di Gianluca Valpondi
Bene caro Luca, ho appena terminato la lettura del tuo libro, e mi piace approfondire ora con te.
1. Che rapporto hai con la parapsicologia, con la metapsichica?
La psiche possiede facoltà particolari. Non è del tutto confinata entro lo spazio ed il tempo. Si possono fare sogni o avere visioni del futuro, si può vedere attraverso i muri e via dicendo. Solo gli ignoranti a mio avviso negano questi dati di fatto. È assolutamente evidente che questi fatti esistono e sono sempre esistiti. Ebbene, essi mostrano che la psiche, almeno in parte, non è soggetta a queste categorie. E allora? Se la psiche non soggiace all’obbligo di vivere esclusivamente nello spazio e nel tempo – e questo è pacifico – allora in certa misura la psiche non è soggetta a quelle leggi, il che significa in pratica che l’anima, la nostra anima vive al di là di tutto e tutti, che può continuare a vivere anche dopo la nostra morte fisica, in una qualche forma di esistenza al di là del tempo e dello spazio.
"La via della croce", ed. IBUC, di Luca Remigio Piccardo. La seconda presentazione del libro sarà a Masone (Ge) sabato 22 agosto, ore 16: 30 presso Museo del ferro |
2. “La vita”, scrivi, “come fonte inesauribile di purezza”: un motto per un cammino di perfezione, di santità?
Si deve a mio avviso procedere per vie esperienziali, personalissime. Man mano che alleniamo la nostra psiche alla meditazione o alla contemplazione, diventiamo sempre più padroni di questo meccanismo di ricerca interiore determinante. Non sono cose che può insegnarci la teologia secondo me. Non si imparano a catechismo. È fondamentale la solitudine, il silenzio, il contatto con la natura. Questa è la partenza per riuscire ad ascoltare la nostra voce interiore che è quella che non sbaglia mai e che tutti possediamo. Esistiamo secondo me per evolverci non per procreare copie su copie di esseri umani. Ci hanno donato il libero arbitrio, spetta a noi farne buon uso. Ogni volta che si sbaglia, o si fa del male, si torna indietro. Tutta l’umanità torna indietro.
3. La natura e l’uomo sono indifferenti al bene e al male, non sono né buoni né cattivi? O le cose stanno diversamente da come la pensa un curioso personaggio del tuo romanzo?
Uno dei più bei detti del Profeta Maometto, ripetuto spesso dai sufi, è: “certo Dio è bello e ama la bellezza”. In effetti in questa breve frase è contenuto tutto ciò che è necessario all’essere umano: Dio, amore, bellezza. Se noi tutti compissimo i nostri atti sapendo che li stiamo compiendo al cospetto di Dio, e che a Dio dovremo renderne conto dopo la nostra morte; se li compissimo amando, amando gli altri e noi stessi; e se li compissimo belli ( ritmo-simmetria ), di certo tutto il mondo sarebbe in totale armonia, sarebbe davvero il pronao di un Paradiso ideale.
4. Luca Remigio Piccardo è favorevole, o no, all’eutanasia e/o al suicidio assistito? Perché?
Ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. Siamo di fronte ad uno dei sintomi più allarmanti della “cultura di morte”, che avanza soprattutto nelle società del benessere, caratterizzate da una mentalità efficientistica che fa apparire troppo oneroso e insopportabile il numero crescente di persone anziane e debilitate. Esse vengono molto spesso isolate dalla famiglia e dalla società, organizzate quasi esclusivamente sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore (cf.G.P.II). Il sistema scellerato in cui viviamo ci insegna da sempre a vivere ma non a morire. E se invece il momento del “passaggio” fosse il più importante della nostra vita? Uno può anche decidere di non pensare mai nel corso della sua esistenza a queste cose. Molto probabilmente vivrà bene comunque. Ma alla resa dei conti si troverà impreparato. Qui casca l’asino.
5. Qual è la tua Excalibur?
Sicuramente la penna.
6. Cosa pensi dell’Altissimo?
I Mistici che ho frequentato, mentre stavo scrivendo il libro, mi hanno indicato una via e ho deciso di seguirla. Dopo un certo periodo in cui stavo meditando e tentavo di scendere sempre più nel profondo della mia interiorità, ho iniziato a percepire qualcosa. Inizialmente sprazzi di luce incerta, immagini confuse, poi, man mano che scendevo – e quindi salivo – sono iniziati dei veri e propri incontri con delle entità che attualmente, potrei definire come sovrannaturali. Specialmente una, un monaco credo, che viene a farmi visita perlopiù di notte. A volte percepisco la sua presenza come maschile, altre come femminile. Mi sveglio ed inizio un dialogo telepatico con lui o lei. Ha risposto a molte delle mie domande. Gli ho chiesto qualcosa sul futuro. Sembrerebbe molto preoccupato sul futuro del nostro pianeta. Dice che la terra è un piccolissimo pianeta e non perfettamente bilanciato e che la sua fine partirà da una falla in fondo all’oceano atlantico dalla quale fuoriesce in continuazione del magma. Per questo motivo, alle varie forme di vita che popolano l’universo la terra non interessa gran che. Poi gli ho chiesto di Dio, se Dio esiste. Mi ha guardato con un espressione allucinante di manifesta incredulità. La stessa faccia con cui si guarda uno che pone una domanda davvero cretina. Poi è tornato serio e mi ha risposto: “Io sono Dio, tu sei Dio, la natura che ti circonda è Dio, ogni cosa è Dio, tutto è Dio”.
7. Che rapporto hai con la preghiera?
“Il giorno della fine non ti servirà l’inglese” cantava Franco Battiato in una della sue canzoni più belle,“Il re del mondo”, e in effetti sarà proprio così: con Dio ci capiremo al volo, avremo una conoscenza così profonda di quella che è la verità su di noi e su quello che è stata la nostra vita, che, stando anche a quello che dice la mistica Maria Simma, in Purgatorio, (se sarà quella la nostra destinazione) ci vorremmo andare in pratica noi, consapevoli della nostra necessità di purificazione. Queste affermazioni hanno risvegliato in me un certo interesse per la preghiera, soprattutto per i nostri fratelli defunti. Certo è che bisogna sapere quello che si fa. Ripeto, la preghiera è un mezzo favoloso per entrare in contatto con noi stessi e con Dio, può far guarire, può aiutare chi sta morendo ad affrontare meglio il passaggio, ma bisogna sapere quello che si fa.
8. Che significa per te la croce?
La Croce è il simbolo del dolore umano. Una Croce in cima ad un monte ci ricorda che saremo soli al momento della nostra morte. Le Croci, come anche i simboli delle altre religioni, sono utili per mettere l’uomo di fronte ai suoi grandi limiti di fronte a Dio.
9. Chi è per te Gesù Cristo?
“Crediamo in Dio, in ciò che ha rivelato, e in ciò che ha rivelato ad Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe, alle Tribù, e in quel che è stato dato a Mosè e a Gesù, e in quel che è stato dato ai profeti dal Signore: non facciamo nessuna differenza fra loro. A lui noi siamo sottomessi”. Corano (2- 136)
10. Legge Basaglia: ne parli nel tuo scritto... Ci lasci un commento?
Ho questa tendenza a scrivere sui malati psichiatrici dovuta ad un profondo imprinting che mi ha segnato quando ero giovane. A diciotto anni ho vissuto per un anno in un manicomio come obiettore di coscienza. Non ho mai trovato grandi differenze fra pazienti e personale medico o assistenziale. Mi sono sempre sentito perfettamente allineato con chi presenta profondi disagi psichici o funzionali. Ma io non faccio testo, a volte mi sento allineato addirittura con alcuni animali o insetti.
11. Tra psiche e spirito che rapporto intercorre? E il corpo? La società?
L’essere umano si è sviluppato passando da una precoscienza ad una coscienza personale. Compiendo tale passo si è anche reso conto della sua limitatezza ed impotenza, del proprio isolamento e della solitudine di cui soffre. Il senso di separazione, dato dalla morte, è la vera fonte di paura presente nell’uomo, che si sente indifeso, isolato, incapace di interpretare da solo la propria vita. L’uomo, da quando si è accorto di essere nudo, separato, solo, di essere qualcuno che non ha ancora imparato a contare sulla propria forza, a cercare in se stesso il proprio fondamento, ha sempre rifuggito l’idea della morte. Ecco che allora prova una profonda nostalgia e un anelito innato a superare la solitudine (non sapendo bene come usarla e quali benefici essa può dare), a trasformare la separazione per sentirsi al sicuro ed unito al tutto. Jung aveva già capito tutto questo e seppe indicare che l’anelito religioso esercita una forza di gran lunga superiore a quella della sessualità e della brama di potere. Apparentemente esistono molte possibilità di eludere il problema della solitudine: il sesso, la droga, l’alcool, la fuga nel divertimento. L’aspetto tragico è che l’illusione di unità e di sicurezza svanisce non appena si esaurisce l’effetto del rimedio impiegato. A questo punto la disperazione emerge più forte di prima. Il bambino proietta questo desiderio, com’è naturale, sulla madre o sul padre, il ragazzo sulla fidanzata o fidanzato. Un bel giorno però, l’essere umano si accorge che il suo partner o la sua partner non possono appagare ciò che il desiderio iniziale gli aveva fatto credere. Tale proiezione si compie nei confronti di ogni oggetto possibile ed immaginabile: una casa di proprietà, un’automobile nuova, un lavoro più prestigioso, un aumento di stipendio, una vacanza ecc... Qualcuno è talmente cieco da continuare a rimanere invischiato nelle sue proiezioni per tutta la vita in cerca di un appagamento impossibile, senza nemmeno accorgersene. Anche se le proiezioni sono un fenomeno umano naturalissimo e costituiscono un’ energia psichica preziosa, soprattutto nella società attuale, tuttavia sarebbe importante riuscire a smascherarle tempestivamente per scoprire quali sono i reali messaggi che intendono comunicarci. Ad esempio le fantasie sessuali, di solito, non sono altro che il desiderio di superare un senso opprimente di separazione, di raggiungere la totalità. Ecco perché non dovremmo semplicemente reprimerle o rimuoverle quando emergono con forza. A mio avviso, il Cristianesimo, come anche altre religioni monoteiste, ha sbagliato tutto consigliando di rifuggire al più presto queste fantasie o giudicandole tutte comunque negative.
12. Virus: come vedi il futuro prossimo? Scenari inquietanti come nel tuo romanzo? C’è speranza?
Mi ha sempre spaventato e dato molto da pensare la visione antropocentrica che l’uomo attribuisce a se stesso e al sistema in cui vive. La vedo come una concezione di una presunzione quasi comica. Come si può ben vedere e apprendere dall’esperienza Covid-19, l’essere umano rappresenta un infinitesima e minima parte dell’universo in cui orbita. Non che non sia importante. Ma lo è allo stesso modo di tutte le altre forme di vita che quotidianamente ignora. Né più né meno. È inutile agitarsi tanto. La speranza è che tutti i fenomeni legati all’essere umano e in qualche modo alla natura iniziano e finiscono. Sempre. In un continuo ciclo di nascita - morte – rinascita.
13. L’amicizia che salva, il raccontarsi vicendevole nelle proprie intimità più nascoste, il preoccuparsi degli altri più che di se stessi: è l’amore che guarisce?
L’amore è la chiave del Paradiso. Sia da questa parte sia dall’altra.
Giovedì 30 luglio 2020
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