Conflitto Siriano. Prevale la linea Assad?

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Fulvio Beltrami

Fulvio Beltrami
Originario del Nord Italia, sposato con un'africana, da dieci anni vivo in Africa, prima a Nairobi ora a Kampala. Ho lavorato nell’ambito degli aiuti umanitari in vari paesi dell'Africa e dell'Asia.
Da qualche anno ho deciso di condividere la mia conoscenza della Regione dei Grandi Laghi (Uganda, Rwanda, Kenya, Tanzania, Burundi, ed Est del Congo RDC) scrivendo articoli sulla regione pubblicati in vari siti web di informazione, come Dillinger, FaiNotizia, African Voices. Dal 2007 ho iniziato la mia carriera professionale come reporter per l’Africa Orientale e Occidentale per L’Indro.
Le fonti delle notizie sono accuratamente scelte tra i mass media regionali, fonti dirette e testimonianze. Un'accurata ricerca dei contesti storici, culturali, sociali e politici è alla base di ogni articolo.

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Giu 5

Conflitto Siriano. Prevale la linea Assad?

Il presidente siriano Bashar Assad ha riportato una schiacciante vittoria nelle elezioni considerate una farsa da Stati Uniti ed Europa. Un piano generale di ripresa del controllo del paese prevede un aumento della pressione militare contro i ribelli e la pianificazione del futuro economico e della ricostruzione della Siria

di Fulvio Beltrami

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Il presidente Bashar Assad ha riportato una schiacciante vittoria elettorale assicurandosi l'88,7% dei voti. Gli altri due candidati alla presidenza: Hassan al-Nouri e Maher Hajjar hanno ottenuto rispettivamente il 4,3 e il 3,2%. La vittoria elettorale assicura ad Assad la legittimità politica per ricoprire la carica di presidente per altri sette anni. Un'autorità non riconosciuta da Stati Uniti e Unione Europea. Il Segretario americano di Stato John Kerry ha definito le elezioni siriane come un “great big zero”, un grande zero. L’Unione Europea considera le elezioni non genuine e rappresentative. Di diverso parere la commissione internazionale di osservazione delle elezioni composta da 30 paesi tra i quali Russia e Venezuela. Il rapporto della commissione definisce le elezioni libere, trasparenti e un ottimo strumento per la stabilità e la pace nel paese.

Le elezioni con diversi candidati (le prime nella storia del paese) sono state indette per contrastare i tentativi delle potenze occidentali di rimuovere dal potere Assad con manovre diplomatiche chiaramente espresse durante i negoziati di pace di Ginevra 1 e Ginevra 2 che partono dal presupposto che il presidente siriano sia illegittimo, un semplice dittatore. Il senatore russo Alexey Alexandrov membro della delegazione degli osservatori elettorali in Siria ha dichiarato alla stampa: “La legittimità democratica conquistata dal presidente Assad impedisce ogni tentativo di rimuoverlo militarmente dal potere”. Le quasi contemporanee elezioni in Siria e Ucraina, hanno molti punti in comune. Entrambe sono state svolte durante la guerra civile ed entrambe hanno escluso una considerevole parte della popolazione. Nell’est dell’Ucraina, ancora in mano ai dipedentisti russi, i seggi non sono stati aperti come in varie zone del nord est della Siria in mano ai ribelli. Il governo siriano ha rifiutato la possibilità di votare a centinaia di migliaia di rifugiati in Turchia e Giordania anche se dubbia era la volontà di partecipare alle elezioni da parte di queste comunità.

Quello che differenzia le due elezioni è la posizione occidentale. Washigton e Bruxelles hanno dichiarato legittime le elezioni ucraine ed illegittime quelle siriane. Questo va a detrimento della credibilità ed imparzialità della politica estera occidentale. Visto le identiche situazioni, o entrambe sono illegali o entrambe sono legittime. Ogni tentativo di differenziazione è puramente strumentale. La legittimazione “democratica” del presidente Hassad rientra in un piano generale di ripresa del controllo del paese che prevede un aumento della pressione militare contro i ribelli e la pianificazione del futuro economico e della ricostruzione della Siria. L’opposizione siriana è sempre più divisa e frammentata. La Coalizione Nazionale Siriana delle forze di opposizione e rivoluzionarie della Siria non è più riconosciuta dalle varie guerriglie operanti nel paese rafforzando i dubbi che sia stata fin dall’inzio una creazione artificiale occidentale totalmente al di fuori del contesto nazionale siriano.

I gruppi armati che stanno combattendo in Siria sono per la maggioranza formati da forze esterne, mercenari ed estremisti islamici, finanziati da Stati Uniti, Unione Europea, Arabia Saudita e Qatar. Negli ultimi mesi si è assistito a importanti scontri armati tra le varie fazioni che compongono l’opposizione armata siriana tra cui lo scontro tra il Democratic Union Party, la milizia islamica al-Nusra, e la Free Syrian Army. Si è assistito anche all’emergere di nuovi gruppi tutti stranieri e affiliati al network internazionale del terrorismo islamico, quale l'Islamic State of Iraq and Levant (ISIL) una milizia fondamentalista islamica che, per ragioni di marketing, si è recentemente dissociata da Al-Qaeda. Queste divisioni e lotte interne hanno favorito l’esercito regolare che dal novembre 2013 sta riportando una serie di importanti vittorie militari liberando strategiche province e città grazie a tre fattori: il ritrovato morale tra le truppe siriane, la partecipazione di mercenari libanesi, russi e iraniani e l’evidente appoggio di una considerevole percentuale della popolazione.

Quest'ultimo fattore è spesso volutamente censurato da vari media occidentali. Se Assad fosse a capo di un regime totalmente dittatoriale odiato dalla popolazione non si spiegherebbe come sia riuscito a sopravvivere alla guerra civile per quattro anni e, recentemente, a dirottare le sorti della guerra a suo favore. Dovrebbe far riflettere la scelta di gran parte della popolazione di abbandonare le città occupate dalla ribellione per ritornarci con entusiamo una volta liberate dall’esercito governativo. Le controffensive politiche e militari del governo sembrano aver ridato fiducia al presidente Assad, ora impegnato in importanti accordi economici e in progetti di ricostruzione del paese.

L’assistente del ministero degli Idrocarburi, Hassan Zainab, ha annunciato un importante contratto petrolifero con la multinazionale russa Soyuz Nefte Gaz operante in Siria fin dal 2004. La Soyuz investirà 100 milioni di dollari per le esplorazioni e l’inizio delle attività estrattive presso i giacimenti di Tratous nella città di Banias, a sud del paese. Di proprietà del magnate ed ex ministro dell’Energia Yuri Shafranik, la Soyuz Nefte Gaz è una tra le principali multinazionali petrolifere russe con sede legale nella Repubblica di Panama. Nella regione oltre la Siria sta per stringere importanti contratti anche con l’Iraq, riuscendo a raccogliere il bottino di guerra teoricamente destinato agli Stati Uniti.

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