di Fernando da Lisbona
Con questo mio intervento entro nel dibattito sul tema spinoso dell'immigrazione in corso da tempo su questa testata e, in generale, sui diversi canali d'informazione.
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Sua santità l'immigrazione
Sull'immigrazione Salvini più cattolico di Bergoglio?
Con questo intervento inizio a scrivere delle dichiarazioni, delle azioni, delle esortazioni non cattoliche di Papa (?) Francesco; un vero diluvio... saranno necessari più articoli.
Apro con l'argomento per il quale il vescovo di Roma è ben conosciuto in tutto il mondo. La teologia? L'esegesi biblica? La devozione all'Eucarestia? La difesa della famiglia e della vita?
No, qualcosa di molto più importante. Sua santità l'immigrazione!
Innanzitutto stiamo parlando d' immigrazione così detta economica, non di persone che realmente scappano da dirette persecuzioni e guerre. Stiamo parlando d'immigrati, non di profughi. Quest'ultimi hanno ovviamente diritto ad essere ospitati e comunque costituiscono una percentuale irrisoria di chi approda in Europa.
Molti fedeli sono indotti a credere che l'accoglienza agli immigrati sia un assoluto dovere per una nazione cattolica o comunque per una comunità cristiana.
Non è affatto così!
Per il Magistero della Chiesa l'autentico dovere di un padre di famiglia, di un governante, è quello di pensare prima di tutto e soprattutto ai propri figli, ai propri cittadini.
Questo è ovvio, è naturale. La Legge Evangelica infatti, sebbene più dignitosa, non si oppone alla Legge Naturale. Entrambe procedono da Dio.
Dunque se in Italia ci sono milioni di poveri e disoccupati, è giusto nei loro confronti accogliere schiere di altri poveri? Schiere di persone che contenderanno ai cittadini italiani disoccupati (e futuri disoccupati) l'insufficiente lavoro a disposizione.
Aiuto veramente qualcuno facendo così? No di certo, anzi compio un'ingiustizia nei confronti del mio PROSSIMO.
Forse perché moltissimi sono costretti a vivere ai margini della società o forse per mentalità differenti, è inoltre una realtà indiscutibile che gli stranieri delinquono alquanto di più rispetto agli italiani; il loro tasso di criminalità è circa sei volte maggiore rispetto a quello dei cittadini del Bel Paese.
Dunque è giusto mettere nei nostri quartieri migliaia di potenziali spacciatori, piccoli criminali, violentatori ecc. ?
Cattolicesimo questo? Ma Stiamo scherzando? Non c'è nulla di cattolico in tal modo di pensare ed agire.
Certo, intere schiere d'immigrati sono bravissime persone, non farebbero mai male a nessuno e possiedono una dignità fuori dal comune. Molti di questi lavorano e vivono come degli autentici schiavi ad esempio nelle campagne, sottoposti alle angherie di profittatori italiani o stranieri.
Quello dell'inumano sfruttamento è un'altra indubitabile conseguenza dell'immigrazione di massa tanto beatificata da Bergoglio e dalla gerarchia a lui più vicina.
Ancora una volta non vedo nulla di cristiano in tutto questo.
E le immigrate costrette a prostituirsi? E la mafia nigeriana? E i soldi a scafisti e affini che alimentano i commerci d'armi e droga? E quegli immigrati che portano con loro visioni della società e della dignità umana opposte a quelle occidentali (ad esempio, la considerazione della donna)? E interi quartieri di città straniere in mano ai fondamentalisti islamici, dove nemmeno la polizia può entrare (realtà quasi censurata dai media dominanti)?
Bisognerebbe dunque dar credito a quelle paroline riportate al numero 2241 del Catechismo della Chiesa Cattolica: Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese d'origine.
Si parla di misura del possibile dunque; tre parole per mettere fuori gioco ogni dottrina immigrazionista proclamata da qualsivoglia pulpito.
Non solo...si parla d'impossibilità di trovare le risorse necessarie alla vita nel proprio paese.
Successivamente, allo stesso numero 2241, l'attenzione si concentra sugli obblighi dell'immigrato; fra questi troviamo contribuire agli oneri del paese che lo accoglie.
Le persone che partono dall'Africa verso l'Europa sono rappresentate, per la maggior parte, da uomini che hanno le potenzialità (finanziarie, di età) per costruire il futuro della loro nazione. Invece lasciano le proprie comunità, impoverendole.
Quest'ultima dinamica è stata più volte denunciata da numerosi vescovi africani, che continuano a spendersi con forza nell'invitare i giovani a rimanere in patria, per contribuire allo sviluppo delle loro società. Per rinnovare e trasformare il nostro continente, per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione...se vogliamo usare le parole del vescovo congolese Nicolas Djomo.
Il più noto fra questi religiosi, il cardinale Robert Sarah, ha parlato di strane organizzazioni umanitarie e senza mezzi termini ha denunciato quanto un'immigrazione non equilibrata possa portare danni devastanti in Europa. Nel suo terzo libro/intervista Le soir approche et déjà le jour baisse (La sera arriva e già il giorno volge) espone persino concetti che alcuni giudicherebbero allarmisti e xenofobi. Le considerazioni del cardinale di colore insomma fanno dormire sonni assai tranquilli alla coscienza dei cattolici anti-immigrazionisti.
Nel 2013, in occasione della giornata del migrante, Benedetto XVI affermò: Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra
Certo che la Chiesa riconosce ad ogni persona il diritto ad emigrare, anche solo per migliorare le già ottime condizioni di vita che può godere nella propria nazione. Non c'è alcun dubbio su questo.
Tuttavia, come già scritto, ogni diritto si esplicita all'interno di certe condizioni, di determinati contesti che lo possono limitare.
Quindi ogni Stato ha cattolicamente il diritto d'opporsi, anche in modo energico, alla volontà di una persona di entrare nel suo territorio. Anzi, tale opposizione può divenire un dovere. Può divenire un dovere pensando ad esempio a quel limite del possibile del Catechismo o a quel contesto socio-politico al quale si riferiva Benedetto XVI; ed eravamo solamente nel 2013!
Ricordo infine la dichiarazione di Papa Giovanni Paolo II, quando nel 1998, al Congresso mondiale sulle Migrazioni, parlò dell'importanza di tenere costantemente sotto controllo i fattori che spingono all'emigrazione, in modo da garantire ad ogni uomo il diritto primario di vivere nella propria patria
Dunque il fondamentalismo immigrazionista di Papa (?) Francesco è cattolico?
Certamente no.
Anzi, nelle condizioni attuali, si pone in esplicito ed innegabile contrasto con il buon senso, con quel minimo di equilibrio, di prudenza cristiana che almeno un pontefice dovrebbe avere.
Non solo per l'immigrazione, come vedremo l'agenda seguita da Bergoglio e dai suoi più fidati collaboratori è quella tanto cara alle sinistre americane ed europee.
Il suo pensiero, non cattolico, è quello mondialista.
La sua idea di società, non cattolica, ricorda non di rado quella della massoneria; un crogiolo di etnie, religioni, culture dove svaniscono le più autentiche identità e dunque anche le più autentiche convinzioni religiose (che infatti, almeno quelle cattoliche, a volte scaltramente denigra).
Vari commentatori anche non cristiani hanno scritto che Papa (?) Francesco predica soprattutto il Vangelo secondo Soros (uno dei più noti magnati finanziari, attivista immigrazionista). I grandi industriali sanno infatti che un'immigrazione di massa conduce a medio termine, fra le altre cose, a ridurre il costo del lavoro. A ridimensionare cioè i diritti e gli stipendi richiesti dai lavoratori europei, consapevoli che ora devono competere con i meno esigenti immigrati; in questo modo i profitti della grande industria crescono celermente.
In ogni caso, Soros o non Soros, è facile trovare una spiccata famigliarità fra Bergoglio e i grandi poteri mondialisti, pensando ad esempio quanto il pontefice sia idolatrato dai più importanti mass media e conoscendo a che gruppi di potere appartengono i medesimi. Benedetto XVI riceveva ben altro trattamento da stampa e televisioni.
L'Amore insomma senza Verità e Giustizia non è Amore. L' Amore a discapito della Verità, della Giustizia, del Buon Senso, è solo una melassa buonista (e non cristiana) che prima o poi non manca di manifestare i suoi spregevoli frutti (Fernando da Lisbona)
[questo articolo non esprime la linea del giornale]
Giovedì 8 agosto 2019
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