelana, Leopoldo Lopez si è arreso alla polizia la maggioranza delle proteste violente nella capitale sono cessate. Si sono registrati casi di violenza solo a Valcencia, la seconda città del Paese. Ora le manifestazioni in corso sono pacifiche e sembrano scomparsi i gruppi di estrema destra.

Ironicamente le manifestazioni studentesche contro il presidente Maduro erano concentrate sulla richiesta delle sue dimissioni basate sull'incapacità di fermare la violenza e la criminalità nel Paese.

I manifestanti non rappresentano la popolazione venezuelana e nemmeno il movimento universitario. Gli studenti delle Università pubbliche non hanno raggiunto la minoranza privilegiata che studia in quelle private.

Essendo le manifestazioni condotte da un'esigua ma violenta minoranza della popolazione la richiesta di dimissioni di un presidente democraticamente eletto dieci mesi prima rappresenta un evidente tentativo eversivo di abbattere un governo democratico con l’uso della forza.

Uno dei principali problemi in Venezuela è la creazione di opposizioni radicali e violente per ottenere il potere.

Le manifestazioni sono state volutamente violente per un semplice calcolo politico: il sangue versato nelle strade indebolisce il governo democraticamente eletto e rafforza l’opposizione che ha creato queste violenze.

È il gioco del martire che il leader Leopoldo Lopez ha tentato di giocare prendendo l’esempio della rivolta in Ucraina, senza calcolare le conseguenze. Ora in parte della Ucraina si sono formate milizie armate composte dalla popolazione di origine russa e supportate dall'Armata Rossa. Il Paese è sull’orlo della guerra civile.

Il governo ha accusato i servizi segreti americani di assistere sul terreno i manifestanti, ragione principale per l’espulsione dei diplomatici Statunitensi.

Su questo punto nutro dei dubbi.

Nel colpo di Stato del 2002 vi sono prove inconfutabili che i servizi segreti americani erano presenti in Venezuela e organizzarono l’opposizione su diretti ordini della Amministrazione Bush.

Il presidente Hugo Chavez fu arrestato e un nuovo presidente filo americano istallato. Chavez sarebbe stato ucciso e il Venezuela ritornato ad essere una Repubblica delle Banane se non fosse intervenuta la maggioranza dell'esercito fedele alla democrazia che costrinse il nuovo presidente a rifugiarsi in Columbia e riponendo Hugo Chavez alla Presidenza.

Le proteste studentesche del 2014 sono inserite in un contesto storico totalmente diverso dove, nonostante la morte di Hugo Chavez, i suoi ideali democratici e di giustizia sociale si sono rafforzati tra la maggioranza della popolazione, contrastati ferocemente solo dalla minoranza della media alta borghesia che sta veramente soffrendo sotto il Socialismo Chavista, vedendosi quotidianamente ridursi i loro antichi privilegi.

Non credo che l'amministrazione Obama rischi fino al punto di inviare agenti per promuovere una ribellione. Barack Obama è più raffinato di George Bush. Sono convinto che si sia limitato a finanziare la protesta, e a supportarla a livello mediatico. Dubito che si sia spinto oltre”. Spiega il Professore Carlos Romero.

All’interno dell’opposizione ci sono degli elementi realmente democratici e rispettosi della legge; ma, purtroppo, la maggioranza è anti-democratica.

Negli ultimi giorni i leader dell’opposizione, i due parlamentari Leopoldo Lòpez e Maria Corina Machado, hanno incitato a nuova violenza. Disordini orchestrati, con sabotatori professionali e manipolazione dei giovani, hanno causato la morte di dieci persone e il ferimento di oltre 100.

Su Twitter abbondano messaggi di incitamento ad uccidere il presidente Maduro. Un messaggio di Twitter ha addirittura riportato i dettagli precisi della scuola del figlio del presidente dell'Assemblea Nazionale Diosdano Cabello, suggerendo il rapimento del bambino.

Il Procuratore generale, che è una donna, è stato fisicamente aggredito ed i suoi uffici saccheggiati. Nella stesso giorno un'auto della polizia data alle fiamme, un'associazione culturale devastata e si è tentato di assassinare il Governatore della Casa di Tachira assieme alla sua famiglia.

Gli atti di violenza dell’opposizione sono ormai una costante della vita politica Venezuelana da molto tempo.

Nell'ottobre 2013 il candidato presidenziale: Henrique Capriles, dopo la sua quarta sconfitta consecutiva ha apertamente incitato ad una violenta protesta con queste precise parole: -Scendete in piazza e mostrate il volto della vostra rabbia – Il risultato è stato di 10 persone morte (di cui una bambina di soli cinque anni), 178 feriti, 19 cliniche incendiate e vari medici cubani costretti alla fuga per mettersi in salvo.

La tattica è la stessa adottata dall’opposizione non-democratica negli ultimi 15 anni dalla prima elezione del presidente Hugo Chavez. Stessa identica tattica usata nelle cosiddette Rivoluzioni Arcobaleno nell'Europa dell'Est, in Libia, in Siria, in Egitto e ora in Ucraina.

Lo scopo è quello di creare una parvenza di caos, di provocare le forze di polizia, di screditare il governo attraverso i principali media internazionali per favorire disordini civili, o anche una guerra civile (come è avvenuto con successo in Siria); e, infine, promuovere le giuste condizioni per un cambiamento di regine, un intervento o un’occupazione internazionale.

Tuttavia, il Venezuela non è in Medio né nel Vicino Oriente e il suo governo è una democrazia partecipativa che gode di una maggioranza molto solida, del sostegno di tutte le istituzioni chiave in uno stato di diritto e dell’appoggio dei suoi paesi confinanti. Inoltre, la popolazione è organizzata in comunità molto coese, non è una massa amorfa.

La posta in gioco è alta perché il paese ha le più grandi riserve di petrolio conosciute e sono a un tiro di schioppo da Washington.” Spiega la sociologa Marìa Pàez Victor.

Quali sono gli obiettivi politici delle manifestazioni studentesche?

Per rispondere occorre comprendere la situazione generale del Paese dall'inizio di quest’anno.

A seguito delle sconfitta elettorale dell’opposizione lo scorso dicembre, la destra venezuelana è maggiormente divisa e debole rispetto al passato.

Il Movimento Boliviano è impegnato a gestire un malcontento generale dovuto a una crisi economica causata da tre fattori: la crisi globale, l'incapacità di completare la rivoluzione socialista per ora sostituita da un ibrido di misure socialiste e capitalismo di stato dove è riaffiorata la corruzione e dal sistematico boicottaggio economico della borghesia nazionale e degli Stati Uniti.

Entrambi gli schieramenti si trovano quindi in difficoltà. Mentre il governo tenta di migliorare la situazione economica l’opposizione ha individuato come unico mezzo per sopravvivere in attesa delle prossime elezioni le manifestazioni studentesche.

In questo modo è facile attirare l’opinione pubblica occidentale dalla sua parte ma non i Chavisti disillusi che, paradossalmente, ritornano compatti a difendere il Socialismo Venezuelano.

Trovo comunque esagerato definire Leopoldo Lòpez e Maria Corina Machado, i soli ideatori delle attuali violenze. Sono entrambi politici sperimentanti e cinici, continuamente consigliati dalla Casa Bianca furiosa di aver perso il controllo sul petrolio Venezuelano.

Tuttavia non credo che Lòpez e Machado siano così pazzi da pensare che delle immagini televisive di studenti medio borghesi che attaccano la polizia e bruciano le proprietà pubbliche possano attirare dalla loro parte i Chavisti scontenti dell’attuale Governo. Se lo pensano veramente allora sono impazziti.

Neanche il nucleo duro del loro elettorato si è unito alle manifestazioni. Hanno semplicemente delegato gli studenti, cioè i loro figli, e stanno ad osservare.

Non vi è la possibilità di un colpo di stato essendo l’esercito ancora fedele agli ideali Repubblicani e il movimento Chavista ancora con una forte presa sulle masse popolari.

Dinnanzi a questa situazione è altamente improbabile che gli Stati Uniti pensino a medio terminie di armare gli studenti per iniziare una guerra civile, come hanno fatto nelle rivolte in Libia e Siria.

La prospettiva più plausibile è una lenta decrescita delle manifestazioni poiché gli studenti borghesi presto si stancheranno di mettere a rischio la loro vita se non vedono la maggioranza della popolazione unirsi alla loro protesta.

Sono dei giovani apolitici attaccati ai gadget informatici, ai Smart Phone e alla vita artificiale dei Social Network come Facebook, non dei rivoluzionari.

Alcuni di loro potrebbero pensare di passare ad atti terroristici, un'eventualità che mi sento comunque di escludere.

A seguito di un fallimento delle attuali proteste potrebbe verificarsi un cambiamento di leadership all’interno dell’opposizione e la fine delle carriere politiche di Leopoldo Lòpez e Maria Corina Machado, sostituiti con figure politiche più mature.” Afferma il Professore Crhis Gilbert.

L'opposizione non ha una base popolare – come lo dimostra la serie delle sue sconfitte elettorali. – Non gode dell’appoggio dei militari Non ha il sostegno dei paesi confinanti, che subito hanno espresso la loro solidarietà con il presidente Maduro.

La vera opposizione in Venezuela sono gli Stati Uniti, i suoi alleati ed i suoi agenti che alimentano il gasdotto illegale di dollari che si riversano nelle false Ong e nei partiti all’opposizione.

Il Venezuela è un esempio del rifiuto dell’economia neo-liberale e del capitalismo delle multinazionali. Non esiste più quella vecchia e corrotta élite, tanto cara al capitalismo dei grandi gruppi, che per 40 anni ha impoverito la popolazione.” Afferma la sociologa Marìa Pàez Victor.

Le ultime notizie provengono dal presidente Nicolas Maduro che sta cercando di convocare una conferenza di pace. Proposta già rifiutata dall’opposizione. “Non abbiamo nessun'intenzione di partecipare in quanto stanchi di tutte le bugie del governo e delle violente repressioni degli stududenti da parte della polizia”, dichiara uno dei leader Henrique Capriles.

Per concludere è interessante osservare le similitudini tra Venezuela, Siria e Ucraina per quanto riguarda i media occidentali.

In entrambi i tre casi non si sono denunciate anche le violenze attuate dalle opposizioni ma solo quelle dei rispettivi governi.

Mentre la Siria è caratterizzata da una carenza di informazione sul terreno e l’Ucraina è stata monopolizzata dai media europei e americani che hanno inventato una comoda realtà, nel caso del Venezuela il compito di mistificazione dell’informazione è stato affidato ai media privati locali come TeleMundo.

Purtroppo i risultati sono stati deludenti. I media venezuelani in mano alla opposizione, sono ancora inesperti nell’arte della manipolazione e hanno potuto offrire solo foto e video grossolanamente truccati che solo giornalisti o reti televisive veramente in mala fede potevano divulgare.

L’obiettivo dei media privati era quello di presentare il governo come una spietata dittatura incurante delle vite umane dei suoi cittadini. I media dell’opposizione per raggiungere questo obiettivo hanno preso in prestito foto e filmati di atri Paesi ritoccandoli e facendoli passare come rappresentazione degli avvenimenti della protesta studentesca in Venezuela.

Sono state diffuse foto e video di manifestanti pestati in Spagna, foto di manifestazioni estive in Russia, brutali arresti di studenti in Cile, maltrattamenti di animali durante le manifestazioni avvenute in Grecia, immagini di bambini torturati in Siria, maltrattamenti di manifestanti donne in Egitto. Anche la famosa foto della catena umana che protesta contro il presidente Maduro è in realtà una catena umana di protesta attuata in Catalogna.

Le tre crisi internazionali: Siria, Ucraina e Venezuela, devono indurre a serie riflessioni all’interno del mondo dei media poiché quando le notizie vengono alterate si uccide il diritto all’informazione e si glorifica la propaganda.

Il rischio per noi giornalisti è che l’opinione pubblica decreti la fine della nostra credibilità, affidandosi alla rete che ha un doppio volto: quello di smascherare le notizie ufficiali artefatte ma anche quello di diffondere a sua volta delle false informazioni senza possibilità di verifica.

La riflessione sul nostro operato è urgente e seria. Se perdiamo la credibilità ci rimarrà solo un destino di propaganda. Il ché non è professionalmente attraente.

Il settore dei media che sembra al momento immune da questa deriva verso la propaganda rimane la stampa angolassone. Grandi testate come The Guardian anche sul Venezuela offrono un'informazione equilibrata e reale. Interessante l’articolo pubblicato il 27 febbraio 2014 dai giornalisti James Walsh e Philippa Law: “Le proteste in Venezuela. L’altra faccia della storia”.

© Riproduzione riservata

1359 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: