di Gianluca Valpondi
Quando, studente all’Università di Bologna, lessi l’esortazione apostolica Christifideles laici, mi commossi fino alle lacrime. È invalso l’uso di distinguere e spesso contrapporre laici e cattolici. Ma chi è più laico di un cattolico laico? Non è che, come dice papa Francesco, noi credenti ci facciamo un po^ troppo prendere da un insano senso di inferiorità, che ha più a che fare con l’incoscienza che con l’umiltà?
Forse idealizziamo la figura e la consistenza odierna del credente, come idealizziamo la tenuta della funzione antagonista della Gerarchia avversa al laicismo, cioè “all’idea liberale della separazione dello stato dalla chiesa e la concezione della religione come fatto privato” ( L. Sturzo, Chiesa e Stato).
Un lungo cammino di erosione, iniziato alla fine del Medioevo, ha impoverito la tenuta etica e morale dei cittadini cristiani. In molti secoli il saper agire dei fedeli nella “diarchia” fra Stato e Chiesa, sconta il progressivo affievolimento drammatico del sapere e del potere influire sulla società, laicamente.
La vera laicità moderna passa attraverso le coscienze delle persone che sono al tempo stesso cristiani e cittadini:
“È la diarchia individuale che prevale, è il potere persuasivo delle coscienze che ha valore, l’efficacia del cittadino cristiano che arriva a far piegare il potere statale, ovvero opporsi ad esso a nome della morale cristiana, cioè a nome di un principio etico che pervade la vita collettiva e non può che essere interiore e formativo di uno stato o di una civiltà. Quanto più efficace ed estesa è l’azione della società cristiana e dei singoli fedeli nello stato, tanto più la chiesa, pur senza autorità né controllo giuridico, concorre alla formazione della vita pubblica e al fine del bene comune temporale” ( id).
Se in Italia abbiamo visto trionfare contraccezione diffusa, divorzio, aborto, eutanasia, educazione gender, pornografia libera, come presto avremo la libera produzione e la circolazione di droghe, vuol dire che i “cittadini” fedeli al Vangelo o sono oramai pochi o sono stati parecchio incapaci di far sentire la loro voce sui problemi morali della vita politica di ieri e di oggi. Far sentire la propria voce: “Non ci sono altri mezzi politici o giuridici nello stato moderno di diritto e di opinione”, sosteneva Sturzo. Ma se si è in pochi, se la voce è flebile, se i padroni del microfono sono altrove, si arriva all’inconsistenza, all’irrilevanza.
Quella di cui parla lei è la timidezza di chi si sente superstite di una battaglia secolare che ritiene perduta.
Occorre, invece, nonostante tutto, continuare a chiedersi ogni giorno, come la sentinella di Isaia 21, “a che punto è giunta la notte?”, senza rimpianti per il passato, con l’ottimismo della fede per il futuro. Il Papa ha, perciò, mille ragioni.
Uscire dalle sagrestie, come diceva Leone XIII, per confrontarsi con il mondo moderno, presuppone il saperlo fare, prima o dopo il volerlo fare. Senza complessi di inferiorità né cedimenti. Senza contrapposizioni aprioristiche.
Il card. Bagnasco intervenne sul voto di fiducia sulla legge Cirinnà: intromissione indebita o supplenza necessaria?
Il cardinale sa bene che non esiste una politica cattolica, ma solo una politica che si ispira ai principi etici del cristianesimo. I nemici della Chiesa sono i nemici di tali principi. Sono loro che confondono chi li ascolta scambiando per invasione di campo il solo manifestare opinioni perché legate a secolari convinzioni che non condividono.
Anche se, come si è visto, si è trattato di una voce che ha gridato non in un deserto, ma in metropoli assordate da troppo altro, verso orecchi divenuti sordi per il troppo rumore continuo, verso le nostre menti perse in un marasma incomprensibile, ostile anche alla più tenue riflessione che oggi è concessa a cittadini sempre più privi degli strumenti necessari al discernimento.
3. “I Dieci Comandamenti sono tanto chiari e privi di ambiguità: perché non furono redatti da un’assemblea” (Konrad Adenauer). “Chi nei comandamenti di Mosè non vede una morale unica per l’umanità può perfino negare che una moralità esista; in tal caso, che abbia il coraggio di negare che possa esistere un problema umano educativo, che superi il livello della educazione del cavallo, del leone o anche delle pulci” (don Luigi Sturzo). La legge morale naturale e universale ha ancora spazio nella sfera politica e in generale nella società? Tra democrazia e libertà, quale laicità “positiva” ci permetterà di andare oltre il neoilluminismo postmoderno?
Sturzo diceva: “Ci sono due realtà: una contingente, relativa, temporale; l’altra infinita, assoluta, eterna. Vi sono due coscienze: una umana, limitata, che procede dalla potenza all’atto; l’altra divina, senza limiti, sempre in atto”
E ancora: “Nell’assoluto è il principio e la ragione del relativo e non viceversa”. Il neo-illuminismo arriva oggi a solleticare le menti delle masse introducendo principi come “Dio è entropia”, come in “ Origin” di Dan Brown.
Sturzo dice che il riconoscimento della relatività nella realtà, nel suo rapportarsi con l’assoluto, non significa affermare che la verità sia relativa, puramente storica, ma che la coscienza collettiva, orientata alla verità, l’accoglie, l’apprende e la realizza. Ciò che si consegue nell’ordine naturale non è mai completo, né durevole, ma transitorio e relativo; come sarebbe il bene della vita, del benessere, della famiglia, dell’ordine Sociale, della bellezza dell’arte, della speculazione intellettiva”( L. Sturzo, La vera vita). La post-modernità non ha reso questa affermazione invalida. L’ha solo celata ai più, cambiando il nostro modo di percepire l’assoluto e il relativo, con la separazione dell’assoluto dalla vita sociale. Una separazione che, oggi come ieri, non ha prodotto “l’uomo nuovo” ideale dell’illuminismo, la pietra grezza diventata perfetta perché illuminata dalla luce della ragione, confortata dalla “felicità” raggiunta.
Basta guardarsi intorno senza paraocchi.
Diceva De Gasperi che la democrazia sarà cristiana o non sarà. C’è continuità tra la “democrazia cristiana” del beato Giuseppe Toniolo e il popolarismo di Sturzo?
Come si sa (poco) Sturzo avversò sempre la scelta di veder aggiunto al sostantivo Democrazia l’aggettivo “Cristiana”.
Cristo unisce, quanto la politica divide, sosteneva. Da senatore a vita si iscrisse persino al “gruppo misto” del Senato e non alla Dc! Lo ripagarono, dopo averne subito uno ventennale dal fascismo, con un secondo “esilio dell’indifferenza”dei democristiani verso i suoi appelli ad essere cristiani nei principi e nella vita, non nel frontespizio della tessera o della bandiera di partito. Ostracismo culminato nell’aver disertato persino i suoi funerali e imponendo al governo dell’Istituto Sturzo comunisti conclamati e catto-comunisti, che ne hanno ottuso, come hanno potuto, anche la memoria.
De Gasperi subì quasi ogni giorno da Sturzo dure critiche anti-stataliste, anti catto-comuniste, contro la corruzione dei politicanti democristiani.
De Gasperi è stato un grande politico cristiano.
La Dc, nel suo complesso, no.
E all’indomani della caduta del muro di Berlino, caduta la ragione internazionale della propria sussistenza, si disfece come neve al sole in un mare di vergogna.
4 Per don Sturzo le scuole dovrebbero dare i loro diplomi a nome della propria autorità, non in nome della Repubblica. In Italia invece vige un quasi-monopolio statale della scuola. Perché solo noi, e la Grecia, in Europa? Il Cristianesimo “scolarizzato” (addomesticato? svuotato?), obbligatorio o meno a scuola, è ancora Cristianesimo? Meglio l’obbligo dei preambula fidei (verità di ragione) e poi, per chi vuole, la catechesi col kèrigma?
L’accettare che ci fosse anche una scuola privata “senza oneri per lo Stato”, fu iscritto nella Costituzione Repubblicana ed è stato interpretato come netta separazione della scuola pubblica da quella privata, cattolica perlopiù. Quarant’anni di Dc non sono bastati a fare giustizia nelle parole e nei fatti.
La libertà di insegnamento è stata intesa come sviluppo delle scuole di Stato a carico dell’erario, tollerando la presenza della scuola privata.
Alla pubblica, infatti, sono andati i fondi statali. Alle “private” le briciole. Le “rette salate” dei collegi e delle scuole cattoliche ne hanno fatto luoghi di élite, per ricchi. Luoghi se non proprio inutili, dannosi per l’immagine aristocratica anti-popolare che si è radicata nel tempo.
Conti alla mano un alunno costa allo Stato tre volte quanto costa alle famiglie abbienti mantenere i propri figli nelle scuole private. Neanche questo è bastato per convincere a sostenere indifferentemente, a parità di costi, le scuole sciupone di Stato e quelle private. Quarant’anni di Dc non sono bastati per questa battaglia fondamentale di poter far vivere un’istruzione e una educazione cristiana anche ai ceti popolari.
Entro dieci anni forse non ci saranno più scuole cattoliche, travolte dalla crisi delle vocazioni religiose.
Del resto quelle oggi superstiti vivono un’agonia che ne rende problematico il sostegno anche da parte della gerarchia, perché da tempo quasi prive di personale docente cattolico adeguatamente formato.
Stessa sorte esiziale già toccata alla sanità cattolica, madre e padre della sanità mondiale, scomparsa ingloriosamente, sostituita dal ricco business privato e dalle Ong laicissime.
5. L’Italia è unita o c’è ancora l’Italia di Garibaldi e D’Azeglio e quella di Manzoni e Rosmini? l’Italia è un paese cristiano?
Non solo l’Italia, ma l’Europa, in senso etico-culturale, potrebbe non essere più cristiana. Come non lo sono già più in senso politico-istituzionale.
C’è ancora un fermento cristiano reattivo nei paesi dell’est e in quelli ortodossi da poco liberati dal comunismo.
Avere il Papa “in casa”, in Italia, copre solo in piccola parte una realtà globale anti-cristiana.
6. Secondo Rosmini, se vi è vero pentimento di per sé non servirebbe la pena, perché il pentito riparerebbe da sé il danno arrecato al prossimo e/o alla società, con giovamento e incremento per l’intera società. È possibile una società terrena, una città dell’uomo, dove giustizia e misericordia si incontrano e si abbracciano?
La giustizia per Sturzo è “un’ idea per la quale l’uomo istintivamente risolve la razionalità dei rapporti fra gli uomini nell’eguaglianza o nell’equivalenza”. Trattasi dunque di una parola che comprende tutti i bisogni fondamentali dell’uomo nella sua vita di relazione con gli altri.
In un mondo dove la moralità non è più la convergenza dell’azione alla razionalità, dove è scomparsa la capacità di cogliere nella vita morale il presupposto di un ordine etico per ciascun ordine sociale, parlare di convergenza fra giustizia e misericordia è veramente difficile. Laddove non c’è moralità non ci potrà essere giustizia. Pentirsi significa riconoscere questo principio fondante del diritto. Pentirsi significa accettare i doveri che la giustizia sociale impone (pagare le tasse, osservare le leggi, etc...) e comprendere che solo dalla giustizia sociale nascono i diritti (giustizia distributiva). La misericordia possibile in terra arida di etica e morale è un culto astratto della libertà e della dignità dell’uomo.
Solo nel pensiero politico cristiano risiede la convinzione che la politica sia un atto di carità. Come anche la giustizia, che è morale in termini di operatività pratica, ha un fondamento nella carità. Politica e giustizia risiedono nella carità che è capace di svelare false verità. Oggi, nel relativismo morale e etico, la misericordia, frutto nobile della carità, non ha fonte, come non ha un culmine.
7. È conciliabile l’invito di papa Francesco ad “avviare processi più che occupare spazi”, con quello di don Oreste Benzi di “entrare nelle stanze dei bottoni”? Se sì, come?
Per un seguace di Sturzo la risposta è questa: forse parlano di cose diverse, di momenti diversi.
La cosa fondamentale è capire che tipo di politico o amministratore in pectore sei. Se sei il frutto di un “processo” di formazione morale e etico cristiano, non solo puoi, ma devi, come atto di carità, “entrare nella stanza dei bottoni”.
E ci devi entrare con una “squadra” conforme, capace e attiva per governare, per fare bene il bene concreto. E sarà un successo, per quanto essi manterranno con te la politica in grembo alla morale, avendo superato già tanti
“processi” formativi e selettivi.
8. Recentemente, Mario Adinolfi, che pure ne fu tra i fondatori, ha definito il Pd “una banda senza popolo”. Ha esagerato?
Vulgo vult decipi ergo decipiatur. Vale per il passato più remoto e anche oggi. In carenza di cultura politica (morale) è un gioco da ragazzi, disponendo di adeguate risorse e sostegni palesi o occulti, creare un état d’esprit utile e sfruttabile elettoralmente. I Radicali, partito senza popolo, con una “battaglia” per volta, tutte ben finanziate, hanno sempre “trovato” un enorme popolo a loro sostegno. Così come i CinqueStelle, mutatis mutandis. È solo una questione di mezzi e di tecnica, che hanno proprie leggi rigorose da seguire.
9. Secondo Del Noce l’homo capax Dei sarebbe il fondamento della democrazia. È oggi proponibile nella sfera del politico un’affermazione così netta?
Lei ha riflettuto con evidente competenza, passione e molto a lungo su questi temi. Non mi azzardo a dire la mia. Rinvio il lettore ad uno dei suoi preziosi testi.
Mi limito a constatare che l’affermazione che postula l’uomo qualitativamente superiore rispetto a tutti gli altri esseri e che proprio per questo ha la possibilità di cercare Dio, ha una doppia difficoltà di risiedere nei pensieri e nelle convinzioni dell’uomo occidentale di oggi, nell’uomo post-illuminista.
Non siamo più certi delle nostre qualità in quanto orfani di Dio. Come non sembra sia più necessario cercare Dio, né aver desiderio di vederlo come somma aspirazione. Che sia una modernità impoverita, inquieta e infelice quella che ne deriva, mi pare evidente. In questo Del Noce, storico e filosofo insieme, non sbaglia.
1 Matteo Renzi, in occasione del dibattito acceso sulla legge Cirinnà, ha dichiarato che lui in politica si comporta da laico e che ha giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Ha senso un’affermazione del genere?
Circa la diarchia tra stato e chiesa e la sua evoluzione e involuzione storica abbiamo già detto.
Matteo Renzi dice il vero, ma non l’utile da sapere. Ha solo evitato di rispondere alla domanda: “lei è un laico senza fede o convinzioni, ma pieno di opinioni fondate sul nulla?”
1 I cattolici, chiamati ad essere lievito nei vari partiti, non pare che siano riusciti ad essere lievito in Parlamento. Perché? Ha senso in Italia un soggetto politico autonomo aconfessionale e aperto a tutti gli uomini di buona volontà, a difesa e promozione della legge morale naturale e universale, cristianamente ispirato e avente il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa come riferimento programmatico, come vuole essere il “Popolo della Famiglia”? Alle prossime elezioni politiche i cristiani, e le persone di buona volontà, hanno chi votare senza problemi di coscienza?
La parabola del lievito, come quella del seminatore, meriterebbe testimoni ed epigoni decisamente migliori dei catto-comunisti e degli ospiti dei liberisti. Chi comincia da zero ha almeno l’opportunità di commettere i propri errori, partendo dalle esperienze fallimentari altrui. L’albero si riconoscerà dai frutti. Certo che parliamo di lungo e lunghissimo termine per la maturazione di quei frutti. Parliamo di cospicue, se non enormi, risorse finanziarie da raccogliere e di un difficile proselitismo ben selezionato da operare nelle sedi istituzionali. Parliamo di redigere, con dovizia di persone assai competenti, progetti concreti su tre o quattro temi, che concretamente si risolvano in sviluppo, benessere morale e materiale per larghe fasce popolari. Parliamo di un uso massivo di sofisticate tecniche di comunicazione sociale. Tecniche applicate costosissime, che abbisognano di schiere di fedelissimi e capacissimi attuatori. Senza questa concretezza l’irrilevanza è certa, come quella risultata dall’ospitalità pelosa in altri contesti.
Quanto alla Dottrina Sociale della Chiesa le dirò che sembra essere il quinto segreto di Fatima. Assente negli Atenei laici, pochissimo presente in quelli cattolici, un vero fantasma nella pratica politica di sedicenti cattolici, completamente sconosciuta nei programmi formativi pastorali di ogni livello.
Ho rintracciato più Dottrina Sociale della Chiesa in Adriano Olivetti o Michele Ferrero, che in mille convegni diocesani o in quelli di presunti partiti cattolici.
1 Rosmini, ne La Costituzione secondo la giustizia sociale si dichiara contrario al suffragio universale, che genererebbe corruzione in quanto i ricchi si comprerebbero i voti dei poveri, e anche l’evasione fiscale ne sarebbe una conseguenza; proponeva il suffragio proporzionale al reddito (dichiarato), con Camere dei piccoli e dei grandi proprietari, e tribunali politici. Solo “passatismi”?
Non c’è nulla di così attuale come la continua scoperta e riscoperta dei difetti delle democrazie rappresentative.
Addirittura c’è chi, come i Cinquestelle provano a “ correggere” in itinere la democrazia rappresentativa a colpi di “democrazia diretta”, invero un po^ misteriosa nelle modalità esecutive. La realtà offre poi varianti rituali curiose della vita istituzionale democratica, ormai del tutto “desacralizzata” dalle vicende giudiziarie o dall’enorme effetto della sola minaccia di possibili risvolti tribunalizi.
Le “terze camere” costituite dai programmi televisivi, dal “mondo social” e il misteriosissimo, insondabile mondo dei sondaggi pongono le democrazie in perenne campagna elettorale, aumentando in modo stellare il costo di esercizio della politica e la corruttibilità generale per sostenerlo.
Una completa revisione costituzionale di un qualche peso, che propone un ordine democratico fascinoso e complesso, è “L’ordine politico delle Comunità” di Adriano Olivetti, scritta prima della sua conversione al Cristianesimo cattolico. Come si sa Olivetti, nonostante due miliardi di lire degli anni ’50 profusi e un grande numero di collaboratori eccellenti, fallì la prova elettorale, avendo sopravvalutato soprattutto l’elettorato, ancora ben lontano dal vincere l’analfabetismo letterale, figuriamoci quello politico e civile democratico.
Anche nel sogno costituzionale di Olivetti compare una necessità elitista nella selezione dei rappresentanti politici e la preoccupazione di incivilire anche l’elettorato. Allo stesso modo con il quale operò pervicacemente a favore dell’incivilimento delle proprie maestranze in fabbrica e dintorni.
In concreto vale la battuta di Churchil “ non vedo un sistema migliore della democrazia, nonostante i difetti”.
Dall’Economia Sociale di Mercato di marca teutonica si potrebbe trarre uno spunto valido: Istituzioni democratiche molto trasparenti quanto efficienti, governi statali e sovrastatali leggeri burocraticamente e forti sostanzialmente, mai invasivi, ma in funzione arbitrale e programmatica.
Non a caso c’é una paternità della Dottrina Sociale della Chiesa sull’Economia Sociale di Mercato. Una Europa rafforzata, anche a più velocità, se ne potrebbe giovare, sempre che ritrovi le sue radici cristiane. Senza le quali efficacia, efficienza, solidarietà e sussidiarietà non si coniugano per il bene comune, ma per l’oppressione di pochi su molti.
La finanziarizzazione dell’economia (ridotta a “crematistica”) a livello internazionale produce concentrazioni di potere senza legittimazione democratica che scavalcano o cooptano i governi nazionali in un’ondata neoliberista, nichilista, atea e materialistica (il denaro che governa invece di servire) che, coinvolgendo destre e sinistre, riduce le persone a cose. Occorre una regolamentazione a livello globale per una economia equa e solidale a servizio della persona umana e del bene comune della famiglia umana. Ma come fare, se anche, spesso, i governi sono impotenti, e le organizzazioni riconosciute internazionalmente sono spesso colluse e/o cooptate a loro volta coi e/o dai “poteri forti dal pensiero debole”? Non occorre partire proprio da governi che siano davvero popolari?
Che ci sia una “economia che uccide”, come sostiene Papa Francesco, è innegabile. Vieppiù quando si ripresentano sulla scena propositi, ben mascherati da ecologia, come la riduzione progressiva della popolazione e il contestuale favorire o provocare giganteschi esodi di interi popoli. Esodi che nulla hanno a che fare con le correnti migratorie del passato recente. Esse erano destinate a territori semi-desertici, caratterizzati da sviluppo a due cifre per anno, non a terre in crisi o che crescono di uno zero virgola qualcosa l’anno.
Nel quadro internazionale i governi nazionali hanno perso molto del loro potere di ingerire sui grandi destini dei loro popoli. Unioni e federazioni fra Stati potrebbero invertire o attenuare la tendenza. Le tensioni territoriali crescenti in molti scacchieri del globo sembrano volerlo impedire. Se i governi nazionali perdono importanza, perde importanza anche la voce popolare. Paesi senza governo per molti anni in Europa hanno attraversato anni cruciali di crisi profonda. Questo significa che gli elettori, sempre più autoridottisi nel numero, sono ormai vicinissimi all’irrilevanza. Esiste una sussidiarietà verticale anche poco virtuosa, sostitutiva dei poteri democratici. Una sussidiarietà atipica e potente di entità privatistiche sovranazionali, ben più ricche di molti Stati, armate non solo delle armi del denaro, che si muovono alla velocità dell’elettronica al di sopra delle leggi e dei regolamenti. In alcuni casi sono esse stesse fonte legislativa, regolamentare e giudiziaria, in quanto costituite come istituzioni private, ma immensamente forti dell’autorità delegata ad esse da molti Stati.
C’è di che perdere ogni speranza, se non fossimo certi fideisticamente della vittoria finale del bene.
Ora, però, siamo noi nel mezzo.
È a noi che tocca la dura e stoica funzione del Kathékon.
Riguardo all’impegno del laicato anche nella politica, papa Francesco ha detto che occorre farla finita coi “vescovi-pilota”. La palla ai laici?
Dipende dalla qualità e dalla quantità delle forze in campo.
Che la chiesa abbia nel suo seno degli Sturzo nascosti è quasi certo. Sicuramente dispone di uomini e donne abili per la Politica “con la P maiuscola”.
Che ci siano in giro laici cristianamente adatti al governo è anche vero.
Che sia un’impresa titanica costruire un mondo politico cattolico adatto per qualità e grandezza al governo è altrettanto vero.
Come ho detto prima, si partirebbe da zero. E, forse, non ci sarebbe una seconda possibilità, date le difficoltà soprattutto finanziarie e organizzative da superare. Una costosa, lunga e laboriosa fase pre-politica è necessaria.
Almeno in questa fase è indispensabile che non ci siano non expedit a frenare. Certo il rischio di fallire è grande, come è grande il mondo in cui la chiesa opera. Concentrare risorse sull’Italia o l’Europa è una puntata alla roulette della storia.
Se fossi il Papa, avrei più informazioni di quelle che ho per decidere cosa fare e cosa rischiare.
È facile sorprendersi a riflettere sul fatto che senza il concreto, corale aiuto della chiesa sia del tutto inutile cominciare; don Sturzo questo sostegno sostanziale ed esplicito non lo reclamò mai, anzi sosteneva sempre che fosse deleterio per la politica e per la Chiesa.
Adriano Olivetti: quale contributo per l’impresa di oggi e di domani?
Il metodo olivettiano rimane la migliore testimonianza di impresa sociale innovativa, multinazionale, capace di incivilimento di altissimo livello nei territori investiti dalla sua presenza operosa. Di quell’incivilimento ha goduto, per decenni, l’intero sistema industriale e commerciale, utilizzando la diaspora di uomini olivettiani, provocata dalla distruzione pianificata di quel mondo fantastico dopo la sua prematura morte, provvidenziale per i suoi nemici...
Un mondo, quello olivettiano, fatto di sviluppo culturale, spirituale e materiale, dove il bello, il buono, l’utile, l’innovativo diventa patrimonio condiviso di chi vi lavora, direttamente o indirettamente, e di un vasto territorio attorno ai luoghi di produzione, studio e innovazione.
Che sia stata, come è ancora, una buona idea lo dice non solo il tremendo isolamento che ha subito in vita Adriano Olivetti, ma soprattutto l’ostracismo della memoria che ha subito dopo morto. Un accanimento certosino operato da parte di un sistema finanziario-industriale corrotto e parassitario, che ha distrutto il nostro presente manifatturiero e la nostra credibilità internazionale, lasciandoci ereditare solo le macerie di un sogno che era del tutto realizzabile.
Resiste oggi solo una nano-manifattura, la cui resiliente qualità, apprezzata in tutto il mondo, la dice lunga sulle grandi opportunità che sono state negate allo sviluppo massivo del grande modello di sviluppo industriale/territoriale olivettiano.
Per replicare oggi quel modello olivettiano occorrerebbero grandi, immense sinergie finanziarie, industriali, tecniche, tecnologiche e di ricerca innovativa, che si potrebbero coagulare solo sul piano europeo.
Nel contesto europeo di oggi l’olivettismo dell’impresa sociale si potrebbe declinare come “Grande Impresa Federale Europea”, ben teorizzata e illustrata in un bel testo del prof. Dario Velo del 2004.
L’enciclica di papa Francesco Laudato si^ ha qualcosa di serio da dire ai nostri politici e in generale alla classe dirigente o, come dicono alcuni, è solo “ecologismo” “de sinistra”?
Non si deve distruggere il creato, ma ce ne possiamo e dobbiamo servire.
Non si debbono mettere” limiti allo sviluppo”, per non cadere in logiche maltusiane anti-umane alla Richard Kalergi.
La via che il Papa indica è perseguire uno sviluppo che usi solo un’economia che non uccida.
L’economia che uccide è anti-solidale e anti-sussidiaria, è finanziarizzata, idolatra il breve termine, è incapace di grandi progetti, è oppressiva orwellianamente, è improduttiva di vero, solido e duraturo benessere.
Un’economia sociale di mercato postula, invece, una moneta stabile e improduttiva, una severa equità fiscale, un equilibrio territoriale da conquistare e difendere, una grande ricerca tecnica e tecnologica, una diffusione della cultura della qualità, della bellezza, della sanità e salubrità.
È un mondo possibile.
Anche di fronte a disastri come la “terra dei fuochi”.
I tedeschi dal 1990 al 2000, bonificarono la valle della Ruhr, territorio immensamente più grande e inquinato, anche socialmente, della “terra dei fuochi”.
L’intera operazione fu condotta con limitato concorso di fondi pubblici, con una fantasia creativa istituzionale straordinaria, con il “tifo” di un’intera nazione, con una convergenza politica senza tradimenti, con una capacità tecnico-operativa d’avanguardia e una fantasia progettuale meravigliosa.
Oggi è un paradiso in terra, orgoglio ritrovato di un popolo, una grande impresa che ha ripagato con l’incivilimento e lo sviluppo di economie territoriali lo sforzo corale di una nazione.
Il male planetario della distruzione del creato si cura con lo sviluppo di grandi imprese territoriali complesse, in grado di pagarsi e ripagarsi da sé, in una logica di Economia Sociale di Mercato, di cui i tedeschi sono campioni.
Potremmo esserlo anche noi, come altri paesi europei, invece di abolire lo sviluppo, che è come decidere di abolire le banche per le troppe rapine.
Da più parti ormai si sente invocare per l’umanità in travaglio l’avvento della “civiltà dell’amore”. Pensa che abbia a che fare con il trionfo del cuore immacolato di Maria, promesso a Fatima? La Madonna a Medjugorje avrebbe detto di essere venuta per realizzare quanto cominciato a Fatima. Ci crede?
Ci credo e ci spero. Per figli e nipoti.
Il lungo o lunghissimo termine, che lo stato delle cose prospetta, non mi spaventa, anche se non mi dovesse trovare vivo.
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Sabato 17 novembre 2018
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