Ucraina, i ribelli rifiutano il controllo di Kiev

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Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Mag 14

Ucraina, i ribelli rifiutano il controllo di Kiev

La celebrazione del referendum in Ucraina orientale rappresenta una nuova svolta, potenzialmente pericolosa, nella crisi del paese. I rappresentanti della popolazione delle regioni di Donetsk e Lugansk dicono che rispettivamente l'89 e il 96% hanno votato a favore dell'autonomia. Si propone il punto di vista del Marxista inglese Alan Woods

di Fulvio Beltrami

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Il referendum si è tenuto nonostante un appello, fatto qualche giorno prima, da parte del presidente russo Vladimir Putin affinché la consultazione fosse posticipata al fine di creare le condizioni necessarie al dialogo; l'accaduto fornisce la risposta all'accusa, ripetuta da più parti, che il movimento nell'Ucraina dell'Est sia organizzato e controllato da Mosca. I lavoratori di Dontesk e Lugansk hanno ignorato gli appelli del Cremlino e hanno ribadito i loro diritti nonostante le forti pressioni esercitate dall'esterno e sostenute dai proiettili e dai veicoli corazzati del governo di Kiev.

Come al solito, la copertura da parte dei mass media occidentali rispetto al referendum è stata completamente unilaterale, faziosa e menzognera. I reporter della Bbc hanno sottolineato le difficoltà organizzative della consultazione referendaria, come la scarsità di seggi e le irregolarità, ad esempio quella di aver visto gente votare due volte. Ma come potrebbe essere altrimenti nel mezzo di una rivoluzione popolare? La natura improvvisata del voto popolare organizzato da una rivoluzione non lo rende meno democratico della macchina ben levigata della democrazia borghese formale. Al contrario, questo referendum lo è stato infinitamente di più.

Nonostante gli strenui tentativi di seminare dubbi sulla legittimità di questi referendum, anche la Bbc non ha potuto negare che la stragrande maggioranza della popolazione in queste province abbia entusiasticamente appoggiato il “sì”. Sarah Rainsford, inviata della Bbc a Donetsk, scrive: “Ho visto tantissima gente recarsi alle urne e ho recepito un sacco di rabbia rispetto al governo di Kiev. Ho visto solo una scheda con il “no” barrato attraverso le urne di vetro.

In questa prima consultazione è stato chiesto agli elettori se appoggiassero o meno l'autonomia delle province orientali. Una seconda consultazione è prevista per domenica prossima, dove verrà chiesta l'adesione alla Russia. È piuttosto chiaro che il controllo della regione è totalmente sfuggito dalle mani dei politici a Kiev. La popolazione nell'Ucraina orientale sta dicendo che boicotterà le elezioni presidenziali previste per il 25 maggio dal governo ucraino. In realtà due centri di potere vicendevolmente ostili stanno emergendo in Ucraina, un fatto che minaccia sempre più l'unità del paese.

Il presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turchynov, ha affermato davanti al parlamento che “la farsa che dei separatisti terroristi convochino un referendum non è nient'altro che propaganda per coprire omicidi, rapimenti, violenza ed altri crimini terribili”.

Di violenza, rapimenti ed omicidi ne abbiamo visti a volontà negli ultimi mesi, la maggior parte perpetrati dalla Guardia nazionale e da altri elementi fascisti e criminali, in connivenza con il governo. Le squadracce fasciste hanno picchiato a sangue ed assassinato attivisti sindacali e comunisti e hanno devastato le sedi dei sindacati dei partiti di sinistra, godendo di una completa immunità. La feccia fascista ha bruciato vive più di 40 persone quando hanno attaccato la Casa dei sindacati ad Odessa, sparando e picchiando a morte coloro che cercavano di fuggire dalle fiamme. Eppure, non è stato ancora individuato alcun compevole per queste atrocità.

La popolazione dell'Ucraina orientale vede correttamente queste gesta come una minaccia diretta nei loro confronti. Le loro azioni hanno un carattere difensivo: la rivendicazione della separazione è una semplice risposta alle aggressioni e alle minacce provenienti da Kiev e agli omicidi e alle violenze perpetrate dai suoi agenti contro la popolazione.

La Russia reagisce

Stati uniti ed Unione europea hanno immediatamente denunciato il referendum come illegale. Dall'altro lato, la Russia si è pronunciata per l'attuazione del risultato del referendum. In una breve dichiarazione, il Cremlino ha descritto i referendum come l'esito della “volontà popolare” e ne ha evidenziato “l'alta affluenza”.

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov ha dichiarato: “Rispetteremo la volontà della popolazione di Donetsk e di Lugansk.”

Solo la scorsa settimana Putin ha chiesto alla popolazione dell'Ucraina orentale di posticipare il voto. Eppure oggi Mosca insiste sul fatto che il risultato debba esser rispettato. Qual è, dunque, il gioco della Russia?

Si valuta che la Russia abbia posizionato circa 40mila soldati lungo il confine con l'Ucraina. Tuttavia, nonostante tutta la propaganda isterica dell'Occidente rispetto a una presunta invasione della Russia, quest'ultima non ha fatto alcun tentativo di oltrepassare il confine. Inoltre, nonostante i proclami dei media occidentali rispetto alla presenza in Ucraina orientale di soldati professionisti russi in unifome senza contrassegni e mostrine, non c'è la benché minima prova che dimostri come la Russia abbia fornito una qualsiasi forma di assistenza militare ai ribelli. In realtà alcuni portavoce dei ribelli si sono lamentati amaramente proprio della mancanza di una tale assistenza.

Mosca afferma che ha ritirato le sue truppe dal confine sebbene la Nato dica che non ha alcuna prova del fatto che ciò sia avvenuto. Sembra altamente improbabile che Putin intenda invadere o occupare l'Ucraina, anche non ha il controllo totale degli avvenimenti.

I russi stanno monitorando la situazione da vicino. Hanno denunciato “i tentativi di disturbare il voto con l'uso della forza contro i civili, compreso l'utilizzo di armi pesanti.” Se le cose degenerassero ulteriormente e si verificherassero importanti perdite civili, non avranno altra alternativa che quella di mandare l'esercito. È su questa eventualità che si stanno scervellando i politici nelle capitali occidentali.

Prospettive di dialogo?

A Bruxelles, i ministri degli Esteri dell'Ue hanno allargato lo spettro delle sanzioni imposte “come risultato delle azioni della Russia in Ucraina”. Fra di esse, restrizioni ai viaggi e congelamento di beni e patrimoni. Due aziende e 13 persone provenienti dalla Crimea sono state aggiunte alla lista ed i nomi dovrebbero essere annunciati nel giro delle prossime 24 ore. Vedremo. I ministri dell'Ue stanno valutando un pacchetto più ampio di sanzioni contro l'economia russa. Tuttavia queste misure non fanno troppa paura a chi risiede al Cremlino.

L'atteggiamento di Mosca nei confronti dell'Occidente si sta indurendo. Sergei Lavrov ha affermato che non sono in programma vertici internazionali sulla crisi ed ha accusato l'occidente di un “blocco dell'informazione” rispetto agli avvenimenti in Ucraina e di “menzogne senza ritegno”. Tutto assolutamente vero.

Intanto, il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier è in viaggio verso Kiev per promuovere il “dialogo” fra le parti.

Improvvisamente tutti parlano della necessità del dialogo e di una soluzione pacifica. Il motivo principale per questa repentina conversione al “pacifismo” è che tutti i tentativi di Kiev di imporre una soluzione militare sono miseramente falliti. I raid sanguinosi portati avanti di recente dalla Guardia nazionale, composta principalmente da fascisti, delinquenti e criminali, con il proposito di intimidire la popolazione dell'Ucraina orientale, hanno ottenuto precisamente l'effetto opposto. Hanno ridestato l'ira della popolazione che ha espresso tutto il proprio disgusto attraverso il voto a schiacciante maggioranza per la separazione la scorsa domenica.

Di fronte a una divisione de facto dell'Ucraina gli americani e i governi dell'Ue sono stati costretti ad ignorare le proteste indignate del governo di Kiev e cercare un compromesso con Mosca.

Per ciò che la riguarda, la Russia ha rivolto un appello al dialogo fra i ribelli e Kiev con la partecipazione dell'Osce. Putin sta giocando le sue carte con attenzione. Insistendo sul fatto che i ribelli devono fare parte di ogni accordo che venga negoziato, mette il governo di Kiev in una posizione difficile e lo rende responsabile di una rottura futura dei negoziati. Kiev ha già chiarito che non è disposta a negoziare con i “ribelli armati”. Alla fine, tuttavia, potrebbe non avere molta scelta.

Miroslav Rudenko, uno dei leader della Repubblica popolare di Donetsk, ha descritto come improbabile uno scenario tipo Crimea (in cui la regione viene annessa in maniera rapida alla Russia dopo un referendum) ed ha affermato che la Repubblica popolare di Donetsk farà dei passi per costutuirsi come stato sovrano. Ciò includerà anche delle “misure di integrazione” come un'unione doganale controllata dalla Russia con le ex repubbliche dell'Urss e la costruzione di relazioni con la vicina Repubblica di Lugansk.

Mosca ha più volte proposto che l'Ucraina diventi una federazione nella quale ogni regione abbia una maggiore indipendenza politica dalla capitale, compreso sul terreno economico, culturale e della politica estera. Tuttavia queste regioni, da sole, sarebbero troppo piccole per costituire degli stati realmente indipendenti. Inevitabilmente, cercherebbero l'integrazione con la Russia oppure rimarrebbero con l'Ucraina. Questa seconda opzione potrebbe essere fattibile solo sulla base di uno stato federale con un'ampia autonomia regionale, che è quello che la Russia cerca di ottenere. Ciò fermerebbe tutti i tentativi di integrazione con l'Ue e con la Nato e fornirebbe alla Russia un controllo ancora maggiore di quello di cui disponeva prima. Per quanto uno scenario del genere sia indigesto per il governo di Kiev e i suoi sostenitori, potrebbe essere la migliore alternativa a loro disposizione.

Gli intrighi cinici degli imperialisti hanno sviluppato una crisi che minaccia la distruzione della nazione ucraina. I fanatici nazionalisti a Kiev hanno contribuito in maniera decisiva a spingere l'Ucraina veso l'abisso. La guerra civile rimane tuttora possibile. L'unica alternativa a questo scenario da incubo è l'azione unitaria della classe operaia per combattere le forze del fascismo e della reazione, rovesciare l'oligarchia (sia nella sua variante russa che in quella ucraina) e stabilire un regime di potere operaio democratico. Solo la vittoria del socialismo potrà garantire un futuro di libertà e prosperità alla popolazione ucraina. Tutte le altre strade condurrebbero al disastro.

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