Conflitto in Ucraina: una via per la pace

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Conflitto in Ucraina: una via per la pace

Vogliamo mettere la parola "pace" sopra e dentro tutte le altre parole

di Gianluca Valpondi

Ciao Mirko, e ben ritrovato. Un commento a caldo sul conflitto in Ucraina e una “battuta” (ma c’è poco da ridere) mi viene spontanea: la guerra da fredda si sta facendo calda? Durerà poco e si spegnerà presto?

Mirko De Carli, consigliere nazionale del Popolo della Famiglia e delegato per i rapporti con l'Europa, consigliere nazionale Anci e consigliere comunale a Riolo Terme (Ra)
Mirko De Carli, consigliere nazionale del Popolo della Famiglia e delegato per i rapporti con l'Europa, consigliere nazionale Anci e consigliere comunale a Riolo Terme (Ra)

La situazione ucraina viene narrata in Occidente e in Italia, come al solito, attraverso un main stream ideologizzato e costruito per vendere una lettura dei fatti filo-occidentale. Bisogna analizzare bene quello che è successo in Ucraina per capire il motivo dei fatti che si stanno susseguendo e comprendere con puntualità le ragioni per cui Putin ha agito in questa maniera. La differenza tra l’Occidente e la Federazione russa è la programmazione delle attività di politica estera internazionale. Putin è al potere da più di vent’anni in Russia e ha programmato questa iniziativa militare in Ucraina da diversi anni, probabilmente da quando si è verificata l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (molti interlocutori internazionali esperti in materia ritengono questo). Non a caso aveva avvicinato le truppe ai confini con l’Ucraina da diversi mesi e aveva dichiarato di dover fare alcune esercitazioni, la classica scusa militare per avvicinare truppe nel caso in cui si voglia procedere per un conflitto. Naturalmente il motivo per cui si è scatenata tutta questa situazione internazionale così grave è legato a una scelta che è stata presa dagli Stati Uniti d’America, come sempre, che arreca danni all’Unione Europea, cioè la volontà di annettere l’Ucraina alla Nato e la volontà di espandere quindi il territorio di controllo degli Stati Uniti fino ai confini con la Federazione russa. Una scelta che avrebbe tradito l’accordo preso a inizi anni ‘90 tra la dissolta Unione Sovietica e gli Stati Uniti d’America secondo cui la Nato non avrebbe allargato i suoi confini verso i Paesi dell’ex Unione Sovietica. Così non è stato: abbiamo visto nel corso degli anni ingressi continui, ma naturalmente sull’Ucraina, dove la Federazione russa ha interessi molto robusti al suo interno di carattere economico, di carattere militare e di carattere strategico di politica internazionale, è ovvio che la Russia non avrebbe consentito questo tipo di allargamento della Nato. Lo ha dichiarato Putin più volte, lo ha dichiarato più volte anche in conferenze stampa congiunte con i leader internazionali. Ovviamente gli Stati Uniti d’America hanno sbagliato la strategia sin dall’inizio, facendo parlare la Nato, di cui l’Ucraina non è parte, quindi alzando il livello di tensione nei rapporti con la Federazione russa; hanno sbagliato nel garantire sostegno, finanziamenti o altre forme di collaborazionismo nei confronti dell’Ucraina, che non si sono verificate: non è un caso che Zelens’kyj abbia dichiarato pubblicamente che si sente abbandonato purtroppo da un Occidente che ha promesso certe cose, ma ne ha mantenute delle altre, e poche purtroppo. E di conseguenza la Federazione russa ha fatto quello che ha detto: ha stretto un patto d’acciaio sotto il profilo economico, internazionale con la Repubblica cinese, ha deciso di invadere l’Ucraina tutelando i filo-russi presenti sul territorio e portando sotto il proprio ombrello tutte le strutture strategiche del territorio ucraino, e oggi noi assistiamo alla narrazione unilaterale di Putin spacciato per il nuovo Hitler e gli americani presentati come i nuovi liberatori. Così non è. Dobbiamo guardare i fatti per quelli che sono. Con questo non si vuole giustificare l’azione di Putin, con questo non si vuole giustificare la guerra; ci uniamo alle parole di papa Francesco, che condanna con forza la guerra e ci richiama il prossimo 2 marzo a una giornata di digiuno per la pace, ma guardiamo i fatti con oggettività. Pensiamo che la guerra non durerà molto, perché Putin non ha le forze per mantenere un’invasione permanente del territorio. Putin probabilmente proclamerà un governo filo-russo nel momento in cui entrerà a Kiev e in quel momento si apriranno le trattative col mondo occidentale per un accordo strategico. Ci auguriamo che Biden abbandoni gli errori compiuti fino ad oggi nel rapporto con la Federazione russa, sia disposto a sedersi al tavolo con Putin e a trovare un’intesa, facendo sì che l’Ucraina non entri mai nella Nato, rimanga un territorio neutrale rispetto agli equilibri tra le due superpotenze e si possa far sì che questo territorio trovi la pace, trovi il sostegno internazionale per garantire al proprio popolo il benessere che merita.

Pace tra Russia e Ucraina
Pace tra Russia e Ucraina

In effetti la Nato non è l’Onu, nasce come alleanza militare sostanzialmente poi antisovietica, a cui si contrapporrà il Patto di Varsavia. Ma caduto il regime antiumano sovietico, che ci sta a fare la Nato? Non rischia di diventare antiumana a sua volta? Perché l’Occidente dovrebbe guardare al popolo russo come ad un nemico? La Russia poi non è parte dell’Europa? Eppure, questo Putin che bombarda (già morti dei civili, dei bambini!), questo Putin che ritiene l’Ucraina una mera espressione geografica in cui espandere lo “spazio vitale” del messianico impero russo... questo Putin sembra davvero indiavolato. Ma s’è indiavolato da solo o qualcuno ha soffiato sul fuoco? E perché? E la Cina?

La Nato infatti l’ho definita in alcune mie interviste e interventi come un vecchio arnese usato in maniera inappropriata da parte dell’Occidente e in particolar modo degli Stati Uniti d’America in una vicenda in cui la Nato non ha nessun tipo di ruolo in causa, nel senso che noi sappiamo che la Nato svolge un ruolo difensivo per gli Stati che ne fanno parte e l’Ucraina non fa parte della Nato; c’era una trattativa in corso, voleva l’Ucraina richiedere l’ingresso nella Nato, ma non è stata portata a termine, anche perché alcune forze aderenti alla Nato, per mantenere un rapporto di buona collaborazione con la Federazione Russa, avevano deciso di non votare a favore dell’adesione alla Nato dell’Ucraina. E quindi c’era un dibattito aperto anche all’interno degli stessi Stati membri della Nato, e sappiamo bene che l’articolo 5 del trattato istitutivo della Nato prevede che gli Stati membri, nel caso in cui uno di questi Stati venga attaccato, sono chiamati ad intervenire in sua difesa. Non è questa la casistica. Vedere Stoltenberg, il segretario generale della Nato, intervenire sistematicamente sulla questione è qualcosa di imbarazzante, politicamente inopportuno, strategicamente inadeguao, e dimostra infatti l’inconsistenza della politica davanti a uno scenario internazionale che va disgregandosi proprio per l’assenza della politica e il protagonismo di organi sovranazionali che cercano di sostituirsi alla politica in maniera goffa e inopportuna. Non ha più senso la Nato, appunto, dopo la fine dell’Unione Sovietica e dopo la fine di quel conflitto bipolare tra Est e Ovest del mondo. In una società multipolare come quella attuale dovrebbe invece costruirsi una dinamica diversa di relazione fra le forze che hanno una volontà di collaborare e di dialogo serrato, a volte anche rigido e duro, con quelle realtà che invece non condividono quella piattaforma di valori che anima per esempio le Nazioni Unite. La Russia è parte dell’Europa; c’è stato un percorso, agli inizi degli anni di governo di Putin, che vedevano Putin come un alleato dell’Occidente, portato dentro ai grandi Paesi del mondo al G8, inserito come membro in via di collaborazione anche della stessa Nato in alcune riunioni, abbiamo visto George Walker Bush, oltre che Bill Clinton, definirlo come un alleato dell’Occidente e non più un avversario. Poi purtroppo, come sempre, la politica estera statunitense vede gli alleati come vassalli e non come partner alla pari nel rapporto con gli Stati Uniti d’America. Naturalmente la storia della Federazione Russa è una storia di uno Stato che ha sempre avuto un ruolo di leadership internazionale importante, soprattutto nel contesto dei due continenti entro i quali si sviluppo il proprio territorio, e quindi Europa e Asia, e di conseguenza poi, dalla Crimea in poi, si sono verificate situazioni di conflittualità tale per cui si è ripristinato questo scontro tra Occidente e Oriente del mondo. È chiaro che si è poi creata una giuntura tra Federazione Russa, Cina, Turchia e mondo arabo per cui appunto queste realtà hanno trovato comune interesse a fortificare relazioni tra di loro contrapponendosi a un Occidente che non si è dimostrato capace di leggere in maniera intelligente la situazione multipolare che si è creata dopo il crollo del muro di Berlino, e continua ancora ad agire e a porsi a livello internazionale secondo una logica che è precedente - il bipolarismo - e che oggi è sostanzialmente inadeguata e inopportuna. Putin fa un’azione politica studiata e premeditata, che è quella di considerare i territori delle ex Repubbliche socialiste sovietiche come territori cuscinetto che devono entrare a far parte di quella che è un’area di riferimento delle Federazione russa e degli Stati che orbitano intorno a lei. È stato consentito che diversi Stati nel nord Europa entrassero a far parte della Nato, ma l’Ucraina è uno Stato molto importante in quanto ci sono basi strategiche a livello militare della Federazione Russa e anche zone di estrazione di materie prime importanti che sono di valore assolutamente rilevante per la Federazione russa. Per questo da più tempo avevamo detto di far sì che l’Ucraina sia una “zona cuscinetto” neutrale, non afferente alla Nato e all’Unione Europea e dall’altra parte in un rapporto positivo e di rispetto reciproco con la Federazione russa. Purtroppo questo non è avvenuto, e questo però non vuol dire non rispettare la volontà dei cittadini ucraini, vuol dire far sì che in quella zona si possa creare un percorso capace di tutelare gli interessi primari dei cittadini ucraini, che sono quelli di non avere conflitti, che sono quelli di trovare un percorso di pace in un accordo complessivo con i Paesi limitrofi. Putin non è un indiavolato pazzo come lo descrive l’Occidente, Putin è un politico che fa gli interessi del suo Paese e naturalmente utilizza tutte le armi a sua disposizione. È chiaro che noi non possiamo condividere gli strumenti che mette in campo, che sono gli strumenti della guerra, gli strumenti della violenza, gli strumenti del ricatto. Ma possiamo capire le sue ragioni non per giustificarle, ma per studiare in maniera adeguata le contromosse da mettere in campo. Come Popolo della Famiglia abbiamo detto con chiarezza che ora bisogna abbandonare i sogni espansionistici della Nato, far sì che si sottoscriva un accordo in cui l’Occidente si impegni a non far mai entrare nella Nato l’Ucraina, si impegni a non far mai entrare nell’Unione Europea, se non in accordo con la Federazione Russa, l’Ucraina, e si istituisca un governo che sia capace di accelerare un processo di democrazia rappresentativa adeguato e che non crei rapporti di ostilità con la Federazione Russa. Questo secondo me potrebbe essere un accordo ragionevole che anche Putin accoglierebbe, evitando un governo fantoccio filo-russo che non è negli interessi nemmeno di Putin, e che potrebbe essere quella exit strategy sempre comunque figlia di un fallimento di politica estera occidentale che abbiamo visto affermarsi in Afghanistan, dove i talebani, prima di tornare al potere, hanno stretto accordi con la Repubblica Popolare Cinese e indirettamente la Russia e la Turchia, che sono i Paesi di massima influenza in quella zona oggi. Una modalità naturalmente simile, figlia del fallimento della politica estera occidentale, lo voglio ribadire, e quindi per noi comunque una soluzione che ci vede perdenti, ma che garantisce una maggiore stabilità nell’area, la fine del conflitto almeno in questo momento della fase sua più acuta, potrebbe essere quella che ho appena illustrato.

Un governo ucraino, libera espressione del popolo ucraino, che scelga liberamente di fare quello che vuole Putin? Il popolo ucraino non dovrebbe essere libero di scegliere se stare, o no, con l’Europa? Certo, il meglio sarebbe che Putin scegliesse di stare con l’Europa e l’Europa con Putin... quali gli ostacoli?

Il problema è guardare la realtà nella sua complessità ed è la difficoltà che oggi la classe dirigente mondiale e anche europeo-occidentale non riesce ad affrontare. È logico che quello che tu dici nella domanda è corretto: uno Stato sovrano dovrebbe scegliere liberamente il proprio destino, dovrebbe scegliere liberamente quale futuro costruire, quale tipo di alleanze creare, a quale tipo di organismi sovranazionali aderire. Ma dobbiamo essere consapevoli che ci sono tanti altri fattori in campo. Per esempio l’Italia, il nostro Paese, che è un Paese sovrano, un Paese che ha una propria Costituzione, è un Paese che però vede al proprio interno la presenza di militari statunitensi, vede degli organismi sovranazionali come la Nato e le Nazioni Unite presenti sul territorio. Queste sono scelte che sono volontarie in parte, in altra parte imposte da fatti che sono successi nella storia, per esempio la seconda guerra mondiale, che ci ha visto perdenti e ci ha visto dentro all’alleanza atlantica e al mondo occidentale, per nostra grazia mi vien da dire. D’altra parte, dobbiamo essere consapevoli che la situazione ucraina è diversa; l’Ucraina ha un legame storico col mondo russo, ha un legame storico col mondo russo anche perché tanta parte di popolazione, minoritaria nel complesso, ma molto presente nella struttura sociale, è legata al mondo russo, è di estrazione russa... E quindi ci sono tante piccole sfaccettature che non vanno sottovalutate. In questo senso credo che vadano prese delle scelte che mettano insieme tutti questi fattori. La proposta che abbiamo avanzato da lungo tempo, che è una proposta che ha trovato anche radici all’interno del dibattito europeo nel corso degli anni, degli ultimi dieci anni in particolar modo, da quando la questione ucraina è emersa come dirimente all’interno del dibattito politico europeo, è quella di una zona cuscinetto, cioè di un’area neutrale, che non sia affiliata al mondo occidentale, che non torni più sotto il predominio di riferimento russo, ma che possa avere attraverso un accordo ben preciso tra mondo occidentale e federazione russa, una propria autonomia, un proprio sviluppo, una propria crescita e una propria sovranità, la più ampia possibile. Questo naturalmente si può realizzare all’interno di un processo che dev’essere definito tra le parti in causa, quindi mondo occidentale e federazione russa e popolo ucraino coi suoi rappresentanti che dovranno trovare naturalmente la modalità con cui esprimersi. Questo è il percorso più ragionevole. Pensare oggi, immaginare oggi, che il popolo ucraino possa scegliere liberamente è qualcosa a cui dobbiamo aspirare nel medio periodo, ma che oggi è assolutamente impraticabile, e sarebbe come illudere una popolazione di qualcosa che non si può ottenere, come quando in Italia avevamo il comitato di liberazione nazionale che voleva governare il Paese sentendosi sulla pelle la forza della rappresentanza della comunità nazionale, ma doveva trattare, dialogare e trovare intese, accordi e compromessi con le forze armate dell’Alleanza occidentale, che erano presenti con gli scarponi sul territorio nazionale e hanno cooperato insieme per liberare l’Italia dal nazifascismo e per amministrarla fino a che non si è riusciti a costruire una Repubblica democratica con la propria Costituzione e con la propria compiuta sovranità. Per quanto riguarda la scelta di Putin di entrare all’interno del contesto dell’Unione Europea, io credo che sia impossibile. Prima di tutto perché Putin ha lavorato ampiamente per far sì che la Gran Bretagna uscisse con la Brexit definitivamente dal contesto dell’Unione europea e, secondo punto, la Russia, dopo la guerra in Crimea, ha deciso in maniera sistematica e organizzata di rimanere una superpotenza autonoma in una logica di alleanza strategica costruita negli ultimi anni con la Repubblica popolare cinese e con alcuni Paesi del medioriente, penso alla Turchia, la Siria, l’ingresso in Libia e altre situazioni che si sono verificate. Quindi non credo che ci sia questa ipotesi, che sia prevista, che sia possibile oggi, e non ne vedo nemmeno una possibile valutazione nel medio-lungo periodo.

Quali le cause, quali le conseguenze economiche (risorse energetiche e non solo…) del conflitto per tutte le parti in gioco (Russia, Ucraina, Europa e Stati europei, Stati Uniti, Cina, Mediterraneo...)? Quale il sottofondo economico del conflitto? Chi ci guadagna e chi ci perde dal conflitto, dalla guerra? Non sono poi sempre i poveri (di tutte le parti), i “senza potere” a pagare il prezzo più alto? E pure…non sono poi in fondo i “poveri di Jahvé”, gli Anawim, a fare la storia, la storia che conta davvero, cioè quella di Dio, di Colui che, con le labbra della Regina della Pace (così si presenta a Medjugorje e così papa Francesco l’ha invocata sul conflitto in Ucraina), “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”?

Le conseguenze economiche, per quanto riguarda il mondo occidentale, sono evidenti. Ho commentato come abbastanza irresponsabile l’opzione europea-occidentale di eliminare la Russia dal sistema di pagamenti internazionale, lo Swift. È un errore pericoloso perché non mette in difficoltà la Russia solamente, ma mette in difficoltà soprattutto l’Occidente che si rifornisce prevalentemente dal gas russo. Credo che le conseguenze economiche di scelte esageratamente spinte da parte dell’Occidente che non comprende quanto sia necessario sedersi al tavolo con Putin per trovare un’intesa, possano recare danni irreparabili alle economie nazionali e alle situazioni già critiche delle nostre famiglie. Gli equilibri, a livello finanziario, potrebbero portare frutto solamente alla Repubblica Popolare Cinese, che, nell’accordo-quadro raggiunto con la Federazione Russa, potrebbe diventare l’economia di riferimento degli interessi dei magnati della Federazione Russa. Un esempio l’abbiamo avuto proprio in queste ore, quando il proprietario del Chelsea Abramovich ha scelto di uscire definitivamente dalla società affidandola in mano alla fondazione costituita nel corso dei vent’anni della sua presidenza e dando un segnale forte di disinvestimento nel mondo occidentale da parte dei grandi oligarchi russi. Chi ci perde, chi rischia di perderci maggiormente è l’Europa in questa situazione di conflitto tra Occidente e Oriente, perché appunto non è in grado di costruire una proposta di politica estera robusta, non è in grado di essere autonoma rispetto alla predominanza strategica internazionale degli Stati Uniti d’America, e si trova ai confini una forza bellica e strategicamente organizzata sul piano economico come quella della Federazione russa, che rischia di metterla in enorme difficoltà, soprattutto visto la nostra forte dipendenza in termini di approvvigionamento energetico. Naturalmente i “senza potere” di Václav Havel sono coloro che sono più colpiti rispetto a questa situazione, soprattutto in terra di confine come quella dell’Ucraina. È per questo che l’Occidente invece di rifornire di armamenti un governo che è nato sotto la spinta della volontà occidentale, soprattutto statunitense, avrebbe il dovere di bloccare il conflitto sedendosi al tavolo con la Federazione russa e trovare un’intesa in un’ottica di termine delle conflittualità sul territorio ucraino. In questo senso, i poveri, come giustamente hai detto tu, e le immagini di coloro che soffrono, di coloro che sono le vittime di questa guerra, sono il grande appello, il grande richiamo a tutti noi affinché si abbandonino gli egoismi, si abbandonino le prevaricazioni di parte e si possa trovare un’intesa che non risolve i problemi di tutti, che non dia quella piena sovranità che desiderano gli ucraini, ma che permetta di superare il conflitto, di trovare un’intesa che permetta di garantire stabilità a un territorio sofferente e che possa aprire un processo di democrazia, di sovranità in un territorio martoriato come quello ucraino.

Domenica 27 febbraio 2022

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