Dagli anni Novanta i media italiani hanno subito un'involuzione sulla qualità delle notizie estere a causa delle esigenze finanziarie di tagliare i costi per i corrispondenti ed inviati nel principali Paesi e nei principali teatri di guerra.
La mancanza delle grandi firme dei Reporter Italiani ha costretto i media italiani ad affidarsi a notizie delle principali agenzie stampa internazionali che monopolizzano l'informazione standardizzandola.
Questo sistema riduce i costi ma priva il lettore di un'informazione pluralista e di analisi approfondite sui principali temi di politica ed economia mondiale.
Behind the News (dietro la notizia) intende ripristinare questo essenziale servizio destinato al lettore proponendo informazioni ed analisi inedite sui principali avvenimenti mondiali andando oltre la semplice notizia per capire le ragioni celate dietro il sipario.
Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.
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Apr 4
di Fulvio Beltrami
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DI FULVIO BELTRAMI 04/04/2020
Dopo la decisione presa da Costa d’Avorio, Senegal e Sudan di dichiarare lo Stato di Emergenza nel tentativo di contenere la diffusione del contagio da COVID-19, come avevamo previsto, altri Paesi si sono orientati verso l’unica misura possibile, considerando la fragilità dei sistemi sanitari nazionali in Africa. Repubblica Democratica del Congo ed Egitto hanno dichiarato il coprifuoco per due settimane. Il Rwanda, pur non dichiarando lo stato di emergenza, ha di fatto attuato il confinamento dei suoi cittadini. Kigali, la capitale e i principali centri urbani sono ora città fantasma. Nei prossimi giorni si aggiungeranno altri Paesi africani poiché è ormai chiaro che il provvedimento di chiudere gli aeroporti e le frontiere non è più efficace per allontanare il rischio di contagio.
Tra l’ultima settimana di febbraio e le prime due settimane di marzo molti Paesi africani sono state vittime di contagio proveniente da cittadini europei in visita turistica o per affari, compresi vari cooperanti anche italiani. A differenza dei cinesi giunti in Africa che si mettevano in auto confinamento per i 14 giorni di quarantena, i visitatori occidentali spesso hanno trascurato questo doveroso accorgimento, diventando inconsapevolmente dei diffusori di COVID19. Ad essi si sono aggiunti anche gli africani della diaspora europea in visita ai propri Paesi.
Lo Stato di Emergenza, che presumibilmente si estenderà a quasi tutto il continente, recherà seri danni allo sviluppo socio–economico. Purtroppoanche se l’Africa riuscisse a contenere in tempo la pandemia, la sua economia accuserà un duro colpo che potrebbe bloccare la straordinaria crescita economica registrata negli ultimi dieci anni e impedire che il continente diventi il Quarto Blocco industriale e commerciale del mondo. Siamo agli inizi della crisi in Africa (scoppiata il 15 febbraio con il primo caso registrato al Cairo, Egitto), eppure la Banca Mondiale stima che il continente abbia già perso 29 miliardi di dollaricausa il COVID-19. Una somma spaventosa, uguale all’intero PIL annuale dell’Uganda.
E siamo solo agli inizi. La ECA (Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite) nel suo ultimo rapporto economico prevede che il coronavirus distruggerà l’1,4% del PIL continentale di 2,1 trilioni di dollari annuali. La crescita economica annuale di molti Paesi africani rischia di diminuire del 3,2% entro aprile, e scenari ben peggiori si possono ipotizzare nei prossimi mesi se il contagio scoppierà in tutta la sua violenza, sempre secondo la ECA.
Per scongiurare il crollo economico la maggior parte dei governi africani hanno richiesto alla Comunità Internazionale la sospensione del pagamento del debito estero contratto. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno espresso il loro supporto alla richiesta, volta a contribuire a rafforzare i sistemi sanitari del continente che devono reggere l’ardua sfida di gestire una pandemia.
Durante una conferenza dei Ministri dei G20 svoltasi lunedì 23 marzo, Kristalina Georgieva, direttrice operativa del FMI ha proposto di applicare una sospensione della riscossione dei debiti e di concedere fondi per aiuti sanitari, seguendo lo stesso meccanismo utilizzato nel 2014, durante l’epidemia di Ebola scoppiata nell’Africa Occidentale, che coinvolse 5 Stati africani con 28.610 casi di contagio e 11.308 decessi. Anche se la mortalità del COVID19 è nettamente inferiore a quella del virus Ebola (che varia tra il 70 e il 90%) il coronavirus ha una maggior potenzialità di diffusione. Considerando lo stato in cui si trova la sanità pubblica, la diffusa povertà tra la popolazione, i numerosi casi di malattie debilitanti come malaria, tubercolosi e HIV e, in alcuni Paesi, malnutrizione infantile e adulta dovuta a guerre o crisi politiche (Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Mali, Est del Congo, Burundi), si è calcolato che il COVID19 mieterebbe in Africa quasi 1,4 milioni di persone nelle migliori delle ipotesi.Il supporto dato dal FMI alla proposta disospensione del pagamento del debito è condivisa anche dalla Banca Mondiale. Entrambe le istituzioni finanziarie internazionali sembrano orientate a legare la sospensione dei pagamenti alla richiesta di accelerare le privatizzazioni e il libero mercato in Africa. Lo chiarisce David Malpass, capo delle Banca Mondiale, che durante la conferenza dei G20 ha chiarito che la sospensione del pagamento dei debiti per i Paesi poveri deve essere associata alla promessa di applicare fino in fondo le politiche di libero mercato, rimuovendo gli ultimi residui di protezionismo, e i sussidi rivolti alle fasce più povere della popolazione, quali sui generi alimentari di base, carburante, educazione e… sanità!
Una proposta inaccettabile per molti Paesi africani, poiché fautori della tesi secondo la quale sarebbero proprio le logiche del turbo–capitalismo dettate dall’ideologia ultra–liberale che hanno distrutto la sanità pubblica in Africa, mettendo ora la maggioranza dei Paesi africani nella difficile situazione di dover affrontare una pandemia con dei sistemi sanitari pressoché inesistenti.Tim Jones, direttore della campagna internazionale per la cancellazione del debito Jubilee Dept Campaign ha giudicato le posizioni di FMI e Banca Mondiale immorali e vergognose. «La Comunità Internazionale deve muoversi in fretta per una moratoria del debito per dotare i Paesi africani della liquidità necessaria per far fronte alla crisi sanitaria del coronavirus. Questa risoluzione deve prevedere la successiva cancellazione dei debitiper permettere ai Paesi africani di riprendersi economicamente a crisi terminata», afferma Jones.
Il diktat FMI Banca Mondiale (sospensione pagamento interessi in cambio di maggior politiche ultra liberali) è in netta contraddizione al trend in atto in vari Paesi occidentali (tra cui la Gran Bretagna) dove si assiste ad un maggior intervento dello Stato sull’economia. In Inghilterra il trasporto ferroviario è stato temporaneamente ri–nazionalizzato e lo Stato sta finanziando varie sovvenzioni a favore dei lavoratori e degli imprenditori per superare la crisi economica provocata dal COVID19.
«È oltraggioso che il direttore della Banca Mondiale, David Malpass, tenti di utilizzare la crisi sanitaria e la pandemia per spingere all’estremo l’applicazione dell’ideologia del turbo capitalismo in Africa, proprio nel momento in cui l’interventodello Stato è necessaria per fronteggiare la pandemia e superare la prevedibile crisi economica post coronavirus», afferma Tim Jones. «Ora è tempo che i leader mondiali agiscano in fretta per aiutare l’Africa senza tentare di inserire condizioni a fine politico per stanziare l’assistenza alla pandemia. Vari paesi africani rischiano di essere colpiti duramente con un rallentamento economico che era già prevedibile ma che verrà accelerato dalla pandemia del COVID19. I prezzi dei beni di consumo aumenteranno, la produzione e il commercio rischieranno di collassare così come i sistemi fiscali. Se a questo si aggiunge l’obbligo di accelerare le politiche economiche ultra liberali, significa chiedere ai paesi africani il loro suicidio», spiega Jesse Griffiths, direttore dei programmi del Overseas Development Institute – ODI
Secondo i calcoli fatti dalla Jibilee Debt Campaing, i Paesi africani prima della crisi sanitaria dovevano spendere 18,1 miliardi di dollari per pagare la frazione di debito e gli interessi dell’anno 2020 alle istituzioni multilaterali e ai creditori privati. Secondo la logica del FMI e Banca Mondiale questa colossale somma di denaro si aggiungerebbe a quella prevista per il 2021 a condizione che si distruggano le ultime tracce di economia pubblica esussidi statali.
Il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed ha chiesto ai G20 di stanziare un fondo di emergenza COVID19 destinato all’Africa di 150 miliardi di dollari in quanto la pandemia rappresenta una minaccia diretta alla vita di milioni di persone del continente. Ha inoltre chiesto la cancellazione di tutti i debiti per i Paesi africani più poveri. Vaghe le risposte ottenute. Jean-Yves Le Drian, Ministro francese degli Esteri, ha accennato ad un pacchetto di aiuti da parte della Unione Europea stando ben attendo a non entrare nei dettagli. L’unico gesto concreto proviene dalla Banca Araba per lo Sviluppo Economico in Africa che ha messo a disposizione 100 milioni di dollari per i Paesi africani maggiormente colpiti dalla pandemia.
Oltre ai prevedibili danni economici che il continente dovrà affrontare sia durante la crisi sanitaria che sta affiorando, sia nel periodo post–coronavirus, vi è un dramma meno visibile ma altrettanto distruttivo che già da ora ha effetti immediati e devastanti su una gran parte della popolazione dei Paesi che hanno decretato lo Stato di Emergenza. Le misure di contenimento preventive nella speranza di impedire la diffusione del contagio, stanno avendo pesanti effetti sulla vita quotidiana della fascia più debole della popolazione del continente. Le centinaia di migliaia di giovani disoccupati che si dedicano al commercio informale (ma onesto) rischiano di vedersi azzerate le possibilità del guadagno giornaliero di sussistenza. Per le famiglie monoreddito e più povere diventerà sempre più problematico assicurarsi l’alimentazione di base, sia per le misure restrittive degli spostamenti, sia per il rialzo dei prezzi dovuti dalle speculazioni di mercato, a meno che lo Stato intervenga contro gli speculatori come sta succedendo in Rwanda. Per centinaia di migliaia di africani il vero rischio non è morire di coronavirus ma di… fame.
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