Al cuore della spiritualità passionista

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san paolo della croce

Al cuore della spiritualità passionista

Finalmente arriviamo al punto centrale e al culmine del percorso in 4 tappe del caro padre Anselmi

di padre Max Anselmi, passionista

Padre Max Anselmi sale verso il santuario della Madonna della Civita
Padre Max Anselmi sale verso il santuario della Madonna della Civita

CORSO IN QUATTRO QUADRI

per conoscere

S. Paolo della Croce

e il suo invito a lavorare

per la felicità delle persone

Come vorrei – anche per un istante –

fermare il tempo

per raggiungere un Pellegrino d'Assoluto

ed insieme camminare

su sentieri di primavera

che conducono

... all'infinito

a cura di

Padre Max Anselmi Passionista

*****

QUARTO QUADRO

(su quattro)

O Paolo della Croce

che sublime missione la tua!

Ma come hai fatto, a meditare la Passione del Signore

tanto da riuscire a proporre un modello di vita

valido ancora per noi moderni?

di Max Anselmi Passionista

Cosa operò la sua fede e come?

S. Paolo della Croce fu un uomo - e un santo - del suo tempo e dal fascino di una sequela ancora attuale e fervorosa. In tempi settecenteschi di sempre crescente scetticismo razionalista verso il fenomeno religioso, in nome di movimenti culturali e filosofici di aperto agnosticismo, ebbe il coraggio di affermare con saggia ed ispirata determinazione una parola di misericordia, riconciliazione, perdono, con un trasporto da innamorato del Dio Amore che solo redime.

Ebbe esperienza di vita e di chiesa, di lavoro e di solitudine, di apostolato, carità, scienza, oratoria, apostolicità… capace ai tempi di attirare per affabilità e capacità di ascolto giovani e adulti, altolocati quanto di umile origine e stile di vita. Seppe mettere pace nelle famiglie, nelle comunità, seppe prendersi cura di ammalati, come di religiose o soldati e pure di briganti, che ricorrevano a lui in ogni circostanza, anche la più complicata: l’espressione “andiamo dal padre Paolo“ significava già riconciliarsi e convertirsi, per amore di Gesù e di Maria addolorata, a miglior vita.

Mai stanco e infaticabile, fondò dodici ritiri per i suoi confratelli, e pure la congregazione al femminile che ne ricopiò le Costituzioni; ispirò e diresse spiritualmente religiose, religiosi, fedeli laici e laiche e coppie di coniugati, indicò come vivere la dimensione quotidiana della propria vita quale offerta gradita all’amore del Cristo Crocifisso e della Madre Addolorata da cui solo impetrare riconciliazione e perdono.

Memorabili le sue prediche che inducevano compunzione e pentimento di interi paesi, durante le prediche delle missioni popolari cui diede tutto di sé, prima di essere reclamato a soggiornare, ormai anziano, dal papa, a Roma, dove ricevette il dono della basilica dei SS. Giovanni e Paolo al Celio, ancor oggi casa generalizia della sua congregazione, ove morì il 18 ottobre 1775.

Non solo le Regole e le Costituzioni dei suoi religiosi e religiose, ma le migliaia di lettere di direzione spirituale ancora fanno scuola e sono guida per maturare una graduale offerta della propria vita, capace di quotidiana contemplazione amorosa del mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Cristo. Tutto questo non sarebbe stato possibile a Paolo Danei se non nel continuo combattimento spirituale, e nella contemplazione assoluta, così speciale da meritare, anche solo per questo, di essere dichiarato "Dottore della Chiesa".

Questo breve scritto, che mira a metterne in evidenza le caratteristiche, può essere suddiviso in tre parti: 1. I motivi che stanno alla base della sua scelta di dedicare fino a 10 ore o anche più al giorno alla meditazione della Passione del Signore; 2. la postura di adoratore che prendeva nella meditazione; 3. la meditazione della Passione ha un centro nel centro!

Parte prima

S. Paolo della Croce dedicava 10 ore e anche di più alla meditazione

Paolo della Croce ha avuto una stima grandissima della meditazione, in special modo della meditazione della Passione, tanto da obbligarsi addirittura con voto a promuoverla, perché, per esperienza personale sia nel servizio ai giovani che nella pastorale della ripresa di vita delle comunità cristiane, ha constatato che è "il rimedio a tutti i mali del mondo".

Egli consegna questa sua alta convinzione al primo capitolo della Regola di vita dei Passionisti, dove chiede ai suoi religiosi di promuovere "con tutte le forze" la contemplazione della Passione.

La sua richiesta si fonda principalmente su due motivi: innanzitutto perché da essa "come da fonte, deriva ogni bene"; in secondo luogo perché "questo proficuo e salutare pensiero sarà un mezzo efficacissimo per ritrarre le anime dal peccato, ed incamminarle alla cristiana perfezione, alla quale aspiriamo".

Questo è davvero un punto molto bello, anzi sublime: la meditazione della Passione è, come Paolo della Croce si esprime in un altro momento, "mezzo efficacissimo... per condurre in poco tempo le anime ad una gran santità". Non va mai dimenticato che dal punto di vista del cammino spirituale della persona, ma anche della più alta filosofia e teologia, il meditare il mistero della Passione messianica costituisce l'acme del pensiero in questo mondo, perché è il servizio alla pasqua dell'umanità, tanto bisognosa di fare festa.

Paolo, quando era ancora giovanissimo, precisamente a partire dai 19 anni, dopo la sua conversione, alla domenica dedicava ben cinque ore di seguito alla meditazione. Prendendo atto che anche in seguito continuò a dedicare alla meditazione ore su ore, favorito di una grazia particolare di orazione da parte di Dio, come egli stesso confidava, può essere considerato il mistico giovane più grande della storia della Chiesa! Si noti che S. Teresa d'Avila si convertì non a 19 anni come Paolo, ma a 39 e poi in quanto monaca doveva attenersi all'orario della comunità quanto alla meditazione. Santa Caterina da Genova, tanto amata da Paolo, si convertì a 24-25 anni, non a 19, ma anch'essa sia pur tanto contemplativa, desiderava, come lei stessa scrive, dedicare 5-6 ore alla meditazione, ma essendo sposata, non poteva permetterselo.

Va inoltre evidenziato che Paolo sui 24-25 anni, non dedicava alla meditazione o orazione come spesso si preferisce dire, solo cinque ore alla domenica, ma 10-12 ore giornaliere! Quale monaco del deserto, tra quelli più noti, l'ha fatto? Nessuno! Paolo fin da giovane li ha superati tutti! Egli è il santo della contemplazione assoluta.

Di questo non ci può essere nessun dubbio, perché è il Diario dell'esperienza dei 40 giorni di ritiro che egli fece dal 22 novembre 1720 al 1° gennaio 1721 nella celletta presso la sacrestia di S. Carlo a Castellazzo Bormida a documentarlo. Dalle annotazioni del Diario, indirizzato quasi sotto forma di lettera al suo vescovo di Alessandria, Mons. Francesco Maria Arborio di Gattinara, risulta che dedicava alla meditazione 3 ore di notte, 1 ora al mattino, 1-2 ore sul mezzogiorno, e 5-6 ore nel pomeriggio, in genere dalle 15 o dalle 16 alle 21 di sera. Se si contano, si ha conferma che egli alla meditazione dedicava complessivamente dalle 10 alle 12 ore al giorno!

In una parola, come depone la Sig.ra Lucia Casciola in Costantini al processo di Corneto Tarquinia, Paolo stava in orazione “tutta la notte ed il giorno”.

Parte seconda

S. Paolo della Croce nella meditazione assumeva la postura di adoratore

Una cosa che i testimoni ci tengono ad evidenziare è la posizione che egli assumeva nella preghiera.

Durante la meditazione non stava né seduto, né in piedi, ma in ginocchio senza appoggio, con le braccia incrociate sul petto. I monaci benedettini e altri per durare a lungo nella preghiera assumevano la postura caratteristica di stare inginocchiati e semi-seduti, appoggiando cioè il sedere al sedile. Questa postura è forse la migliore dal punto di vista anatomico perché permette una ottimale circolazione del sangue e una perfetta respirazione. Paolo diversamente preferiva la postura di adoratore.

A conferma, tra i tanti testimoni "de visu", ne citiamo uno. Depone al Processo di Alessandria il Sac. Antonio Francesco Lamborizio:

“... Desumendo io la sua fede dalla grande riverenza con cui si tratteneva in chiesa, massime avanti il Santissimo Sagramento: sempre inginocchiato sulla nuda terra, senza alcun appoggio, a capo chino e colle mani incrocicchiate sul petto, come fu da me osservato; e so anche che vi passava ore e ore, di giorno e di notte... “.

E che stesse a lungo in ginocchio lo rivela lui stesso nel Diario sotto il giorno 21 dicembre 1720, quando scrive: “La carne... quando è stracca di stare in fatica, o in orazione per la lunghezza di stare in ginocchio vorrebbe riposarsi...”.

Il Sig. Tommaso Fossi, quando conobbe Paolo durante la Missione che tenne al suo paese a Poggio d’Elba, nel luglio 1735, aveva 24 anni: era sposato da due anni e mezzo circa e aveva già due bambine. Egli rimase molto colpito dal fatto che Paolo e suo fratello Giovanni Battista si recavano in chiesa prima della predica, si mettevano in ginocchio e senza appoggiarsi al banco restavano in orazione per due o tre ore di seguito. Dalla prima lettera a lui diretta del 25 agosto 1734 (cf. Lettere ai laici n. 229), risulta che il Sig. Tommaso ha cercato di imitarli, riuscendo con suo stupore di rimanere anch’egli a lungo in preghiera contemplativa, tanto da sentirsi tramite una specie di “assorbimento” come fuori del mondo, in una parola “in estasi”. Da allora - è bene evidenziarlo di nuovo: da quando aveva 24 anni ed era sposato da due-tre, con due bambine -, seguendo l'esempio di Paolo volle consolidare il suo cammino di unione con Dio tramite la meditazione, dedicando quotidianamente ad essa un'ora al mattino e mezz'ora alla sera. Ne abbiamo conferma anche dalla lettera che Paolo gli diresse cinque anni più tardi il 3 marzo 1739, dove, tra l'altro, scrive: “(...) Se Lei è alquanto sano, mi contento si alzi a buon’ora e faccia l’orazione per un’ora circa, e alla sera mezz’ora o più, ma poco più; alle feste ed al venerdì la potrà allungar più, secondo il comodo e le sue forze. Ma però non mi disdico da ciò che credo averle già detto: vorrei che l’orazione durasse sempre, cioè con la vista amorosa di Dio in pura fede, con sacre aspirazioni, or di maraviglia di quel Mare inesausto d’ogni Bene, or di compiacenza che sia egli solo quello che è, or di sacro stupore per la sua infinita grandezza, e cose simili ecc. Ma con patto che si faccia con soavità, senza sforzi, senza segni esteriori, né di capo, di fronte ecc. , ma tutto dolcemente”.

Come si nota anche Tommaso Fossi, rifacendosi all'esempio e ai consigli di Paolo, ha una grandiosa storia contemplativa.

(A noi non compete valutare la postura della meditazione suggerita dalle cosiddette tradizioni orientali, perché pensare, amare, pregare Dio è possibile in qualunque modo e tempo lo si voglia fare: camminando, stando seduti o in piedi o in ginocchio o lungo distesi. Si deve difendere la libertà. Se gli aderenti a queste tradizioni orientali vogliono fissarne una, liberi di farlo, ma se la assolutizzano, ritenendola persino la migliore, occorre opporsi, perché anche solo dal punto di vista anatomico, della salute, ha più di una controindicazione. Sia chiaro: questa è la mia opinione!).

Parte terza

Per S. Paolo della Croce la meditazione della Passione ha un centro nel centro che la giustifica

A questo punto, per sapere come Paolo abbia fatto a meditare la Passione del Signore così tanto e così a lungo, è bene che ci rivolgiamo direttamente lui, sicuri che egli, da vero dottore della chiesa per quanto riguarda la contemplazione della Passione, non avrà difficoltà a darci risposta e dire che cosa dobbiamo fare noi per imitarlo almeno in parte.

La sua risposta con una esauriente spiegazione la possiamo trovare nelle numerose lettere che ha scritto alle persone che dirigeva nello Spirito, ed è questa:

- al centro delle sue scelte di vita non ci sta la meditazione o la contemplazione, ma l'amare Dio con tutto il cuore.

Una prova lampante ci è offerta dallo stile di vita, semplicemente "terribile", che aveva scelto a partire dal giorno in cui si era fatto indossare dal vescovo l'abito dei poveri di Gesù: venerdì 22 novembre 1720. Egli l'aveva maturato e deciso per amore del Signore.

Una persona, quando fa una scelta di vita penosa del genere, che scopo può avere? Non può averne che uno solo, quello di dimostrare davanti a tutto il mondo che vuole amare davvero il Signore con tutto il cuore e con tutte le forze!

La storia documenta che non solo per quei 40 giorni, ma per almeno altri 20 anni, ossia fino alla prima approvazione della Regola del 15 maggio 1741, ha continuato a vivere in tal modo che noi giustamente qualifichiamo “super-eroico”. Ma il cuore della questione non è la vita tanto penitenziale che Paolo ha scelto, ma l’amore del Signore per il quale ha scelto tale stile di vita e, possiamo aggiungere, per condividere la vita della povera gente!

Ha voluto, sì, amare il Signore in modo “super-grande” e per dimostrargli che lo amava davvero e lo ringraziava per averlo salvato dall’inferno scelse una vita la più povera possibile!

È questo amore totale al Signore che sta al centro di ogni giorno del suo Diario. Tutto il resto è secondario, su cui non vale la pena di intrattenersi: sarebbe perdita di tempo perché non coglierebbe l'essenziale. Questo e solo questo è il contenuto del Diario: il suo amore totale al Signore.

Certo questo amore totale lo vuole dimostrare non solo nei desideri, ma nel concreto e lo dimostra di fatto digiunando non per un giorno, ma per ben 40 giorni a pane ed acqua. Nel quadro di Guido Francisi, esposto nella celletta, il pane e la brocca dell’acqua, simboli dell’essenzialità, sono ben espressi. Da notare che oltre a digiunare a pane ed acqua, ogni notte faceva la disciplina.

Questo amore totale lo vuole conservare, proteggere, difendere e aumentare in modo forte col dedicare all’orazione una quantità enorme di tempo sia di giorno che di notte!

E i frutti non mancarono.

Alla scuola di San Paolo della Croce fiorirono infatti vocazioni e vari esempi di santità, sia nell’800 che nel '900: santi generosi e venerabili giovani come Santa Gemma Galgani, san Gabriele dell’Addolorata, Pio Campidelli, Gemma Eufemia Giannini, Leonarda Boidi, Maddalena Marcucci… che col sorriso sulle labbra sono e rimangono esempi di semplice meravigliosa umanità dalle capacità anche taumaturgiche…

Che cosa dobbiamo fare noi? Se abbiamo capito il suo messaggio, deciderci, deciderci presto, deciderci di meditare la Passione. Si tratta di una grande scelta, forse o senza forse la più alta della propria vita, perché con essa si vuole conservare "l'amore di Dio Padre nel cuore" (cf. 1 Gv 2, 15).

Come può avvenire questo?

Lo spieghiamo, presentando il comportamento piuttosto comune di una giovane e di un giovane verso i loro genitori.

In breve. Rifiutano di obbedire, disprezzano il padre, quando fa comodo seguono la madre. Decidono di seguire il mondo. Non collaborano in famiglia. Stanno fuori più che possono. Le relazioni con la famiglia sono quasi azzerate: solo quando fa comodo, le riprendono. Si lasciano travolgere da esperienze amorose... Non sono felici, infatti nel loro cuore non avendo accettato o anche perdonato al papà o alla mamma per i loro limiti o le loro debolezze, non amano e non amando ossia tenendo l'odio o anche solo l'avversione nel cuore non amano e senza amore non c'è felicità. Inoltre non pregano, non partecipano alla vita della Comunità cristiana... Vivono nella confusione.

Quando nella loro vita umana, volere o no, dopo 10 o più anni il tempo urge per un cambiamento di rotta, perché occorre sposarsi, occorre avere un lavoro per mantenersi... e questi motivi o altri del genere obbligano che si incominci a mettere un po^ di giudizio, il fallimento nel proprio vissuto resta: non si è amato e questo dato nessuno lo può cancellare. Nella propria vita resta l'esperienza prolungata di anni di non amore che niente e nessuno può togliere.

Solo quando questi giovani disperati o forse pure casualmente rivolgono lo sguardo a Colui che sta in croce per tutti e anche per loro e si sentono ferire il cuore, solo allora incominciano a sentirsi amati perché il loro odio viene cancellato dal perdono che solo il Signore Gesù concede. Allora sentono che la loro vita inizia a cambiare davvero, perché nel loro cuore vince finalmente l'amore che tutte le esperienze fatte non riuscivano a dare. Essi prendendo atto del meraviglioso prodigio che l'amore era entrato in loro, non fanno altro che piangere d'amore.

È per conservare la grazia dell'amore che la persona inizia a dedicare tempo alla meditazione.

Sì, la meditazione viene attivata in relazione all'amore, per custodirlo, difenderlo, svilupparlo. Ed è in questo senso che si può dire che al centro della meditazione ci sta l'amore. Quello di difendere l'amore è un compito gravissimo, perché occorre vincere le tre concupiscenze: la superbia, l'avarizia (che è idolatria ossia alternativa a Dio: cf. Col 3, 5), le lusinghe dell'amore umano (cf. 1 Gv 2, 15-17). Si tratta di un compito non facile, anche perché per impedire che ci rubino l'amore, occorre un gagliardo combattimento spirituale per tutta la vita. Ne abbiamo conferma dall'apostolo Paolo, il quale nella lettera agli Efesini scrive:

"Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi" (cf. Ef 6, 10-18).

L'affermazione che al centro della meditazione ci sta l'amore è certamente bella, ma non del tutto esatta, perché al centro della meditazione ci sta l'esperienza di Dio.

Quando nella persona entra l'amore, essa inizia infatti a fare l'esperienza di Dio, come ci viene detto dall'apostolo Giovanni nella sua prima lettera: Dio è amore e chi ama conosce Dio (cf. 1 Gv 4, 8).

(Cf. 1 Gv 4, 7-10: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati").

Al centro della meditazione ci sta, sì, l'amore, ma al centro dell'amore ci sta l'esperienza di Dio, dunque propriamente al centro della meditazione ci sta l'esperienza di Dio.

Attenzione: l'esperienza di Dio non si può però fare se non accogliendo Gesù, perché è lui che ci rivela che Dio è Padre.

Al centro della meditazione ci sta, sì, quindi, l'esperienza di Dio, ma al centro dell'esperienza di Dio si deve porre l'accoglienza di Gesù, quale figlio di Dio, per cui al centro della meditazione ci sta l'esperienza del Signore Gesù. Al centro dell'esperienza di Gesù ci sta l'esperienza della sua passione, morte in croce e risurrezione, perché solo tramite questa esperienza si fa la vera esperienza di Gesù, del Gesù figlio di Dio che ci rivela il Padre, del Gesù risorto, non immaginario, ma vero, reale "in carne e ossa" (cf. Lc 24, 38), del Gesù vivo che comunica la santità e l'immortalità, del Gesù vivo che mantiene la promessa di mandarci lo Spirito Santo, del Gesù vivo che resta sempre con noi nella modalità però eucaristica, in una presenza quindi reale, ma d'amore, immolata e questo per farci dono dello Spirito Santo Creatore. Al centro della meditazione attraverso tutti questi passaggi, risulta che ci sta la presenza eucaristica di Gesù. Paolo l'aveva capito, per questo viveva la sua meditazione stando ore e ore in ginocchio davanti al tabernacolo, perché è tramite il Gesù vivo eucaristico che si viene introdotti al centro di Dio, nel seno del Padre (cf. Gv 1, 14). Sì, la meditazione porta a dimorare nel seno del Padre, ma vi si entra solo in Gesù, con Gesù, per Gesù eucaristico. Al centro della meditazione ci sta pertanto l'Eucaristia. Paolo è stato un martire dell'Eucaristia.

Questa è la risposta di Paolo, un uomo della contemplazione assoluta, un contemplativo adoratore.

Un saggio, che anche da anziano conservò l’innocenza di un fanciullo, passato attraverso esperienze di vita e di preghiera ispirata alla gratitudine per la vita vera, buona, che ispira la mitezza salvifica del Cristo morto e risorto per la nostra salvezza e la nostra gioia.

Padre Max Anselmi celebra Messa con alle spalle l'immagine della Madonna della Civita (ivi san Paolo della Croce passò mesi di Paradiso)
Padre Max Anselmi celebra Messa con alle spalle l'immagine della Madonna della Civita (ivi san Paolo della Croce passò mesi di Paradiso)

San Paolo della Croce fu canonizzato da Pio IX nel 1867. I suoi religiosi fin dal 700 furono aperti anche alle missioni, la prima in Bulgaria, e oggi sono presenti in 57 paesi del mondo, le monache passioniste sono ormai in 15 nazioni, la famiglia passionista si è arricchita inoltre di suore di vita attiva e di laici e laiche consacrati, e laici fedeli passionisti e passioniste.

Conclusione

Tutto quello che abbiamo scritto può far sorgere l'idea che meditare sia complicato e difficile, mentre non lo è affatto! Alquanto penoso può esserlo, sì, nel senso che lo stare per un tempo prolungato a meditare richiede sacrifici, ma che la meditazione sia difficile o complicata può affermarlo solo chi non l'ha capita o non è arrivato al livello dossologico e del piangere d'amore, ma è rimasto al livello problematico.

L'amore, infatti, quando entra nel proprio cuore e con l'amore vi entra il Signore che ci perdona i nostri peccati e risana i nostri fallimenti, perché, per questo, è morto in croce ed è risorto e nella modalità di risorto, quindi reale, ma nascosta, immolata, perché presenza d'amore, resta sempre qui con noi, meditare è facile, anzi piace, perché con la meditazione si pensa e si ama, si ama e si pensa: si piange d'amore e si eleva l'inno dossologico dei redenti.

Sì, quello che i redenti... faranno al termine dell'esperienza terrena (cf. Apoc 19, 1-10), chi medita la Passione ha il compito e l'onore di anticiparlo, intonando sempre di nuovo, motivato sia dalla Passione del Signore che di quella che continua fino al suo ritorno glorioso nella povera umanità, di cui ne fa pure memoria amorosa riconoscente, un grandioso alleluia pasquale, consapevole che alla conclusione della storia sfocerà in quello della dossologia celeste senza fine, per lo sposalizio solennissimo del Messia Gesù con l'umanità vittoriosa.

PREGHIERA

a S. Paolo della Croce

San Paolo della Croce,

fa' che contemplando

Gesù in croce

da una conoscenza

del vangelo mentale

passi ad una del cuore,

in modo che mi inginocchi

e senta in me la risurrezione

perché incontro il Gesù vivo.

Amen.

Domenica 27 aprile 2025

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