di Erre Bi
IL DIKTAT DI BERLUSCONI | Il tempo non si può fermare, ma il corso degli eventi sì. E basta davvero poco per ribaltare completamente gli scenari. Così mentre le ore corrono in avanti veloci e il giorno del voto sulla decadenza politica di Berlusconi si avvicina a grandi passi con un esito quasi scontato, ecco un nuovo colpo di scena: il premier Berlusconi chiede ai suoi di rassegnare le dimissioni in blocco. Le conseguenze a catena di questo passo sono ovvie: apertura della crisi di Governo, stop lavori alle Camere e ritorno alle urne.
CONTRO AUMENTO IVA DIMISSIONI IN BLOCCO PDL | La ragione ufficiale alla base di una tale drastica decisione, ovviamente, non ha nulla a che fare con il destino politico del Cavaliere, ma è legata al Paese e al tanto contestato aumento dell’Iva che dovrebbe scattare proprio dal primo ottobre. Così cogliendo al balzo gli eventi l’ex premier scrive ai suoi: «La stabilità di governo è un bene se si nutre di due cose: un governo capace di lavorare bene e una maggioranza unita sulle cose da fare e fondata sul rispetto reciproco. Invece nelle ultime settimane abbiamo avuto un governo capace solo di rinviare, di proporre il blocco dell’Iva aumentando altre tasse, di tagliare l’Imu solo a metà per ricattare il Pdl e costringerlo a stare al governo, un governo prono rispetto ai diktat dei burocrati dell’Unione europea. (…) Abbiamo pazientemente offerto soluzioni a ogni livello istituzionale per evitare di fare precipitare la situazione. Non ci hanno voluto ascoltare. Per questo ho deciso di chiedere ai ministri PdL di dare le proprie dimissioni».
UNA SCELTA DURA E NECESSARIA | Il Cavaliere è consapevole che si tratta di «una scelta dura e impopolare» e di aver previsto «tutte le accuse che gli stanno rovesciando addosso», tuttavia invita il suo elettorato, «preoccupato giustamente della situazione economica e sociale» a non credere a coloro che «da vent’anni stanno bloccando le riforme» per cercare di eliminarlo dalla scena politica. «Sono gli stessi – continua il premier - che oggi mi dicono di non anteporre me stesso al bene dell’Italia. Ciò non è mai stato in discussione per me e per la mia forza politica, in tutti questi anni. Noi siamo – precisa - quelli che hanno voluto il governo Monti e il governo Letta, sperando potesse essere un governo di riforme e di pacificazione.
LAVORARE PER INTERESSE DEL PAESE | Il Cavaliere assicura che continuerà a garantire il suo appoggio per tutte le decisioni che riterrà utili effettivamente al Paese: «So e sappiamo distinguere il reale interesse dei cittadini. Per questo motivo, se il governo proporrà una legge di stabilità realmente utile all’Italia, noi la voteremo. Se bloccheranno l’aumento dell’Iva senza aumentare altre tasse noi lo voteremo. Se, come si sono impegnati a fare, taglieranno anche la seconda rata Imu, noi voteremo favorevolmente. Noi ci siamo e ci saremo su tutte le altre misure utili, come il rifinanziamento della cassa integrazione, delle missioni internazionali, il taglio del cuneo fiscale».
DEMOCRAZIA DIMEZZATA | A chi gli chiede di farsi da parte e «accettare con cristiana rassegnazione la sua sorte giudiziaria, presente e futura», dice con la sue consueta chiarezza «lo farei senza esitazione, se ciò fosse utile al Paese, se il mio sacrificio significasse una svolta positiva nei rapporti tra politica e giustizia. Invece per come si sono messe le cose darei semplicemente il mio avallo a una situazione di democrazia dimezzata, dove non il popolo ma i magistrati politicizzati decidono chi deve governare, dove i governi sono fatti dai giornali-partito e dalle gazzette delle procure e le leggi riscritte a colpi di sentenze».
IL DOVERE DI RESTARE IN CAMPO | Poi conclude: «Non sono sceso in campo per questo; non ho messo a repentaglio una vita di lavoro, di successi e di sacrifici per lasciare in queste condizioni il mio Paese. Per questo ritengo mio dovere continuare a restare in campo, per offrire una alternativa ai poteri non democratici – perchè non eletti dal popolo – che loro sì irresponsabilmente vogliono mettere in ginocchio il nostro Paese».
Domenica 29 settembre 2013
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