di Sergio Bevilacqua
L’iconografia perturbante ha sempre senso artistico? Fa meditare, invade ed evoca… Prendete il fotoreportering di don McCullin oppure le performance di Marina Abramovic... Occasioni per aprire una importante pagina dell'estetica contemporanea: la fotografia come arte icono-logica e quasi non più tecno-logica, imprescindibilmente concettuale. La Sociologia dell’Arte insegna ad avvertire, a sentire l'arte, non a produrla. Ad essere collezionisti alla ricerca di opere per la propria collezione senza un soldo in tasca. Perché dalla fotografia in là, l'estetica umana, il senso dell’arte cambia radicalmente. Ma non confondiamo: che una persona sia geniale nel suo business di comunicazione è un fatto che non c'entra nulla con l'arte. Ad esempio Chiara Ferragni. La sua comunicazione sul web, in Instagram, con molte decine di scatti fotografici alla settimana, però, fa diventare la sua vita una performance, in analogia col caso di Marina Abramovic: nel caso della Ferragni performance di vita "patinata", nel caso della Abramovic performance di vita "drammatica". La moltiplicazione della performance (parola che di per sé non significa opera d’arte, ma semplicemente “prestazione, adempimento, compimento”) rende probabile (Ferragni) l'occasione artistica, casuale e non voluta, mentre per Abramovic è un obiettivo (non marketing) direi certamente raggiunto. Ma… La foto incinta di Chiara Ferragni, da lei postata il 7 marzo su Instagram è una stupenda esagerazione, dallo schietto contenuto artistico da "Diva Pop" del XXI secolo. La Ferragni non è un'artista: non la è e non vuole nemmeno esserla. Ma, in quello scatto, e non ne rileverei quasi altri della sua voluminosa produzione (forse qualcosa sul suo primo figlio…), ottiene effetti artistici. Attenzione, però… SE d’arte, opera incompiuta. Ci ho pensato io per l’attualità. Ma non escludo che il futuro possa essere dell’immagine prodotta dalla Ferragni stessa, così com’è.
Ho ritagliato e decontestualizzato l'immagine di Instagram e qualificato il suo senso con segni circostanti ("Diva Pop"). L'arte oggi è comunque collegata a precise condizioni canoniche e percettive: ha una natura e una misura. I suoi canoni, oggi, non sono ovviamente quelli classici soltanto... Altrimenti l'arte sarebbe morta. L'iconologia della donna incinta è un classico estremo di oggetto di raffigurazione artistica. Il giusto riferimento alla Madonna del Parto di Piero della Francesca, rivoluzionario soggetto pacatissimo della metà del XV secolo, la fotografia di Annie Leibovitz del 1991 di Demi Moore incinta lo dimostrano e le tante repliche dimostrano la presenza del meme. È un archetipo che si rinnova: oggi così con la testimonial dell'epoca, Ferragni. Perché ci ho lavorato? L’ho dovuto estrarre dai riferimenti di merchandising con cui Chiara fa il suo mestiere di pubblicitaria. Pensiamo a Piero Manzoni, a quanti ancora dicono di Klee che saprebbero anche loro fare quei disegni-ucci, o alla Campell Soup di Warhol...
Il mondo della Globalizzazione, dell'Umanità moltiplicata e della mediatizzazione totale ha una sua estetica necessaria. Sociologia dell'arte: un discorso che viaggia nel segno... Parliamo di sicuro della Madonna del Parto e della immagine prodotta dalla Ferragni (e da lei, da sola...) che, estrapolata dal suo contesto come la lattina della Campbell Soup o ben più scabroso materiale di Piero Manzoni, produce, con poco, un rilevante effetto artistico... La Sociologia dell'Arte serve alla gente solo per capire meglio quanto la gente può avere dell'Arte. Ed è difficile nel 2021 scendere nell'agone con argomenti veri e seguendo il delicato filo d'Arianna della riflessione estetica! Un filo quasi evanescente al giorno d'oggi, ad esempio in Italia ai tempi di Lauro e di questo Sanremo, ove il volgare intrattenimento tossico ruba lo stesso effetto all'arte, ma con destrezza, sorprendendo come un qualsiasi falsario...
Se l'arte è oggi estetica dell'emozione, come distinguere tra emozione buona ed emozione cattiva? Esiste un apriori che distingue l'arte dell'intrattenimento? Quasi sicuramente non più, o, se c'è, avviene a posteriori, dopo la sua manifestazione.
Ed ecco che si precisa come d'incanto lo status semiologico e dinamico dell'Arte contemporanea.
Semiologico, perché nulla esiste prima del "verbo", del segno saussuriano. Dinamico, perché il segno non è mai solo quello che percepiamo, ma richiede uno sviluppo. Ed ecco il ciclo semiotico, l'allargamento semantico con altri segni che disvelano e rivelano contenuti e oggetti solo evocati, o spiegano la ricchezza di una invasione. Su determinate produzioni semiologiche (artigianato del segno, come è sempre, di base, ogni produzione artistica anche elevata) siamo certi: qualsiasi "modus" sia "in rebus", l'opera ci mette sull'... "attenti" (ci richiede attenzione). Ecco 2 esempi sotto, che a grandi balzi ci portano al lapsus estetico di quel genio della comunicazione che è la Ferragni (so che a tante donne è antipatica, che tanti la considerano una specie di "Ronaldo" o di "Maradona", una specie di spazzatura radical-chic).
Comunque. Donna Incinta:
1. Un archetipo
2. Un meme, cioè un qualcosa che si ricorda e che tutti possono scambiare con semplice accenno
3. L'icona di un quarto di umanità, quella riproduttiva.
Arte o intrattenimento? Difficile scoprire l'arte di fronte a un'operazione di spregiudicata spettacolarizzazione della propria esistenza, come quella che produce Chiara Ferragni a scopo pubblicitario. È visibile che il mostrarsi sia la sua grande vocazione e abilità, e ne ha di che: il successo come modella la precede, ed è divenuta il vuoto contenitore di sogni di produttori e di clienti, anche in quanto donna. La sua generalità occidentale lega i due versanti atlantici, trasformando i latini in un contenitore anglosassone di scelte di consumo. Un baratto di occhi e capelli scuri con lo stile italiano, moderato per non essere pacchiano, pur in un percorso che parte dal parossismo e dall'esagerazione.
Ecco da dove viene l’iconologia della nuova gestante, presto partoriente. Un parto come il viso suo stesso dice: allegro, non contrastato di luci e ombre come nella Leibovitz, o preoccupato di trascendenza come in Piero della Francesca.
Nella rielaborazione grafica, in parte decontestualizzata dagli oggetti di pubblicità del lavoro della Ferragni, lo spazio utile è doverosamente occupato per allargare con altri segni, orientativi:
1. DIVA, e mi sembra indiscutibile
2. POP, e anche questo.
Se è difficile capire al volo l' "1, 2 e 3!" della iconografia materna è solo perché l’icona contemporanea non è ancora abbastanza maturata quanto lo sono la Madonna del Parto e Demi Moore: l'icona di Piero della Francesca è strepitosamente trascendente, l'icona della Leibovitz è strepitosamente filosofica. L'icona del mio rimaneggiamento ferragniano è ancor più dell’originale straordinariamente terrena e carnale. L’originale vuole figurare sorprendentemente autonomo. Non un pittore, non un fotografo di mezzo: solo un cellulare e un grande specchio. Una donna completa a se stessa. La migliore e più emblematica e catartica espressione de "l'etage du miroir" senso nella nuova era della psicanalisi moderna (J. Lacan), che inaugura una grande e nuova era umana, l’Era della Donna.
La rivoluzione è in corso, chissà cosa prospetta a tutti, all’umanità, il destino!
Lunedì 8 marzo 2021
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