di Sergio Bevilacqua
Il 22 agosto del 2006 esce la prima edizione di The Female Brain, (Il Cervello delle Donne) della neuropsichiatra americana Louann Brizendine, 69 anni il 30 dicembre. Curriculum di studi e universitario di primissimo livello, Berkeley, Yale, Harvard, cioè le migliori università del mondo in quell’epoca su moltissime materie.
La Brizendine è femminista dichiarata, e svolge attività clinica psichiatrica e di ricerca: quest’ultima pare prevalere, in tutta la sua produzione scritta, sulle istanze storico-ideologiche del caso, peraltro molto vive all’epoca della sua giovinezza e primo lavoro scientifico. La temperie vissuta da Louann era quella della rivolta studentesca di Berkeley del 1963 con i Beat e Marcuse alla testa del Movimento studentesco contro i vincoli familiari nell’educazione e delle regole di età nell’esercizio delle facoltà civili; nel frattempo, usciva il Rapporto Hite sulla sessualità femminile da liberare, sia fisicamente che politicamente, 1976, e vendeva 50 milioni di copie nel mondo, con Share Hite, l’autrice, che ci lascia, a 77 anni, proprio un anno fa.
Essendo anche neurologa, l’attività della Brizendine si concentra anche sugli aspetti più biologici, cioè sulla connessione tra genetica, ormoni e funzionamento del sistema nervoso centrale.
Attraverso le conoscenze in forte crescita delle neuroscienze (grazie all’uso di strumenti tecnologici che consentono di studiare il cervello umano mentre è operativo, anziché, come prima, da fermo, usando quindi la chiave del funzionamento elettrico cerebrale e non solo delle varie tomografie), e attraverso l’uso coordinato delle tecniche dell’analisi e della psicoterapia, non soggette al canone epistemologico delle neuroscienze, sviluppa delle correlazioni tra patrimonio genetico, funzionamento ormonale, collegamento con le produzioni neuronali e comportamento umano.
Entra così in modo molto suggestivo nel mondo della differenza sessuale e approda al suo primo libro, straordinario, con un titolo a dir poco eclatante: Il Cervello delle Donne. Esce nell’agosto del 2006, con lei che ha già 54 anni e 30 anni di esperienza clinico-scientifica ad altissimo livello mondiale. La prima revisione critica è attuata dalla rivista Nature a cura di Rebecca M. Jordan-Young & Evan Babalan (entrambi molto meno titolati di lei) ed è del 11 ottobre 2006, un mese e mezzo dopo l’uscita del suo libro. La critica è sintetica, come si può recensire un libro, e non come si va a confutare una teoria dalle rilevanti valenze scientifiche e pratiche, ma è molto insidiosa. Si concentra solo sul versante neurologico dell’esperienza riportata, sistema chiuso, e rifiuta il piano invece epistemologico proprio dell'incontro della materia comunicazionale dialettica con quella fisiologica, quella della esperienza di clinica psichiatrica. La posizione della Young è corretta dal punto di vista delle scienze esatte: cioè, il genere maschile e femminile non sarebbe cablato (hard-wired) dentro i cervelli di uomini e donne. Dunque la finestra di una teoria del gender, gestito culturalmente, sarebbe plausibile sul piano scientifico, in quanto nessun elemento naturale comprovato verrebbe a negarla.
La posizione di Brizendine è meno elementare sul piano tecnico: ella sostiene che la base genetica apre un discorso, e fino a questo punto c’è coincidenza con quello della Jordan-Young, ma poi l’esperienza comunicazionale concreta della sessualità e della differenza, guida verso una via travagliata e incerta, non fatta proprio di bianco e di nero, ma di sfumature prevalenti dell’uno e dell’altro, e anche di molti altri colori. Rimane però, pur nelle forme molteplici, la prevalenza dell’identità maschile e femminile della radice genetica e ormonale immediatamente conseguente.
5 anni dopo, nel 2010, Louann Brizendine, a maggior conferma della sicurezza nelle sue tesi, scrive The Male Brain, Il cervello dei Maschi, che riprende il teorema del raccordo tra ormoni e funzionamento del cervello, cioè delle conoscenze utilizzate ne Il cervello delle donne e le estende a riflessioni sul maschio umano. A quel punto, l’opera sua prima (Il Cervello delle Donne) aveva già fatto il giro del mondo ed era stata analizzata da tutti i possibili punti di vista. E lei ribadisce i concetti.
Così oggi Wikipedia, in una laconica presentazione della grande scienziata e divulgatrice: Brizendine book The Female Brain (2006) was reviewed both positively and negatively, especially one piece of content pertaining to linguistics and language. She later acknowledged that this book overemphasized gender-based differences, saying: Males and females are more alike than they're different. After all, we are the same species.
Nel dibattito sulle tematiche della differenza sessuale, la Brizendine appare una sostenitrice della comunanza tra uomo e donna, ma sulla base di una differenza ben scandita dalla biologia e dalla genetica.
Sono molti i fattori che possono condizionare le obiezioni, soprattutto per un clamoroso best-seller mondiale, di grande vastità di contenuti scientifici, sia di scienze esatte che di sistemi aperti, e filosofici. In parte, vale il discorso che tali elementi specialistici non sono assolutamente padroneggiati dal target globale cui si rivolgono entrambe le opere e che questo ha comportato un certo sforzo di uso di un linguaggio divulgativo che porta ad approssimazioni non tollerate dalle letture specialistiche. Ed è il primo punto di attacco della critica. Poi, c’è l’altro tema, che riguarda la fusione di due epistemologie, quelle tendenzialmente esatte del sapere biologico e fisiologico umano, cioè della neurologia e delle neuroscienze, e quelle più empirico-pragmatiche della clinica psichiatrica e della psicologia del comportamento.
La Brizendine non sembra particolarmente preoccupata della notorietà, sembra ben più mossa da una sua missione di qualità scientifica, che si collega a sue istanze adolescenziali profonde, sul nuovo ruolo che la donna deve acquisire nella società (e quindi anche nel suo rapporto con l’uomo), cui pensa di addurre un sostegno scientifico. Ed ecco che, come è per uno scienziato, anche sociale, serio, che ha cioè la sicurezza di portare un contributo significativo allo sviluppo delle conoscenze e della consapevolezza, scrive quel suo primo libro clamoroso, che eccita in parte l’ottusità degli scienziati integralisti, che non capiscono il doppio binario epistemologico necessario per trattare l’umano (sistemi chiusi e aperti, due scienze diverse ma sempre scienze): Brizendine li percorre entrambi quei binari, ed è tentata anche a spostare la quadratura sul piano magico, ma il suo spirito galileiano resiste, e produce un testo dirompente, basato su conoscenze che vengono, in modo congiunto, dato l’oggetto di studio e intervento, dalle scienze esatte e dalle sue esperienze cliniche, in verifica.
Non dimentichiamo che le neuroscienze, nell’accezione moderna, iniziano il loro percorso negli anni 90 del secolo scorso, ma gli effetti principali dell’applicazione scientifica di laboratorio al sistema nervoso centrale della Specie Umana è di questi ultimi lustri. Sempre Wikipedia, e sempre molto laconica, come se Louann Brizendine non curasse per nulla la sua immagine pubblica (e anche questo dice, di lei…), afferma poi: She has also written (2010) The Male Brain and admitted that her books emphasize the differences between men and women, which has led to her best-selling success.
Brizendine è consapevole e determinata nel suo progetto scientifico, che vede un ruolo inatteso degli ormoni nel raccordo col funzionamento del sistema nervoso centrale.
È vero che forse eccede un poco nella certezza delle sue affermazioni in termini di epistemologia delle Scienze esatte, ma il suo percorso è correttissimo se, su quel filone scientifico neuroscientifico, dunque soggetto ai sacri crismi della logica sperimentale, innestiamo l’altra epistemologia, quella dei sistemi aperti, che attua la verifica pratica. E scopriamo che il soggetto umano, uomo o donna, in interazione comunicazionale con l’esterno, ottiene effetti di cambiamento ormonale. La scherma diretta tra i sessi, in virtù del collegamento tra linguaggi e dell’effetto mutageno sugli equilibri ormonali, produce variazioni nel funzionamento del cervello, sia maschile, con le sue caratteristiche dinamiche, che femminile altrettanto.
Non esisterà prevedo mai una formula definitiva di questa interazione, ed è percìò che occorre una epistemologia appropriata che guidi alla conoscenza migliore e conseguente gestione questi fatti, come quella di Louann Brizendine.
Giovedì 28 ottobre 2021
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