di Gianluca Valpondi
1. Ciao Mirko, mi hai mandato un lungo articolo di Giancarlo Cesana, uscito ad agosto su Tempi (https://www.tempi.it/lunita-dei-cattolici-oltre-le-chat-di-whatsapp/). Tema: l’unità dei cattolici. Ho conosciuto quelli di Cl ai tempi dell’università a Cesena; facevano i corsi per i test d’ingresso e un mucchio di altre cose, soprattutto, sempre, ci tenevano a “fare gruppo”. Cesana parla di questa verità che unisce nella comunità e spinge fuori ma sempre nell’appartenenza. Che legame, o non-legame, leggi tra l’appartenere e l’andare fuori, tra – per toccare un tema della riflessione di Cesana – identità e accoglienza?
Credo che la riflessione che ha fatto Giancarlo Cesana, che ho avuto modo di conoscere soprattutto nei miei anni di università a Ferrara, sia una riflessione che è di una forte attualità e pertinenza con il momento difficile che attraversano i cattolici. Credo che oggi più che mai bisogna conciliare due esigenze che sono fondamentali e improcrastinabili: il bisogno di riscoprire un’appartenenza autentica ad un’esperienza di fede che diventa luce per affrontare tutta la realtà nella sua completezza, e dall’altra parte il bisogno di portare questa verità dentro il mondo. Si corrono due rischi che sono profondamente ideologici nell’impegno dei cattolici di oggi: o lo spiritualismo e il settarismo, cioè il fatto di chiudersi in se stessi pensando che la verità basta che sia un convincimento personale e non testimoniata nel mondo per poter dare pieno senso alla propria vita e questa purtroppo è la ricaduta dei cattolici da gruppo di whatsapp come li chiama Giancarlo Cesana; dall’altra parte c’è chi invece pur di portare al mondo un messaggio evangelico rischia poi di non viverlo nella sua pienezza e nella sua verità assoluta, che non vuol dire testimoniarlo pur di testimoniarlo, ma invece vuol dire testimoniarlo nell’essenza della sua verità, anche quando richiede a volte la forza di un messaggio che va contro le logiche del mondo. Credo che nella politica, che è la vocazione a cui sono chiamato e che ha segnato più di vent’anni del percorso della mia vita, ho potuto toccare con mano questo aspetto. Il mio Giro per l’Italia, l’impegno nel Popolo della Famiglia e nel Partito Popolare Europeo è proprio in seno a questa logica, cioè alimentarmi quotidianamente della forza della Dottrina Sociale della Chiesa, che è quella che traduce la verità del Vangelo in regole e linee guida pratiche, praticabili, in cui vivere l’impegno quotidiano pubblico nel sociale, e dall’altra parte cercare di testimoniarlo come strumento per incontrare gli altri e per condividere con altri che non hanno magari le nostre sensibilità il linguaggio della verità che non è solo dei cattolici ma è universale.
2. Cattolici del sociale e cattolici della morale: un destino di scisma perenne, più o meno sommerso? Cesana – e meno male! - non cede alle critiche sterili a papa Francesco, ma forse vede nella Chiesa una confusione che non dovrebbe confondere chi ha fede nel “Tu es Petrus” e nel “non praevalebunt”. Il card. Bassetti, ad esempio, ha parlato chiaro sull’eutanasia, non ti pare? E anche la nomina cardinalizia, per te particolarmente lieta, di mons. Zuppi non dovrebbe far capire che la Chiesa una sua direzione chiara ce l’ha, per chi ha occhi per vedere?
Sono convinto che questo dibattito tra cattolici della morale e cattolici del sociale non faccia altro che purtroppo alimentare elementi di divisione nella Chiesa e quindi anche nel corpo della Chiesa che siamo noi fedeli, soprattutto quelli impegnati nella vita pubblica e nel sociale. Credo che noi dobbiamo cercare invece di guardare quello che più ci unisce, anche nelle vicende della vita stessa della chiesa; per esempio penso alla scelta di Cesana, intelligente e puntuale, di non entrare dentro le ferite, le lacerazioni, che purtroppo sono alimentate da certa stampa, da certi media cattolici, da certe realtà anche del mondo cattolico su papa Francesco, e che certo non aiutano. Non aiuta però neanche dall’altra parte questa strenua difesa a prescindere del Papa, intesa come un aspetto ideologico. Noi non dobbiamo essere clericali. Una delle grandi lezioni che ho imparato da un grande sacerdote del mondo di Comunione e Liberazione, che è monsignor Luigi Negri, è proprio quello di essere nell’esperienza cristiana “non clericali”, cioè non preoccupati in prima istanza di difendere la fede intesa come fatto ideologico e quindi non di esperienza. La fede è un’esperienza, il Papa non ha bisogno di difensori, il Papa non ha bisogno di avvocati, il Papa si difende benissimo da solo. Noi siamo chiamati a vivere la parola che arriva anche dal pontificato di Francesco, dentro la vocazione che ci riguarda - nel mio caso riguarda la dimensione politica - e cercare di tradurla nel modo più coerente, più leale e più concreto possibile. La nomina di Zuppi a cardinale è una grande gioia...don Matteo è un amico, una guida spirituale molto importante nella mia vita; l’ho vissuta come un grande dono e l’ho condiviso anche con lui che mi ha scritto parole davvero fraterne e belle in risposta al mio messaggio di auguri e felicitazioni a nome anche del Popolo della Famiglia. Credo che sarà una figura fondamentale nella Chiesa dei prossimi anni ed è una figura che lascerà un segno non solo a Bologna e in Italia, ma nel mondo. Mi onoro di poter essere vicino a lui e sono grato di poter dialogare sempre con lui anche per quello che riguarda il nostro impegno in politica. Credo che come Popolo della Famiglia possiamo avere in lui veramente un pastore in grado di darci una laica guida negli impegni che ci attendono; perché poi siamo chiamati oggi a superare questa divisione tra cattolici della morale e cattolici del sociale per costruire una presenza di laici cristiani impegnati in politica che sia capace di garantire la presenza incidente e convincente nelle istituzione del nostro tempo.
3. Ancora il congresso di Verona sulla famiglia: sembra che per Cesana l’atteggiamento delle gerarchie vaticane e anche del Santo Padre abbia creato o aumentato la confusione, tra i cattolici e non solo. Che te ne pare? Non ci fu invece sul tema una sostanziale sintonia tra i pastori della Chiesa e il Popolo della Famiglia?
Io credo che purtroppo siano i massmedia che creano molta confusione, soprattutto dopo la propagazione degli articoli attraverso i social. Ne parlo spesso nel mio Giroperl’Italia incontrando tante persone, anche in treno o dopo gli incontri...che proprio vivono questo disagio e questa difficoltà di trovarsi poi nei social in mezzo alla faida tra bande e poi quando incontri le persone dal vivo ti rendi conto che questa faida tra bande non esiste, è tutta costruita e montata purtroppo da questa modalità con cui si riportano questioni fondamentali, delicate, importanti dentro quello che è lo scontro da social. Io infatti ho fatto una scelta, dopo la campagna delle europee, di abbassare i toni, abbassare, più che i toni, il volume della propagazione dei contenuti sui social, cercare di spersonalizzarli e di orientare il dibattito sui contenuti e meno sugli elementi di divisione proprio per evitare questo tipo di effetto che ho visto che portava a lacerazioni ulteriori, frutto ripeto di dinamiche distorte di comunicazione. Credo che il Popolo della Famiglia sia in piena sintonia con quella che è la pastorale che viene proposta dal pontificato attuale, da tanti vescovi e sacerdoti; ma il nostro problema non è essere in linea con la pastorale, noi facciamo politica, noi ci occupiamo laicamente di tradurre il pensiero cristiano in azioni che siano espressione di proposte politiche che facciano il bene di tutti, anche di chi non ha il dono della fede, perché la laicità intesa come rispetto del primato delle istituzioni al di là di quella che è la confessione religiosa è fondamentale. Il che non vuol dire che non possiamo portare il nostro pensiero di fede dentro le istituzioni, ma lo dobbiamo portare attraverso delle proposte che non siano applicabili solo per chi ha fede, ma anche per chi questa fede non ce l’ha. Non a caso una delle espressioni che adoro di più è quella di Benedetto XVI che ci invita ad usare la ragione nel dialogo con tutti attraverso la luce più forte che noi abbiamo, che ci rende la ragione ancora più ragionevole rispetto agli altri, che è la luce della fede. Il congresso di Verona credo che abbia, secondo me – ed è anche per questo che non abbiamo partecipato col nostro simbolo e col nostro movimento politico – aumentato questi segmenti di frammentazione, che invece andavano secondo me resi meno eclatanti e meno evidenti. Ripeto, le divisioni non ci sono all’interno del popolo cattolico, che condivide la stessa esperienza valoriale. Credo che siano molto alimentate da logiche di comunicazione veramente violente, veramente divisive, che poi sfociano nei social e quindi creano queste guerre tra bande che non fanno bene né alla chiesa, né all’impegno nella vita pubblica dei cristiani. Corriamo un grande rischio oggi: quello di andarci ad annacquare come cristiani dentro alle varie bande che sono presenti nella politica di oggi e con questo quindi di non rendere la nostra azione di testimonianza incidente. Lo vediamo, siamo minoritari nel Paese, minoritari in questo “ruolo” che cerchiamo di avere nelle “bande”. Come Popolo della Famiglia abbiamo scelto, grazie anche all’intelligenza del nostro presidente Adinolfi, di stare fuori dalle bande e di essere i costruttori di un’alternativa “pop”, così la chiamo, cioè popolare, che sia capace di essere fonte d’ispirazione di azione di buon governo, che mettano al centro quelli che sono i valori eterni a cui ci ispiriamo, famiglia vita e persona; in maniera programmatica, chiedere un confronto con tutti su proposte concrete non su valori astratti (reddito di maternità, piano nazionale per la famiglia…) e su quello costruire alleanze che siano compatibili con la nostra storia.
4. Mi pare che sulla Lega la tua posizione e quella di Cesana si rassomiglino: becera sì, ma richiama un certo buonsenso. Si interloquisce con la Lega? Come?
Con la Lega bisogna utilizzare il buonsenso. L’ho ripetuto in più occasioni in queste settimane, non bisogna attaccare il popolo, anche cattolico, che va a Messa, che vive le parrocchie, che vota Lega, perché quello è un elettorato che potenzialmente guarda con interesse anche all’azione del Popolo della Famiglia, ma magari non l’ha votato perché convinto dalla logica del “voto inutile” e del “voto utile”. Credo che noi dobbiamo criticare i leader che incarnano il pensiero e la proposta dei partiti - in maniera anche a volte forte e decisa, senza mai scadere sul piano personale ma sempre rimanendo sull’agone politico - ma sono convinto che oggi più che mai l’azione della Lega parta appunto da quello che è il buonsenso che oggettivamente annusiamo stando in un bar o in un circolo di bocciofila o di tennis; e quando sei capace di costruire il consenso partendo dal buonsenso del cittadino medio chiaramente poi riesci a raggiungere quelli che sono dei risultati elettorali davvero importanti come la Lega ha ottenuto alle scorse europee. È chiaro che questo non basta, perché poi quel consenso va tradotto in azione politica programmatica. È chiaro che per noi è impossibile avere possibilità collaborative con un Partito democratico che oggi ha ancora come collante della sua esistenza politica stessa il pensiero radicale, il pensiero arcobaleno, o con un movimento 5Stelle che è fautore e promotore degli stessi impianti ideologici che sono alla base della tenuta del Pd: penso agli spazi enormi che vengono dati a quella che viene chiamata “l’agenda Cirinnà”, per fare un esempio, o alle dichiarazioni rilasciate dal ministro della famiglia che parla di evitare guerre ideologiche quando poi sappiamo che vengono propinati temi come il gender, come la parità di genere, o come tutto quello che è l’impianto dei presunti diritti civili e arcobaleno, che ovviamente comportano inevitabilmente uno scontro se vengono proposti. Sono convinto che la Lega rappresenti il fronte sovranista che è presente in tutta Europa, e da tempo - ho detto che andava fatto già a livello europeo e non è successo perché nel Partito Popolare Europeo è prevalsa una linea diversa per cui molti si sono poi portati comunque a non votare la Von der Leyen attraverso un voto contrario nel voto segreto – penso ai Paesi dell’est capitanati da Viktor Orban, presente all’interno del Ppe (infatti son mancati 43 voti del Ppe a sostegno della Von der Leyen nel voto segreto per la sua elezione in parlamento a presidente della Commissione europea) – credo, dicevo, che bisogna creare delle alleanze con il fronte sovranista che ha, ripeto, nel buonsenso di base che lo anima un impianto valoriale più prossimo alle nostre istanze. Va fatto però attraverso un’alternativa pop, popolare, robusta nei valori, nei programmi, nelle persone e soprattutto nei consensi, perché non si può pensare di andare a fare alleanze tra una Lega al 30% e una realtà d’ispirazione popolare all’1-2%. Per questo bisogna creare meccanismi di incontro con tutte quelle realtà che si rifanno al Ppe, che si rifanno alla cultura popolare in Italia, e il Popolo della Famiglia porta le sue pietre per la costruzione di questa casa più grande che possa metterci insieme tutti. Se non saremo capaci di crearla nei prossimi mesi ci sarà comunque sempre il Popolo della Famiglia come elemento di contraddizione per questo piccolo resto di popolo che non vuole morire nella guerra tra bande di oggi.
5. Anche nel giudizio sulla Dc vedo una certa sintonia di vedute. Ma perché è finita quella stagione? E ora che si fa?
Sulla Dc credo che il giudizio sia inevitabilmente quello che Cesana ha dato, lo ripeto anch’io da sempre. Oggi più che mai sono convinto che riproporre la logica della “Balena bianca” sia fuori dal tempo e dalla storia. Se pensiamo – e mi vien da ridere – che viene paragonata la modalità di guida politica del Movimento 5Stelle a quello che faceva la Dc, oggi si cerca di propinare l’etichetta democristiana a chiunque senza avere un minimo di cognizione di quello che viene detto. Io sono convinto che oggi i cattolici abbiano il dovere di essere incidenti e convincenti, come ha detto mons. Zuppi alla presentazione del libro Le radici verso l’alto - che ho scritto con Massimiliano Fiorin - a Bologna in sala santo Stefano. Questo dobbiamo fare, dobbiamo trovare le forme migliori; abbiamo visto che andare a disperdersi dentro alle varie bande in competizione oggi – perché non esistono più partiti ma bande con leader che le guidano – non è una soluzione capace di rendere incidente e convincente il nostro percorso. Per questo credo che non bisogna fare il partito unico dei cattolici; bisogna creare una comunità nuova che sia capace di portare i cattolici dentro le istituzioni con una degna pattuglia di rappresentanti che sia capace di incidere nell’ambito di coalizione governativa più compatibile con i nostri valori, con le nostre priorità, con le nostre istanze. Questo è il lavoro che dobbiamo fare, il che vuol dire mettere insieme realtà civiche, mettere insieme realtà di partito, mettere insieme esperienze associative, reti sociali...che siano capaci di portare pattuglie di parlamentari e di eletti nelle varie istituzioni capaci di rappresentare le nostre istanze, che mettono insieme la persona, la famiglia e la solidarietà e l’aiuto a chi soffre. Questo è quello che dobbiamo fare. Noi come Popolo della Famiglia lo stiamo già facendo a livello locale, dove abbiamo fatto vari esperimenti, anche insieme ad altri, che hanno portato tante persone a diventare eletti del PdF. Lo faremo anche nelle prossime elezioni regionali che ci saranno tra l’autunno e l’inverno prossimo, con l’intenzione appunto di gettare le basi di un’alternativa pop, la più robusta e ampia possibile.
6. Mario Adinolfi una volta definì il Popolo della Famiglia come uno dei frutti del Concilio Vaticano II. Affermazione bella e ardita, direi. Che ne dici?
Credo che come sempre Mario Adinolfi è una persona veramente che anticipa i tempi e i fatti, e quindi ha capito e compreso, essendo stato il padre fondatore del cammino del Popolo della Famiglia, qual era il ruolo storico che questo movimento poteva andare a svolgere. Ovviamente è difficile da comprendere per chi non ha vissuto la dinamica interna al nostro movimento e per chi non ha costruito in anni difficili per l’impegno dei cattolici in politica. Sempre mons. Zuppi mi ha ripetuto più volte di non preoccuparmi dell’esito in tempi in cui essere cattolici in politica è una cosa difficilissima, ma di prendermi cura dei problemi delle persone che sono prossime a me, anche non cattoliche, e attraverso quell’azione di prossimità costruire la dinamica della rappresentanza, poi il consenso e i risultati arriveranno. Ecco, credo che il Popolo della Famiglia ha dentro di sé questa energia positiva e credo che certamente sia il frutto di quel pensiero positivo – non voglio entrare dentro al dibattito dei pro o contro Concilio Vaticano II, che non mi interessa, perché faccio politica, non mi occupo di Chiesa – ma credo che i frutti buoni del Concilio Vaticano II sicuramente trovano nella dimensione politica, dell’impegno dei laici in politica, il Popolo della Famiglia come uno strumento positivo. Credo che come sempre dobbiamo aprirlo al bisogno del nostro tempo, e l’intelligenza che Mario Adinolfi ha avuto è sempre quella di mettere a disposizione agli appuntamenti elettorali una comunità politica che propone valori non in maniera astratta, ma come faro che illumina proposte praticabili e abbracciabili da tutti, anche da coloro che magari non hanno quell’impianto di riferimento religioso, e laicamente inteso, che abbiamo noi. Questo è il lavoro che dobbiamo fare e che siamo chiamati a fare da qui in avanti per costruire l’alternativa pop al governo giallorosso, che sia una robusta comunità capace poi di creare coalizioni governative con le realtà sovraniste che oggi in Italia rappresentano una cospicua fetta dell’elettorato.
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Mercoledì 18 settembre 2019
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