Redazione Online
LHASA (TIBET) | martedì quattro persone sono state uccise e altre 50 ferite dagli agenti di sicurezza cinesi nella contea di Driru (Biru in cinese), nella prefettura di Nagchu (Naqu per i cinesi) nel Tibet, la stessa area che da settimane è al centro di forti proteste. Pochi giorni prima, a Yangthang, 60 persone intente a protestare erano state ferite dai colpi di arma da fuoco esplosi dalle forze di sicurezza cinesi. Molti altri sono stati arrestati. In quella occasione, i manifestanti chiedevano la liberazione di Dorje Draktsel, uno dei principali protagonisti della protesta anti bandiera cinese, che è stato poi arrestato.
LE PROTESTE | Le proteste continuano da un mese, da quando, in vista delle festività nazionali per a nascita della Repubblica Popolare, le autorità cinesi hanno obbligato i locali a issare la bandiera cinese. Il rifiuto dei tibetani ha scatenato prima le manifestazioni e poi la repressione da parte della polizia cinese. La Cina infatti è per i tibetani uno stato invasore ed oppressore.
LE VITTIME | Tre delle quattro vittime provenivano dal villaggio di Sengthang e il quarto da quello di Tinring. Le autorità cinesi hanno inviato nell'area migliaia di agenti e paramilitari per controllare l'area. A Sengthang e in altre zone, sono stati operati anche centinaia di arresti oltre a sequestri di telefonini, per evitare i collegamenti.
CACCIA AI TIBETANI | Nella capitale Lhasa, infatti, secondo il Tibetan Centre for Human Rights and Democracy, le autorità hanno cominciato una vera e propria caccia ai tibetani di Nagchu. Per l'occasione, è stato diffuso un codice segreto per identificare i residenti dell'area teatro delle manifestazioni, subito scoperto dai locali. Gli uomini di Nagchu vengono chiamati turisti maschi, le varie città e villaggi dalle quali provengono indicate con lettere dell'alfabeto. Giunti a Lhasa, vengono seguiti a distanza dalla polizia che ne annota gli spostamenti e ne informa i vari centri di polizia di zona.
DARSI FUOCO | Dal 2011 sono 121 i tibetani che si sono dati fuoco in nome della libertà del Tibet e per il ritorno dall'esilio del loro leader spirituale, il Dalai Lama. Sono 24 le immolazioni dall'inizio di quest'anno.
Sabato 12 ottobre 2013
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