di Silvia Tozzi
ROMA | Il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, ha spiegato di essere venuto a conoscenza «della recente modifica dell'accordo parasociale tra gli azionisti di Telco» solo tramite la stampa. Polemiuco nella sua audizione al Senato, ha criticato il «sistema Italia», e ammonito che per evitare quanto accaduto si sarebbe dovuto agire ben prima. «Non si può reagire con minacce come la nazionalizzazione della rete». A suo avviso non c'è reale preoccupazione sul destino di Telecom, diversamente, se così fosse srtato «forse sarebbe stato possibile un intervento più strutturale».
L'AMERICA LATINA | Secondo Bernabè, «la vendita delle partecipazioni in America latina di Telecom Italia determinerebbe un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio downgrade». Sullo scorporo delle rete «Telecom Italia conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l'Autorità e con la Cassa Depositi e Prestiti ma l'esito finale dell'operazione non è scontato e, in ogni caso, richiede tempi molto lunghi».
IL CONTROLLO DI TELEFONICA | L 'accordo tra Telefonica e Telco porterà la spagnola a controllare Telco e quindi diventare azionista di riferimento di Telecom Italia, che resterà una società quotata con circa l'85% del capitale sul mercato.
I RISCHI | «In queste condizioni esiste un concreto rischio di downgrade del debito di Telecom Italia, con inevitabili riflessi negativi sulla capacità di investimento nel medio termine. L'unica soluzione per evitare il downgrade è che Telecom Italia aumenti il capitale, aperto a soci attuali o nuovi, nella prospettiva delle potenzialità di sviluppo dei mercati in cui opera il gruppo e del valore che può essere creato dal progetto di societarizzazione».
LA CAMUSSO | La leader della Cgil, Susanna Camusso, ha bollato la soluzione come «una svendita». «Un’azienda importante svenduta ad un operatore telefonico straniero che è pieno di debiti, che è conflittuale rispetto agli asset sudamericani di Telecom, che invece erano un punto di profitto positivo, e soprattutto perché saremo l’unico Paese europeo che non ha più la proprietà della rete e non ha più una grande azienda di telecomunicazioni, che sono condizioni invece necessarie per l’innovazione, i sistemi informativi, l’agenda digitale, cose che ci verranno sottratte con il rischio di un impoverimento immediato di una nostra importante azienda e con una prospettiva di ulteriore impoverimento per la tenuta competitiva per il nostro Paese. Telecom è un’impresa molto importante per dimensioni, che ha già pagato un altissimo prezzo occupazionale al modo in cui furono fatte le privatizzazioni e che vedrebbe di nuovo grandemente a rischio l’occupazione, le professionalità e le prospettive dei lavoratori; è inconcepibile che venga venduta in una notte senza che ci siano garanzie su occupazione, investimenti, sviluppo e prospettive».
Mercoledì 25 settembre 2013
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