Corte dell’Aia, pressioni politiche a pioggia. L’impossibile processo al presidente keniota

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Corte dell’Aia, pressioni politiche a pioggia
L’impossibile processo al presidente keniota

È accusato di crimini contro l'umanità assieme al suo vice. Avrebbe favorito e sostenuto finanziariamente la setta Mungiki. Le violenze post-elettorali causarono un migliaio di vittime e 600 mila sfollati
Ma per l'Unione africana «non ci sono prove»

di Fulvio Beltrami

Il presidente Uhuru Kenyatta
Il presidente Uhuru Kenyatta

La Corte Penale Internazionale, nota come Tribunale dell’Aia è stata nuovamente costretta a sospendere il processo al presidente keniota Uhuru Kenyatta, accusato di crimini contro l’umanità commessi durante le violenze post-elettorali del dicembre 2007 – gennaio 2008. Violenze che portarono la famosa località turistica internazionale sull’orlo della guerra civile e del genocidio. Il presidente Kenyatta è accusato assieme al vicepresidente William Samoei Arap Ruto di aver sostenuto politicamente e finanziariamente la famosa setta politico-religiosa denominata Mungiki. Trattasi di uno squadrone della morte della etnia maggioritaria Kikuyu, istituito dal secondo presidente del Kenya Damiel Toroitich Arap Moi, conosciuto con il soprannome in swahili di Nyayo (impronta) durante la sua lunga dittatura (1982 – 2002) per meglio controllare l’opposizione nel paese.

William Ruto
William Ruto

Le violenze post-elettorali causarono oltre 1.300 vittime e circa 600.000 sfollati di cui la maggioranza vive tuttora in campi di accoglienza. La Corte Penale Internazionale decretò l’apertura dell’inchiesta contro Uhuru Kenyatta il 15 dicembre 2010 a seguito della decisione del giudice supremo Luis Moreno Ocampo. Le prove raccolte dagli inquirenti in Kenya portarono alla decisione di aprire una vertenza giudiziaria annunciata l'8 aprile 2011. Il processo iniziò il 12 ottobre 2013 subendo un'incredibile serie di rinvii dettati da pesanti pressioni politiche. Uhuru Kenyatta è il secondo presidente africano in carica ad essere indagato dalla Corte Penale Internazionale (il primo fu il presidente del Sudan Omar El-Bashir sospettato di aver ordinato crimini contro l’umanità durante la guerra civile nel Darfur, ancora in corso). Kenyatta è il primo presidente ad essere trascinato presso l’aula del tribunale dell’Aia. La decisione della Corte Penale Internazionale è stata duramente criticata dall’Unione africana che nel 2013 ha minacciato il ritiro del Trattato di Roma da parte della maggioranza dei paesi africani.

Iniziativa promossa dai presidenti di Uganda (Yoweri Museveni) e Rwanda (Paul Kagame). L’Unione africana accusa la Cpi di essere strumentalizzata da Francia (suo principale finanziatore) e Stati Uniti e di essere uno strumento politico di pressione di queste due potenze occidentali. Accusa non del tutto infondata. Tutti e 36 i processi per crimini di guerra o contro l’umanità riguardano imputati africani. Le inchieste preliminari sui crimini di guerra commessi dalle truppe di invasione anglo-americane in Iraq e Afghanistan sono state praticamente bloccate sul nascere come le inchieste contro l’ex presidente americano George W. Bush e il primo ministro inglese Tony Blair, accusati di aver creato false prove della presenza di armi chimiche per potere invadere l’Iraq e deporre il presidente Saddam Hussein. Il nuovo rinvio del processo al presidente Kenyatta è stato imposto dall’Unione africana con la scusa di mancanza di prove verso l’imputato.

La Corte penale internazionale dell'Aja
La Corte penale internazionale dell'Aja

Il giudice supremo della Cpi Fatou Bensouda (del Ghana) ha espresso forte rammarico per la decisione presa ventilando il rischio che il processo non potrà mai essere terminato o di un verdetto di assoluzione per mancanza di prove. Il governo keniota fin dall’inizio ha dimostrato la determinazione a boicottare la procedura giudiziaria in corso facendo sparire prove di estratti conti bancari, registrazioni telefoniche e minacciando i vari testimoni. Purtroppo anche i giudici della Cpi sono stati colti in flagrante nel corrompere alcuni testimoni dell’accusa convincendoli a deporre dubbie testimonianze in cambio di asilo politico in paesi occidentali. Uno scandalo abilmente insabbiato ai media internazionali ma che ha aumentato la volontà dell’Unione africana di non riconoscere la Corte Penale Internazionale come uno strumento giudiziario imparziale. Dall’inizio del 2014 i vari paesi africani stanno creando le basi per un Tribunale dei Crimini Africano per porre fine alle “ingerenze occidentali”.

Il presidente Uhuru Kenyatta
Il presidente Uhuru Kenyatta

Seppur non esente da responsabilità, l’attuale presidente keniota e il primo ministro non sarebbero i veri responsabili del tentativo di genocidio e guerra civile attuato nel paese tra il dicembre 2007 e il gennaio 2009. Il rapporto del giudice kenyota Philp Waki redatto nel 2008 e consegnato all’allora Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, inchioda con prove inconfutabili e testimonianze credibili l’ex presidente keniota Mwai Kibaki (appartenente all’etnia Kikuyu) e l’ex primo ministro Raila Amolo Odinga (appartenente all’etnica Luo). I due personaggi politici scatenarono la guerra civile nel tentativo di conquistare il potere a seguito delle contestate e confuse elezioni del 2007. Eppure il rapporto Waki non è stato preso in considerazione dalle Nazioni Unite e dalla Cpi causa forti pressioni di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. La posizione della Casa Bianca è stata di ferma difesa dell'ex primo ministro Odinga. Su questa scelta grava l’ombra dell’appartenenza tribale del presidente americano Barack Obama (suo padre era cittadino keniota di origine Luo). Seppur sempre smentita dal presidente americano questa accusa ha creato un forte imbarazzo costringendo Obama a non effettuare mai una visita ufficiale in Kenya, uno dei principali alleati degli Stati Uniti.

Il presidente keniota ha abilmente giocato la carta del terrorismo convincendo vari paesi occidentali ed asiatici dell’impossibilità di essere condannato proprio quando il paese sta affrontando la seria minaccia terroristica proveniente dal gruppo islamico somalo Al-Shaabab. Secondo vari esperti politici e giuristi africani vi sono forti possibilità che anche il primo ministro keniota William Ruto venga assolto per mancanza di prove. Se questo scenario dovesse verificarsi la credibilità e l’autorità della Corte Penale Internazionale verrebbe seriamente compromessa.

Mercoledì 10 settembre 2014

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