Mirko De Carli sulla situazione-vaccini

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Mirko De Carli sulla situazione-vaccini

Abbiamo voluto dare il giusto spazio alla complessità delle problematiche nel nostro dialogo pacato, ragionato e approfondito con l'amico De Carli

di Gianluca Valpondi

Vaccino anti-Covid
Vaccino anti-Covid

Ciao Mirko e di nuovo ben ritrovato. Il documento del Comitato nazionale di bioetica sul vaccino antiCovid ai “grandi minori” (12-17 anni) fa discutere e parecchio, soprattutto per la scelta del Comitato di voler far prevalere la “volontà vaccinale” del minore rispetto anche all’eventuale contrarietà dei genitori. Familismo immorale o legittime rivendicazioni del diritto di famiglia? Cosa muove le proteste?

Bentrovato carissimo Gianluca. Credo che il documento frutto del lavoro del Comitato nazionale di bioetica (CNB) possa offrirci degli spunti di analisi davvero interessanti. Quello che viene proposto riguardo al rapporto tra vaccini e adolescenti, in particolar modo ai grandi minori, che sono individuabili nella fascia d’età 12-18 anni per l’appunto, è uno strumento che conferma un principio, un principio importante, che caratterizza tanta disciplina normativa del nostro Paese e che abbraccia quelli che sono i valori che sono più cari a noi e che sono figli anche, in una lettura laicamente intesa, della Dottrina sociale della Chiesa. Il cosiddetto favor vitae, cioè favorire la vita sempre e comunque, disciplina e orienta quello che è il criterio-guida espresso all’interno del documento del CNB rispetto al rapporto vaccini-adolescenti. Non si intende e non si vuole causare una ferita nel rapporto di genitorialità, quindi nel rapporto tra genitori e figli, andando a ledere quello che è un principio sacrosanto del nostro ordinamento giuridico cioè quello della patria potestà, ma si vuole andare ad individuare un criterio nel momento in cui ci sia una contrapposizione che arrivi davanti a un giudice tra un grande minore e un genitore sul tema della vaccinazione. È chiaro e logico che viene individuato il vaccino come uno strumento che contrasta quelli che sono gli effetti nefasti sul piano sanitario della propagazione di un virus in tempo di pandemia, e non lo fa attraverso una semplice lettura ideologica, ma lo fa avvalendosi di quelle che sono tutte le prove documentali scientifiche, figlie degli studi e delle analisi che hanno portato gli enti certificatori nazionali ed europei ad autorizzare la diffusione a livello di massa, a livello diciamo globale, dei vaccini per le popolazioni del continente europeo e anche del nostro Paese (altrimenti non sarebbero stati autorizzati). Quindi c’è un punto di partenza principale che è figlio di questa analisi, ovvero che si ritiene il vaccino uno strumento fondamentale, prioritario per il contrasto della pandemia da Covid-19 e per la tutela sanitaria delle persone di età superiore ai 12 anni. Il criterio che poi viene individuato riguarda i casi di controversie - che non sono pochi a livello nazionale - tra un grande minore e un genitore, un genitore che eventualmente non vuole vaccinare il figlio per una scelta personale, ovviamente di carattere ideologico, e un grande minore che invece vuole vaccinarsi. In questo caso, se si arrivasse ad un’istanza portata davanti a un tribunale, il CNB indica, applicando il principio di favor vitae, che sia da salvaguardare il diritto alla tutela della salute, inteso come lettura larga del diritto alla vita, quello di garantire la vaccinazione al grande minore, e quindi di far prevalere questo rispetto all’interpretazione del diritto di patria potestà non come tutela del minore ma come diritto di vita e di morte sul minore.

Chi contesta la decisione del Comitato lo fa perché aderisce a quello che generalmente viene identificato come movimento No-vax. Ma non solo, tra i contestatori o quantomeno “dubbiosi”, c’è anche chi non si riconosce tra i no-vax, ma si definirebbe piuttosto “free-vax” (libertà di chi? Della famiglia o del grande minore?), e anche magari si dichiara piuttosto favorevole al vaccino, ma chiede moderazione. In ogni caso, direi che il problema possa in buona sostanza ricondursi al concetto, quanto mai discusso di questi tempi, di scienza, cioè di cosa è o non è una verità scientifica, ma anche al rapporto tra scienza e politica, e alla politica come ambito di sapere e di azione delle scienze umane, tra diritto, salute, scienze mediche, principio di solidarietà, primato della persona e ruolo dei corpi intermedi, in primis la famiglia. È la politica che legittima la scienza o la scienza che legittima la politica? Se la politica non è una “scienza esatta” (perché si occupa di “sistemi aperti”?), ciò significa che le scelte “puramente” politiche non abbiano valore? Cosa dà valore alle scelte politiche? La presa di posizione del CNB è di carattere etico, scientifico, giuridico o politico? È stata la politica, la scienza, il diritto o la morale a chiedere un parere al Comitato? E in che senso e in che modo tale parere risulta vincolante? Riguarda soltanto il potere giuridico, o anche, almeno indirettamente, quello legislativo e governativo? In che senso si connette alla questione della “certificazione verde”, o green-pass che dir si voglia?

Caro Gianluca, credo che il problema sia proprio legato al fatto che oggi si riconoscono fonti non attendibili come fonti attendibili, ovvero non ci si forma più nei circuiti di formazione classica, che sono stati anche quei luoghi, quelle comunità d’ambiente che hanno formato le nostre generazioni; ma ci si forma su internet, ci si forma su link che arrivano su whatsapp in maniera spesso anonima e senza nessuna riconoscibilità della fonte, e si dubita di quelle che sono riconosciute come fonti autorevoli o credibili, perché si parte dal presupposto che siano alimentate da un potere occulto che vuole macchinare qualche elemento di gestione delle masse a fini di potere individuale. Dovremmo ricominciare invece ad analizzare i dati, ad analizzare in maniera più profonda e più complessa e più attenta quelle che sono le fonti da cui provengono le informazioni, ad avere fiducia nelle istituzioni, non in maniera cieca o in maniera poco avveduta, ma cercando di analizzare la produzione normativa e di analisi che le istituzioni offrono, cercando appunto di comprenderne il senso più profondo e la coerenza più autentica. Questo è un lavoro faticoso che siamo chiamati a fare per evitare appunto di essere sommersi da una serie di informazioni che non hanno nulla a che vedere con il significato autentico della parola stessa “informazione”. Oggi c’è un mondo che aveva qualche elemento di criticità nel rapporto con la terapia vaccinale, che è emerso in particolar modo nelle battaglie che mi hanno visto anche in campo contro la trasformazione in legge del cosiddetto decreto Lorenzin, che prevedeva il passaggio da 4 a 10 dei vaccini obbligatori. Coloro che si ritenevano free-vax ovvero per la libertà di scelta erano coloro che ritenevano che si dovesse applicare il principio costituzionale previsto dall’art. 32, secondo cui appunto fosse la famiglia, e la persona, a dover scegliere le terapie sanitarie a cui sottoporsi. Purtroppo questa comunità ampia, che ha fatto una battaglia giusta, oggi si è portata in una posizione di contrarietà netta ai vaccini, che non era presente devo dire nel 2017 quando si fece quella storica battaglia. Io già allora espressi posizioni molto chiare non contro i vaccini, non contro l’utilità dei vaccini, ma per una libera scelta, guardando a modelli del nord Europa che adottavano proprio il principio della libertà di scelta, di una campagna di prevenzione e informazione adeguata e attrezzata da parte delle istituzioni pubbliche, e raggiungevano livelli di vaccinazione nella popolazione più alti dei nostri. Quindi, già allora mi ponevo questo obiettivo di una vaccinazione diffusa come strumento di contrasto alla diffusione di virus dannosi per la comunità. Per quanto riguarda la domanda che tu poni, giusta e corretta, e soprattutto molto interessante riguardante il rapporto tra scienza e politica, io credo che la politica debba decidere, la scienza deve dare le informazioni per decidere. Non è possibile immaginare un comitato tecnico-scientifico che si trasformi in organo deliberativo politico come è avvenuto durante il governo Conte. Una scelta coraggiosa che ha fatto il governo Draghi è stata per l’appunto quella di prendere il cosiddetto rischio calcolato e utilizzarlo come criterio di valutazione per le decisioni da assumere, dopo un’attenta analisi di tutte le documentazioni fornite dagli scienziati membri del comitato tecnico-scientifico. Quindi, la scienza offre le delucidazioni necessarie affinché la politica possa poi decidere. Tu poni un’altra questione riguardante il fatto che la politica non sia una scienza esatta e che quindi le scelte politiche “pure” non abbiano valore. Non è vero, la politica non è una scienza esatta come neanche la medicina è una scienza esatta. La politica è una scelta che è figlia di una valutazione fatta da chi sceglie; di conseguenza più le informazioni sono attendibili, più le informazioni sono larghe nella loro analisi, più naturalmente la scelta sarà consapevole e aderente alla realtà. Quello che dà valore alle scelte politiche è l’analisi che sta a monte delle scelte politiche e la coerenza con i valori che animano quelle scelte. Quindi, se c’è un leader politico che è animato da un certo tipo di valori o un leader politico che è animato da un altro tipo di valori, è chiaro che ci sarà un responso rispetto alla comunità diverso. Per esempio, per quanto riguarda noi come Popolo della Famiglia, non saremo mai capaci di promuovere leggi che vadano contro la vita e la famiglia, perché riteniamo la vita – la persona – e la famiglia dei fattori fondamentali che vadano tutelati sempre a 360 gradi. Se ci fossero i radicali avremmo invece legislazioni tese appunto a trasformare degli strumenti di legislazione che riteniamo contro la persona, la famiglia e la vita come elementi invece di ampliamento dei diritti: penso all’eutanasia e penso all’aborto per l’appunto. La presa di posizione del Comitato nazionale di bioetica è una scelta giuridica che è stata presa, è un orientamento giuridico che viene adottato, teso soprattutto a dare un criterio di giudizio attraverso quello che è il principio del favor vitae, del tutelare la vita sempre e comunque, riconoscendo l’utilità per il contrasto della pandemia dei vaccini, nel caso di controversia tra grande minore e genitore. Il CNB offre un parere sempre nel caso in cui ci siano materie che riguardino appunto questioni bioetiche su richiesta e in un rapporto vincolante con la presidenza del Consiglio dei ministri. Non è un rapporto vincolante nel senso in cui si deve attenere per forza la presidenza del Consiglio dei ministri, ma è un parere orientativo che si terrà sicuramente in considerazione. Non ha alcuna connessione con la certificazione verde, infatti io quando vedo polemiche riguardanti il green-pass che vengono riprese all’interno del dibattito sul documento del rapporto vaccini-adolescenti del CNB sobbalzo dalla sedia, perché nulla ha a che vedere, sono due questioni diverse che riguardano comunque entrambe il contrasto della pandemia in tempi in cui ancora la pandemia fa danni nel nostro territorio e a livello globale. Credo che sia un documento che meriti una lettura attenta, ma va sempre considerato come un parere e tale va ritenuto, non essendo vincolante per la presidenza del Consiglio; questo però non vuol dire che noi come cattolici non siamo chiamati ad esprimere un parere intelligente che possa riaffermare sempre e comunque non una posizione ideologica che vede nei vaccini uno strumento di morte, ma una posizione di buon senso che tuteli la vita a 360 gradi e che consideri i vaccini uno strumento di tutela della vita nel rispetto della libera scelta delle persone e nel rispetto anche di quelle che sono le eventuali necessità di tutela della salute di persone che non possono vaccinarsi per motivi sanitari certificati.

È prevista dunque una certificazione speciale per chi, a causa di comprovate e certificate ragioni medico-cliniche, non può vaccinarsi? O costoro devono adattarsi ottenendo il green-pass ogni volta col tampone (il green-pass da tampone non dura più di un paio di giorni)? E, se anche il tampone fosse gratuito e di facile reperibilità, sarebbe questa – al netto ovviamente delle cure contro il Covid - una soluzione valida in alternativa al vaccino anche per chi non abbia controindicazioni mediche certificate e non si opponga a farsi somministrare un vaccino per le ragioni esplicate dalla recente Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede (utilizzo, nel processo di ricerca e produzione, di linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso). Ovvero, al di là di queste due specifiche ragioni (la seconda delle quali non esclude la liceità del ricorso al vaccino, anzi le prese di posizione del Santo Padre Francesco non fanno che spingere l’interpretazione del documento della Congregazione verso il senso di sostanziale avallo e promozione della strategia vaccinale), è eticamente sostenibile il rifiuto di vaccinarsi contro il Covid? E comunque, sarebbe sensato farsi il tampone prima di un evento importante (un matrimonio, un colloquio di lavoro, la prima comunione di un figlio, un viaggio…) col rischio di vedersi “quarantenati” in caso di positivo (asintomatico)?

Come prevede la disciplina che ha regolamentato il green-pass, chi non può vaccinarsi per impossibilità (per allergie, vari motivi...non entro adesso nel merito, sono tutti riscontrabili soprattutto attraverso una certificazione che viene rilasciata dal medico curante) può rientrare nell’ottenimento del green-pass anche senza la vaccinazione. Naturalmente devono essere motivazioni comprovate e reali, non stiamo parlando delle truffe come i green-pass falsi che girano su telegram e in altre chat. Per quanto riguarda la questione del tampone, credo che la scelta dell’opzione del tampone gratis, come alcune regioni hanno già fatto, soprattutto per quelle fasce della popolazione che sono più colpiti da questa necessità, penso a certi professionisti, penso a certe categorie professionali, penso a certi settori produttivi del Paese come il turismo, quello degli eventi, delle fiere, dei parchi tematici etc... l’opzione del tampone gratuito sia una scelta necessaria e doverosa che abbiamo spinto e promosso anche come Popolo della Famiglia. Anche Papa Francesco ha ritirato il suo green-pass, il Vaticano ha adottato le linee guida europee e ha predisposto una propria normativa interna al proprio Stato, con cui si ottiene il rilascio del certificato verde nelle casistiche indicate; il Papa è stato vaccinato e ha ritirato il proprio green-pass. Credo che l’indicazione della nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, appunto, dove si indica il fatto che non possono essere avallati vaccini che sono prodotti attraverso l’uso di tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso, è chiaro che è un’indicazione etica e morale che da cattolici raccogliamo, rispettiamo; in questo caso, ad oggi, per quanto riguarda i vaccini che sono inoculati nel nostro Paese e a livello di campagna vaccinale europea, non è rintracciabile ad oggi un problema di questo tipo, non a caso il Papa stesso ha promosso con forza e con decisione l’utilizzo del vaccino come la principale freccia al nostro arco, come amo ripetere, per il contrasto della pandemia. Quindi non mi piace dire che è etico vaccinarsi, non voglio rientrare in queste categorie perché il vaccino lo ritengo uno strumento, una terapia, e le terapie non sono etiche o non etiche, sono etici o non etici i modi con cui vengono prodotte o realizzate, come giustamente la nota della Congregazione per la Dottrina della fede sottolinea. Detto questo, si possono ritenere utili o non utili. In termini di utilità, ritengo che quanto predisposto dalle aziende che hanno promosso i vaccini secondo le documentazioni che avvallano l’utilizzo di questi vaccini da parte degli enti preposti, quali Aifa e Ema, credo che sia adeguato e che si possa utilizzare il vaccino come lo strumento principale per il contrasto della pandemia. Credo che per quanto riguarda gli eventi il tampone sia necessario se non sei dotato del green-pass vaccinale, cioè i tamponi non devono diventare una moda. Non dobbiamo dopo la moda delle mascherine lanciare la moda dei tamponi. Questi sono tutti strumenti. Non mi piace partecipare alle tifoserie o innamorarmi degli strumenti che sono necessari in un certo contesto particolare. Il tampone serve per evitare che una persona in quel momento possa essere portatrice di virus in un determinato contesto a rischio; sappiamo bene che il tampone non indica un periodo di non contagio, indica che in quell’istante non sei afflitto dal Covid-19, magari l’istante dopo lo sei. Quindi, come abbiamo detto più volte, non è un elemento di tutela al 100%, come non lo è il green-pass, come non lo è il vaccino in questo momento. Sono tutti elementi di protezione, di prevenzione, di cautela, che servono. È naturale che, se una persona ha ottenuto il green-pass da vaccino è illogico che si metta a fare continui tamponi, perché vuol dire che è in una condizione di tutela per sé e per gli altri. Detto questo, non vogliamo alimentare, come Popolo della Famiglia in primis, la guerra tra vaccinati e non vaccinati, tra pro-vaccini e no-vax; vogliamo fare semplici ragionamenti di buon senso che tendono ad avere un unico obiettivo: il contrasto della pandemia con gli strumenti in campo, ritenendo che il vaccino, come anche la nota della Congregazione della Dottrina della Fede, il documento del Comitato nazionale di Bioetica della presidenza del Consiglio dei ministri e tanti illustri scienziati e opinionisti anche del mondo cattolico hanno detto, sia al momento lo strumento più idoneo. Detto questo, non basta. A fianco a questo servono altre strategie, come la medicina del territorio rafforzata, come i presìdi di cura domiciliari, come tutta l’attività delle cure che si possono sviluppare per evitare le ospedalizzazioni, come gli investimenti in sanità, gli investimenti in personale sanitario. Ma il vaccino non può essere ritenuto una cosa marginale. È ad oggi lo strumento principale per il contrasto della pandemia.

In un recente dialogo pubblico con te, la prof.ssa Assuntina Morresi, stimato membro del Comitato nazionale di bioetica, poneva la domanda, forse anche retorica, del perché mai di colpo non ci si debba più fidare del nostro sistema sanitario, dei nostri medici, delle terapie – anche vaccinali - che ci vengono indicate... perché col vaccino anti-Covid dovrebbe venir meno questa fiducia? E in effetti non ha senso questa specie di isteria collettiva da paura del vaccino. Ma che le potenze mondiali, e parlo delle potenze in generale non di una in particolare, abbiano poco o tanto le mani in pasta in pasticci di estrapolazioni, sperimentazioni e implementazioni di virus a scopi non proprio chiari...beh... forse non aiuta ad instaurare il tanto auspicabile clima di serena fiducia nelle istituzioni nel nostro ormai “villaggio” globale, non credi? E va bene voler fare chiarezza, basta che non sia a senso unico però, anche perché se, chessò, i “cattivi” sono i cinesi cosa ci facevano americani e francesi nel laboratorio di Whuan? Hai detto giustamente, nel dialogo con la Morresi, che siamo in guerra col virus e ora bisogna concentrarci su questo. Ma siamo sicuri che la guerra non sia anche oltre questo virus, che cioè il virus non ne sia che un sintomo? E guerra (la terza mondiale “a pezzi”, come ha detto papa Francesco?) e dittatura non sono di solito tremende sorelle?

Un bel dialogo ho avuto nel percorso che abbiamo avviato col card. Zuppi di dialoghi per l’Italia in questa estate difficile ancora vittima della pandemia, con Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale di Bioetica. Abbiamo affrontato proprio la questione del rapporto di fiducia tra le istituzioni e i cittadini. La tua domanda, caro Gianluca, è pertinente e puntuale, corretta. Perché non ci dovremmo fidare delle istituzioni sanitarie, dei nostri medici, del sistema sanitario, delle terapie etc... quando da sempre il nostro sistema di Stato sociale è uno dei migliori al mondo; tra l’altro costruito, pensato e ideato negli anni ‘70 da una cattolica impegnata in politica come Tina Anselmi? Perché purtroppo si è sfilacciato questo rapporto; l’individualismo figlio di una cultura tracotante che porta la persona a concepirsi fuori da un rapporto comunitario, porta ognuno di noi ad avere la propria verità, e quindi a non affidarsi più a quelli che sono gli elementi rappresentativi della comunità, e quindi le istituzioni. Questa mancanza di fiducia porta ognuno ad avere la propria verità, ad avere ognuno la propria libera interpretazione che ritiene veritiera. Questo fa male. Fa male al Paese, fa male alle istituzioni, e rende purtroppo lentamente sempre più improduttivo il grande lavoro portato avanti da soggetti che dovrebbero tutelare la salute e la vita delle persone. Diventa dunque come dici tu giustamente un’isteria collettiva da paura del vaccino. Sicuramente ci sono stati pasticci, manipolazioni: sicuramente l’Organizzazione mondiale della sanità dovrà una volta terminata la pandemia fare un’indagine attenta e puntuale di quelle che sono le responsabilità vere e reali della Cina e dei laboratori di Whuan rispetto alla diffusione del virus. Ma questa verità non dev’essere vissuta come un’arma a doppio taglio per condannare tutte le strategie utilizzate e messe in campo per ridurre la diffusione del virus. Dobbiamo farlo, una volta vinta la battaglia col virus, per accertare quelle che sono le responsabilità, in seno ad una logica intelligente di applicazione del diritto internazionale, e lo dobbiamo fare soprattutto perché non riaccada più. Questo è estremamente importante. E va chiarito in maniera intelligente, non in una logica di buoni e cattivi, come giustamente dici tu, ma cercando di capire quali sono le vere responsabilità e ponendosi le domande giuste, ovviamente. Quello che dice papa Francesco della “terza guerra mondiale a pezzi” è qualcosa di corretto e pertinente. Sicuramente questa pandemia rientra dentro a questa guerra mondiale a pezzi, e probabilmente una volta terminata la fase critica di contagio, capiremo meglio quali sono gli elementi con cui anche la pandemia rientra all’interno di questa guerra mondiale a pezzettini. È sicuro che dobbiamo affrontare un giudizio più largo rispetto a quello che sta accadendo. È chiaro che ci sono nuovi equilibri, è chiaro che la Cina è entrata con forza dentro allo scenario internazionale e vuole gradualmente, oltre che essere una potenza economica, essere anche una potenza militare e una potenza politica superiore agli Stati Uniti d’America, e di conseguenza non è un caso che questa pandemia sia nata, partita e probabilmente mal gestita all’interno della comunità cinese. Detto questo, è chiaro che dobbiamo sempre cercare di mettere le priorità in fila e ora la priorità è uscire dalla pandemia, poi verificare le responsabilità e cercare di costruire una società occidentale e globale che sia capace di difendersi dagli attacchi virali e da pandemie di questo genere, perché come dico da sempre dobbiamo imparare a convivere con i virus che sono al centro purtroppo di quelli che sono gli effetti negativi di una globalizzazione mal organizzata e mal subita.

Giovedì 12 agosto 2021

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