di Gianluca Valpondi
Non è la prima volta. L’ultima, se ben ricordo, era andata a fondo e Mario Adinolfi era stato messo in castigo per un mese per aver detto l’ovvio, ovvero che Hitler almeno i disabili li ammazzava gratis (ora ci fanno pure il business). Adesso si trattava invece di difendere la dignità della donna madre e sposa, ma in realtà è un “adesso” di otto anni fa, magie del web. Dopo che ci han detto che facebook ci spia come se fossimo un po^ delle cavie da laboratorio o, ad andar ben, massa di manovra elettorale (ma io sinceramente me ne frego, lo uso per quello che mi serve), andiamo a svelare alcuni meccanismi di questo mondo e vediamo se la nostra forse fragile democrazia se ne avvantaggia o ne perde. «Ciao Mario, ti hanno bannato, ma che succede?» Mi manda quanto segue. «Non puoi pubblicare, commentare o usare Messenger per 30 giorni. Il motivo è che hai precedentemente pubblicato un contenuto che non rispettava i nostri Standard della community. Questo post non rispetta i nostri standard in materia di discorsi di incitazione all’odio, pertanto nessun altro può vederlo» e, più sotto, il post incriminato, del 17 agosto 2011: «E comunque, precisiamolo: i trans non sono donne all’ennesima potenza, sono moderni ircocervi, uomini con finte tette di silicone che fanno solo tristezza... preda di un mondo fatto di degrado e squallore, compravendita del corpo, spesso di alcool e droga...viva le mogli, le madri che si fanno il culo quadro, le donne con le palle perché non sono “riposanti” ma compagne dialettiche di un’esistenza, quelle che ci accudiscono per davvero e non a botte di mille euro a prestazione». E la conversazione continua: «Ma hanno accolto il mio ricorso» «Quindi? Immediata fine del banno?» «Yes. È durato poche ore» «Avresti qualcosa da dichiarare?» «Che è un avvertimento, evidentemente. Ma non ci lasceremo intimidire» «Secondo te un post di 8 anni fa perché si è riattivato in tutta la sua “cattiveria”? Se lo erano dimenticato o sono i normali tempi della facebook-burocrazia? Su cosa si è fondato il tuo ricorso?» «Vanno a cercare materiale segnalabile, io sto da 11 anni su facebook e si organizzano per far scattare l’algoritmo. Ci sono state però molte proteste e questo ha agevolato il mio ricorso» «Quindi facebook è democratico? Cioè, la maggioranza vince?» «No, vincono le lobby organizzate e violente, che puntano a far tacere l’avversario».
Abbiamo qui, a mio modo di vedere, uno specchio della latente fragilità delle nostre democrazie occidentali sempre più senza valori. È la democrazia meramente procedurale portata all’estremo, agli algoritmi; è l’imparzialità pura, divina, il deus ex machina, anzi la macchina che si fa dio. Ma facciamo attenzione. “E le fu anche concesso di animare la statua della bestia, in modo che quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non avessero adorato la statua della bestia. Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei” (Ap 13,15-18).
Una democrazia senza valori può essere tranquillamente una plutocrazia, una massmediocrazia, una partitocrazia, una lobbycrazia, una tecnocrazia, una satanocrazia... e questo in ultima istanza può essere scongiurato solo dalla responsabilità dei cittadini che scelgono la partecipazione attiva e trasparente, l’impegno in prima persona senza deleghe in bianco dettate dalla stanchezza, dal cinismo, dal perbenismo, dal conformismo, dallo sconforto, dalla rassegnazione, dalla disperazione, dalla banalità del male. L’infinita dignità della persona umana è il fondamento imprescindibile di ogni autentica democrazia. Ma gli uomini hanno dimenticato la gloria di essere figli di Dio?
Venerdì 1 febbraio 2019
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