Ucraina. Multinazionali americane contrarie alle sanzioni contro la Russia

Behind The News

Dagli anni Novanta i media italiani hanno subito un'involuzione sulla qualità delle notizie estere a causa delle esigenze finanziarie di tagliare i costi per i corrispondenti ed inviati nel principali Paesi e nei principali teatri di guerra.
La mancanza delle grandi firme dei Reporter Italiani ha costretto i media italiani ad affidarsi a notizie delle principali agenzie stampa internazionali che monopolizzano l'informazione standardizzandola.
Questo sistema riduce i costi ma priva il lettore di un'informazione pluralista e di analisi approfondite sui principali temi di politica ed economia mondiale.
Behind the News (dietro la notizia) intende ripristinare questo essenziale servizio destinato al lettore proponendo informazioni ed analisi inedite sui principali avvenimenti mondiali andando oltre la semplice notizia per capire le ragioni celate dietro il sipario.

Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

TAGS

Newsletter
Behind The News

Mar 28

Ucraina. Multinazionali americane contrarie alle sanzioni contro la Russia

Gli sviluppi della crisi ucraina sembrano porre in serie difficoltà Europa e Stati Uniti. Dopo il fallimento della minaccia di un confronto militare, l’occidente ora tenta con le sanzioni economiche. Le principali multinazionali americane si dichiararono nettamente contrarie alle sanzioni che danneggerebbero solo gli interessi americani

di Fulvio Beltrami

ucraina, russia, stati uniti, unione europea, crimea, vladimir putin, barack obama, nato, cina, svoboda

La lunga crisi Ucraina, iniziata nel dicembre 2013, ha preso un indirizzo evidentemente non previsto da Stati Uniti ed Europa. Due sono gli imbarazzanti problemi della strategia occidentale attuata nell'ex Paese Sovietico. Il primo è rappresentato dalle posizioni di prestigio nel nuovo governo ucraino occupate da esponenti di estrema destra e nazisti del partito Svoboda messo al bando dall’Unione Europea nel 2002. Il confine tra le ideologie naziste e la criminalità organizzata, spesso labile, rischia di compromettere il delicato lavoro di marketing attuato dai media occidentali per offrire una credibilità internazionale al nuovo governo. Una credibilità già compromessa all’interno del paese, non solo in Crimea ma anche nelle regioni dell'est, dove si stenta a riconoscere l'autorità di un governo non eletto da nessuno ma giunto al potere con la forza.

Il secondo problema riguarda la vittoria degli indipendentisti della Crimea sancita durante il referendum del 17 marzo scorso. Il mancato riconoscimento del referendum da parte delle potenze occidentali non ha impedito al presidente russo Vladimir Putin di firmare il 21 marzo 2014 il documento ufficiale per l’annessione della Crimea nella Federazione Russa, rispettando la volontà popolare espressa nel referendum. Dall’obiettivo iniziale di avere uno Stato satellite alle porte di Mosca e controllare le strategiche rotte degli idrocarburi che dalla Russia approvvigionano l’Europa, Washington e Bruxelles si sono trovati a gestire una situazione disastrosa con un governo a forti tendenze naziste e criminali, non riconosciuto da una larga fetta di popolazione, non solo di origini russe, e la secessione della Crimea. Esito scontato in quanto era impensabile che la diplomazia russa non avrebbe reagito a questo progetto di destabilizzazione attuato in pieno territorio dell'ex Unione Sovietica.

Stati Uniti e Unione Europea si trovano impotenti ed incapaci di costringere la Russia e regalare l’intera Ucraina alla sfera di influenza occidentale. Per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale la minaccia di un intervento militare è totalmente inutile poiché nemmeno l’esercito americano può sostenere un confronto diretto contro una potenza emergente quale la Russia. Le implicazioni finanziarie, gli incerti esiti militari, il rischio di una degenerazione nucleare e di un allargamento del conflitto su scala planetaria coinvolgendo anche la Cina, rendono l’opzione militare totalmente impraticabile. Il presidente Barack Obama è stato costretto a riconoscere pubblicamente questo stato di impotenza durante una conferenza stampa all’Aia indetta martedì 25 marzo.

La conferenza stampa aveva come obiettivo quello di mitigare la precedente affermazione che prevedeva l’uso della forza militare congiunta dell’esercito americano e della Nato contro la Russia. Martedì scorso il presidente Obama è stato costretto ad ammettere di possedere limitate opzioni per far pressione su Mosca al fine di non annettere la Crimea. Obama ha anche specificato che l’opzione militare non può essere applicata in quanto l’Ucraina non è ancora uno Stato membro della Nato. Stranamente questa conferenza non ha ricevuto il dovuto risalto presso i media europei. Dinnanzi a questa comprovata impotenza Stati Uniti ed Europa tentano ora di giocare la carta delle sanzioni e dell'isolamento economico della Russia. Lunedì 24 marzo la Russia è stata sospesa dal Gruppo degli Otto (G8) a causa della crisi in Ucraina e dell’attuale status della Crimea. La Russia entrò a far parte del Gruppo delle Sette Nazioni Industrializzate nel 1998 trasformando il G7 nel G8. Il club economico originario fu creato da Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Italia e Stati Uniti. La decisione di sospendere la Russia dal G8 sembra non aver creato gli effetti desiderati.

Il G8 è un’organizzazione informale che non prevede nessuno statuto di membership. Se i partner occidentali hanno deciso che in questa organizzazione non vi sia più bisogno della Russia, ci sta bene, in quanto noi non siamo mai stati particolarmente attaccati al G8. Non intravvedo in questo atto un problema per la Russia. Tra due anni si valuterà come siamo riusciti a sopravvivere senza il G8 e come il G7 è riuscito a sopravvivere senza la Russia”, ha dichiarato il ministro russo degli Affari esteri, Sergey Lavrov. Mosca considera più strategico il rafforzamento della Federazione Russa e quello all’interno della alleanza economica delle potenze emergenti del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa).

Gli strateghi russi partano da una considerazione di fatto che organizzazioni internazionali quali Nazioni Unite o G7 sono le manifestazioni o gli strumenti di un mondo che non esiste più. La presupposta egemonia occidentale è stata ampiamente intaccata a livello planetario. L’importanza economica che rappresenta il Brics (48% dell’economia mondiale) diminuisce gli spazi politici del G7 formato da paesi cronicamente in crisi, alcuni di essi a rischio di collasso economico come Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Occidente sta vivendo una fase di transizione dove la sua egemonia è messa seriamente in discussione. I paesi del Brics stanno rimpiazzando l’egemonia occidentale non attraverso interventi militari ma attraverso i mercati, applicando una forma di capitalismo che non necessariamente è orientata verso il libero e selvaggio mercato.

L'incapacità dell’Occidente di accettare l’attuale situazione impedisce loro di porre dei rimedi. Stati Uniti ed Europa sono ancora troppo ancorati sul vecchio modello di egemonia imposto con le armi. Un metodo che risulta non solo inefficace ma disastroso per le economie occidentali che si stanno dissanguando per finanziare guerre dirette o indirette regolarmente perse sul terreno, vedi Iraq o Afghanistan. Il colpo di grazia ai G7 sarà inflitto non da una guerra, ma dal processo in corso di autodeterminazione del blocco economico e politico dell’America Latina e dall’emergere di un quarto blocco economico: l’Africa. Vari paesi quali Angola, Etiopia, Ghana, Nigeria, Sud Africa e Uganda stanno emergendo come potenze militari ed economiche a livello Continentale e si stanno progressivamente staccando dalle potenze occidentali.

Dal 2014 la Cina, e il Brics in generale, hanno iniziato la seconda fase della cooperazione economica con l’Africa, attraverso la realizzazione dei progetti di rivoluzione industriale. Un colpo mortale alle economie occidentali abituate a gestire rapporti commerciali coloniali con l’Africa, accedendo alle sue materie prime per rivendere i prodotti finiti al Continente. La rivoluzione industriale permetterà all’Africa di entrare nelle dinamiche economiche e politiche mondiali con una configurazione autonoma, forte della caratteristica geologica che offre al Continente il privilegio unico al mondo di possedere tutti i minerali e idrocarburi necessari per sostenere una moderna economia industriale. Il tentativo di braccio di ferro con la Russia voluto dall’Occidente si sta rivelando come il più deleterio metodo per l’immagine dell’egemonia occidentale, in quanto non vi è peggior situazione di una potenza che ha perso la capacità di incutere terrore agli altri Paesi.

La Casa Bianca ha deciso di congelare i beni, i conti bancari e la possibilità di ottenere i visti per gli Stati Uniti di varie autorità russe, proponendo di applicare sanzioni economiche contro le banche e le aziende di stato russe. Nonostante queste decisioni la necessità di un dialogo e non di uno scontro viene espressa dalle principali multinazionali americane che si sono schierate contro le sanzioni decise dal presidente Obama. La scorsa settimana la lobby economica americana ha avvertito il Congresso e la Casa Bianca che le sanzioni economiche causeranno la perdita di oltre trenta miliardi di dollari relative agli investimenti americani in Russia, secondo quanto riportato dal The Washington Post.

Abbiamo ricevuto da numerosi nostri associati vive preoccupazioni e opposizioni per le decisioni prese dall'amministrazione Obama. Le sanzioni non danneggeranno particolarmente la Russia ma gli investimenti americani e le nostre multinazionali che rischiano di essere escluse dallo sviluppo economico della regione. La Russia continuerà a crescere nonostante le nostre sanzioni. Il Congresso e la Casa Bianca devono comprendere che le sanzioni non possono risolvere il problema”, ha dichiarato al Washington Post, William Reinsch, presidente del US National Foreign Trade Council (il Consiglio Nazionale americano per il Commercio Estero).

La lobby contraria alle sanzioni contro la Russia è formata dai mastini dell’economia americana quali Pepsi Cola, General Electric, Ford Motor, Boeing. Multinazionali che normalmente sono in grado di influenzare la politica interna ed estera della Casa Bianca. La sola Pespi dal 2012 ha investito in Russia 4,8 miliardi di dollari. La General Electric ha una strategica joint venture con due ditte russe per la produzione di turbine a gas mentre la Ford Motor ha appena concluso un importante contratto di partnership con la casa automobilistica russa Soller per la produzione di auto in Russia. La Boeing è la prima esportatrice di aerei commerciali in Russia. Le sanzioni priverebbero il gigante aerospaziale americano del 32% delle vendite attuali. L'amministrazione Obama sta considerando di aumentare le esportazioni di gas naturale verso l’Ucraina a prezzi politici con l’obiettivo di aiutare il nuovo governo a liberarsi dalla dipendenza del gas russo.

Un aiuto vitale per i nuovi padroni di Kiev che si trovano senza soldi, pieni di debiti con la Russia, la perdita della Crimea e con un'esplosiva situazione sociale interna da gestire. L’idea del presidente Obama difficilmente sarà realizzabile, avendo già ricevuto un chiaro parere negativo dalle principali compagnie petrolifere americane.

La crisi Ucraina è stata un incredibile ma prevedibile boomerang per Europa e Stati Uniti. La Russia nei passati decenni ha incassato la perdita degli Stati satelliti dell'Est Europa e anche della Lituania trovandosi in una situazione di riorganizzazione economica e politica. Ora che gode di buona stabilità e di una forte economia, Mosca, non può tollerare la perdita dell’Ucraina, paese strategico fin dai tempi dello Zar. Se non poniamo molta attenzione alla propaganda occidentale ma ci atteniamo ai fatti il progetto eversivo di Washington e Bruxelles rivolto all’Ucraina, identico a quello in atto nel Venezuela, ha fallito. L’appoggiare il partito nazista Svoboda ha fatto perdere di credibilità al movimento rivoluzionario ucraino. Peggio ancora i tentativi fatti dai media occidentali di minimizzare la portata di questo partito nel nuovo governo quando Svoboda ha piazzato suoi uomini ad alte cariche quali vice primo ministro, giudice Corte Suprema e in strategici posti di comando della polizia e servizi segreti.
Il nuovo governo è totalmente discreditato dinnanzi al 40% della popolazione ucraina e sopravvive con l’elemosina occidentale, che non può essere troppo generosa causa la stato catastrofico dell'economia della maggioranza dei Paesi europei e degli Stati Uniti. All’interno del nuovo governo si intravveda già una violenta lotta per il potere tra la destra moderata e quella estrema. Lotta che ha già prodotto manifestazioni reali attraverso l’esecuzione extra giudiziaria del leader di etrema destra Sashko Bily.
La Crimea ha scelto di unirsi alla Federazione Russa con un plebiscito popolare e i rischi che le regioni dell'est Ucraina seguano l’esempio è altissimo. L’errore finale è stato commesso da minacce di intervento militare che non possono essere attuate e dalla decisione delle sanzioni economiche parziali che danneggiano Europa e Stati Uniti molto più che la Russia che ha a disposizione altri mercati Asiatici e Latino americani. Questi errori sono stati un'evidente dichiarazione di impotenza. Non c'è peggior cosa di un paziente che rifiuta di ammettere la gravità della sua malattia, impedendo così appropriate cure. L’Occidente in questo momento ha assunto i panni di questo paziente.
”, ci spiega Gilbert Khadiagala professore di Scienze politiche presso l'Università di Makerere, Kampala, Uganda.

© Riproduzione riservata

1927 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: