Teresa Bellanova: chiaroscuri di una ministra nell'Italia dove la musica difficilmente cambia

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Teresa Bellanova: chiaroscuri di una ministra
nell'Italia dove la musica difficilmente cambia

Certo che sì, anche una ex bracciante, ex sindacalista, con soltanto titolo di istruzione di scuola media inferiore, non più nel fulgore degli anni e dell'avvenenza femminile, può diventare ministro. Qual è il problema? Almavista!

di Fernando da Lisbona

Teresa Bellanova
Teresa Bellanova

Certo che sì, anche una ex bracciante, ex sindacalista, con soltanto titolo di istruzione di scuola media inferiore, non più nel fulgore degli anni e dell'avvenenza femminile, può diventare ministro dell'agricoltura. E dunque? Qual è il problema? Un gran bene che sia così con buona pace di detrattori e denigratori beceri e invidiosi di qualunque genere e provenienza. Sarebbero quindi da aborrire certi attacchi al neoministro Teresa Bellanova, in quanto espressione di un razzismo e di un classismo dilaganti da cui, purtroppo, nessuno sembra esente, da destra a sinistra. Il problema è semmai un altro: che nelle istituzioni, anche ad alto livello, capitano personaggi non proprio giudiziariamente illibati ed è pure questo il caso della Bellanova. La nostra, renziana, militante indefessa di quel che resta del partito dei lavoratori (più che altro ora delle banche) in forma di sostenitrice del Jobs Act e della riscrittura dell’articolo 18, osannata per lo zelo profuso in ambito sindacale, si ritrova a suo carico pendente una grana giudiziaria innescatasi proprio a seguito di una denuncia da parte di lavoratori. Costei è stata infatti denunciata, nel giugno 2017, dalle RSU di Almaviva – un big tra i call center con 45mila dipendenti – per la sua funzione all’interno della vertenza Almaviva. In pratica, è accusata di tentata estorsione siccome avrebbe cercato di indurre lavoratori a sottoscrivere un accordo dalle condizioni proibitive per evitare 1666 licenziamenti. L’ipotesi di reato è ancora al vaglio della procura. E a noi, ormai pochi braccianti, pochi operai, pochi lavoratori, troppi precari, non rimane che appellarci al motto monastico, basato su un abile gioco di parole latine, «ora et labora», «prega (per la buona sorte, facendo i debiti scongiuri, visti i sinistri personaggi attualmente al potere) e lavora (sempre meno e sempre peggio visto l'irreversibile annoso andazzo economico)»?  

NdR: Gli autori dei testi sono responsabili dei dati, delle analisi delle opinioni in essi contenuti

Mercoledì 11 settembre 2019

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