di Diletto Sapori
Povero, povero il vostro Diletto Sapori, troppo impegnato con la eccezionalmente varia cucina d’Italia, dove almeno dieci volte la varietà dei vegetali e altrettante volte quelle della fauna creano la più grande parata al mondo di materie prime gastronomiche, sulle quali s’innesta la regia della cultura e storia più diversificata e importante del pianeta. Qui lavora Diletto, cari amici, presso la cucina più varia del mondo, quella della terra d’Italia!
Ed è quindi un fatto doveroso che, da Trieste a Mazara del Vallo, da S. Maria di Leuca a Ventimiglia, passando per Alpi e Appennini, per il ventre fertile della pianura padana e lungo gli 8300 km. delle coste italiane di terraferma e isole, la fantasia dei ristoratori si sbrigli un poco ovunque. Vien da dire ovviamente che tutta questa varietà è frutto di straordinarie ricchezze locali, che i millenni di “viandanti” (vedeteli a piedi col bastone, col cavallo o con le carrozze) riconoscevano come mille mondi a se stanti, uno diverso dall’altro in una dimensione geografica limitata come quella dello Stivale.
E allora, ecco che Diletto si scervella per capire cosa mangiare e dove, oggi che siamo nell’era dell’ipermediatizzazione, e tutti noi siamo interconnessi e informati. Una cosa che non è cambiata e, suppongo, non cambierà mai (non credo a pranzi fatti di eteree strisce quantiche…), è che per mangiare e bere bene bisogna avere almeno la testa con relativa bocca e naso, che poi si porta dietro tutto il corpo, proprio lì dove i prodotti giungono in freschezza. Quindi, in Italia, per mangiar bene, Diletto propende per la cucina locale, che significa prodotti storici del territorio e ricette tipiche. Certo è, però, che a certi livelli di professionalità manifatturiera, la grande offerta globale che si riversa sui nostri mercati presenta molte opportunità per una ricerca e una proposta originale e non solo originaria.
Dunque, per gli italiani, da una parte c’è la grande opportunità delle varietà locali, ma dall’altra, come in tutto il nostro Occidente così evoluto di gusti, costumi e infrastrutture, c’è la possibilità di usufruire di materie prime globali. Il che significa prima di tutto consapevolezza, cioè sapere che cosa c’è e che cosa si può, che non vuol dire necessariamente cambiare manifattura. L’evoluzione dei sistemi di produzione, stoccaggio e trasporto hanno rivoluzionato gli approvvigionamenti: gli ingredienti possono arrivare freschissimi anche dal Giappone, e bisogna saperlo in cucina e al tavolo. Però, dove cresce stupenda l’insalata riccia gentile, ad esempio a Lusia (nel rodigino), quel prodotto locale sarà sempre un valore… Penso anche a Reggio Emilia e agli ottimi prodotti vaccini delle Vacche Rosse, in piena gamma, che oggi sono realizzati anche da caseifici fuori dal Consorzio del Parmigiano-reggiano ma che anche il Consorzio ha imparato a valorizzare. E così anche per i vini, che, sempre considerando Reggio Emilia, saranno dei lambruschi ma di tipologie ormai ben selezionate, non come facevano i contadini, che buttavano tutte insieme le bacche di tanti tipi di uve lambrusco diverse.
Intanto, anche le città cambiano, e ciò è accaduto moltissimo sempre a Reggio Emilia, dove l’immigrazione ha fatto crescere di culture diverse il 50% della popolazione, con tutte le varietà e la domanda e offerta di ristorazione, ma anche con mutamenti urbanistici di grande impatto.
Bene, il vostro Diletto ha descritto sopra un pò di argomenti centrali per quanto concerne la ristorazione e la buona cucina oggi in Italia. Vediamo ora “un caso anzi due” che ha dimostrato di saper corrispondere all’attualità del convivio.
Siamo a Reggio Emilia, appena dentro l’esagono del centro storico, in direzione della stazione, quella cosiddetta piccola o vecchia, il cui nome, dopo la creazione della Mediopadana nella bellissima architettura di Calatrava, deve ancora stabilizzarsi. Un quartiere la cui immagine ha un poco sofferto l’evoluzione degli ultimi 30 anni, caratterizzati da una violenta immigrazione con conseguente aggravamento delle condizioni di quella area di passaggio tra treni, taxi e bus che in tutto il mondo è un poco più disordinata del resto delle città. Qui, però, c’è un palazzo, chiamato “Grattacielo”, che ha subito le sfide del cambiamento urbano, e in particolare in questi ultimi anni, ha trovato nuova giovinezza: completamente ristrutturato, appare ora come il segno di una città che si vuole bene, che reagisce alla perdita d’identità che l’immigrazione ha portato.
Ai suoi piedi, in un tranquillo vicoletto interno di poche decine di metri, vi è sempre stato un ristorante con gestioni di vario tipo e qualità. Ora, così come il “Grattacielo” ha trovato una nuova giovinezza: anche questo ristorante è rinato. Io ci sono nato, al Grattacielo, e lo ricordo nel suo primo splendore, e poi in tutti gli anni di alti e bassi, e un pò di decadenza, prima del colpo di reni che lo ha ringiovanito e riportato all’antico splendore. Del quale anche il ristorante “Vicolo del Gusto” è un fattore importante.
Sono due giovani bravissimi che reggono il “Vicolo del Gusto”: Matteo Ferrari in cucina, serio, creativo e concentratissimo; Sara, in sala, attentissima e positiva. La cucina è varia, per ogni gusto, e raccoglie molti degli elementi che ho citato sopra, di tipo sociologico-gastronomico. C’è la tradizione emiliana emblematizzata in alcuni piatti di “casa Ferrari”, come il (il, non lo) gnocco fritto coi salumi, capelletti in brodo di cappone e cotechino; a Reggio Emilia poi la tradizione si semplifica con la pasta ripiena chiamata “tortelli”, tra cui primeggiano due tipologie, quelli “gialli” fatti col ripieno di zucca e formaggio grana soprattutto (al “Vicolo” anche conditi col soffritto di lardo leggermente colorato di pomodoro secondo la consuetudine della “Bassa”, la campagna che guarda verso il Po), e quelli “verdi”, fatti con il ripieno di spinaci o bietole e ricotta fresca e formaggio grana con burro e salvia, cui Matteo aggiunge altri 3 tipi, creativi e interessanti (anatra, patata, ricotta tartufata); c’è il gusto moderno vegetariano, con una degustazione estesa basata su una suite di 7 portate abbondanti e squisite; c’è un offerta saggia ed equilibrata di cucina di mare, sia in degustazione di 5 portate sia alla carta; c’è una sobria degustazione di selvaggina (7 portate). Una grande varietà e difficile da gestire, si direbbe, a maggior ragione se poi, come accade, si aggiungono qualche licenza da cucina globale e le occasioni del periodo al mercato… Invece, mi sento di sostenere alla prova dei fatti, che questa estesa offerta è mantenuta eccellente grazie a due fattori soprattutto: 1. L’intelligenza della sua composizione, tra degustazione e a-la-carte, 2. Nella grande professionalità operativa dello chef giovanissimo. Così come la cucina è un elemento di attrazione in sé, in vista da tutto il locale grazie a una vetrata, tutta l’attività è trasparente e anche Sara in sala mostra con il suo sorriso e la sua precisione l’orgoglio per un’iniziativa che sta giustamente decollando.
La carta dei vini è più che sufficiente e soddisfacente nella qualità delle selezioni. Non dimentichiamoci però che siamo nella terra del lambrusco, un vino che negli ultimi lustri si è liberato dell’immagine di bevanda senza nobiltà enologica. In particolare, al Vicolo trovate i lambruschi di un altro giovane come Matteo, il suo amico Gabriele, che nella Tenuta Silva, a pochi chilometri dal centro di Reggio Emilia, ha creato una batteria di etichette d'eccellenza di base Maestri (bacca pregiata tra le lambrusco), un rosso, un rosé e un bianco: qualità elevata e prezzi ancora buoni, ma a mio avviso destinati a crescere, data le caratteristiche molto curate del prodotto.
Matteo, Sara, Gabriele: tre ragazzi che insieme fanno poco di più dell’età del vostro Diletto, che ha usato tante energie nella sua vita, ma che, quando trova giovani di questo livello, si sente rinascere e pensa che il futuro dell’umanità sarà migliore, e non solo nel cibo.
Parola di Tripadvisor (https://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g194875-d27174989-Reviews-or15-Vicolo_Del_Gusto-Reggio_Emilia_Province_of_Reggio_Emilia_Emilia_Romagna.html) e di quella vecchia forchetta firmata che è Diletto Sapori!
Giovedì 10 ottobre 2024
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