Dal Meeting di Rimini l'appello al dissenso

Ultimi articoli
Newsletter

De Carli su václav havel

Dal Meeting di Rimini l'appello al dissenso

Intervistiamo Mirko De Carli a partire da Havel, in mostra al Meeting di Rimini

di Gianluca Valpondi

Václav Havel
Václav Havel

1. Ciao Mirko. È da poco partita al Meeting di Rimini la mostra su Václav Havel, il famoso “dissidente” ceco, artista e capo di Stato. Un personaggio controcorrente, che ci ha visto giusto, perché “per arrivare alla fonte bisogna andare controcorrente” (san Giovanni Paolo II). Dove va oggi, politicamente, la corrente?

Sì, una mostra davvero bella che ho avuto il piacere di visitare e di gustare al Meeting di Rimini, un appuntamento a cui non manco ogni anno, davvero prezioso e sempre ricco di spunti. Devo dire la verità che Havel impone oggi un metodo di una forte attualità e di una forte pertinenza con il momento che stiamo attraversando. La corrente è quella del pensiero unico, una corrente che porta avanti impianti ideologici nei vari settori, dalla cultura all’economia, dalla finanza alla politica. Purtroppo la persona viene sempre messa ai margini, si impongono sistemi di potere che usano la persona a fini diversi da quelli che dovrebbero essere invece le tutele che la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dopo la seconda guerra mondiale aveva predisposto. Oggi purtroppo il pensiero unico è fatto dall’utero in affitto, dal gender, è fatto dalla trasformazione della persona in cosa, oggetto di speculazione finanziaria, dove la politica e la sovranità dei popoli è sottoposta agli interessi degli speculatori, dei finanzieri e delle lobby internazionali. Andare contro corrente oggi, ovvero essere dissidenti, significa leggere tra le righe di questo nuovo potere che non usa le armi e non usa i muri, ma usa i soldi e usa i mezzi di comunicazione di ogni tipo, e spiegare il filo rosso che unisce tutti questi impianti ideologici l’uno con l’altro. Andare contro corrente, essere dissidenti, vuol dire costruire l’alternativa che rimette al centro l’uomo, la persona, la famiglia e che è capace di costruire una civiltà, una società dove si realizza un nuovo umanesimo, un nuovo protagonismo dell’uomo che si rimette al centro e tutela i suoi diritti attraverso le leggi dello Stato e rimette al primo posto tutte le dimensioni attraverso le quali realizzare questo compito.

2. Havel, per quello che ne so, è stato fondamentalmente un uomo di coscienza, forse uno che ha pensato ed agito un’obiezione di coscienza creativa. Cosa significa avere una coscienza politica? O avere una coscienza in politica? Come stanno oggi tra loro coscienza e politica?

Sì, è un uomo che metteva al primo posto la coscienza, e devo dire che mi sento molto vicino a lui, perché nel mio percorso politico ho sempre messo al primo posto la libertà di esprimere ciò in cui credo fermamente rispetto all’opportunità di conciliare una carriera politica col ridimensionamento delle mie convinzioni personali: se non sono libero di dire quello che penso non posso essere protagonista in una comunità politica. Credo che oggi avere una coscienza politica significa prima di tutto affermare la verità; non ci possono essere mezze misure. Lo diceva Havel: in politica bisogna usare il linguaggio della verità. E io credo che oggi più che mai ce ne sia grandissimo bisogno. Nel libro Il potere dei senza potere lo diceva e oggi andrebbe ripresa questa dimensione, perché purtroppo la dimensione della menzogna e della falsità in ogni ambito della vita pubblica è dominante, soprattutto attraverso i social e le fake news. Credo quindi che sia importante oggi anche avere la possibilità di obiettare per motivi di coscienza; purtroppo abbiamo sistemi di potere che limitano la libertà della persona cancellando questo sacrosanto diritto millenario dell’umanità, che è l’obiezione di coscienza, cioè poter dire di no a una legge perché la propria coscienza impone di non poterla rispettare. La Chiesa ci ha insegnato tanto su questo, abbiamo costruito tante battaglie sull’obiezione di coscienza. Purtroppo abbiamo oggi un’Unione europea e a volte anche istituzioni locali che contrastano questo principio; si vorrebbe arrivare a una negazione dello stesso anche a livello dell’Unione europea. Naturalmente questo è un altro esempio di come questi impianti ideologici violenti, che dobbiamo contrastare, vogliano imporre un pensiero unico dove la libera persona non può dissentire da quello che la legge impone

3. Vedi qualche artista o persona creativa nel panorama politico italiano? C’è un nesso tra arte e politica? L’ispirazione?

Purtroppo oggi non vedo personaggi creativi o artisti in politica. Vedo mediocrità, vedo incapacità e vedo questo istinto a un giovanilismo fine a se stesso che sta facendo danni ovunque. Io penso che ci voglia in politica idealità, competenza e pragmaticità; per fare questo bisogna metterci delle persone che hanno dimostrato con le loro opere, col loro lavoro, con la loro vita e soprattutto col loro impegno in politica – perché la politica non si può improvvisare: un buon imprenditore non è dato per certo che diventi un buon politico, un buon professionista altrettanto – quindi il politico deve imparare come si fa politica sul campo e un ruolo importante lo avrebbero le scuole di formazione politica, che sono state abbandonate da tempo e sono state sostituite da scuole di reclutamento di fan elettorali per i leader politici attuali. Credo che oggi in Italia abbiamo una carenza deficitaria di classe dirigente davvero disarmante, e credo che ci sia un nesso tra arte e politica: la politica è una delle arti più affascinanti e soprattutto più interessanti che ci possono essere. Bisogna essere creativi per fare politica, perché a volte ci si trova a dover sciogliere dei nodi intricati attraverso i quali bisogna avere ed esprimere una forte creatività; soprattutto io ho sempre avuto un grande dono nel mio percorso politico, che è quello della curiosità. Un creativo è un curioso, un creativo è un osservatore, e credo che queste siano caratteristiche fondamentali. L’ispirazione? L’ispirazione la trai unicamente dall’ideale, perché l’ideale è quello che muove il cuore dell’uomo, è quello che muove la storia. L’ideale è il nesso tra l’infinito e il finito, cioè tra l’uomo e Dio, e credo che noi abbiam bisogno fondamentalmente di trarre linfa vitale dall’ideale e l’ideale è quello che anima le nostre giornate, io se ancora faccio politica è perché credo ancora che la politica possa fare del bene, credo ancora che la politica possa essere una possibilità straordinaria di aiutare chi soffre, di aiutare chi ha bisogno, di aiutare chi sta peggio di noi, per lasciare un segno buono nel nostro cammino. Anche perché, ripeto, attraverso questo implicarsi con la realtà in maniera creativa, cioè generativa, possiamo trovare il senso ultimo del perché passiamo questi anni nel mondo.

4. Essere la coscienza di un popolo, anche questo mi pare di aver colto in Havel. Hitler era il popolo tedesco, in qualche modo e per un po^, almeno. Capacità di entrare in sintonia emotiva col popolo, ma per portarlo dove? Il potere per il potere? La Bestia? La Bestia sociale (cfr. Simone Weil, il “grosso animale”)?

Assolutamente, un politico deve incarnare l’ideale che vive un popolo. Quando tante volte dico che oggi purtroppo la politica, certa politica, parla un linguaggio che non è nelle corde del linguaggio del popolo...lo si vede poi nei risultati elettorali. Una realtà come quella di Matteo Salvini con la sua squadra della “Bestia” sta ottenendo risultati importanti in termini di consenso o comunque di affermazione della sua leadership proprio perché fanno studi mirati, attenti e puntuali a quello che è il sentiment del popolo; però bisogna stare attenti, e qui giustamente fai un’osservazione corretta, perché si rischia di passare dal potere per il popolo al potere per il potere. Una delle frasi che mi ha sempre più affascinato e uno dei miei passaggi formativi-politici più importanti è stato quello con l’amico Aldo Brandirali, che aveva costruito un giornale che si chiamava Servire il popolo e la base del suo movimento rivoluzionario contro corrente prima di incontrare don Luigi Giussani era proprio quella di partire dalla politica che servisse il popolo, da un potere che fosse messo al servizio del popolo. Allora ascoltare quello che è il comune sentire di un popolo e uniformarsi al comune sentire di un popolo non vuol dire agitare gli istinti più violenti o gli istinti più bassi della comunità sociale di cui fai parte, ma vuol dire partire dalla domanda e dal bisogno che c’è e tradurli, trasformarli in proposta; prendere, accogliere una protesta e farla diventare una proposta e su questo costruire una nuova coscienza comune. Faccio un esempio pratico. Oggi le famiglie fanno purtroppo fatica ad arrivare alla fine del mese...è chiaro che chi solletica questo tema aizzando le famiglie contro questo o contro quell’altro viene premiato elettoralmente – se naturalmente non va al governo, perché poi i nodi vengono al pettine quando vai al governo, come già successo col governo gialloverde –, è naturale che noi non dobbiamo incorrere in questo che è l’errore della “bestia sociale”. Noi dobbiamo cercare invece di fare un altro tipo di ragionamento, dobbiamo raccogliere quella domanda e trasformarla in una proposta che sia costruita non attraverso una politica che impone un modello sociale, ma attraverso una politica che raccoglie le migliori pratiche che la società ha già messo in atto. Perché per i bisogni che la famiglia oggi ha, già tante famiglie hanno creato delle risposte – atto dovuto a una continua assenza della politica -, allora vuol dire applicare il principio di sussidiarietà, cioè far sì che il privato, dove ha già costruito pratiche buone di qualità e di efficienza, si faccia sistema e si faccia sistema pubblico.

5. Non è chiaro se Havel fosse credente, almeno non in senso confessionale. Ma l’umanesimo trascendente non è un po^ anche il nuovo umanesimo di Aldo Moro? La sfida della laicità? Fede e ragione? Il Vaticano II e il dialogo col mondo, con la modernità?

L’ho detto in un mio commento qualche giorno fa: il problema non è il tasso di cattolicità o di fede religiosa che portiamo nel nostro sangue, ma il problema è se siamo disposti o no a essere veramente dissidenti da questo pensiero unico dominante. Havel aveva fede, era un uomo che io ho avuto modo di poter leggere in alcuni racconti che mi ha riportato mons. Luigi Negri, che aveva un rapporto di conoscenza diretta con Václav Havel; una sua fede molto forte, molto robusta, che è stata alla base appunto del suo cammino così forte, così deciso – tenete conto che è rimasto in carcere fino a poco prima del crollo del muro di Berlino (per tantissimi anni) e poi appena crollato si son fatte libere elezioni ed è diventato presidente della Repubblica cecoslovacca. Io sono convinto che Václav aveva fede e soprattutto aveva una fede vissuta, una fede incarnata, perché poi la differenza è tutta lì, la sua forza di un uomo che da solo è stato capace di continuare a portare avanti un messaggio di speranza, di futuro e di bene per il proprio popolo quando tutto di quello che stava succedendo diceva l’esatto contrario, con la certezza che la storia non la fanno i progetti degli uomini, ma la storia la fa la fede di uomini che sono convinti che prima o poi il tempo in cui Dio ridarà a quel popolo una speranza di bene arriverà e in quel momento saremo chiamati a mettere le mani al servizio del progetto di Dio, non del progetto dell’uomo. Non a caso intelligentemente papa Francesco ha ripetuto in uno dei suoi ultimi interventi che il tempo è la misura di Dio per l’uomo e non la misura dell’uomo per l’uomo. Per questo sono convinto che ci sia bisogno di un nuovo umanesimo, cioè un nuovo protagonismo dell’uomo, dove si rimette l’uomo al centro, si tutela, si difende, si cancellano pratiche attraverso le quali l’uomo diventa oggetto e non più soggetto, si ritorna alla grande stagione dei diritti, anziché alla stagione dei desideri che diventano diritti, e si apra una nuova grande stagione di diritti civili che sono quelli che tutelano le mamme, che tutelano le famiglie, che tutelano i figli, e non quelli che trasformano i figli, le mamme in oggetti di un commercio globale. Ecco, questo dobbiamo fare, e questo porterebbe a un continuo percorso anche di riflessione sul tema fede/ragione, perché poi naturalmente la nostra forza non dev’essere quella di scagliare i nostri valori come elementi ideologici in un conflitto politico. Già il vescovo di Bologna mons. Zuppi, presentando il mio ultimo libro Le radici verso l’alto scritto con Massimiliano Fiorin, ha avuto modo di dire che apprezzava molto queste riflessioni che non vedevano i valori come elemento di conflitto, ma i valori come terreno di confronto. Io sono convinto che oggi dobbiamo educarci al fatto che la fede è una luce che illumina la ragione e il terreno di confronto per ognuno di noi dev’essere quello della ragione. Noi abbiamo la forza, noi che abbiamo fede, noi cattolici, noi cristiani, di potere avere una luce forte che è data dai nostri valori: utilizziamoli per avere una ragione più ampia, una ragione più forte, una ragione più convincente; non scagliamoli contro l’altro solamente al fine di mostrare maggiormente i nostri muscoli, ché poi alla fine si mostra che arriva qualcheduno che ha i muscoli più forti e rischiamo di costruire un mondo peggiore di quello che abbiamo ricevuto. Il Vaticano II parla appunto di dialogo col mondo, con la modernità, e noi dobbiamo essere capaci di fare tutto questo; infatti io sono convinto oggi che la sfida vera su cui siamo chiamati a investire con coraggio non sia quella di uno scontro ideologico pro o contro famiglia, pro o contro unioni omosessuali (faccio degli esempi pratici), ma sul costruire una società che riscopra la tutela della persona, la tutela della famiglia come soggetto naturale e non costruzione dell’uomo. A quel punto cadranno tutti i miti di progresso perché non avranno sussistenza per esistere in quanto scopriremo il valore assoluto della tutela della persona, che porta a tutelare, per esempio, anche chi ha scelte sessuali diverse da quelle che sono tutelate nel diritto naturale.

6. Che ce ne facciamo della critica di Havel all’Occidente? Un monito da profezia laica inascoltata?

Havel è un grande pensatore che oggi più che mai l’Occidente dovrebbe riprendere a tema. Non a caso il Meeting lo ha riportato al centro del dibattito politico con una mostra a lui dedicata. Credo che oggi più che mai essere dissidenti sia la posizione più importante, per me la posizione fondamentale; oggi purtroppo non si può pensare di essere maggioritari con un pensiero come quello che noi proponiamo che parte appunto dalla Dottrina Sociale della Chiesa cattolica e la ripropone non come pensiero ideologico, ma come laboratorio su cui costruire una società che metta al centro la famiglia, la persona e la vita e non promuova più cultura di morte. Dobbiamo essere capaci di costruire un piano nazionale per la famiglia, dove tutti si sentano protagonisti visto che la società è composta per oltre il 90% dei suoi membri da persone che vivono in “formato famiglia”; dobbiamo avere questo coraggio di spiegare oggi quanto sia più ragionevole, più convincente promuovere la famiglia che è un elemento di tutela e di salvaguardia anche per chi fa scelte sessuali e sentimentali diverse da quella della famiglia.

7. A breve il nostro libro intervista proprio a partire da Havel. Anticipi qualcosa per chi ci legge?

Sarà un grande piacere l’uscita del nostro libro, il primo che facciamo assieme, e credo che sia un’occasione da non perdere. Parlare oggi di tutte queste cose, spiegare oggi come essere dissidenti dal pensiero unico senza più avere il problema o il patema del consenso ma costruendo una presenza che si faccia largo nel corso del tempo e che diventi, che crei un conseguente consenso nel momento in cui la storia, e quindi il tempo secondo la volontà di Dio, consentirà il formarsi anche del consenso, credo che sia qualcosa di importante e fondamentale. È un volume molto bello in cui credo che mostreremo una grande possibilità di arricchimento soprattutto per i più giovani, che oggi sono tanto disarmati e tanto sfiduciati dalla politica. Credo che oggi la posizione del dissidente sia la posizione più interessante, più intelligente per un giovane; andare contro un sistema di potere che non ha a cuore il suo destino, il destino di chi vuole costruire famiglia, il destino di chi vuole costruire un’attività economica per dare il pane e il futuro ai propri figli, il destino di chi vuole avere un futuro, costruire una società migliore di quella che ha ricevuto. Credo che l’unica modalità con cui poter contrastare questo sistema di potere debba essere quella di dissentire con forza, con coraggio, con audacia dentro le istituzioni democratiche finché ci è consentito: per questo lo faccio ogni giorno come Popolo della Famiglia col mio impegno politico nazionale ed europeo e credo che lo dobbiamo fare preparandoci anche ad eventuali situazioni in cui non sarà più consentito democraticamente di poter dissentire e dovremo farlo anche a costo della nostra libertà personale.

Sostieni l'autore di questo articolo, fai una donazione con PayPal: https://www.paypal.me/gianlucavalpondi

Martedì 27 agosto 2019

© Riproduzione riservata

1384 visualizzazioni

Commenti
Lascia un commento

Nome:

Indirizzo email:

Sito web:

Il tuo indirizzo email è richiesto ma non verrà reso pubblico.

Commento: