di Sergio Bevilacqua
Ha saputo costruire una squadra vincente. Il maestro “di casa” Roberto Abbado, perfetto esecutore con classe internazionale e spirito puro sia nell’interpretazione musicale che nel tratto personale, Paolo Maier, ormai “la voce del Regio”, che con stile e precisione indirizza la Stampa e il pubblico grazie a comunicazioni precise e partecipate, Barbara Minghetti, lucidissima e manageriale, madrina del Verdi Off ma anche professionista concreta, apprezzata per competenza e versatilità da molti Teatri nazionali di prima rilevanza. Qualche sacrificio, certo: ad esempio, la giusta cura per l’affermazione istituzionale della Filarmonica Artuto Toscanini e l’importante liaison con il Comunale di Bologna hanno tolto forse un poco di spazio ad altre orchestre brillanti come la Bruno Bortoletti, ma sono sempre tempi difficili e di certo appena ci saranno opportunità non soltanto artistiche ma anche strategiche, la lucida mente di Anna Maria Meo, già nella storia del Teatro Regio e del Festival Verdi, troverà spezio anche per queste risorse elevate e innovative, che rafforzano il panorama artistico della città ducale.
Città che ha saputo delegare. Il presidente della Fondazione Teatro Regio e sindaco di Parma Federico Pizzarotti ha fatto una scelta di grande intelligenza a dare piena e completa fiducia alla gestione artistica e manageriale della affascinante e intelligente direttrice, con il risultato della costruzione di un ormai solidissimo vascello che ha saputo con eleganza tenere il mare in burrasca dell’epoca covid19.
Aveva iniziato rischiando luogo e meteorologia con il palcoscenico appoggiato al bello sfondo della Villa ai Giardini, chiamata da molti per errore Palazzo Ducale, invece distrutto e non più esistente: settembre inoltrato era ancora un buon periodo per rischiare e, finché è stato possibile, lo spettacolo è stato davvero grande. Ambiente realizzato da scenografi e architetti di livello mondiale, ottima organizzazione degli accessi, apertura urbanistica quanto mai azzeccata di una continuità tra gli spazi della Parma verdiana che, lasciato il Regio e attraversata la Pilotta, con la memoria indelebile per le grandi messinscena di anni recenti al delizioso Teatro Farnese, si appropria del ponte sul Parma e dei ben tenuti giardini. Emozionanti in quel contesto quasi maestoso le prestazioni di direzione musicale di Abbado in Macbeth e Messa da Requiem, con le voci a inseguire la ottima, apollinea direzione d’orchestra, tra le quali mi sovvengono la simpatica Silvia della Benetta come Lady Macbeth e la sublime interpretazione del Coro del Teatro Regio di Parma in Messa da Requiem. Parma ha trovato, così, grazie all’intelligenza suddetta, un altro contenitore che dà lustro a lei, all’Italia e alla grandezza dell’opera verdiana e della musica lirica e sinfonica.
Ma, ahimè, tutti i sogni finiscono, e il cambiamento metereologico ha lasciato a noi, che abbiamo vissuto la prima metà del Festival all’aperto, in quel luogo d’alto livello, la memoria di una grande esperienza, da ripetere di sicuro in altre occasioni strutturate in futuro.
Importante, dopo un sogno bellissimo, è anche svegliarsi bene. Ecco riaprirsi, in delicato equilibrio con la situazione epidemica, le porte del Teatro Regio. Lì avremmo passato il resto del Festival 2020. Come dice la Meo introducendo Ernani, “a casa propria”: sì, era proprio vero, cara direttrice, ha colto un’altra volta lo spirito di noi che amiamo il Regio e ciò che fa, soprattutto nella sua era… L’invito suo e della sua squadra alla resurrezione di questa maison de grand art (così… emiliana mi sia consentito, cugini parmensi tutti), anche se lei non la è del tutto, e chic, come è invece anche lei, è stato un elemento di grande emozione e di vero piacere profondo. Si respirava un senso di comunità, comunità verdiana, comunità operistica alla prima dell’Ernani, e non son storie: sono un sociologo incallito e su questo non sbaglio. Anche il bravissimo Mariotti di sicuro l’ha avvertito, ed è stata la sua apoteosi: brillante, padrone della scena, spettacolare lui stesso, con la ancor giovane età manifestata con vigore e carisma, grazie alla superiore qualità interpretativa. Un grande Ernani in concerto.
Ottimo, gradevolissimo, il mostro sacro Gergiev, un poco come un importante dessert a concludere la suite del bel programma del Festival 2020, calibrato in equilibrismo epidemico, con l’importante antipasto Macbeth, il primo della Messa da Requiem e il main course dell’Ernani. Visibilmente sicuro di sé, Valerij Gergiev ha guidato, in un repertorio accattivante, l’ottima prestazione dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, nei cui componenti era visibile il rispetto per il direttore.
Mi è gradito, però, prima di concludere, ricordare un altro evento di notevole spessore drammaturgico, utile anche a sottolineare la ritrovata serenità del dialogo verdiano tra Busseto, comune natale di Verdi, e il capoluogo di provincia con il suo Regio. E cioè la bella performance al Museo Tebaldi di Massimiliano Finazzer Flory, figura dai tratti molteplici e sicuramente non consueti, così come pregevoli e non consueti sono i suoi lavori: un Verdi molto credibile e apprezzato quello del suo monologo, al punto da venire nominato dall’establishment amministrativo bussetano, sindaco Giancarlo Contini in testa, Ambasciatore di Verdi in Italia e nel mondo, con tanto di medaglia. Una specie di ciliegina “Verdi Off”, creatura di Barbara Minghetti, sulla deliziosa torta dell’ottimo banchetto del Festival Verdi 2020 di Parma, ancora per un anno Capitale Italiana della Cultura.
“Viva Verdi”, dunque, ma anche “Viva Meo”, e la sua squadra.
Mercoledì 21 ottobre 2020
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