Redazione Online
EUROZONA IN LENTA RIPRESA | Dall’eurozona arrivano segnali di ripresa economica che fanno ben sperare per l’uscita progressiva dalla crisi: nell’insieme i paesi dell’euro non sono più in recessione, ma manca il ribilanciamento tra quelli in deficit e in surplus. Eurostat rivela che nel secondo trimestre del 2013 si è registrato un aumento complessivo del 0,3% del Pil. Anche l’Italia migliora, ma molto lentamente, restando di fatto indietro con un -0,2%.
L’ITALIA RESTA INDIETRO | L’Interim assessment dell’Osce conferma questi dati: le previsioni per il 2013 sono positive per tutti i Paesi eccetto il nostro. Il vicecapo economista dell'Ocse, Jorgen Elmeskov ha affermato: «Gli indicatori suggeriscono che l'Italia sta uscendo, lentamente, ma sta uscendo, dalla recessione in cui era caduta». In questo scenario però, ha aggiunto, «ci sono una serie di cose che potrebbero succedere, come il rischio politico legato all'attuale instabilità e un rischio eurozona, più ampio, che potrebbe avere un impatto».
POLITICHE DI SOSTEGNO A DOMANDA INTERNA | D’altra parte nessuno può dirsi in salvo. Tutta l’eurozona resta «vulnerabile a rinnovate tensioni finanziarie, bancarie e sul debito sovrano». Più nel dettaglio, secondo il rapporto dell'Ocse, l'economia mondiale ha ritrovato una crescita «moderata, ma una ripresa sostenibile non è ancora stabilmente costituita e restano importanti rischi. Per questo è necessario continuare a sostenere la domanda, anche attraverso politiche monetarie non convenzionali, per minimizzare il rischio che la ripresa deragli». Allo stesso tempo nei Paesi con debito elevato «la domanda interna debole è stata compensata solo in modo limitato da esportazioni più forti, quindi servono riforme per aumentare la produttività, che aiuteranno a migliorare la competitività e le performance nell'export».
RISCHIO DISOCCUPAZIONE STRUTTURALE | Altro problema è la disoccupazione che resta elevata in molte economie avanzate, nonostante alcuni miglioramenti negli Usa e in Giappone. L'Ocse ha ricordato che «lunghi periodi di elevata disoccupazione possono portare a un aumento della disoccupazione strutturale, che rimarrà tale anche quando la ripresa prenderà piede». L'occupazione debole, la crescita globale lenta e i persistenti squilibri globali, rileva l'Ocse, «sottolineano la necessità di politiche strutturali, in aggiunta a quelle a sostegno della domanda, per creare posti di lavoro, aumentare la crescita, rendere più bassa la pressione fiscale e ridurre in modo permanente gli squilibri esterni».
Mercoledì 4 settembre 2013
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