di Fernando da Lisbona
La diffusione dell’ostilità verso gli immigrati è motivata da una pluralità di fattori. Hanno sicuramente inciso la crisi economica e le conseguenti difficoltà lavorative (molti italiani ritengono che, a parità di competenze, i nostri connazionali vadano preferiti agli immigrati nell’assegnazione dei posti di lavoro), ma il ruolo principale nella crescita delle perplessità verso gli immigrati è stato certamente determinato dalla reazione ad episodi che hanno visti protagonisti immigrati di cultura islamica, le stragi di Parigi, Nizza, Colonia... L’impatto psicologico sulla popolazione di questi accadimenti è stato enorme e ha finito con il condizionare la percezione collettiva degli immigrati in generale.
Non solo per il timore che essi siano violenti. Ma anche a causa del propagarsi della convinzione, fondata o meno, che tutti coloro che provengono da un contesto sociale islamico abbiano l’intenzione o perlomeno il desiderio di imporre anche a società occidentali come la nostra, in generale, le loro usanze, le loro tradizioni e la loro cultura. La loro religione! In altre parole, quanto è accaduto a Parigi, Nizza, Colonia e in altri luoghi è sembrato a molti italiani l’azione non tanto e non solo di individui isolati, quanto la manifestazione di una tendenza collettiva, da parte degli immigrati di origine islamica, ad obbligare, anche in violazione alle leggi vigenti nei vari paesi, l’occidente ad adeguarsi alla loro cultura.
L’ostilità crescente verso gli immigrati, dunque, si concentra prevalentemente sugli islamici, cui viene attribuita da una parte consistente – e, quel che più conta, crescente negli ultimi mesi – della popolazione la volontà di far prevalere la cultura dei contesti di origine, in contrasto con quella del paese ospitante.
Queste impressioni e questi timori evocano naturalmente il dibattito sulla possibilità e sulla desiderabilità di una società «multiculturale» che periodicamente si riaccende.
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Martedì 20 agosto 2019
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